Omnibus - anno II - n.45 - 5 novembre 1938

• • • - • • ,._ -- ( ILSORCNIOELVIOLINO) j~Ji~~Ylll1Isa ~IL MUSICISTA più moderno che LQJ e I sia: nessuno davanti a lui, ncs- ,uno dietro a lui. Come un animale selvatico egli corre alla sua libertà, al suo nutrimento: l'arte agile e folle che scappa sempre. Lui, sempre lui, la riafferra per primo. Strawinski ~ moderno senza propor- ,clo, senza uscire dalla musica, a01.i penetrandola fino al cuore, fino al centro del cuore di cui percepisce il pul- ,;are con una finezza d'orecchio scientifica addirittura. La sua obiettività ~ perfetta. Si può dire che ricupera il segreto movimento, e l'eco riposta, del silenzio stesso assoluto. La sua vita? Stravimki mena una vita da cane. Lavoro, viaggi, fatiche; in c~plorazioni errabonde. E lo sembra, un cane : con quegli occhi perduti e pesanti come il piombo, che d'improvviso s'illuminano dietro gli occhiali e lampeggiano da sembrar fatti di materia cerebrale; e con quel grosso naso pendente a tromba da due grandi orecchie, che fiuta avido e pe• sca e succhia nel 11itchevo russo. Energia e acutezza d'i.!tinto, Jgor Strawinski parte con un balzo sicuris• simo, saltella, vola imprevisto come il fulmine a ciel sereno; in lui è la sostanza, il sublimato della sostanza. Puntualità rigorosa, andatura veloce. Passando, rompe schemi e catene; e quale fiuto da lupo cacciatorr- e affamato! Un grande artista, insomma. Quel che egli tocca diventa vivo. La sua fi. gtira traversa il nostro tempo con un attrito basw di luce. Tutto è nuovo e raggiante in lui: nuovo in rapporto alla musica degli altri, e nuovo, di volta in volta, in rapporto alla sua stessa musica. Inventa una stenografia musicale. Trasforma l'acido carbonico in aria pura, e viccven.t qudndo occorre. Gli strumenti della sua orchestra allungano il collo, strabuzzano gli occhi come il gallo che ha voglia di cantare. E le interruzioni, i silenzi di Strawinski rassomigliano a quelli secchi e assetati della dcala. La musica di Strawinskì è sempre teatro. Un teatro galvanizzato, stridulo, al colmo della disperazione e dell'ilarità, ma senza lacrime inutili. Un teatT"'Isul quale s'addensano alla fine rc- ,t>Qnsabilità e solitudine eterne. Noi lo teniamo sempre sotto il nostro telescopio, come un abitante della luna che ci interessa. Sappiamo che egli non potrà tornare indietro e lo seguiamo ostinatamente per quanto si allontani. Ma quando egli batte la campagna, e cerca di scomparire cacciandosi fra le nebbie e i lampi del pianeta morto, raggomitolandosi dentro crepacci pieni di fosforescenza, allora, per ritrovar• lo di nuovo ed acchiapparlo sotto, ci vogliono davvero la vigilanza e gli OC· chi d'Argo. Con quale gracilità animata e spiritosa egli piglia il tono, e assume lo stato di grazia! Di meraviglia in meraviglia. Tubante piccionaia, promessa di fe. condità. Eccolo di bel nuovo, il nostro autore, passare assai lontano dalle sue cose originali, cercare fra le rovine d'un recinto sacro all'archeologia musicale i frammenti di marmo bianco affondati fra l'erba nei recessi più freschi e solitari del giardino d'Arcadia. Quel che conta è il punto •di vista, mut<"vole e impraticato. La Bellezza, ceco quel che cerca la intelligenza di Strawimki. Intelligenza vagante e vigile che, al pari d'una testa staccata dal corpo, levita e si regge nell'aria in forza della sua meravigliosa curiosità. Nrl 1uo muovcni prudente e temerario descrive una parabola, e le cose cambiano pm:to e forma : quel che dovrebbe es~rc a sini'itra ~ a destra, e quel eh<"dovrebbe