Omnibus - anno II - n.44 - 29 ottobre 1938

ft\ UANDO Guido di Lusignano morl, aj in una corsia d'ospedale, sedevo accanto al suo letto. Ero tornato da lui per portargli due o tre lettere mandate al giornale da gente che s'era commossa al suo caso e si proponeva di procurargli un'occupazione appena fosse guarito. Uno, che stava scrivendo, mi sembra, una storia delle Crociate, lo voleva segretario e collaboratore; un altro pensava di metterlo, vestito in livrea, a fare da imbonitore davanti al suo cinematografo; un terzo non so più cosa proponesse; ma mi ricordo bene che annunciava grandi feste per l'arrivo di Sua Altezza, sempreché Sua Altezza avesse accettato. Nessuna di queste proposte avrebbe fatto piacere al povero vecchio che stava morendo in corsia. Guido di Lusignano, ricoverato all'ospedale con il foglio dei poveri, era figlio di un re, Era figlio legittimo e primogenito d1 Leone XIII, re del Korassan, pretendente al trono d'Armenia. I Lusignano, che erano stati re di Cipro e di Gerusalemme, i Rupcniani d'Armenia, gli imperatori di Trebisonda e di Paflagon:a, i Comneno, sette volte imperatori di Oriente, erano suoi antenati. Ma questo, a lui, non importava. Aspirava soltanto a un posto nell'amministrazione ferroviaria; al più umile posto che si possa pensare: quello di casellante. l\te ne aveva parlato lungamente la prima volta che lo avevo visto e, il giorno cJ- ~ori, mc lo ricordò con gesti che sai sembrati strani a11a suora ch'era al mio fianco, ai piedi del letto. Fece l'atto di scrivere sul risvolto del lenzuolo; sollevò la mano e tracciò due righe parallele all'altezza della fronte, con l'indice e il medio tesi come un vescovo benedicente; tentò di strizzar l'occhio. Poi si riassopì, soddisfatto perché gli avevo fatto intendere che avevo scritto, che avevo trovato l'appoggio, che tutto andava nel migliore dei modi. Suo padre era morto a ;'\lilano, il 21 febbraio 18;6, m circostanze drammatiche. Una sera, un gruppo di giovanotti, percorrendo i bastioni di Porta Genova, lo aveva trovato tramortito di freddo, disteso bocconi a terra. All'ospedale era uscito dalle sue tasche un plico sigillato e dal plico un mucchietto di carte, di documenti, cli lettere con intestazioni solenni e solenni firme. Quell'uomo dalla faccia dura, che stava a fatica nel letto tant'era lungo, ancora pochi anni prima era re d'un p1ccolo regno, d1 un triangolo di tern• chiuso tra l'Afganistan, la Persia e la Russia. Era Leone Xl II, re del I<orassan, principe d'Armenia. Fu un avvenimento memorabile nelle cronache milanesi del tempo. I giornali se ne occuparono a lungo, dimenticando completamente il carnevale, la Scala e il tenore Gayarre che aveva strabiliato Milano, nei Puritani. Felice Cavallottt, dalle colonne della Ragion~. si fece banditore di una • colletta per il decaduto sovrano 1. • Dau obob,m Belisario~, annunciava il titolo e, sotto, la lunga cronaca dell'avvenimento cominciava così: Quando la sventura e la miseria scendono sulla stamberga di un figho del popolo è difficile ch'egli non trovi tra i suoi compagni d1 lavoro e di miseria la pietà fraterna dì un conforto e di un soccorso. Tra principi e re la bisogna corre molto diversa. La carità fraterna non giunge sì in alto, Quando un re o un principe piomba dall'alto nella sventura i suoi colleghi di professione lo abbandonano ... 1. La sottoscrizione venne aperta dallo ste:iJSOCavallom con dieci lire. Altre cinque lire. le diede Benedetto Cairoli. L'on. Giuseppe Marcora contribui con uno :-.cudo. JI terzo giorno sollevò molto rumore, e venne giustamente sottolineata RAGAZZE D'ARMENIA E DEL KORASSAN ·, "i>:<>,{:~t :,};; : ~ ! ~-=--~~· ~ in un commento direttoriale, l'offerta di un chierico che mandava due lire imprecando ai despoti egoisti. Non aveva 11 giorno prima Cavallotti invitato--anche • la Santa Chiesa ad allargare i cordoni del borsello in favore di chi discende dal caro Costantino•? Ma, l'indomani, il giornale dovette pubblicare una retti.fica: colui che aveva man• dato l'offerta scriveva indignato che i redattori della Ragion~ non sapevano leggere. Egli aveva scritto chimico, non chierico. Era