Omnibus - anno II - n.44 - 29 ottobre 1938

ANNO Il - N. 4 ◄ - ROMA 29 OTTOBRE 1938-XVII Q UANTE nno le rivoluzioni che dopo lijl vent'anni possono guardare il cammi• no percorso con lo stesso orgoglio delle Camicie Nere? Se riprendiamo, per un is1antc, il .memorabile discorso col quale il Duce, nd totale smarrimento ddl'Italia, fondaYa, il 23 marzo del 1919, i Fasci di combattimento, vediamo che tutte le promesse ivi contcnutc, tutte le enunciazioni programmatiche di quei giorni sono, oggi, un fatto compiuto, un fatto della realtà storica e un fatto di -coscienza. C'è, prima di tutto, l'affermai.ione imperiale. Nonostante lo scempio della vittoria, nonostante la minaccia bolscevica che urge e preme da ogni parte, Mussolini proclama la necessità dell'Impero. « L'imperialismo è i1 fondamento della vita per ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente. Non si comprende che si predichi l'idealismo da parte di coloro che nanno bene a colo~o che soffrono, perché ciò sarebbe molto facile. Noi vogliamo il nostro posto nel .mondo poiché ne abbiamo il diritto>. Oggi l'Impero è una stupenda realtà. Nonostante l'avvena coalizione di tuui gli interessi costituiti, nonos1ante l'assedio economico di cinquan. tadue Stati, ~1ussolini ha conquistato al popolo italiano un Impero vasto cinque volte l'Italia, \"incendo, in seue mesi, la più grande guerra coloniale che la storia ricordi. Duce di un popolo di proletari, egli ha fondato t'Impero del lavoro. Il giorno stesso in cui si inizia l'anno diciassettesimo ventimila coloni salpano per la Libia a popo. lare i territori che furono già antiche co. Ionie di Roma. Una simile migrazione non ha precedenti cd ha stupito il mondo per l'imponenza dei meui, la perfezione della tecnica, la disciplina degli avvicendamenti. Non sono pill i soli capitali che emigrano, con pochi tecnici e limitate schiere di operai specializzati, alla ricerca della mano d'opera indigena da sfruttar'° oltre le umane pouìbilità, mediante qud lavoro forzato che resterà una vergogna incancellabile della nostra civiltà; sono centinaia di famiglie, scelte fra le più numerose delle nostre campagne, che portano laggiù, oltre la qu2rta sponda, la potenia rigeneratrice di una rana e di una civiltà tre volte millt'narie. Questi legionari dt'I la\'oro sono gli 11essi cht' pochi giorni fa sbarcavano a Napoli rt'duci da una delle più memorabili imprue del volontariato di tutti i tempi. N:1- ,'auo stesso in cui si apprestavano i nuovi campi del lavoro dell'Impero, essi di!ende\'ano e prt'sidiavano contro l'insidia bolSCt'vica quei supremi valori civili e morali, che danno un senso alla storia e una luce alla vita Anche in lspagna il volontariato (ascista ha ripreso un'insigne tradizione di Roma, poiché in virtù di una irresistibile fatalità fisica, prima ancora che politica, Roma ha dovuto sempre di(t'ndusi dalla minaccia orit'nlalc sul suo fianco ad occi• den1e, sull'estremo limite delle Colonne d'Ercole. Sulle coste spagnuole, avidamente tentale dalla penetrazione fenicia e cartaginc:"se,Roma affrontò i primi cimenti marinari e il genio strategico di Scipione ebbe la sua prima consacruione a Cadice. Per virtù sua la Spagna (u liberata dall'oppressione punica, che era, in M>stanza, un servaggio orientale. E quando, a distanza di due secoli, Ottaviano ebbe disperse ad Az..io la rinata minaccia orientale, la sicurezza della latinità vittoriosa non potè dirsi definitivamente tutelata finché non ebbe, nel 26 a C., pacificata la Spagna. E (u ancora ad occidente che si decisero le sorti della ci\ ihà europea quando, riprendendo il sogno temerario che i persiani, re dei re, t'tano stati