e~sere in baffl> viene' a troveni in alto - ~condo il punto di vista; ed ecco da uno ,guardo nuovi,,imo, buttato obliqua• mente ,u cos.c tronche, M:mplici e M:- gr(."u• dcJ mi~teriow pa,,ato, sorgrre e dilatar,i rotonda, chiara, sonora, l'arte di questo mago, creata prima di e'is.crc ('Oncepita. BRUNO DARILLI INTELLETTU!.LE PARIGINO SUL 80PÀ1 )UORIOE ROSTAND ~-~ :s!CONTRAMMO l'altro. giorno ~ la nostra .imica Bcbc, e ne fummo veramente contenti, perché, dovendoci fermare a G. appena due o tre giorni, volevamo e,sere messi rapidamente al corrente di tutte le novità. Bcbc è una ragazza moderni,sima e non .solo segue, ma addirittura anticipa la moda; la ,ua convenazionc, resa purtroppo difficilissima da una complicata pronuncia straniera, che Bcbc deve al suo soggiorno di sei mesi in un collegio sviacro, è sempre varia cd intere.uante. « Benoss,mo, benossimo >, disse appunto Bcbc, a~oltate che ebbe le nostre domande, e si ofT rì subito a patrot1ile e ad it1troduce noi due, in un circolo nuovo di « ponte>, nell'ambientino così simpatico del Golf Club, facendoci anche cono,ccre il barman di un bar appena aperto. Ma si vedeva che serbava per ultima la sorpresa più interessante, e fu con un sorriso colmo di una gioia maJamcnte trattenuta che Bcbe promi~ di portarci, l'indo• mani mattina, all'università, dove un noto professore di belle lettere, autore anche di alcune antologie per il ginnasio superiore, teneva appassionanti lezioni di letteratura. Il corso, come ci spiegò Bebe, con• duccndoci attraverso .scalene e corridoi, era appena cominciato, e si era appena alla seconda o alla tert.a lezione. Però il pubblico sarebbe stato folto, dato che l'anno primà, parlando di Petrarca, il profe5-\0re aveva ~apt.,- to conquistar,i le simpatie della migliore società. L'aula era già affollata, benché mancam pili di mclZ'ora all'inizio della le1ionc: alcune seggiole, vicinis,ime alla cattedra, erano occu• pate da autisti in divise nere, che, rigirandosi la caschNta tra le mani guantatc, si guardavano intorno non senza una certa timida boria. Le panche accostate al muro, i banchi, le pedane di legno inc:u~lte nei vecchi muri d::wilnti alle finestre, furono grazio• samcnte prese d'ai,--;ùto, e bc-n prc-no non rimase neppure un po,ticino libero; alcune ragazze che1 per un berretto basco mr,~ di travrno rd una ccrt'aria d'indipendenza, rivelavano la loro qualità di studentC\.\C, protrstavano ad alta voce, mentre gli studenti ~rridevano compiaciuti, e s.."\lutavano all'amf'ricana i gruppi di signorine venute Il appunto diNro i loro C'Oruigli. lkbe p:u,ava rapidamente da un gruppo all'altro, sen,... 1 però dipartini dalla sua comucta malinconia.; e dai suoi denti, ,errati ~condo 1I metodo Bcrlitz, ,fuggivano parole rntu,ia.stiche che ,i riferivano tutte, naturalmtntc, al profc,'iOre. Anche Jr ,ur amiche le davano ragione; le giovani"imc a,,icuravano trattar .. i di uomo v<-ramentc « 1n gambina >, mrntrt' le ,ignore ma~ ture, spalancando J.u-ghi occhi che dovevan dar loro l'aria di scobrctte, dicevano soavemente di aver tanto impar,llo, l'anno prima, e di aver sco• pcrto come anche l'anima abbia le sue necc~,ità. Intanto alcune dame, ~rridcndo altezw,e e distratte, sedevano nei posti privilegiati serbati. loro dagli autisti : i quali, postisi in capo la ca,chctta, si erano allontanati di~nitosi, e già con nei modi una certa superbia intellettuale. Una ragazza esile, pettinata alla pa~~io, ch'era entrata per ultima ,trin. gendo,i al cuore un mazzo di violette, si guardava intorno ,mi'\rrita, quasi