1-t'tlo azzurro dalle frange metalliche molto rotte e arrugginite, e con movimento febbrile incominciò a toglier· si il vestito. Ma siccome il suo corpo era tanto più ~rande del vecchio indumt'nto che pretendeva cingere, una volta infilatene le brevissime maniche non le fu possibile, per quanti sforzi facesse, di agganciarselo dietro : le due parti le oltrepassavano di poco le spalle. Né si mostrò scoraggiata per un tale inconveniente, e mostrando petto e braccia nude brandì una grossa frusta gettandosi davanti a Kan con pa• dronanza di stile : e:Ohè ! ohè ! >. Sulle prime Kan non comprese, e soltanto quando si sentì sfiorare dalla frusta si levò in piedi con lentezza, andò a rifugiarsi in un canto guardando stupito) sbalordito, quindi esterrefatto l'amica di\l viso i11 fiamme che pareva non riconoscere. E incominciando a capire, allorché per sfuggire la sfcrzat) fu costretto a rifugiarsi dall'uno all'altro cantone: < Ohé ! ohè ! >, a.Ilo sguardo interrogativo ne fece segui· re uno supplice verw la donna eccitata da quell'esercizio che le rendeva una ebbrezza giovanile; e dai suoi occhi trasparì la profonda disperazione dell'animo. Cosa che l'antica domatrice era lontan<!_dal comprendere in quell'istante di c~altazionc. La bella testa del vecchio Icone sembrava piegare da un momento all'altro, e gli occhi affievolire, spengersi nclh profondità del dolore; finché, a un colpo della &fcrza più forte nella testa sfavillarono da sé, e la testa di scatto si drizzò. Indietreggiò ancora quando la donna gli fu addosoo, non per fuggirle, stavolta, ma per misurare il terreno sotto il pif'dc; e spalancando Ala bocca emise un ruggito orrendo che parve lacerarne il cuore, e che maggiore ebbrezza risvegliò nella domatrice. e Ohè ! ohè ! >. E finalmente, come un colJX)di vento solleva il foglio abbandonato nel mezzo del viale, con tanta leggerezza il suo corpo si sollevò, ricoprendo e oltrepa!l-sando il corpo del ciclope : e con esso in terra, una volta afferrato e travolto, in una lunga alternativa si rotolò tante volte. Prima di uscire Kan si volSf' intorno : ansava 1 una mortale pcsantcu:1 ne gravava la fronte, lo sguardo erra• va moribondo per quella stanza senza po(erscne distaccare: le suppellettili rovesciate e scomposte, la donna can• none sussultava scannata in una pozza d.i sangue. Chiuse gli occhi1 uscì ratto rasentando la parete verso la sua baracca del giardino pubblico, e come il dannato dinanzi al dérnone piegò la testa in terra entrando per non più riuscire: finalmente leone. ALDO PALAZZESCHI UN TURISTA di ritorno da una crociera lungo le coste mediterranee dcli'Africa racconta che un ebreo venditore di tappeti salito ad Algeri tormentava un americano di Pimburg perché questi comprasse la sua merce. Finalmente, csa,perato: e Al diavolo voi e i vostri puzzolenti tappeti! > esclamò l'americano. e Si.gnore>, replicò l'ebreo addolorato cd offeso, e vi prego di notare· che sono io che puzzo, non i miei tappeti!>. lf A PRIMA VOLTA che mi prcscnlQ tai ad assolvere il mio dovere di giurato, chiesi a un usciere dove era la stanza della giuria. e:Salite un altro piano , 1 mi rispose, « e voltate a sinistra. Arriverete in tempo per la partita di poker>. L'usciere non ave• va scher7..ato. Scoprii presto che il mio lavoro di giurato era una partita a carte continui\, interrotta poche ore al giomo dalla necessità di ascoltare i t~stìmoni nell'aula. Per due o tre giorni si giocò principalmente a ramino, :1 cinque centesimi, ma verso la fine della settimana trionfarono il poker coi dadi e lo stud. Nella nostra contea un giurato riceve una diaria di sci dollari, più le spese di trasporto; durante il nostro turno di sci '>ettimanc, centinaia di dollari cambiarono ripetutamente di proprietario. Questa del gioco delle carte era una faccenda seria. Il tribunale non si apriva che alle dicci della mattina, m:i di