i Comandi più vicini alla fronte erano di diverso avviso e, per esempio, il generale Krohatin telegrafava al suo Comando Supremo: e Le disposizioni date non corrispondono allo stato attuale delle truppe; solo un armistizio incondizionato può ancora evitare, m;mtenendo l'onore delle anni, una catastrofe e, quale conseguenza, l'anarchia nelI1interno :t. Finalmente, il 29 mattina, giungeva alle truppe a.-u. l'ordine della ritirata generale sulla linea tenuta al principio della guerra, mentre il generale W'ebcr riceveva un telegramma nel quale gli si ra.ccomandava di ottenere la immediata cessazione delle ostilità, salvo a regolare in seguito le condizioni di armistizio. Alle ore 8,30 del 29, alle nostre linee di Val Lagarina, si presentava il capitano austriaco Ruggera, latore di una lettera per il nostro Comando Supremo, nella quale il generale Weber dichiarava di essere incaricato, con una Commissione, d.i iniziare le trattative per la cessazione delle ostilità. Alle 17130• del giorno 30, lo stesso generale \'Veber, col suo Stato Maggiore, varcava le nostre linee e, presentate le credenziali, giungeva nel pomeriggio del 31 a Villa Giusti presso Padova. Era il principio della resa. Tuttavia, anche durante gli incontri per la conclusione dell1armistizio 1 il governo ed Comando Supremo austriaco tentarono in tutti i modi di limitare la nostra vittoria. In quei giorni, le autorità austriache agivano secondo questa intenzione : ottenere l'immediata cessazione delle ostilità prima della precisazione e conseguente accettazione delle condizioni di armistizio. Se questo fosse possibile per comune accordo con il Comando Supremo italiano, bene; altrimenti, e forse meglio, far precedere di fatto la sospensione delle ostilità, ordinandola alle truppe austriache, nella convinzione che, di fronte alla passività di queste, anche quelle italiane si sarebbero arrestate e che magari sarebbe stato possibile intavolare trattative fronte a fronte, ossia fra i Comandi delle truppe marcianti; insomma, una tregua alla russa. È evidente che, in entrambi i casi, le autorità austriache cercavano di ottenere l'arresto della nostra avan7,ata1 la sottrazione alla prigionia del ma1,?g-iornumero di forze, anche con la sf>Crapza di adoperarle per salvare il salvabile nell'interno dello Stato. lo svolgimento delle trattative di armistizlc non sotto la pressione della nostra avanzata, e cioè in condizioni meno sfavorevoli. Infatti, quando, il primo novembre, il generale \Vebcr, giunto ad Abano con le sopraccitate direttive, seppe dal generale Badoglio che non si poteva nemmeno parlare di sospemione delle ostilità prima della conclusione dell'armistizio, e conobbe l'abbozzo delle indiscutibili condizioni di questo, fi55ate dal Consiglio interalleato dei ministri secondo le proposte di Orlando, si limitò a trasmetterle al suo Comando Su.premo facendole seguire dal seguente commento: « La Commissione non si ritiene autorizzata ad accettare queste aspre condizioni, inattese cd jncomoatibili con l'onore dell'esercito e della flotta. Non v'è alcun dubbio, ufficialmente, che l'rnte~,· impiegherebbe contro l'impero germanico alleato i mezzi di lotta conseguiti sulla terra e sul mare. Dcv'e~- sei.c lasciato al Comando Supremo 11 decidere se il complesso delle condizioni non sia co~ì grave da costringerci a continuare Ja nostra resistenzn. Forse I,. condizioni potrebbero es.sere opportune per attizzare la volontà di combattere dei popoli della monarchia, specialmente gli iugoslavi, fors'anche dei serbi dell'impero, contro l'Intesa; le forti pretese