che l'impo~ihilità di scdeni e la gran folla la privas~cro di una gioia indispensabile e squisita ; poi, camminando lenta, ad occhi bassi, raggiunse I:\ cattedra, po,ò alcuru: violette accanto al bicehicr d'acqua ed alla caraffa, e si accoccolò 'iullo zoccolo di legno nell'attitudine dl una discepola di Socrate. Il profe~~ore finalmente entrò. Travenò tra un nv.umorio di ammirazione le file clcllc 'iue ammiratrici, ebbe un cenno 'ipccialc per la discepola, e finalmente S<'dctte. Piccole, e con i pochi capelli neri e brn li,ciati, vestiva nel modo irreprensibile e ~tenuto che gli attori prediligono quando debbono rappre'ientarc uno ,cienz.iato oppure un duca. La sua voce era quella di Ruggero Ruggcri : lo si capiva fin dal le prime parole, pronunciate con negligenz., ~rridente, mentre odorava le viole. Le odorava con stile; Lucio d'Ambra avrebbe scoperto, in quel gesto, ,;cn.sualità, morbide7J.a, forza e, ma- •gari, crudl'ltà. JI corr,o, come ci bisbigliò Bebe, era dedicato a ~letast..·uio: doveva anzi cm.'re una riabilita1:ione di MNa.na,io, qucll'.1dorabilc cstfta ! L'ammirazione di llebc per Metastasio era condivi,a da tutte le donne prrscnti, e, quando il profe~~rc prese a leggere alcune strofe, con vocr flautati~ima, e agitando carcn..cvolmcntc la m:l.n0 'iinistra, tutti ~pirarono di ,oddi,fa,ionr-. Apprezzammo infinitamente la \Celta del profcw>rt". Infatti, ali.\ ~rntr pia• ce molto raggiungere ,enza fatica quel che Sl'mhri\ un'alta difficoltà ~pirituale, e per c~mpio due film, Bolno r Capriccio spagnuolo, cntu,ia.,marono le folle, perché prrmcttrvano a ciascuno di conoscere musiche fino a quel motnento crt"dute cerebrali, C0'\1 facil• mr:ntc comr- avevan cono'iciuto Ramo· na o Sat1 Francisco. Gli aforismi sono un'altra manifena,ione di felice inganno'. i lettori ci trovano l'illu,ione d'una ginna,tiC'a intrlligr-nte chr li ral• lc·gra. ottnza sta1' arli, mrntre i gro,\j libri di Zwr-ig, rd in grnrrr lr biografie roman1.uc, ,rrbando lo --tilc d<·i dr,tmmoni di Ma\triani o Montrpin, lu,ingano un pubbliro convinto deUa propria ,.widit.\ di scirn1..i. Metasta,io colava grazio,amente sulle signore, che scuotevano a tr-mpo le teste incoronate di ricciolini. Bcbe si volgeva. a noi, con sorri\etti compiaciuti. E la ragazza, ai piedi della cattedra, affondava il viso nelle viole. Era davvero una scena commovente, ricordava celebri lezioni della Sorbona, e, in gcncr.tle, l'aura ammirante e volcn• t•·ro,a che circondava sempre gli eroi di D'Annunzio e di Diego Angeli, quando illu,travano i Poeti alle loro b<'lle amiche. Le nuche scoperte delle ascoltatrici, la grazia un poco antiquata del dicitore, accentuavano ancora l'illusione; immaginavamo benissimo le file di vetture in attesa, Il fuori, cd anche i modernissimi br.ougham elettrici. Dopo la. lettura, il profe,wre posò il libro, iniziò le sue 'ipiegal.ioni. Parlava fiorito, ogni tanto r.1ccontava un 1>iccolo cpiwdio, la incantevole frase che gli era stata detta da una gentile ,unica, il tocc.:mtc episodio di un'cspcrirnza femminile; mentre '4lttolineava amabilmrntc queste frasi, i suoi occhi si posavano con insi,tcnz.'l ,u questa o qudla ~ignora, che subito chinava il capo. "-en7a wrridcrc. Egli riprendeva il discorso, affettando un'abilità da confe$..