solito la partita di poker era ·già avviata alle nove. E sebbene 1a corte ve• nisse aggiornata alle quattro pomeridiane, il poker continuava spcs"° fino alle sci. Il poker non era ufficialmente proibito nella stanza della giuria, tranne quando ci chiudevano a chiave prim~l del verdetto. L'usciere ci avvisava allora che giocare a carte mentre si de· liberava un verdetto era un'offesa per la corte, e portava via le carte dalla stanza. Imparammo presto a prenderlo in giro incaricando un giurato di tener sempre, nascosto in taot;ea,un secondo mazzo di carte ; e appena l'usciere era uscito, ~i tirava fuori il mazzo. e Questa cau,;.a», diceva uno di noi, e ci fa faticare come be~tie. Facciamo altri due o tre Riri di stud prima di rimetterci al lavoro>. In ordine d'importanza, tra i vizi dei giurati, la nicotina seguiva imme• diatamentc il gioco. In qualunque ora della giornata, si sarebbero potuti af. fornicare prosciutti, nella nostra stan• za, tanto il fwno era fitto. l pochi giurati che non amavano le carte donnivano, risolvevano cruciverba o leggevano riviste sportive. I giurati erano stati scelti prevalentemente nella classe media più bassa. C'erano fra noi un rappresentante di frigoriferi, un elettricista, un barista, un mediatore, un operaio della W. P. A. 1 un macchinista, un capitano della marina mercantile, diversi impiegati e uno statista. Ci univa quella cordialità che nasce tra persone impegnate in un'avventura comune. Al termine della sessione, un giurato disse a un altro: < Mi dispiace di avc1vi dovuto avversare nell'ultimo verdetto, non ho potuto fare diversamente. Ma per darvi la rivincita, la prossima volta vote• rò senza discutere come vorrete voi >. E così fece. Il giurato tipo, mc ne accorsi presto, aveva la sana abitudine americana di giudicare ogni cosa un imbroglio, Ammirava gli avvocati che riuUN GRANDE chirurgo che soffre di di• scivano a commuoverlo, ma non distrazioni viene pregato, a un pranzo, di menticava quasi mai che non erano tagliare un magnifico tacch.ino. li chirurgo che attori, ìstrioni prezzolati. E tanto impugna (orchetta e coltello, pratica sul meno tremava davanti alla maestà petto dcll'ur.ccllo una lunga incisione, poi d li 1 C d" • I un'altra ad angolo retto, e rovescia con I e a_ cgg_e. o~e ISSC un m10 ~o : cura i quattro lembi della pcUc. Estrae • ega_• ~ {?t obbligano ad occuparc_1 ?1 quindi tutta l'imbottitura dell'arrosto, taglia storie 1d1otc, ~,p~S!C da . avvocati m qualche fettina di carne e rimuove una pie· malafede, a g1ud1c1 eletti perché fecola porzione di ouo. Finalmente toltosi di cero uno sporco favore politico al gotasca un ago infilato con si1a ricuce con la vernatore >. massima attenzione le incisioni. Proprietari essi stessi di automobili, IL GENERALE Lee, capo dei sudisti neL la guerra d'1ndipendcn~ americana, era un uomo molto alla mano con i suoi subalterni. Un giorno un soldato negro si pre• scntò alla sua tenda e fu ricevuto. la mag~ior parte dei giurati a55istevano scettici ai processi per danni che risultavano da accidenti automobili,;ti• ci. C:tsi simili ce ne capitarono molti, e la scarsa generosità della giuria vere Signor generale>, cominciò il negro, so i danneggiati non mancò mai di e era tanto che volevo vedervi. Son<' un sorprendermi. E. vero che una donna soldato>. o un bambino che si prcsentas~ero in « B<'nissim>o, rispose Lee, < e a che cscr- tribunale con cicatrici spingevano i giu- ~~; 1 :1P~:;ii:un~ist:? ~~elio dell'Unione rati alla generosità. e Chi sia colpe- < Oh, generale, al vostro>. vole di quest'incidente non importa >1 e Be', sci slato ferito? >. dichiarò una volta un giurato, in un e No, signor generale, non sono s1a10ao• caso simile. e So soltanto che quella cora fcri10>. bambina è segnata per la vita e lottee E come va? > domandò Lec. e Quasi rò perché ottenga il massimo che le tutti i miei uomini sono stati feriti>. posiiamo far avere >. n:O r;:;~hsi~:~ogc:e;t!