(CONTllroA.Z. DAI NUMERI PRECEDENTI) •:f!!) ASQUALE uscì sul balcone, vi- ~ de la notte, i lampioni nella strada, qualche passante, tutto come al solito. Tese le orecchie, non c'era che il consueto silenzio della città, oon quel continuo brontolio in fondo. Tornò dentro, disse: « Non c'è nient~, signor ,ingegnere, neanche io sento mente, sa. >. e Possibile? > fece l'ingegnere allarmato. e Adesso poi è ancora più forte. E: proprio come un battere d'ali. Ci deve essere pur qualche cosa>. Oh, se c'era qualche cosa! Mentre nel salottino addobbato in stile Luigi XIV i tre medici stavano discutendo se convenisse tentare o no l'operazione, mentre la signora Rop guardava severamente le boccette di medicinali e le scatole di iniezioni allineate sul comò giudicandole inutile spreco, mentre il padre, allo strano rumore d'ali, finalmente ne capiva lo spaventoso significato, la testolina di Domenico, che era ritta contro un cumulo di cuscini, si piegò leggermente da una parte, si abbandonò a se stessa, rimase fenna, Ecco adesso una immensa città sulla riva del mare, così immensa che sembra non finire mai i case, viali e ordinati giardini distesi sulla scalinata dei monti attorno, fin dove arriva la vista. 'Domenico, cosa strana, si trovò improvvisamente a metà di una scala e, ignorando dove fosse, non sapeva se andare in su o in giù. Pure trovava la cosa naturale, perché si rendeva conto di essere morto, e qualsiasi avventura non l'avrebbe $ran che stupito. Si guardò prima d1 tutto le mani, cercò poi la propria immagine riflessa in un.a {>Ortaa vetri, riconobbe se stesso, idcnuco, vestito come il giomo della prima Comunione, solo che al braccio sinistro non aveva la fascia di candida seta. Una giovane e bella donna, dalla faccia dipinta, gli si fece vicina, scendendo dalla scala : e Sei appena arrivato? > gli chiese. « Oh povero bambino, così presto? >. e Sì >, fece Domenico che solo lentamente prendeva coscienza del nuovo stato, « e qui dove siamo? :.. « Non ha nome questa città >, disse la ragazza cordialmente. e Si viene qui per il giudizio. Poi saremo spediti dove ci tocca ». Alla parola « giudizio > si ridestò impetuoso in Domenico il ricordo del sacrilegio, delle pene trascorse, della inaspettata morte, così repentina che non aveva fatto in tempo a confessarsi. E il raga7-ZOsi sentì ancora una volta perduto. . . . . e Anch'io sono arrivata oggi ,, disse ancora la giovane, vedendo che il bimbo non rispondeva. e Ma è inutile che tu faccia il muso. li peggio è passato. Che paura vuoi avere tu, così piccolo? Tu certo sarai perdonato,. « Oh, mio Dio! » esclamò, sopraffatto dall'angoscia, Domenico, scoppiando in singhiozzi, e si agg;rappò alla sconosciuta, cercando da lei un aiuto. La giovane si sedette su uno scalino, prese il bimbo sulle ginocchia, cercò 0 .. ,Tio!uo a duo paci!che ,.,cchle, .. 11 di consolarlo, s.i fece spiegare, e fu lungo perché i singhiozzi lo scuotevano tutto, il motivo di tanto dolore, infine tacque, meditabonda, non sapendo che dire. « Usciamo, intanto», propose dopo qualche minuto e preso Domenico per una mano lo condusse giù per le scale. Uscirono in un viale larghissimo, pieno di ger.tc e inondato di sole, Nella maggioranza erano uomini e donne anziani, molti pure i vecchi, rarissimi i bambini. Domenico si accorse che parecchi lo fissavano con curiosità e si scambiavano pure commenti, qualcuno scuotendo il capo in atto di commiserazione. La giovane, di nome Maria, benché fosse giunta da poche ore, si era già perfettamente ambientata e si mjsc a spiegare al ragazzo che sorta di città fosse quella. Gli abitanti erano tutti uomini morti, le loro anime s'intende, in aucsa di essere giudicati, Innumerevoli tribunali, disseminati per la stcnninata città, le loro moli si distinguevano subito campeggianti sopra ogni altro edificio, funzionavano in permanenza dall'alba alla sera. Fino al momento di iniziare la vita etema, dannazione o salvczza1 i morti comcrvavano ancora la loro umana parvenza, e come uomini ancora vivevano, in ca.se simili a quelle lasciate sulla