~rc e da Grande Amico, una comprensione pcrfctt.a; e le donne mrno eleganti, le \ignorinc ancora impacciate, tutte quelle imomma che non rrano riu~itc a conoscerlo, e che di• speravano di riuscirci, immaginavano amio~:uncntc una vita superiore, scono,ciuta. Una vita dove il profc,wre figura,~ familiarmente; fcme possibi1<·invitarlo a pranzo, abbandonare una m.'lno tra le sue, dirgli: « lo, che ho tanto \Offt."rt.o... >. Poi il professore avrebbe riferito quelle confessioni a Didone abbandonata. L'ora della lezione stava per finire; me~iorno era già suon,1to da un poco; ma nessuno dava segno di impazienza o uanchez~. Anzi, quando il profeli'Ore chiu,e il libro, e si allontanò, salutando quMi furtivamente le sue amiche, e fingendo di non vedrrc gli sguardi appassionati che lo seguivano, un s<'mo di tristezza «:e~ sulle sue ammiratrici. Piano piano ~cndcvano le scale, fasandosi appuntamenti per il pros..,imo vencrc:ll, giorno in cui il profe!i.<or(' avrebbe ancora oarlato: tutte dicr-vano forte ch'era stato delizio(.(), inarrivabile, al Lyceum non si cr.\ mai ,rntito nulla di simile, era proprio peccato che un uomo 111imil(' avr,:'\C quell'orribile moglie. Una raganina a~,icurò di aver a ca,.1 una delle ruuologie del profes~r<', la si wpplicò di prestarla. Fino al portone, la convc~.lzione '\i tenne ad un livrllo vcramentr superiore, con inu·rruzioni rare a propo'iito di arte o di c-uochr. Infine, i gruppi 'ii divi,ero; anrhe Bebe ci ,aiutò, trattcnrndoci ~lo un momrnto prr prrgarci di ~uardare in quakhc E.nrkloJX'(lia, e di telr-fonarle JX>i, appena p<x1ibilc, per avere su Mt•t.\'\t<l'io drllc notizie sicure. !RENE DRIN JIAl!EICADA111111 ,;-~ N UN capitolo della Vita mi- l:. litare, Edmondo De Amicis narra di alcuni ufficiali di prima nomina, i quali, tra le altre facezie comuni alle mense militari, avevano pensato di p.irlare mettendo un'a in ogni sillaba: matta11da aria a an agna 1allaba. Que,te sostituzioni di vocali si possono praticare sia a sco1>0faceto, come gli ufficiali di prima nomina, sia per gusto di archeologia letteraria 1 come u.sava Gabriele d'Annunzio. Resta da vedere se il ri&ultato è diverso. Può darsi che il fine più onesto dell'intelligenz.'\ sia di sostituirsi alle favole. Quante padrone di casa regolano l'uso della sala e dell'argenteria su quella frase del primo libro di Mosè, nella quale è detto che il settimo giorno il Signore si riposò... L'infanzia noi la consumammo in una cittadina marittima della Tessaglia, in quella stessa Jolco, oggi chiamata Volo, che vide salpare gli Argon,tuti. Uno dei ricordi più opprimenti di quel tempo porta la data del 25 novembre, giorno di Santa Caterina e onomastico della vedova Bazzo. La vedova Bazzo era proprirtaria di una sostanza favolo,a, ma l'aval'izia la 1>0rtavaal furto. Credendosi non vista da noi, che invece stavamo dietro le persiane a spassarci, la vedova Bazzo entrava di frodo nel nostro giardino, e, benché rattratta dai reumi, si ar• rampicava sugli alberi armata di un bastoncello uncinato, e rubava le frutta, che si na.,condeva sotto le vesti. Per trerentosessantaquattro giorni dell'anno, la ca,a della vedova Bauo rinmncva chiu,a agli uomini e agli dèi, e della wrdida vita dell'avara, dei miseri pa,ti comumati senza tova~lia su un an~olo della tavola di cucina, dei lunghi inverni tirati coi denti, il corpo ravvolto dentro chilometri di stracci e le mani aggrappate allo scaldino, si sa• ?