~~n~;; :;~:;a;~d~:: L'esosità dei giurati nell'accordare tro, dove stanno i generali>. indennizzi era dovuta tuttavia in par• te all'abilità degli avvocati delle soUN GIOVANE che credeva di avere un gran talento p,!r il teatro, andò un giorno a trovare il direttore teatrale del Covcnt• Garden. Costui lo mandò da Kcan, davanti al quale egli declamò qualche vcr10 in modo veramente pietoso. e Recitate nella commedia? > gli disse il celebre attore. e Sl, signore, ho rcci1ato la parte di Abele ncl1' Alchimista>. e Vi sbagliate>, replicò Kcan con quella sua aria beffarda conosciuta da tutti ; e era la parte di Caino, perché son sicuro che voi avete massacrato Abele>. CATERINA dc' Medici non sembrava ri. 1cnerc molto importante che la chiesa di Fraocik rc.1tassccauolic:i o divcn1asscpro• tcs1an1c. Quando le fecero sapere che la battaglia di Drcux era perduta e gli ugonotti vincitori, rispose: e Ebbene, pregheremo ìn francese >. FILIPPO, duca di Borgogna, aveva l'abitudine di travenini e di frequentare le oste• rie, per poter sentire lui stesso i disco~i del popolo. Egli intese, un giorno, un uomo che parlava molto male" di lui. Appena quello sfortunato riconobbe il principe, si credè perdutu. [I duca gli p(':rdonò e gli -1issc: e Non parlare mai dei principi. Se -lici bene, tu menti ; se ne dici male, t1i al loro risentimento>. cietà assicuratrici. Questi specialisti erano non soltanto molto più furbi dei loro colle(!hi avversari. qualche volta furbi talmente che la faccenda diventava pietosa. Nell'arte di i,;pirar ficlucia erano straordinari; era molto divertente udirli parlare sgrammaticato di proposito. Affettavano una filosofia bonaria e casalinga, da far arrossire il protagonista di un western. Cedevano spesso su punti minori, per dare una imprc~ionc di giustizia e di gcncro~ità. E soprattutto non annoiavano mai i giurati 1 errore. che, come è noto a chiunque abbia fatto parte d'una giuria, è sempre fatale. Alcuni giurati ~i com.idrravano ono• rati dal loro inc.i\rico, altri ne ridevano. Ma la paga faceva gola a tutti, come per lunga esperienza ~apevano gli mcieri. Jmpa~\ibili durante tutta la <iCttimana, co1TCYano più veloci della folgore per avvisarci che il 110:.trocompenso ci attendeva in ca'-'-a. Non cs1.Cndocicause iscritte p<'r l'ultimo giorno del no:,tro turno, il presidente ci offrì, la sera precedente, di esonera.re quei giurati che volcs~ro a,,.cntarsi OAOOIA AL 72• PJ.RALLEL01 UN ESOHl11ESE CON UN'ORSA SOUOUTA E CONGELATA l'indomani. Nessuno accettò: unanimi pretendevano un altro giorno di paga. Ai giurati piace anche mangiare e bere, specie a spese della contea. L'in• tc1vallo pc! pasto era dall'una alle due, la contea ci pagava la colazione solo i giorni in cui, all'una, eravamo chiusi dentro a deliberare un verdetto. T mpararnmo presto a volgere tale circostanza in nostro favore. Se il verdetto era raggiunto a mezzogiorno, invece di dichiararlo, restavamo chiusi a giocare a carte fino all'una. A quel• l'ora 1 l'usciere veniva a prenderci e ci portava a mangiare gratis. Poi ci rinchiudeva di nuovo nella nostra stan• za. Ci mettevamo a giocare, finché, verso le due e mezzo o le tre, ci decidevamo a comunicare alla corte che avevamo emesso il verdetto. Chi ci faceva ridere più di tutti erano gli uscieri. Appartenevano a due categorie : o erano obc~i e pieni d'importanza, o piccoli e tremanti come lepri spaventate. Il più grasso di tutti annunziava la corte con un falsetto, stridulo, mentre il più piccino aveva una voce rimbombante. Dei quattro assegnati alla nostra aula, uno passava il tempo lcggcnrl\.