BALOANI il LLARME e costcrnazìonc invasero 1a Kit Direzione Generale de11aPr9paganda a Sofia, quando quei funzionari ebbe,ro preso visione di uno scenario di film, inviato in via riservata dal ministro di Bulgaria a Washington. Si trnttava dello scenario d1 un'operetta la cui azione avrebbe dovuto aver luogo in una fiorita valle del centro di quel paese. Desiderando mettere nel film quanto più colore locale fosse possibile, il produttore aveva chiesto il consenso e la cooperazione del conaole gcnei:ale dt Bulgaria a \Vashington. Costui era stato lieto di dare il consenso e di promettere la cooperazione, per la pubblicità turistica che il film avrebbe fatto al suo paese, e senz'altro approvò la sceneggiatura, m assenza del ministro. Di tutt'altro parere fu costui quando, tornato in America e saputo della cosa, dopo una sommaria lettura del copione capì che m esso erano state buttate le basi per una profonda e durevole inimicizia bulgaro-americana. A scanso di responsabilitA comunque egli mandò il copione a Sofia. A Sofia, come si è detto, il Ministero fu subito in allarme. I più vecchi funzionari ricordavano che per trovare degli affronti simili bisognava risalire alla commedia antimilitarista di Shaw Arm.s and the man, in Cùt a un certo punto un personaggio diceva chiaro e tondo che in Bulgaria esisteva solo una vasca da bagno (ma occorre precisare che la commedia di Shaw è di quasi mezzo secolo fa). Questa volta gli affronti erano più discreti, ma sempre gravi. Particolarmente offensiva fu giudicata la condotta del canuterista Akim Tamiroff, nella parre dì sindaco di una cittadina. La condotta di costui in realtà era più offensiva per l'America che per la Bulgaria, perché egli, ritornato dopo tanti anni al suo paese natio, completamente americanizzato, tenta d1 americanizzare anche l'amministrazione comunale e, fra le altre prodezze, vende il corpo di polizia locale a trattativa privata. Ma il tratto più offensivo fu scoperto per caso: in margine alla de- :"Y)rizione di un personaggio di un candore più che evangelico, lo sceneggiatore aveva aggiunto questa nota: Questo tipo sarebbe considerato mezzo scemo anche nello Stato più arretrato dell'Unione, ma per i Balcani \"a bene•. Era troppo. Istruzioni perentorie furono mandate al ministro a \Vuhington; e cosi il produttore fu costretto a collocare l'azione 10 un paese immaginario. La Bulgaria ha perduto la pubblicità turistica, ma a quel prezzo sarebbe stata pagata troppo cara. UN GIRO DI VALZER Se non fossimo così co,winti come siamo della futilità e inanità delle riesumazioni m genere, finiremmo per credere anche· noi al risorgimento del val- ..er. Ma questa volta è probabile che nemmeno il cinema, che si fa banditore di questo risorgimento, riuscirà a spuntarla. Jl cmema ha fatto cose incredibili, in materia di costumi e di moda. L'iniziativa della moda dei capelli rialzati indietro, molti grandi parrucchieri del vecchio e del nuovo mondo se l'attribuiscono, ma gli storici del costume appureranno un giorno la verità, se non l'hanno già appurata; e la verità è che quella moda fu lanciata d'accordo fra I due o tre più autorevoli parrucchieri di Parigi e di New York, dopo che Danielle Oarrieux era apparsa, stupendamente bella, nei panni di :-.laria Vetsera in 1.\foynli11g, con i capelli tirati in su e legau al sommo del capo. Indubbiamente la tendenza della moda è ottocentesca: anche le tuniche da sera delle signore, con la vita alta e la blusa a pieghe dinttc di gusto Direttorio, sono una preparazione e un invtto al valzer. La :vletro è stata la prima a capire che la faccenda andava sfruttata senza perdere tempo e ha annunciato una spettacolosa campagna, accompagnata da conferenze e da un grande concorso nazionale, la quale avrll il compito d1 lanciare la • nuova danza• e, incidentalmente, un film intitolato per l'appunto Il grande t.