("va dalle indiscrezioni di Maruzza) la fante tredicenne più martire che mercenaria. Ma, il giorno di Santa Caterina, il portone di casa Bazzo ammiccava come l'occhio di un fachiro dopo dicci anni di catalessi, la vedova apriva i suoi salotti, tirava fuori l'argenteria, riceveva. L'annuo ricevimento della vedova Ba.zzo per noi ragazzi era una forma di punizione. Vestiti da cani ammaestrati, immobili sulle scdioline dorate e costretti all'afonia della giraffa, ci toccava aspettare dentro quel salono polare il momento in cui Maruzza spaventatissima entrava reggendo un enorme va,soio d'argento, nel quale erano dispo,;ti in ordine spano quattro lukùm che dovevamo masticare con la bocca chiu,a, e badando che lo 1Ucchcro con cui erano spolverati non si spargesse sulla nostra ca,acca di finti marinai. Dopo la manicazionc segreta del lukù.m, la conversazione dei grandi tirava avanti ancora per un po1 , poi gli invitati sfilavano dilvanti alla vedova come se il povero morto fosse ancora pr<"~nte, i lampadari si spegnevano, i mobili del salotto tornavano a dormire per un anno sotto i camici di percallina, e drntro la pancia della credenza l'argenteria riprendeva i sogni appena interrotti del passato, quando, metallo grezzo in seno alla montagna, viveva tra il scrpeg'(iarc delle acque minerali e l'industre affaccendarsi degli gnomi. Lontana da noi ogni irriverente approssimazione, ma queste tragedie dannunziane, tolte dalle loro bare di zendadi e di dobletti alla napolitana e ti• rate fuori in occasioni solenni come La Nave, rappresentata sul finire del l'estate a Venczià, e questa Francesca da Rimini, ,celta per inaugurare a Roma il nuovo anno teatrale, a noi rammentano il giorno di Santa Caterina, quando la vedova Dazzo apriva i suoi salotti e tirava fuori l'argenteria. Ed è argenteria ma"t..c.icciao,ppure di bagno come le posate Christophle? I.a ragione di questi spettacoli costo- ,i e sen1'a domani non l'abbiamo capita. Forse non la capiremo mai. Nelle prime ore del 30 ottobre, men• tre ~otto una pioJ;tgerelln fine come le facrt.ie del giullare Gian Figo tornavamo a casa dopo la rapprescntaiione dell'Argentina, il fant.1sma ci apparve di una locomotiva ~buffante e pettoruta, che correva sui binari delle Frrrovie drllo Stato, ma senza i vagoni dietro. E ali:\ none isterica e crudele come un Malatcstino dall'Occhio trasfonna.to in aunosfcra domandammo se non sarebbe stato più indicato inaugurare l'anno con un teatro meno lu'isuow ma più scrio, meno retorico ma più intclli~entc, meno a,setato di bcllr7t..'\ ma più ottcnto alle vere ne• ce,sit.\ del momento, e che si proponesse di far conoscere con metodo e pn.• 11r-nzaal noMro pubblico, co,1 biwgno- 'i0 di ,imili rono~cnzc, l<"tante opere del pa\sato e del presente clw chiari- ,cono la mente e la educano, guari,c:o. no dalle illusioni e dalle ambizioni )ba• gliatc, ispirano un salutare di~usto per la verbosità e il falso lu-1w, msegnano i\ di,;tinguere la poc,ia, l'arte, l'elegan• za, il costume, il bel tratto e il bel sentire dai loro ntrrognti. La Franctsca da Rimini è ,tata allestita con uno sfarzo di cui da tempo non si vedeva l'eguale. Ma di questo sfarzo c'è chi senta il bisogno? Ai primi del secolo, e in occasione di una ripresa• del Sil{/rido alla Scala, la Lrtt11ra pubblicò un articolo intitolato e Filippone fai uscire il drago >, nel qu.1le l'articofista, fingendosi il capomacchinista del teatro, svelava a! e profano > i misteri del pa1coscenico. L'articolo ebbe un successo enorme. Nei giorni che precedettero lo spettacolo del '29 ottobre, i giornali pubblicarono alcune e indiscrezioni> sui meccanismi messi in opera per l'allestimento scenico della Franusca da Rimini, e particolarmente su una cald,1ia collocata da Pericle Ansaldo sotto .il palcoscenico, per le fumate rlclla batta~lia sotto le muraglie pertugiau e la. finestra imbertescata della casa dei Malatesti. Ma il poco slancio con cui