> i romanzi 4:: gialli > di E. Philips Oppcnhcim, e un altro era un esperto in cruciverba. li terzo, quando non donniva, si grattava la caviglia sinistra, e il quarto era buono c;oltanto a russare. Questi uscieri di tribunale, ottenendo i loro posti per vie politiche, considerano ogni giurato come un elettore e sono pateticamente ansiosi di servirlo. Nei giomi di fiacca, noialtri sfruttavamo generalmente tale situazione. Un giurato seduto in prima fila della gabbia su,;surrava. per esempio all'u• ~cierc che nell'aula si crepava dal caldo, L'usciere si precipitava a spalancare le finestre. Tornato appena, diversi altri giurati si alzavano il bavero e fingevano di tremare. Così1 alternandoci a intervalli stabiliti, riusci• vamo a far correre. l'usciere avanti e indietro tutto il giorno. Un altro usciere, padre. di un avvocato, distribuiva ai giurati i biglietti profc~,;ionali di suo figlio. e Se avete bisogno di un buon avvocato», ci diceva, e: chiamate mio figlio: è bravo e costa poco>. Altri uscieri ci scon~iuravano di votare per certi candidati alle elezioni. Perfino il maschietto che scopava il pavimento e puliva le sputacchiere della nostra stanza cercava di sfruttarci: rappresentante di un C'mporio locale, ci vantava i pregi di un certo ra'Oio elettrico. Ma ~ebbene divertente, la vita di un giurato non è tutta rose. Un giorno rimanemmo chiusi nove ore prima di arrivare a un verdetto. Quel giorno il fascino del mandato fu distrutto per sempre. Dopo una settimana passata in una complicata causa di danni, appena ci ebbero chjusi, uno di noi dichiarò: e Al diavolo tutti! Per conto mio non avranno un centcsim.o ! Questa è stata la mia opinione il primo giorno e non l'ho cambiata. Discutete pure quanto vi pare: è inutile. Domenica mattina debbo cantare in chiesa, ma fino allora non ho niente da fare. Ora mi metto a donnirc: guardatevi bene dal disturbanni, se non vi decidete ad accettare il mio parere>. . Sebbene po\'ero impiegatuccio, il nostro collega. era uno di quei capipopolo nati che spuntano fuori in ogni giuria. li suo ultimatum ebbe un gran peso, specie quando lo sottolineò met• tendosi a dorrnire sul suo cappotto, sul tavolo. Dopo un'ora di discussione generale risultò che quattro giurati erano a favore dell'imputato, altri quattro per la parte lesa ed altri quattro disposti a votare per chiunque, < purché, pcrdio1 si possa presto andare a pranzo a casa >. Continuammo a discutere fino all'ora. di pranro sen.1,afare progressi. Di tanto in tanto la discussione prendeva vie tortuose. « Parliamo dell'asma, va bene. Sapete da che è causata l'asma? Dai cibi troppo grassi>. A questo punto un altro giurato ricordava quel che il medico gli aveva detto quando suo figlio aveva la tosse asinina e poco dopo tutti i giurati elencavano le loro malattie, scambiandosi indiri7.zi di medici e le loro opinioni sulla politica, l'alcool e le donne. Pili tardi, a tavola (il pranzo natu• ralmcnte ce lo pagava la contea), un vento generale di ottimjsmo ci rianimava. e Quando avrete mangiato vi sentirete meglio, ragazzi >, ci diceva paternamente l'usciere di c.crvizio. < Vedrete che vi metterete subito d'accordo>. Ma tornati nella stanza della giuria le nostre divergenze si accusavano più a~pre. Alle otto, alle nove, alle dieci la tensione diventava inso• stenibile. La stanza era appestata dal fumo, le sedie diventavano sempre più scomode. Un tipo amtero di panettiere avev_a le lacrime agli occhi : e:Signori, signori >1 si metteva a supplica.rei, e per amore del ciclo, sia.te galantuomini! A bottega ho il forno acceso, signori! >. Un altro giurato sedeva in un angolo con lii testa fra le mani: e Mi sono stufato di far notti bianche quand'ero nell'esercito>, gemeva._ e Avevo deciso di non perdere mai più il ,;onno, avevo deciso! E a casa ho mia moglie che -:i.i aspetta! ,. Da un altro angolo un altro giurato saltava su lamentandosi : e Se potessi avere almeno un boccale di birra forse resisterci. Non ho bevuto un goccio tutt'oggi, mi sento impazzire. A nessuno di quei tipi dell'aula importa un fico di me, e a me non m'importa un fico di loro. Voglio solo stare col più forte, io, <:.osìmi manderanno a casa ! :,. Un giurato nervoso si mi~e il cappe!