·alztr. Come sempre, quando la storia (qui si tratta della storia della danza) è a una svolta deC'isiva, la politica vi ha anch'essa la sua parte. Le geremiadi della stampa americana sull'amara sorte d1Vienna, dopo 1'Anschluss, dànno a questa campagna per • preservare lo spinto e 11 fascino della vecchia Vienna• un lell'.gerosapore d1 protesta contro 1I regime nazista. :\la, aprescindere da queste considerazioni, la ditta hollywoodiana si è decisa alla ••crociata del valzer» anche per ragioni più serie d1 tecnica musièale. Effettivamente•, dice Albertina Rasch, un'autorità indiscu,sa a Hollywood in fatto di danza, una rivo. luzione s1 sta opcr:mdo nel campo dei mmi musicali da ballo. Potranno forse sbag!iarsi in questo tentauvo di risuscitare 11valzer; ma una cosa è certa: il ja::u va evolvendosi o involvendosi verso forme più tenere, molli e cordiali. 11 valzer, non nella degenerazione del tardo Onocenu>, ma nella sua prima ispirazione, è forse il ballo da salone più tenero e molle che esista. Ora la musica m:ing, che è il ptù recente passo innanzi o indietro fatto dal jazz, ha una decisiva rassomi~lianza col val7,er. Il jazz originale era tutto e staccato•, tamburi e ottoni. Lo m:it1g t dolct, fuso, e rutto vmljni, Evidentemente 11no'itro popolo commc1a ad essere stanco delle pazzie musicali degli ultimi anni; e~!IOdesidera qualcosa di più soffice, Cl• vile e grazioso•· Questo è, chiaramente, il discorso di uno spirito conservatore. Nobile discorso pie~ no di nostalgica lealtà, ma si hn l'impressione che le sue profezie siano più vicine ai suoi desideri che alla realtà. Il valzer è bello, ma faticoso e per nulla tenero e molle per coloro che lo ballano. È un ballo sostanzioso che impegna le doti di ritmo e di resistenza dei ballerini, e richiede in essi un affiatamento e una com~ prcnsione, un reciproco spirito dì solidarietà e di tolleranza che non mancarono certo a quello che fu il secolo dei grandi amori e delle • coppie fisse•, ma che sarebbe vano aspettarsi da questo. Malgrado l'apparente dinamismo, oggi l'umanità è più indolente e sedentaria, almeno nei paesi di grande conforto materiale, e il ballo è un pretesto, una scorciatoia per altre cose, più che un'arte fine a se stessa. Il valzer era invece un ballo vero e proprio e solo occasionalmente un pretesto sentimentale. Ecco perché esso non attaccherà. Ad alzarsi i capelli sul capo, a portare la vita più su, ci vuol poco. Ma girare per un quarto d'ora su se stessi e intorno ali" sala, a un tempo di danza elaborato e difficile com'è quello del valzer, pochi credo che siano disposti a farlo. Comunque, se la l\ktro non riuscirà a lanciare il valzer, riusciM far parlare del suo film che si ispira ,alla vita di Giovanni Strauss, della famosa dinastia viennese. Il concorso non è originale, ma le sue prospettive sono attraenti: dalle gare ~ali di valzer si passerà alle gare di contea, el:(ueste saranno I quarti di finali. Le semifinali saranno costituite dalle gare di Stato, nei 48 Stati dell'Unione, e la finale si svolgerà a New York. La coppia LA NUOVA ATTRIOE EVA ARDEN (PARAXOUNT> vincitrice intascherà non so più quanti n'11lioni e avrll un contratto d1 tre mcst con Ja ditta, In pari tempo si metterà fuori il film, dopo di che la faccenda sarà, con tutta probabilità, dimenticata. :\la questo giro d1 valzer costerà alla :\letro non meno di otto milioni di lire. LA PIÙ PAGATA L'attrice più pagata del mondo è inglese e lavora in Inghilterra: si chiama Gracie Fields, un nome quasi sconosciuto nella grande repubblica del cinema; ma nella repubblichetta inglese, es~ è il più famoso che ci sia. E non solo nella r~pubblichetta del cinema. ln tutta l'Jngh1l• terra non esiste donna piu popolare dt lei, se ai eccettuano la regina madre e l'exsignora Simpson. Gracie FieldJ guadagna col cinema, col teatro, con i dicichi, non meno di quindici milioni d1 lire all'anno e non meno di cinque milioni per film. E~sa li menta, dicono i suoi compatriotti: è la donna più divertente, piU genjale, più simpatica del