un uomo di scienza, non una sottana nera. In totale si raccolsero ottocentosettantotto lire, ma ci vollero parecchi giorni e, nel frattempo, Leone Xl II trovò modo di morire e d'esser sepolto nella fossa comune. Nella prima medi dcli' 'Soo i discendenti di Leone VI di Lusignano, ch'era stato l'ultimo re d'Armenia, conservavano ancora il titolo di re del Korassan, ma risiedevano ad Echmiadzin, nell'l layasdan, estrema provincia armena. L'Armenia era stata divisa, con il trattato del 1829, tra la Russia, la Persia e la Turchia, ma l'occupazione del territorio procedeva lentamente, e le truppe non erano ancora giunte in quella lontana provincia orientale. Lo zar non aveva fretta. Quando i tempi furono maturi, giunse ad Echmiadzin un'ambasceria, capitanata da un generale cosacco, il quale trattò brutalmente l'• affare 1, E l'affare poteva essere ottimo o pessimo, a seconda di quel che avrebbe deciso il principe armeno: se abbandonava il territorio e rinunciava solennemente ai suoi diritti sul trono d'Armeni11, lo zar s'impegnava a passargli una cospicua pensione; se no, peggio per lui. li re del Korassan accettò i quattrini e partì per l'Europa. Quando scoppiò la guerra di Crimea, Leone di Lusignano era a Parigi. L'as- -.egno che l'ambasciatore di Russia gli passava regolarmente gli pennetteva di condurre una vita molto brillante, Era ancora giovane, un bell'uomo, un formidabile cavallerizzo. Forse non \l!ensava neppur più al suo regno perduto. :Ma la guerra creò una situazione nuova. Le tribù del Korassan si erano sollevate in armi; gli armeni c,adevano sotto le pallottole dei cosacthi, agitando i colori dei Lusignano; il governo francese teneva mano a tutte queste sommosse, aveva fatta sua la causa <lei popoli Oppressi; l'Ambasciata di Russia era chiusa. E Leone X 11l re del Korassan offri i suoi ser• vigi alla Francia, venne nominato ufficiale dei turcos, cornbattè con onore in Crimea e se ne tornò povero in canna. Naturalmente la pensione, che fino a prima il governo russo gli aveva assegnato, fu sospesa. Per vivere, dovette vendere i gioielli, i cavalli, i mobili. Finché, nel '59, è di nuovo soldato, ufficiale di cavalleria, nella campagna d'Italia. A Solferino una palla gli spezza il braccio sinistro; cade di sella; si frattura una gamba. Resterà zoppo, il braccio anchilosato, per tutta la vita. E per tutta la vita co_nt1nuerà a perseguitarlo le più nera disdetta. A Par1g1 un comitato di profughi armeni raccoglie trecentomila franchi e li offre in dono al re spodestato: Leone Xll [ deposita la somma in una banca inglese e la banca, tre mesi dopo, fallisce, Una sera, in una stradetta di Montmartre, un sicario aggredisce proditoriamente, in mezzo alla folla, il pretendente armeno e lo pugnala alla schiena. Il sicario riesce a fuggire e Leone XIII resta ancora tre mesi tra la morte e la vita. Quando esce dall'ospedale il governo gli consiglia di bsciare entro una settimana il territorio francese.. Leone di Lusignano conosce, tra lingue e dialetti orientali, diciassette idiomi. Verrà in Italia, farà, come. Luigi Filippo, l'insegnante di lingue. ).la anche questa volta non riesce e deve ridursi a ~ilano, in due stanzette, al quarto piano di via ~1anara 11 1 pittore e restauratore di qua• dri. Sposa una sarta, d1 parecchi anni più giovane di lui; ha sei figli. Trascina gli ultimi anni Jella sua vita in grande miseria. Pochi giorni prima di morire la balia gli riporterà a casa l'ultimo nato, stanca di attendere le quindici lire mensili di salario. E il giorno della morte, la vedova cuce con la stoffa di un vecchio ombrello l'abito nero per la piccola Leontina, la sua prediletta. Guido, figlio primogenito di Leone Xlii di Lusignano, dopo la morte del padre aveva lavorato per qualche tempo in una bottega di ebanista. poi, per venticinque anni, era stato conduttore dei vagoni letto. Licenziato dalla Compagnia, aveva assunto l'appalto del caffè della stazione di Varallo Se.sia, ma, tre mesi prima ch'io lo conoscessi, era fallito. Era stato aperto, sul piazzale della stazione di Varallo, un altro caffè: c'era la macchina espresso, un ambiente più