• lo e il cappotto almeno quindici volte in una scra1 sperando di produrre un sano effetto psicologico sui suoi colleghi. ~1a fu vano ogni tentativo: dopo sette ore circa eravamo più divisi che mai. Fir lrncntc uno di noi ebbe una idea felice: < In questo modo non b finiremo ma.i>, si lamentò. e Giochiamo due mani di poker di dadi e il vincitore emetta il verdetto>. Ma i giurati pil1 anziani respinsero inorriditi questa proposta. Un altro suggerimento fu che ognuno scrivesse il suo verdetto su una strisciolina di carta e che un giurato bendato ne estraesse una da un cappello. Anche questa proposta sembrò immorale. Continuammo a di,cuterc fin quasi a mezzanotte. Il fumo sempre pili fit• to ci accecava. Non avevamo più argomenti da invocare; eravamo rauchi. Qualcuno passeggiava ncrv050 su e giù1 a.Itri, chiusi gli occhi, tentavano di donnirc. Finalmente fu fatta una ultima proposta. e:Siete dispo'>ti tutti a sistemare la cos.a con la maggioran• za dei voti? >. Ne~suno sembrò entusiasta, ma non c'era altra speram.a. di arrivare a casa prima dell'alba. Con un po' di persuasione tutti finirono con l'accettare. Il risultato del ballottaggio fu di sette voti per l'accusato e di cinque per la parte lcc;a. I capo dei giurati riempì. un modulo dichiarando che la giuria era unanime per l'accu• c;ato. Suggellammo il verdetto e cc ne andammo a casa. La mattina seguente, il sonno avendo risuc;citato le nostre coscien7e, molti di noi ,;j vergognarono di non aver mstenuto con pili forta la loro opi• nionC'. Eravamo quasi tutti S<·ontcnti e irritati. Ma convenimmo unanimi che i giurati sono mal pagati. J. M. LE RONDINI BIANOHE ~ IMOTEO S(>devacheto sulla panchina ! del ponte io ammiraz.ioncdel mare e della cona lontana, quando un ragaz• zeuo adiposo, della sua stesia età, acco1n. pagnato da due signore, si (ermò accan• to a lui. Le ilgnorc parlavano animatamente tra loro, mJ. prestavano anche attenzione a ciò che ad alta voce insisteva a dire quel cl\rO ragazzo. Ora, levando il braccio, indicava alcuni gabbiani, volteggian1i sulla nave, cd esclamava: e Guardate le rondini! >. Le signore gli wrriscro affettuosamente, compiaciute della sua cultura e il piccolo continuò a commcn1arc il volo dei gabbiani scambiandoli per rondini. Timoteo ascoltava indignalo, c<'rcando di far capire all'altro, con lo sguardo, tutto il suo disprezzo. Ma siccome l'altro non mostra\•a oe-ppuredi ac• corgersi ddla sua esistenza di5'C for1c: e Bada che sono gabbiani >. Il ragauctto grasso voltò il capo, atteggiò le labbra a disprezzo e corse con lo sguardo in cerca d'aiu10. Le signore smisuo di discorrere e fissarono il piccolo che s'era pcrmrsso di fare un'os~~rvaiione. e Attento>, gli disse una delle due, e che se lo dice Luciano sono proprio rondini: e~li non sbaglia mai >. e Io sono cer1iuimo invece che sono gab. biani •• rispose Timoteo duramente, e rondini biaoch<- non si sono mai viste >. e Se non le hai viste tu, non per quc. sto non devono esistere>, s'accalorò Lu• ciano. Gli occhi delle signore brillarono di soddi,foziooe. 11 loro Luciano aveva .sempre le ri~po~tcpronte. e Chiediamolo all'ufficiale>, prop0V! Ti. molto e Chiediamolo pure >, accettò Luciano in tono di sfida. L'ufficiale sentenziò senza neppure guarG.irH: ,. Gabbiani >, e passò oltre in frr-tta dirigendosi a prua. Le s.ignorc si mostrar0no urtate dalla risposia, ma Luciano insistè: e Sono rondini, l'ufficiale non le ha neppure guardate>. Intanto le signore scendevano la ~cala del ponte e il piccolo le scgul col suo passo pesante. Ma prima di scomparire sotto coperta iminacciò col pugno Timoteo e indicando ancora i gabbiani gridò: e Sono proprio rondini bianche >. IL CONTADINO E LA MORTE l( L CONTADINO aveva ancora molto da zt camminare; la notte era discesa