territoriali potrebbero anche essere sfruttate per un nuovo passo verso Wilson •· Ma, mentre le nostre truppe incalzavano l'esercito austriaco ormai in rotta, la disintegr.1zione dello stato precipitava verso il dissolvimento. La sera del primo novembre, il ministro della difesa della ormai indipendente Ungheria, Bela Linder, esigeva che le truppe ungheresi deponessero subito le armi. Ormai mancava un governo responsabile austro-ungarico e l'imperatore Carlo veniva a trovarsi in una situazione particolarmente tra2'ica: da una parte, riconosceva che « la fronte era bucata come un crivello cd il nemico poteva quindi penetrarvi dappertutto ed avvolgere da tergo i reparti che eventualmente continuassero a resistere i dall'altra, era necessario che dell'armistizio si assumesse la responsabilità anche il nuovo Consiidio Nazionale dcli' Austria tedesca, soprattutto per quanto si riferiva alla esigenza dei vincitori di usare le vie di comunicazione austriache per attaccare la Germania; condizione che l'imperatore Carlo, date le sue relazioni con l'imperatore Guglielmo, non voleva sottoscrivere a costo di abbandonare subito il comando dell'esercito. In questo dilemma, ossia necessità di accettare al più presto l'armistizio e necessità di ottenere almeno il benestare del governo dcli' Austria tedesca (il quale voleva far ricadere tutte le responsabilità circa la fine della guerra sul governo del morente impero), si dibattevano, dal 'l al 3 novembre, l'imperatore Carlo ed i suoi consiglieri militari e politici. All'una del giorno 3, veniva decisa la comunicazione al Comando Supremo italiano dell'accettazione delle condizioni di armistizio, cd ai Comandi delle annate ausLriache anche dell'ordine di sospendere immediatamente le ostilità; ma e;'t~~n d ~~~~tr~~ 1\cd 0 e~a i~1~ ~v:i~ ancora dato il suo correlativo benestare. l'imperatore Carlo dava il contrordine con il quale riu.sciva. a '-Ospendere alle 2,30 la trasmissione della corrlunicazione al Comando Supremo italiano, ma non quella ai Comandi austriaci. Anzi il Comando dell'XI Armata del Tirolo comunicava al suo Comando Supremo che l'ordine di sospendere le ostilità era già stato diramato alle truppe di prima lìnea e che era impossibile revocarlo. In seguito a tale comunicazione, il Comando austriaco riconfennava alle 3,30 l'ordine a tutti i Comandi dipendenti di sospcndcrcimmcdiata.mentc le ostilità. Invece, la corrispondente comunicazione al Comando Supremo italiano cd al generale \-Veber, dell'accettazione dell'armistizio, partì da Badcn soltanto alle 10,10 del giorno 3, ossia un quarto d'ora dopo che il governo dell'Austria tedesca si era finalmente deciso o: ad accettare la comunicazione del Comando dell'esercito, secondo la quale il Comando stesso, in seguito alla completa dissoluzione delle truppe, si era vic;to costretto a sottomettersi alle condizioni dell'avversario>. Il radiotelegramma, partito da Badcn alle 10,10, giungeva, a cagione delle molte ritra.c;missioni,ad Abano soltanto aJle ore 16 del giorno 3. Ossia le truppe austriache ricevevano l'ordine di sospendere le oc;tilità, non soltanto fuori di qualsiasi ora stabilita fra i due Comandi avversari, ma molte ore prima che il Comando Supremo italiano avesse conoscenza dell'accettazione delle condizioni dell'armistizio, e ciò sebbene il Comando Supremo austro-ungarico sapesse che l'ora della fine delle ostilità doveva essere concordata fra le due Commi,;;sioni d'arOMNIBUS QUADRI STORIOI I LA PARTENZA DEI 30,000 COLONI PER LA LIBIA mistizio ad Abano. (Effettivamente, la sera del giorno 2, venne concordata