incapaci di tradurre in atto, il califfo si diede a ripercorrere, nell'ottavo secolo, sii itinerari spagnuoli di Annibale. Come era inevitabile, l'iniziativa e l'espansione dei popoli proletari hanno infranto la tirannide dei falsi trattati di pace, che trova,•ano a Ginevra, presso la Società delle Nazioni, l'ultima roccaforte. ~(ussolini aveva preveduto anche questo. e Se la Società ddle Nazioni deve essere una solenne •• fre. gata" da parte delle nazioni ricche contro le nazioni proletarie, per fissare ed eternare quelle che possono essere le condizioni attuali dell'equilibrio mondiale, guardiamoci bene negli occhi. Io comprc:"ndo perfettamente che le nazioni arrivate pos,ano scabìlire questi premi di assicuruione della loro opult'nza e posizione attuale di dominio. Ma questo non è Jdealismo; è tornaconto " interesse>. Contro questo falso idealismo r Italia ha reagito uscendo dalla Società dcli~ Nazioni e inaugurando, con rasse Roma-Berlino, quella revisione dei trattari, che ha disperso le esose combinazioni di \'ers.iille,. Uno spirito nuovo di giustizia e di umanità ritorna sull'Europa e fuga i fantasmi dt"lla guerra I potenti di ieri sembrano, oggi, ansiosi di anticipare le stesse richieste dei vinti di vent'anni fa, di riparare le ingiustizie che hanno ritardato la wlidalc collaborazione fra i popoli. Come aveva preveduto Mussolini e si marcia verso la più grande democrazia politica cd economica>. Volenti o nolenti. * * •Y.· ..;f~ ERA forse mtno dist,mza fra ~ la Roma del '70 e quella del '22 che fra quella del 122 e que11a di oggi. La sfrenatezp. del dopoguerra metteva, sl, sul vecchio e mite volto provinciale una truccatura moderna di mondanità alberghiera e di oorruzione tentacolare, ma non bisognava prenderla sul serio. 1 giovani uiueurs del medio ceto con la giacca con un bottone solo sull'ombelico, i pantaloni appesi sulla caviglia, il soprabito con la cintura, ammiravano i cocainomani, e con le tasche piene di carte bisunte da una o da due lire, pa-.-.avano le notti davanti alle aranciate dell'Apollo sentendo così di possedere il vero senso della vita. Era il tempo dei primi capelli c()rti1 delle sottane al ginocchio, della robe-manteau, dei cappelli à cloche, e del ristorante :Marinese a Via 01'azionale,dove gli ultimi pcscicani invitavano a pranzo i rappresentanti autorizzati dello snobismo, che però già fiuta.vano intorno ai portafogli un vago odore di effetti insoluti e si facevano meno cordiali ed espansivi. Ai Sundaydinners del Grand Hòtel si ballava fra una portata e l'altra al suono di Indiano/a e di When Buddha smiles ed era anche l'età delJ'oro del maestro Giovannelli. Nel gergo mondano le frasi francesi avevano già ceduto il primato a quelle inglesi, ma l'americano era ancora raffinata conquista di pochi iniziati. Gli ufficiali di Piemonte Reale avevano un berretto monumentale, la cravatta altissima, il colletto ros~ bas• sissimo e la tunica con la f1!artingala sotto le scapole, piccola, corta che sembrava presa per sbaglio al guardaroba di un adolescente. Il Bar Vene• 12 PAGINE UNA LIRA SPEDIZIONE IN ABB. POSTAll: 28 OTTOBRE 1932 • LE OUIIIOIE NERE VERSO ROKA zia che aura11tc gli .inni della guerra aveva offerto agli studenti del liceo Tasso ottimi gelati e dolci al miele e alla pasta di mandorle, era già stato promosso Rosa.ti, e offriva i primi cocktails dopo la pa5seggiata al galoppatoio. Akw1e signorine apparivano ancora di traverso guidando il tonneau, una specie di cesta attaccata a un piccolo trottatore. La sera Tecla Scarano si produceva alla Pariola, il Moderno egemonico proiettava il terzo o quarto episodio della Maschera dai denti bianchi, al