allegro, poltrone più comode, una bella donna alla cassa. Gli av\'entori avevano abbandonato 11caffettiere dai CCnto illustri antenati ed erano passati in massa al nuovo locale. Tutte queste cose le avevo frettolosamente imparate prima d1 recarmi all'ospedale il giorno 1n cui m1 avvertirono che v1 era stato ricoverato, con il foglio di povertà, il figlio di un re, E m'ero preparato a vedere un tipo di quelli che un cronista non st augura mai d'mcontrare. Trovai invece un vecchio bonario, dalla faccia di galantuomo. Aveva le maniche della camicia rimboccate fino al gomito e ne uscivano due braccia muscolose e \'ellose, due mani enormi, rovesciate con le pal• me malto, sul risvolto del lenzuolo. Aveva i capelli bianchi ancora folti, taglil\,li a spazzola, e due grandi baffi spioventi che tendevano al giallo e finivano, al centro del labbro, in un mezzo ricciolo, per l'abitudine, forse, di succhiarli. Mi fece intendere subito che non gli garbava parlare di quella faccenda. Il re del Korassan? Lasciate perdere. :Mio padre, quando sono nato io, era un povero Cristo, altro che re del Korassan 1. Aveva l'aspetto d1 un vecchio allegro che avrebbe fatto volentieri una passeggiata e che se ne stava invece a letto, ma proprio perché gli altri lo obbligavano a farlo. La sua malattia era grave, ma non dolorosa. Lo dovevano operare il giorno dopo. • Guardate, quand'ero ragazzo e facevo l'ebanista quella storia che volete sapere mi aveva riempito la testa. Ci pensavo di giorno e di notte, ne parlavo con tutti e non mi accorgevo che gli altri facevano apposta a darmi corda. Mi hanno canzonato tanto e poi tanto, per quella storia, che da quando ho cominciato a ragionare non ne ho parlato più con nessuno. Me la sono persino dimenticata. Dovevate venire cinquant'anni prima, se volevate saperla. ;\1a lo sapete che nei negozi, se dite che siete figlio di un re, vi ridono in faccia e non vi dànno neanche mezzo chilo di pane a credito? Questi, voglion vedere ... •. Ma era troppo buon uomo perché gli riuscisse di continuare su quel tono. 11 pensiero della sala operatoria - lo si capiva benissimo, per quanto cercasse d1 nasconderlo - lo rendeva inquieto e non voleva pariare del re del Korassan, ma aveva una gran voglia di discorrere con qualcuno che non fosse un suo vicino di letto. « Lo sapete,, disse, • che io per venticinque anni, .. ?•· Sollevò la destra e, con l'indice e il medio tesi, tracciò due righeall'al• tezza della fronte. • Per vcntkinque anni sono stato conduttore dei vagoni letto: Roma, Parigi, Vienna, Cosiantinopoli, Berlino: una gran bella vita. Sono venuto via all'età di sessant'aii.ni. C'è un regolamento che parla chiaro: il personale viaggiante non può avere più di tanti anni, e non c'è niente da fare. Se no, ci sarei ancora adesso. Intanto parlo quattro hngue, ma da discorrerci, capite? Mica come quelJi che sanno a memoria cinque o sci frasi del mestiere e poi, se uno gli domanda un fiammifero, restano Il con la bocca aperta. lo , e si batteva il petto con la mano aperta, • io a quattordici anni parlavo francese, inglese e tedesco. • È stato mio padre a insegnarmi le lingue. Alla sera, tutte le sere, ci metteva attorno al tavolo, io, mio fratellino Riccardo e mia sorella Lcontma, che eravamo i più grandi, e finché non cascavamo dal sonno non la smetteva. Poi, di giorno, quando era m casa, ricominciava. Era un'idea fissa. Mio padre di giorno non parlava mai. Solo, d1 tanto in tanto, mi faceva qualche domanda in francese o in inglese, apposta per vedere se avevo imparalo~ :\1a a me, mi faceva soggezione e sbagliavo sempre. E più sbagliavo e più lui, duro, a insistere, finché scoppiavo a piangere e la mamma lo mandava fuori di casa. Cosi, dai sette ai quindici anni, ho imparato le lingue! Poi, quando, diventato più grande, andavo a bottega, sapete cosa facevo? Alla domenica mi mettevo davanti al Duomo e quando vedevo un forestiero gli Jomandavo se voleva che lo accompagnassi a vedere la città. Allora non ci voleva l'autorizzazione. E così mi sono tenuto sempre m eSercizio. Finché un giorno, alla stazione, un signore mi chiama: "Tu", dice, "ti piacerebbe