tale ora nella ventiquattresima successiva all'accettazione delle condizioni dell'annisti2io). Insomma. il Comando austriaco ha consapevolmente fatto abbassare le armi alle sue truppe di fronte ad un nemico che non aveva ancora ricevuto nemmeno un qualsiasi avvi~o della conclusione dell'armistizio. E questo perché? Appunto perché il Comando austriaco sperava « che automaticamente, col sospendersi delle ostilità da parte austro-ungarica, si verificasse altrettanto anche da parte italiana, come era avvenuto nella sospensione delle ostilità in Russia> (come riconosce la stessa Commi,;;,ionc austriaca per il rilievo di infr;1. ,11i.al dO\'<"re rr:ili:.i.,· nella guerra), e cioè prima che poH·ssc intervenire il Comando C:,upremoit.d1.1no, e quindi con tutti i correlativi vantaggi per quello austriaco. Ma, finalmente, la disciplina delle truppe italiane, che proseguivano imperterrite nella loro avanzata, e l'intelligente fermezza del generale Badoglio, costringevano le autorità austriache a firmare, alle ore 18 del giorno 3 novembre, quella completa capitolazione che ancora il 28 sera era esclusa, come abbiamo visto, nelle stesse istruzioni date al generale Vlebcr per trattare l'armistizio. L'impero austro-ungarico scompariva. Il 4 novembre il generale Diaz così telegrafava a Parigi: « Studi per proseKuimcnto operadoni di tu.erra contro Germania procedendo da scacchiere italiario verso ,iord so,w stati qui completati da tempo per spo11tanea initiativa di questo Comando. S0,10 già i11corso di esecutione operatio,1i preliminari per la raccolta delle armate di opera;;io11e.Se Germania non sottostarà condiào11i armistitio che le saranno imposte alleati esercito italiario interverrà per costringerla alla resa >. Ora, se si pensa che il generale Foch, il 29 ottobre, ;1mmettcva ancora che la Germanb. avrebbe potuto resistere per altri tre o quattro mesi. ~i comprenderà meglio il grande valore dell'offcrta italiana. )Ifa la Germania, dopo lo sfacelo dell'alleata, e di fronte alla nuova minaccia, cedette. L'Italia vinSCinsieme a~li Alleati, ma, dete1minando il crollo austriaco, troncò la grande guerra. Con la battaglia difensiva del giugno l'Italia aveva già vinto. ?v(a non una sola giornata della offensiva di Vittorio Veneto fu combattuta invano. Il 24 ottobre, il generale Caviglia, comandante della VIII Armata, incuorava le sue truppe con questo proclama; « Soldati dell'\/111 Armata! t giunta anche per noi l'ora di agire. e venuto il momento di raccogliere il grido d'angoscia che giunge dai fratelli abbandonati oltre il Piave e di correre alla loro liberazione. L'impero d' Austria-Ungheria si sta sfasciando. I popoli che lo componevano, levatisi finalmente a spezzare le loro catene, hanno decretata la sua fine, e il presidente \Vilson con l'ultima nota ha approvato la sua giusta condanna. A voi, miei soldati, dare il colpo di grazia allo stato a.-u. battendo il suo escr~ cito, ultimo sostegno su cui ancora si appo~gia, mentre sta per cadere:.. t difficile esprimere meglio di così il vero significato della batta~lia di Vittorio Veneto. Anche nell'agonia, il vecchio impero voleva e poteva ferirci gravemente, e si deve ai mortì dell'ultima battaglia se la nostra vittoria non fu mutilata. N. P. ANOORA JJI SCHUSCHNIGO ,e) ROVIAMO, oggi, a evadere dalla ccrl,S"" chia della immediata attualità. e buttiamoci ai libri. E, prima di tutto, tor. niamo a un.t nostra vecchia conol(:enza: al volume e Dr4ìm,d Oesiu,eich > ddl'cx-canccllierc Schuschnigg, del quale già. avemmo occasione di occuparci nel numero del 19 man.o di questo