i lettori accolsero quelle indiscrezioni ci mostrò che, dal tempo di Filippone, anche per il teatro c'è qualcosa di profondamente mutnto. Altre testimonianze, che non traevano dal veri,mo dell'allestimento scenico inutile e costoso, ma dalla qualità letteraria del testo, ci ha:mo convinti d'altra parte che il sottil veleno di cer• te verità entrate in circolazione dopo il tempo dei Filipponi ha felicemente 01>crato wl gusto del nostro pubblico. Illu,ioni'non ce ne facciamo, ma il sospetto su immagini come e il sangue delle rondini ora piove sul mare > ~ più sparso ormai di quanto si crede, e cosl sui virtuosismi verbali del giullare o del mcrcatantc, dei quali si ride, sì, ma per ragioni diverse da quelle volute dall'autore, e il· pudore si fa strada a pronunciare nomi come Adonella, Gan;cnda o Biancofiore, e di quelle che una volta sembravano prc• ziosità e squisitezze, oggi) in umore di benevolenza, si sorride come di manie buffe, e una resistenza più vigile svcn• ta le seduzioni di quello snobismo modt·sto, ingenuo, provinciale. Perché tentare ancora di chiudere la strada a queste vcrità1 le sole che al costume letterario possono ridare serietà, onestà, pulizia? In ogni opera di D'Annunzio c'è un punto di gratuita crudeltà, affine a quella dei ragazzi, ma in essi giustificata, e di talune donne, ma in queste pure giustificata, e di Wilde, ,Ji Coctcau, e pure in costoro abbondantemente gimtificata, ma che in lui nes• sun tratto giustifica., né fisico né d1al• tra specie. Preparato da alcune immagini, come « ma sol vidi una rosa - che mi si offerse più viva che il labbro - d'una fresca ferita >, la gratuita crudeltà, e diciamo pure la Fossa Fuja di questa Francesca da Rimini si concentra nel• l'atto quarto, nelle isteriche, feroci smanie di Malatestino, che « per il cappio d'una legatura di corda, regge la testa di Montagna avviluppata in un drappo>. ti: cod difficile distinguere tra senso tragico e senso laido? Aggiungeremo che la testa di Monta• gna, nel drappo, ricordava il tovagliolo tinto di pomodoro, nel quale in tempi meno razionali la servetta recava il pranzo al signorino, a scuola. La fama del nostro istinto musicale poggia su basi di granito, ma se non vogliamo che questo granito metta i buchi come la groviera, sarà bene non insi'\terc troppo su certe cantatine arricchite di balleno, come quella con cui Altichiara, Garscnda e le altre ancelle salurnno calen di marzo. La signora Andreina Pagnani, che nei Gignnti della montdgna di Pirandrllo ci era apparsa nella fermezza e negli slanci della grande attrice, Fran• cesca ci sembrò singhiozzante e stonata. Non per questo le toglieremo la nostra fiducia. Come più permeabile dell'uomo, la donna cede' più facilmente al carattere ambiente. E gli uomini infatti furono i migliori: S<Lndro11:ufini, Carlo Ninchi, meno « dannunziano > degli altri, Filippo $celio che più di tutti « di~se> L.1 propria parte con equilibrio, con tono legato, con stile. In Aroldo Tieri si ripetono i difetti del telefono: si s<'nte la sua voce, e :1.ssieme quella di Rcnto Ricci, e un'altra più lontana, foNe di Ru~u:::cri.Ma è telefono giovane e pieno di buone prome~lie. La decorazione ,eroica, fedele al motto: « Chi più ne lrn, pili ne metta >. Meno il talento. ALBERTO SAVINIO Li::O LONGANESI • Direttore responsabile Proprltlà, •ru•tiu , ltllrr•d• ,1.,..,,,,... RIZZOLI & e:.. ,\r, J'l"f l':\rt, tkll• , .... ,va . Mil•no Rll'ROUUllONI KSK(,Ul1R CON MAlliWIAl.H t-'OTOLRAPl<,;Q • HdUUNIA ,.,

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