Ì:erra, con l'unica differenza che tutto era sempre in ordine, non si formava sporco, niente si logorava per l'uso. Alcuni venivano giudicati quasi subito dopo il loro arrivo, a.Itri invece dovevano a'lpcttarc. Moltissimi erano ancora in attesa da migliaia di anni, cosi almeno raccontava Maria, e a questo punto la sua voce si era fatta come misteriosa. Si diceva che fo,;scro i cattivi, gli uomini destinati alla pena eterna, a cui si concedeva una specie di rinvio senza tenninc fisso. Non che molti non venissero gfornalmcnte mandati alla dannazione; ma era certo che la precedenza toccava ,\Ile anime sante; poi ai meritevoli di ~kezza con pene temporanee; infine ai casi dubbi; i malvagi, era fama, pas,;avano in coda a tutti. Non vi era comunque una netta discriminazione, tanto più che il giudizio non poteva essere anticipato: le eccezioni a questa specie di regola erano di tutti i giorni. Le anime in attesa restavano così sospese a un continuo dubbio, si logoravano nell'incertezza, non sapevano se fosse meglio affrontare o rimandare la fatale sentenza. Meravigliosa era la vista dclln. città, quale mai nessun uomo, sulla povera terra, avrebbe potuto immaginare. Meravigliosa per architetture, alberi immensi, fiori infiniti, il mare di un azzurro sconosciuto, il c~elo limpido, con nuvole bianche di pittoresca fonna che non toglievano mai ìl sole. Pure, Domenico, avvelenato dal rimorso, non ne traeva alcun piacere e come lui, visibilmente, restavano affatto freddi moltissimi altri, seduti sulle panchine, o sdraiati sui prati, o affacciati pènso,;amente alla finestra, tutti esprimenti infinita noia e nessuna speranza: forse i malvagi, il cui giudizio non si faceva mai. O ■ NIBUS Erano giunti in un bellissimo giardino, pieno di fontane e di uccelli. « Sediamoci qui,, disse Maria accennando a una lunga panchina all'om• bra, « tanto, se è il nostro turno, ci \'erranno a chiamare>. Sedettero e un signore sulla cinquantina, vestito molto distintamente, vedendosi accanto ~iaria, dopo averla lungamente squadrata, !asciò il ~~o po~to con aria sdegnosa, trasferendosi a un'altra panchina più h1 là, vicino a due pacifiche vecchie. e Perché? > chiese Domenico alla sua protettrice. e Lo conosci? :.. e Mai visto », rispose la ragazza, oscuratasi in volto. « Ha fatto cosi perché io... Dovrebbe vergognarsi >, mormorò poi fra sé e sé. « Come ~ anche lui non fosse morto! >. Domenico non capì perché il distinto signore se ne fosse andato, ma tac• que, nuovamente assorbito dalla propria sciagura. Maria adesso lo guardava con grande pietà, né sapeva come consolarlo perché la colpa di Domenico, cosi come lui gliela aveva spiegata, le sembrava realmente di gravità estrema. e Quando ero viva>, disse Maria, tanto per provare un argomento, « quando ero viva mi chiamavano Mèri. Ma adesso sarebbe poco scrio...», e a'{giunse un timido riso. 11a Domenico pareva non la sentisse. Sedeva immobile, lasciando penzolare le gambe, gli sguardi fissi dinanzi a sé, privi di vita. e Mi sarei levato anche questo rosso , continuò Maria, pur di non lascia; dominare il silenzio, e così dicendo si passava le dita sulle belle làbbra, cariche di carminio, « me lo sarei levato, ma, non so come, da che sono morta, non riesco pii\ a mandarlo via, ho un bel fregare, sembra entrato nella pelle >. Ancora rise la ragazza. questa volta più vivamente, ma Domenico 1101~ tnO"-SC ci~lio; tristis.,imo, c.,zliteneva g~1 sguardi fi,:;si?inanz~ a_sé, senza la minima espressione d1 vita. Fu lieta quindi Maria quando du_c uomini,• due tipi grossolani di. oper:11, si ,;cdettcro accanto a loro, ch1acch1erando animatamente. For5C i due sa• rcbbcro riU'lciti a distrarre il ragazzo. « E: come dico io >, sosteneva uno dei nuovi venuti. e .B questa la pena. Restare ad aspettare in eterno, sempre col dubbio di poter es,cre chiamati >- e Magari », esclamò l'altro, eh~ evi: dcntcmcntc doveva avere gi:oss1 pesi sulla cO'lcicnza. « Magari, ma sarcbhc troppo comodo. La chiami punizione questa? >. « Parli così perché sci qui da poco ,, ribattè l'altro oon