giornale. Ne scrivemmo, allora, con &everità.. e Non è un gran libro>, dicemmo fra l'ahro: e non rivda niente di nuovo e manca di pa1hos, anche quando racconta tragedie>, E, dopo aver riportato un passo, in cui l'cx-cancelUcre deplorava la durezza dei trattati di pace e la condanna del popolo tedesco a un duraturo disarmo, vere cause, secondo lui, delle 1ucccssivc ccsplosioni> scrivevamo: Queste cose, in venti anni, sono state dette e ridette migliai:i di volte. Valeva la pena che il capo di un governo, il quale, per giunta, viveva cosi pericolosamente, pcrdcs.sc - il suo tempo a scriverle ancora una volta? :,. Poi citammo ancora un altro passo. L' Austria, secondo Schu,chnigg, aveva da $CC• glicrc fra ire vie: neutralità, Anschluss, pani d'amicizia ... E commentammo: e Così, grave e candido, ragionava il cancelliere Schuschn:gg, mentre la tempesta si addensava sul suo capo e sul\' Auuria... E al momento in cui scriveva, l'Austria. non ave. va più alcuna facoltà di sceha. Infine riportammo alcuni pensieri sull'Austria di autori vari, che Schuschnigg aveva rhmati nell'ultimo capitolo del suo libro. Alcuni di essi ci sembravano banali: per ci;cmpio questo di Hans von Hammerucin, autore di un libro su L'aspetto culturale dtll':tuslfia nell'anno 1935. e L'Au• s1ria >, diceva Hammcrttcin e è nel significato migliore della parola, un paese btn temperalo, sia per quel che riguarda il clima, sia per quel che riguarda gli abitanti >. Qualche altro pa~so ci scmbr~, fouc perché $tac<'ato dal testo, del tutto lapaliuiano, cc,mc, per esempio, il seguente, che era tratto da Schiller: e L'austriaco ha una pa. 1riL e la ama, cd ha ra~ionc di amarla >. Il libro ~i chiude con la trascrizione di una piccola frase musicale di Bcetho\en, che fu trovata negli archivi di Vienna nel 1934, su parole di Hcinrich von Collin: e Che solo lo voglia, e l'Austria sarà al disopra di tutto. Lo vuole! Lo vuole! >. E Schuschnigg ripeteva: e Lo vuole! >. Lo voleva? E, in ogni caso, non bastava eh<' lo volcs~ l'Austria. Come il lettore vede, il nos1ro giudizio fu severo ; e potè sembrare ingeneroso. Schu«:hnigg era caduto da pochi giorni. La sua politica si era conchiusa con una catastrofe: l'Austria, la millenaria Austria, era finita. Qualche lettore potè pensare che la Opportunità politica del momen10 ci facesse vc:lo e ci impedisse di essere equi e :fcreni. , Rispondiamo; fummo indulgenti. Appunto perché Schuschnigg era un ,,into, appun1o perché la sventura si era abbattuta su lui, attenuammo, quan10 potemmo, la du. rrn:a della nostra critica. E ne è prova la re<cnsionc, ben altrimenti severa, che è stata fatta del libro da C. A. Macartncy in lntunational A0airs, l'autorevole organo del Royal ln1ti1ute o/ lnternational A.iai,s. L;-i quale recensione, apparsa nel fascicolo di settembre-ottobre della detta rivista, e cioè circa sci o sC"tte mesi dopo il nostro articolo, fa al libro csauamcntc le stesse no~lrC'critiche: banalità., mancanza di dram. maticità., scar$Czza di fatti nuovi; ma le fa su un tono assai più duro del nostro. La riportiamo qui sotto. Premettiamo che il libro, del quale, quando noi ne scrivemmo, esisteva solo l'edizione 1cdesca, è stato, nel frattempo, tradotto in ingle$C col titolo < Farewell, Austria>; che è uno s1rano e llupido arbitr:o del 1radut• torc, perché il cancelliere Schus,chnigg quando scriveva, a tutto pensava meno che a dare un ~dio all'.fustria; né nel teno aceenna mal ad addu. ScrivC", dunque, il Macartney: e li naturale rispcttO' per un uomo, che 1al1 alla posizione di capo del suo paese e, insieme, la