mondo. Noi non la CO· nosciamo e perciò non sappiamo quanto ci sia di vero in quest'affennazione. Ma gli americ:mi, che anch'essi non la conoscevano fino a un pa10 di mesi fa, dopo aver viMo un suo film dicono la stcs~a cosa. 01 origine plebea, Gracic Fields lasciò la scuola pnma che avesse imparato a leggere e scrivere correntemente e passò gran parte della sua infanzia in una filan-:- da del Lancashire, guadagnando meno di dieci lire al giorno. A sedici anni entrò m una compagnia di gu1tt1 con la paga di quattro lire alla settimana pili il mantenimento. A diciotto anni in una commedia burluca ebbe il pnmo successo per• sonale. Due anni dopo in un t1audroill~ intitolato Sig. 'Jt;rrt di l..-0ndra conquistò di colpo e clamorosamente l'affetto dei londinesi. Era 11 1918: l'era d1 Cracie Fields nel teatro in~lese era commciata. Il suo dialetto, le sue cimorfie di una comicità elementare e animale, la sua tecnica basata su dut o tre uc fondamentali (uno, 11più famoso, è quello di grattarsi rabbiosamente come se fosse morsa dalle pulci), divennero subito popolari e persino proverbiali. Ma né la ricchezza, né la fama hanno turbato il suo cervello O trasformato I SUOI gusu: e!IS8 Vive in una casetta di mattoni ros~i, in un quartiere popolare di Londra e il suo unico lusso è la villa che possiede a Capri dO\'C trascorre di solito le vacanze. Recentemente, 11suo model di grattarsi fece ridere re Giorgio e la regina Eli<ta~ betta tanto quanto bastava per farln nominare qualcosa come Commendatore dell'Eccellentissimo Ordine dell'Impero Dritanmco. Commentò il labunsta Daily Herald: • Di tutte le onorificenze date quest'anno, quella a Gracie Fields procurerà ai sudditi di Sua :\.1aestà il più grande, sincero piacere•; e il liberale: Nm:s Chro,iicle:,, Brava Gracie, che diverti l'uni• venale!•. Argutamente pontìJicò l'augusto, conservatore Timtt: " Nemmeno il titolo di commendatore riuscirà a oscurare l11ll11nitatafama dt Gracie Ficlds •· A. D. (NllOVI FILJII) JJJ tiWfJ &tffl &r~ W.ttJ 11f' ~ai~f}., J11 k"11 %\& $!1@1 d-1 ~ E SI dovesse valutàrc un'opera cinc• @ matografica dal •divertimento• istan• taneo che riesce a procurare al pubbhco, e se questo divertimento consistesse soltanto nell'allegria, nel ridere smodato, nei commenti soddisfatti della platea, potremmo subito considerare il film L'ha fatto una signora come una delle più riuscite commedie del cinema italiano. Pareva d1 assistere a una di quelle riviste di arte varia che riuniscono dieci o dodici attori dialettali in occasione delle fe~te di Piedigrotta sulla ribalta di qualche grande cinematografo della periferia. Tutti gli attori pnncipali del film, infatti, provenivano dal teatro di varietà e ciascuno portava sullo schenno il suo particolare modo di recitare tra le qmnte, ricapitolando quasi, come in un esame di recitazione, quei gesti e quegli accenti che avevano fatto fortuna. E il pubblico si rallegrava a ritrovare fermati, per cosi dire, dall'obiettivo gli atteggiamenti dei suoi beniamini: e certo non s'offendeva ad ascoltare l'eloquio grossolano, le battute piene di equivoci significati, abituato com'era a un parlare ancora più spavaldo nelle strade, negli autobus, nei cortili, Non sapremmo davvero dar tono agli autori per aver tentato di portare con molta franchezza sullo schermo certi costumi popolari e per aver disegnato figure e situazioni che spesso sembrano prese sul Hro. È questa franchezza che quasi sempre manca ai nostri film, e li fa tanto sbiaditi. 