un'espressione indefinibile nella voce. e Cosa vuoi di peggio? Questa maledetta vita, non avere mai un'ora tranquilla, sempre la paura che ti chiamino. Vorrei vederti te, dopo quarant'anni, come io adesso. Ogni giorno gli altri che se ne vanno al paradiso, ogni giorno a migliaia, e dover restare inchiodati qui, ~ fare niente, senza poter neanche lavorare, e di miç.uto in minuto aver paura che ti chiaITiino, lo capi.sci? >. (E pareva agitato da infrenabile smania). « E sapere che se ti chiamano sci perduto e invece nessuno viene, nessuno si ricorda di noi, nessuno in tutto l'universo, neppure Dio più ci ricorda. Soli come cani, capisci? ». « Ba.,ta, adesso>, a" interruppe il compagno con ira, e basta, adesso! Ho capito, che bisogno c'è di tormentarsi ancora? >. « Che bisogno c'è... che bisogno c'è... >, fece eco meccanicamente l'altro, rinchiudendosi a poco a poco in un cupo mutismo. Tacquero così i due uomini, taceva Domenico, sempre immobile, gli occhi fissi dinanzi a sé, taceva pure Maria che guardava piet0..,amcntc il bambino, ~cnza preoccuparsi dei propri peccati: pura incoscienza o sfrcnata fiducia nella mi..,ericordia di Dio? Stettero in tal modo fenni e silenziosi per parecchi minuti senza speciale fatica, perché il tempo pareva sospc-;o, mancava stranamente, come prima laggi\1 sulla terra, il senso delle ore che fuggono fuggono e non si riesce a star loro dietro. Finalmente uno dei due uomini parlò, quollo che aspettava. da quarant'anni. « Di' >, fe1,;eall'altro improvvi~amcnte, e non cc l'avresti mica ancora una sigaretta? ,. L'altro, senza muovere il volto torvo e brutale, trasse fuori da una tasca un pacchetto di e popolari >, lo allungò al compagno. Entrambi accesero e cominciarono a fumare. Quello delle sigarette parve però esser preso da un improvviso sospetto. e Ehi ! :. chiese con risentimento. « Mi avevi chiesto se avevo ancora delle sigarette? >. « Sì e con questo?» fece l'altro. e Se avevo ancora delle sigarette? Perché "ancora"? >. e Oh bella>, disse l'altro, « perché qui non se ne trovano. Pcrisavo che le avessi già finite>. L'uomo dal viso torvo si rivoltò, imbestialito: e Come? Non se ne tro ... :.. Non potè finire la frase. li compagno gli diede un secco colpo di gomito in un fianco, facendogli un segno col capo, come a dire che stesse attento, che non era il momento di sbraitare. Attraver'IO il viale avanzavano infatti verso la loro panchina., a celere passo, due giovani in uniforme, due specie di valletti. « Vengono a chiamare uno di noi >, avvertì a bassa voce quello che a.spettava da quarant'anni « Vengono per il giudizio>. Entrambi impallidirono orribilmente. Per uno di loro era dunque giunta l'ora fatale. Non pensarono che potesse trattarsi della giovane donna o del bambino seduti al loro fianco. Ed era invece proprio così : e Maria Ferri! Domenico Molo! > chiamarono quasi contemporaneamente i due strani valletti. e Presto, presto! Tocca a voi! > e lo dicevano con voce cordiale, come se recassero una lieta notizia. Maria e Domenico si alzarono e si fecero mcontro. « Siamo insieme? > domandò subito la donna a uno dei valletti con stupefacente disinvoltura, quasi parlasse a un cameriere. « No, mi dispiace>, disse il messaggero, e in due tribunali diversi». Dovettero separarsi. Il bimbo si abbrancò al collo di Maria, scoppiò in un lungo pianto, non voleva abbandonarla. e Ci rivedremo subito dopo», diceva la donna amorosamente. « Partiremo insieme, vedrai. Ti aspetterò qui. Non aver paura>. Sempre singhiozzando, ma sempre pili debolmente, il bimbo poco dopo si accor~c di camminare tenuto per mano da uno dei valletti. Erano usciti dal parco e si dirigevano verso uno degli immensi tribunali, una specie di torre mozza, di incalcolabile ampiezza, priva di tetto. Nrllc vicinanze dell'edificio era raccolta una stragrande folla, che urgeva agli ingrc~i, ansiosa di poter entrare. Non si udivano però urli incomposti, imprecazioni e proteste, come avviene nella solita vita: soltanto un brusio si levava, un diffuso stormire di gente che parli fitto e