na1uralc simpatia per le sue sventure prcdispOngono il lettore a favore del libro de I !'e x-canccllicrc Schuschnigg Parewell, Austria. Ma né il rispe110, né la simpalia possono impedire che .s.i riconosca che il libro è c1tn:mamcntc stupido (dull); e, da parte di un uomo nella posizione di Schuschnigg, avere Kritto un libro stupido sugli ultimi giorni dcli' Austria indipendente, deve cncrc stata un'impresa quasi eroica. Comunque, il fatto è che queste pagine mancano di drammat.icità fino alla frigidità, e non sempre sono scritte bene. Può darsi chf" la colpa $ia1 in parte, dei traduttori, giac. ché Schuu:hnigg, disgraziato in tante cose, non lo è nato meno nei traduttori, i quali, ci si dice, sono stati parecchi, ma tuui uniformemente cattivi. Ma per un'altra parte è certamente del cancelliere ucsw, il quale è tutt'altro che felice nel disporre e nell'esporre la sua materia Il libro, s'intende, non manca d'interesse storico, ma meno di quello che li poteva sperare. Ci sono pochi fatti nuovi; e l'ingiustizia verso la socia1-democrazia è un scrio e diffuso difetto. Dagli storici futuri, esso sarà utilizzato; ma non sarà. mai una delle loro mag• gfori fonti >. Come si vede, quel che scrivemmo era il meno che si potesse dire di un siffatto lib,o. Naturalmente, con questo, non intcn. dcvamo minimamente pronunziare un giudizio sull'uomo; ciò che sarebbe s1ato veramete ingeneroso. Quanti sono sensibili al dramma dC"ll'improvviso precipitare di alcuni uomini dalle vette del potere e della buona fortuna nella miseria, non potranno leggere senza commozione la descrizione dei funerali, che hanno avuto luogo qualche giorno fa a Vienna, del vecchio padre dcll'ex-canrclJicrc, che fu fcld-marcsciallo del. l'Impcr, -"on più di un centinaio di persone SC"guivano il feretro e una metà erano mogli e cameriere di diplomatici ura• nieri; c'erano vedove di ufficiali, donne anziane, vestite semplicemente, e '\·cechi militari, che erano stati camerati del fcldmarcsc.iallo nella grande guerra o prima. Una grande croce verde era st:tta mandata dagli ufficiali del reggimento di artiglieria da montagna, che furono camerati del morto, in guerra: e Al loro valoroso coman. dante nella grande guerra i camerati >. C'era il figlio dcll'cx-cancellicrc, il piccolo Kurt, di 14 anni. C'era la signora Vera Schuschnigg, cx.contessa Fugger Czcrnin: portava un ,·cstito lungo, tutto nero, e un fitto \·elo; sembrava pallida, sotto il velo, e i suoi capelli biondi erano sottilmente striali di grigio. Mai un fcld-maresciallo dell'Impero ha avuto, in tempo d_i pace, funerali così semplici. E c'inganneremo, ma la semplice e disadorna cronaca di questo funerale ci sembra straordìnariamcncc pate;tica. In quelle \Cdove di ufficiali, poveramente vestite, in quei vecchi militari, che erano stati carne• rati in guerra del defunto marC"sciallo e che ne seguono fedelmente il feretro, è come lo spettro ddla vcceh..ia Austria ; e c'è ai~chc tanta tristcua, tanto ~nso di cose morte, e tanta fedeltà e umanità. E, in fohdo, il vecchio maresciallo è staio, in morte, -più fçrtunato del rrandc impero, che egli scrvl in pace e in guerra: perché ha avuto un funerale semplice, ma degno e commovente, mentre la ,,ccchia Aus1ria altro funerale non ebbe che il libro dell'ex-cancelliere. VECCHIELETTERE,VEOCHISCANDALI ~ UTTI sanno che Carolina di Bruns. U wick, moglie di re Giorgio IV d'Inghilterra, fu tutt'ahro che un modello di "irtù. E, se non ricordiamo male, anche in questo giornale fu raccontata la storia della sua scandalosa condot1a e del processo, ancora più scandaloso, che ne se. gul. Ora sono state pubblicate in tre grossi volumi le lettere di Giorgio IV (Th4 letters o/ King Ceorg4 IV. Editcd by A. Aspinal, Cambridge, University Prcss. 