viaggiare?". "Altro che", dico io, " se fossi un signore non farei altro". "No", dice. "'Viaggiare gratis e prendere dei soldi". E mi ha portato nell'ufficio a farmi fare la domanda. • Venticinque anni, ci sono rimasto. l lo trattato con ministri, senatori, deputati. L'onorevole Chiesa lo ha conosciuto? Una brava persona. Bene: quello prendeva ti letto e non me lo faceva neanche fare perché soffriva l'insonnia. ;\li chiamava sempre per giocare alle carte. :i\lcntre noi non possiamo. Se viene su un ispettore, fa subito rapporto. Una volta mi hanno sorpreso, difatti,.ma l'onorevole è andato in direzione es'~ lamentato, finché quelli han detto: "Lasciamo perdere" e non se n'è parlato più. • Una cosa c'è di brutto, in questo mestiere, e qualcuno non ci resiste per questo: che non si può mai chiudere un occhio. lo no, perché il sonno non l'ho mai patito; e anche questo l'ho ereditato da mio padre. lvla sap.ete che mio padre era tanto se dormiva un'ora per notte? Era straordinario. Continuava per delle ore, quando era\'amo tutti a letto, a passeggiare su e giù per la stanza. Qualche volta arrivava al maumo cosL E faceva pena, anche perché era un po' zoppo: era stato ferito a Solferino, nel '59. Era nervoso. Spesso lo prende\'a la malinconia. Sapete da che cosa lo si capi\·a? Quando parlava e parlava e diceva a mia madre che non doveva più lavorare a quel modo, e voleva ... Quando lo prendevano quei momenti mio padre si metteva a far di rutto in casa, per dare una mano a sua moglie; anche a lavare i piatti. A1tro che re del Korassan. :\1ia madre fa... .:va la sarta, e se aveva qualche cosa di finito da portare a una cliente, voleva andar lui. Non glielo ha mai lasciato fare, però. Non perché fosse un re! t che non era buono di farsi pagare. Qualche volta dipingeva, per esempio. Quando aveva I colori e faceva un quadro, lo dava via senza farsi pagare. Era stato abituato troppo male da giovane! • Però di lut non posso dire male, Mi ha dato un'istruzione, e l'ha data anche ai miei fratelli. Purtroppo sono morti giovani. Io mi sono tro\·ato meglio di tutti, e se non avessi fatto un grosso sbaglio, starei bene ancora adesso. I Jo fatto uno sbaglio quando mi ha liquidato la Compagnia: dovevo presentar subito la domanda per avere un casello. I casellanti hanno la paga, la casa, l'ortnglia. Adesso, dopo che mi è andato male il caffè, ho fatto la domanda per averne uno, ma ormai ... i\'lt hanno detto che sono troppo vecchio, ma che però vedranno. Dovrei trovare un appoggio, allora sl. Quando sono venuto via dalla Compagnia conoscevo molte persone influenti. i\la, cosa volete: allora mi sembrava d'essere un signore. Avevo preso la liquidazione e avevo messo da parte un po' di soldi: perché, quando si viaggia, oltre lo stipendio ci sono le mance, e qualche cosa resta sempre in tasca, quando mandano a cambiar la valuta alla frontiera, E poi io ero molto conosciuto: "Lusignani, vieni qui; Lusignani, fammi questo piacere", « Lusignani. Tutti mi chiamavano Lu- • signani. Già: non anda\'O davvero a dirlo, quando viaggiavo, che mio padre era un re, e per di pi\l era il pretendente d' Ar• meni a! i\lio padre era :norto, dunque 11 pretendente ero io. Ed io andavo a dirlo, con quelle facce che giravano sull'Oril'1'1te! Uno poteva anche pensare: "Questo qui sta quieto flnché non ha ~oldi, ma domani... può pretendere veramente ... Una vicenda viva e originalissima, una serie di situazioni e di personaggi vibranti di umanità, un romanzo condotto con stile incisivo e pittoresco; una gustosa satira di certe frivolezze americane, ecco che cos'è il nuovo romanzo di RAFFAELE CARRIERI Un 1 miliona si@ella Una lunga puntata di questa movimentata vicenda potrete leggerla nell'odierno fascicolo di e cioè della più fresca, varia, deliziosa delle riviste settimanali, nelle cui pagine troverete il più divertente commento alla vita, il più gustoso riflesso degli avvenimenti di tutti i campi e d'ogni tempo * Costa 60 centesimi in tutte le edicole d'Italia E allora •••"•. FRANCESCO DOZZI L::=:==::::::::::;;:::;;:::;;:::;;:::;;:::::;::;;::

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