e il cielo era completamente annuvolato, m... di continuo i lampi illuminavano la cam. pagna e i bo,chi delle colline drco~tanti. Poi s'alzò il vento che butta\'a la polvere negli occhi del viandante, faceva frusciare le foglie secche e stormire gli alberi dei boschi. Gli uccelli volavano nella notte, st;Tcicndodi terrore, mentre i tuoni rotola• vano io ciclo. Il contadino allungò il passo, quando i fulmini cominciarono a cadere, ma non si mise a correre, né andò a rifugiarsi sotto gli alberi, quando cominciò a piovere. A una svolta incontrb la morte. Essa a,•C\a indosso un mantello svolazzante e la falce brillava quando i lampi rischiaravano a giorno l'orizzontC.Si accorse che lo guardava cercando d'intimorirlo, ma egli non le badò. Allora la .morte si mise a correre su pei campi fino al limitare dei boschi e da quella distanza gli lanciò la falce cercando d1 colpirlo; e questo ttntativo ripctè infinite volte, mentre il contadino man1encva il suo passo, 5u1Jastrada ormai ridotta a un letto di fango. La falce gli passava viciois.sima,scn~acolpirlo, e il contadino s'avvcdcva ogni volta che sarebbe bastato allungare il passo per cncrc ucciso; pure r~ sistettc a lungo e non batte\ a ciglio quan• do la morte tomava a passargli davanti ~r riprendersi l'arma e ritornare al bosco correndo. Tremante di freddo e di fatica giun• se a\ proprio c.uola,e cd era per entrarvi quando la morte lo avviciob e gli chiese· e Dunque non mi temevi?>. Il contadino le rispose: < Certo che ti temevo: ma non sci tu a decidere >. LA MORTE IN CITTÀ . n UANDO i ragazzi trovarono la bomba, ~ la morte si avvicinò a loro per ve. derc qu<'I che succedeva. Es~ì pensa• rono subilo a scaricarla, poiché ci tenevano all'involucro nero che avevano visto adoperare come posacartc o come oggetto d'ornam<'nto, Riuscirono a togliere la miccia d'accensione, ma per )C\ arnc anche la polvere bisognava svitare il dctona1ore, un piccolo cilindro di bronzo che usciva a metà capovolgendo la bomba. La morte sperò chr i molti sassi che c'erano intorno suggcri~ro a qualcuno l'idea di battere la bomba per allentarne la \itc. Ma i rag.:u.zi sapevano che per far ciò occorreva una tenaglia; e, siccome calava rapidamente la sera, nascosero la bomba tra le pietre, eon l"intenz.ionedi tornare a riprenderla il giorno dopo. Tutti rientrarono nelle case e vi stettero a giocare. Ma soltan10 Vincenzo, che voleva la bomba per sé, ebbe un'idea. Con. una scusa tornò ad uscirt", arrivò al nascondiglio, prese la bomba e se la mise io tasca. Poi si diresse correndo a ca\a di Antonio, un gio\1inotto che conosc<'vae che certamente avrebbe saputo scaricarla. La morte lo scgul curiosa e piena di speranza. Antonio intanto, al tavolino della propria camera, leggeva un libro, mai più pensando che uh ragazzo era din:-tto verso di lui accompagnato dalla morte. Vincenzo sall a sbalzi le scale della cai1a,senza temere d'inciampare, e suonò al!C"gramenteil campa• nello. Venne ad aprire una ragan.a An• tonio siudiava, ma subito u~d neil':.rnticamera Il ragauo altcse che la giovine s'al• lontana,;.,e per tirar fu6ri la bomba che consegnò ad Antonio, pregandolo di ~ari• caria. Antonio la prese, pregò Vincevto di aspettarlo in sala, e rientrb nella propria stanza. La morte gli sgu,ciò dietro, mentre il ragazzo restava .·olo a girare il berretto tra le mani. Antonio era un giovinotto dai gt"sti calmi e precisi. Prese una tcnaq:lia, e lentamente, ~ent.."fLon.art:, allentò la vite. Quand'ebbc in mano il detonatore, lo polÒ cautamente ~ul tavolo, fece uscire la polvere nera, poi andò a consegnare la bomba vuota al ragano. Vincenzo lo ringrazib e scappò contento. La morte lo rincorse, ma soltanto fino alla strada, dove rimase a p:useggiare, nella speranza di veder finire qualcuno sotto un tram o sotto I<- automobili. ENRICO MOROVICH
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