75 s.). dalle quali si apprendono parecchie; cose nuove e picxanti sul conto della famigerata regina.: fra l'altro, per esempio, che essa, quando era ancora principessa di Galles, forse per vendicani del marito, scc&e fino a fare da ruffiana alla figlia, la principessa Carlo~a, e la incoraggiò in tutti i modi a mal fare. Costei si era innamorata di un certo capitano Hcue. Questi era un brillante ufficiale del ,e• reggimento dei dragoni si credeva da tutti che fosse un figlio natu• raie dello zio della principessina, il duca di York. La governante della gio,,aniuima Carlotta, lady dc Clifford, pcruiisc per varie !ettimanc al brillante ufficiale di cavalcare; a fianco alla carrozza della principcua, mat• tina e sera. Ma poi fece aspri rimproveri alla principessa e, avendo conuatato che non aveu più alcuna autorità su di lei, si dimise. Quando il reggimento del giovane c.ipi1ano andò via, la giovane principcHa fece una confessione completa al padre e gli disse che essa e si incontrava continuamente col c:apitano Hcssc presso la madre, a Kcnsington, e aveva avuto con lui col. loqui segttti all'insaputa di lady dc Clifford ; ma la principessa di Galles lo sapeva cd era connivente, e anzi usava condurla, insieme con lui, nel suo appartamento personale... e quindi li faceva entrare tutti e due nella sua camera da letto, ve li chiudeva dentro e se ne andava; e nel girar la chiave, diceva loro: " A p,isent ie uous laisse, amuse,e-Pou1" >. (Chi sa perché glielo diceva in francese). 11 principe fu sopraffatto dall'orrore, ma la giovane principessa gli raccontò ancora: e Io posso dirvi di più, e cioè che mia ma. drc ci portava le letcerc, a lui le mie, a me le sue, finché ne parlai a una persona, che mi consigliò di spezzare questa corri.spondenu >. Aggiunse: e Dio sa quel che sarebbe accaduto di mc se e.gli non mi avesse tanto ri$pCtlata >. Al che il principe rispose: e Figlia mia, solo la Prowidcnu vi ha salvata>. Questi fatti son venuti alla luce poche settimane fa, e cioè quasi un secolo e mezzo dopo che accaddero. Ma, come si suol dire, meglio tardi che mai, e qualche cosa sarebbe mancala al mondo se si fos.sc continuato ad ignorarli. In fondo il mestiere dei re ha qualche g1ave inconveniente o, per dir meglio, qualche scrio svantaggio di fronte a quello d1 uomo comune. Perché l'uomo comune può almeno consolarsi col pensiero che, dopo I.i sua morte, nessuno sì curerà più dei suoi peccati o delle sue dcbolcue o, per dirla con una frase piuttosto volgare, ncsiuno andrà a rovistare i suoi p::t.nni sporchi. Ma i re e i gr.1ndi di questa. urra non hanno un siffatto conforto. E, a di~tan2a di quasi un 1ecolo, c'è gente molto indiscreta che trova intC"reuantc acccrt3re che una regina di Gran Bretagna fece o tentò di fare la knona alla figlia. E chi scrive deve, con molta contrizione, confessare di essere fra conoro. RICCIARDETTO Ano !I - N. <O· 6 NmmbN 1938-m, 1 l OMNIBUS SETTIMANALDEI A'fTUALITA POLITICA E LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-lS PAGINE ABBONAMENTI ltalia e Impero: 1LI11I,1.0 42, remutre L. 22 Eatero I a11110 L, 701 Hmet\NJ L, 36 OGNI NUMERO UNA LIR1 lhuoaorlUI, dl■egul e fotogn6e, anche H non p11bbl!cati 1 11ou ,t renhu\100110. Dltulou: Roma- P!asu della Pllotu., 3 Telefono N. 66,4?0 imllllllhtruloa..: lillla.no - Pian.1. Carlo Erba, 6 TelefonoN, 24,608 PubblldU.:
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