1\Ientre, Una volta tanto, in questo mediocre film, dovuto a un regista che finora non aveva dato prove d1 talento, si vedono figure muoversi, quasi per caso, con una certa libertà, e la scena non resta vuota e squallida, anche se spesso gli attori la riempiono soltanto con le loro sguaiataggini, e per suscitare il riso esagerano artificiosamente nel comico e nd patetico. È già qualcosa, benché sia povera cosa, e in un periodo magro come questo, in cui ogni nuova opera sembra angoscios:1mente cercare la propria via, e l'esperienza passata non dà consigli, ma sembra invece intralciare e limitare la fantasia, si può apprezzare modestamente un film che mostra negli autori un certo estro nell'inventare una vicenda plausibile e movimentata, dove i personaggi hanno una propria fisionomia, sia pure generica e volgare. Nei limiti di un'opera che vuol tradurre m linq-uaggio del cinema una pratica da tanti anni seguita nel teatro dialettale, con le sue rneccaniche risorse e i suoi luoghi comuni, questo film, dunque, potrebb'essere anche un utile esempio. L'idea di servirsi di attori del teatro d1 varietà non è sbagliata, essendo costoro tra 1 pochi che abbiano acquistato disinvoltura attraverso i lunghi contatti con pubhli,·1 diversi. E la simpatia popolare ',a w·,.t sua ragione nel preferirli, quando gli altri at• tori manifestano sullo schermo d'essere non solo impreparati, ma spaventati ad~ dirittura della loro improvvisa qualità d'attori. Senonché, i pochi pregi che si riscontrano 1n questi attori sono spesso soverchiati dalla smania continua di prevalere sui compagni, che fa diventare slegata e improvvisa la recitazione. Nel periodo del maggior rivoglio del teatro dialettale, il successo d'un'opera si fondava sulle qualità del •mattatore•• che, per attrarre sopra di sé l'applauso, non badava a fnczare l'azione e a spingere subdolamente nell'ombra gli altri personaggi. La volontà d'altra parte d'esser veri ad ogni costo portava fino alla caricatura e alla falsificazione più melensa del parlare. Oggi, il teatro dialettale è quasi morto, da noi, e per fortuna sono pochi a rimpiangere la sua fine. Costretti ad abbandonare la commedia, i pochi attori superstiti si sono affiancati alle compagnie di riviste, portando sullo schermo i vecchi modt vernacoli, le "truccature v1!\tose, gli abiti sgargianti. E nonostante la loro felice spavalderia, e la bonaria facoltà di riprodune piccoli avvenimenti e figure della vita quotidiana, non hanno smesso i loro piu gravi difetti, il loro inguaribile guimsmo. Non è detto però che, spinti dalla necc,;- sità del nuovo linguaggio cinematografiço, e assecondati dz una regla intelligente, non potrebbero condurre a qualche 'IOrpresa 11 nostro cinematografo. l\la sarà necessario che dimentichino d'esser~ sto.ti attori dialettali. Il teatro dialettale è sempre stato un impoverimento della fantasia e della \'C• rità. La voglia d'imitare, o, megho, copiare i casi umili d'una piccola società, h;t imposto agli auton di co1r,medie in dialetto certi schemi e certe formule, dalle quali allontanarsi sembrava impresa trop• po faticosa. Che nel cinema, ot,:gi, possano tornare a valere quegli schemi e quelle formule, non fa meraviglia, nell'incertezza che angustia la no'Stra produzione. Il ricordo dei vecchi successi incoraggia gl'indu.striali, e la pochezza da loro affermata degli autori nuovi mvoglia a ricercare \"ecchie com.medie e romanzi dimenticati. I\1a sarebbe davvero una triste sorte, per noi spettaton, ruro\"arc d'ora mnanz1 sul bianco telone quei per• sonaggi che facevano ridere le nostre madri nei piccoli teatri di pro,.inC'ia, e che oggi c'ispirano soltanto una curiosità retrospettiva. In quanto al film L'ha fatto ima sif{nora, potrà essere, sì, un esempio utile, ma soltanto considerando titolo di qualche merito certa spigliatezza del rac. conto e l'uso spesso appropriato degli attori, mentre a guardare nel particolare, nel ~usto della messa in scena, nella descrizione arbitraria degli ambienti, e tn quell'inclinazione volontaria per 11 meschino, il provinciale, 11 casalingo, ci s'av\"ede che abbiamo da fare coi soiiti • vezzi, i quali, appartenendo alle forme più abusate del vecchio teatro, ci convmcono ancora una volta dell'equi,·oca aridità del nostro cinema e della poca voglrn di cominciare con nuovi metodi e nuove persone. MARIO PANNUNZIO
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