sottovoce. Il messaggero condusse Domenico a una porticina chiusa, a cui la folla non badava, la aprì con una chiave, entrò con il bambino, richiuse la porta, cbminciarono a salire una :.tl\!tta scala illuminata da lampadine elettriche. Domenico già ansimava dalla fatica quando sbucarono all'aperto, nella cavea dell'immenso tribunale. Il bimbo si ricordò certe fotografie di stadi americani dove si facevano i grandi incontri di pugilato i ma questo era infinitamente più grande; a milioni dovevano essere gli uomini che gremivano le scalinate, ergentisi ripide verso il ciclo. Pure vi era un grande silenzio, Domenico vide, nel centro, una specie dì palco dove sedeva, isolatissimo, un ~ignorc anziano vestito di scuro. Di fronte al palco si ergeva il trono - non si poteva dire altrimenti per la sua regale solennità - il trono del giudice. Era una persona giovane, dal volto bellissimo, vestito di un manto rosso; un colore meraviglioso, quale sulla tcrrn non si conosce, che risplendeva nello smisurato circo e parèva illuminarlo più del sole. Due altri personaggi, con un ma.ntcllo nero e uno bianco rispettivamente, sedevano a fianco del giudice, a un livello alquanto pili basso. Era strano come, nonostante le proporzioni vastissime del tribunale, le v,:,ci giungessero di'ltintamcnte anche agli estremi pun-:-iperimetrali. ln quel momento il signore sul palco si era. al1..ato in piedi e parlava. 3 - (contiriua) DINO BUZZATI Non è senza ra~ione che il Don. Dafoe, p<r la ddicata carnagione ddlc piccole gemdle, scdsc, fra le numerose marche di ·sapone, esclusivamente il fine Palmolive 1 Questo perchè il Palmolive è il •---~ ' i ~~;~v~~ ;r~~ia~:lean~rcn:oai:rot~ nefico olio d'oliva. dd Palmolive t • LIRE BANCO DI NAPOLI lSTITUTO DI CREDITO DI DlRITTO PUBBLICO PATRIMOSIO F. RISF.R\'F. L. U00.000.000 QUATTRO SECOLI DI VITA .;oo FILIALI IN ITALIA, NELL'AFRICA ITALIANA ED ALL'ESTERO Tutte le operazioni e servizi di Banca Storia del Teatro Drammatico di Silvio d'Amico È l'opera che descrive la nascita e lo sviluppo di tutte le forme del Teatro drammatico - opere sceniche e spettacoli, poesia tragica e comica e sua rappresentazione, attività di autori e di interpreti, storia del Dramma e della sua regia - in tutti i paesi del mondo civile, secondo il piano seguente: Parte I Parte II Parte III Parte IV GRECIAE ROMA MEDIOEVO L'EUROPDAALRINASCIMENTAOL ROMANTICISMO OTTOCENTOEUROPEO Parte V - IL TEATROCONTEMPORANEO IN EUROPAE IN AMERICA appendice - TEATRIORIE?!TALI Una ricchissima bibliografia conclude ciascuna delle parti 4 grandi volumi di 1800 pagine complessive, con oltre 1000 illustrazioni in nero e 16 tavole a colori fuori testo, formano l'intera opera, con prefazione di RENATO SIMOl\1. - Uscirà a dispense settimanali di 16 pagine l'una in carta di lusso e ogni dispensa vercl messa in vendita in tutte le edicole a lire DUE Abbonamentaolle 30 dispensecircadi ogni volume,L. 50 L'importo /tOlrO.,,du tlln't tt·,.ntualmente diL•i10 ,,, dut rate di L. 25 tiauuno Jmminente l'inizio della pubblicazione RIZZOLI & C. - EDITORI lLI-AZZA CARLO ERBA N. 6 - MILANO I' LA PRIMA RATA ( come il primo a.more: non si dimcnticilpi~ I Percht con l..iprinu rata.si divcnt..t proprietHÌ di cose che un.t volt.i.er.ano .appannaggio di minor.tnze previlegiatc. L'istitu1.ionedella. \'endit.aa. r.ateusume perciò un valore e un'importa.nu spicc.iitèlmentesociaili,qua.le uno dei f.1;ttoripiò vit.ili del consor7.io civile moderno. Con la primil rat.1si può essere proprietari dcli' .H'reda.mc-ntdoi tutU una. c.1;u, piccola o grande. E se la. si vuole ured.r.t..icon signorilità e buon gusto, e con n1obilid,ll'ETERNA DURATA, bisogn, rivolgmi ,11, Socictl Vacch,lli i cui mobili hanno conquist.aitola rinomanu di eterni a, tra.\'ersoun cinqu.antennio di .uceu che segna, senu soste, il trionfo del lavoro! RJrkiei,•rr ,,//11 .ut!r a11lr11lr t!i C11rr11r1c1ut11!0,eo J?.AJ s, t' pro,fr,1m11111 r,,t,•,,/r; oppure Fir1•11{r Pi,,{{" Stro«i 5; c11ull" pos!t,lr 1180 Mil"no; ;/11 f?..om,1.
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