Bai Tic-Tac ogni tanto venivano spenti compiacentemente i lumi per comodità delle coppie danzanti. E c'era ancora il tram Due.Dieci a San Silvestro, per via Condotti passa.va il 33 coi grappoli umani, per il Corso passeggiavano due cubici autobus elet• trici che con fatica superavano la piccola sa.lita di via Giulio Romano. E veramente quel che di peccaminoso poteva esservi in questo ambiente era ancora visto con gli occhi di Madame Bovary. In fin dei conti quelle sottane corte e quelle scollature fino alle reni e quelle sigarette fumate nel bocchino lungo venti centimetri erano ancora diSCU'-SC con fronti corrugate all'ora di colazione. E la politica? Si parlava degli avvc• nimenti di Milano, di Empoli, o di Bologna. In Alta., Italia, le revolverate, le partenze not"turne dei camion, venti penane contro mille e lo scoppio delle sipc; a Roma si leggevano i giornali, si parlava male dei ministri, si disprezzavano i deputati, e insieme ci se ne adornava. Quando la camera era aperta, capannelli di sfaccendati aspettavano sulla piazza o ìntorno ai tavolini del Caffè Guardabassi, mentre le guardie regie a piedi stavano sotto il portico di Veio e quelle a cavallo davanti all'Albergo Milano. Le guardie regie! Una volta ne morì una in uno scontro a via Naziona• le: di carabinieri ne morivano tanti e venivano sepolti in stretto incognito per non offendere i sovversivi, ma della morte di quel povero figlio il Ministero approfittò per cercare di rendere popolare il Corpo che ne aveva bisogno, e gli fece dei funerali sontuosi, quasi che egli fosse il milite ignoto della guerra civile. Sì, perché anche a Roma ogni tanto accadevano gravi incidenti, e il Quartiere Trionfale e San Lorenzo e Via Capo d' Africa dove c'era la Camera del Lavoro l'hanno avuta anche loro1 la girandola sinistra delle revolverate: ma si trattava appunto di incidenti, violenze episodiche, come tutti i tempi hanno le loro, anche re Umberto e anche· Pio IX. Per Roma la conseguenza. più lamentata del donniveizlia dell'autorità statale erano pur sempre i treni che arrivavano con due o tre ore di ritardo, i pacchi postali manomessi e gli scioperi dei tranvieri. « E la barac~ ca così cammina, che sorte meschina1 che sorte meschina >1 cantava Barbapedana, il protagonista di una specie di T urlupineidc aggiornata alla tristizia dei tempi. Scioperavano anche gli spazzini e i postini : e a noi del liceo ci portarono a sostituire gli scioperanti negli uffici di San Silvestro, e rimanemmo tre ore a smistare milioni di lettere jn una lun~a stanza seminterrata, polverosa, senz'aria e senza luce, dono di che ton,ai a ca~ con un forte miti di testa. Insomma, credo che se tutto fosse dipeso da Roma, si poteva continuare per un pezzo a scuotere la testa e a dire : e Così non si va più avanti>. Io ero allora uno studente di liceo bocciato che si preparava agli esami di riparazione. Ma in famiglia avevamo mio cugino, ex-combattente e volontario di guerra. che era iscritto ai Fasci di combattimento; e attraverso lui qualche sintomo ammonitore di quello che si preparava mi ra~~iungeva nella malinconia delle ore autunnali da pa~sare davanti al testo di chimica. C'era stato il congresso di Napoli, dove Mussolini aveva parlato di prendere alla gola la miserabile cla~sc politica1 e la voce di marcia su Roma era tornata ad affiorare. Ma in fondo lo sforzo di fantasia necessario a immaginare che veramente qualche cosa di simile potesse prorompere attraverso gli schemi della vita quotidiana, delle abitudini di ogni mattina e di ogni ,-,era, era troppo grande perché veramente « la gente > ci credesse. Mio cugino era tornato dall'adu~ nata di Napoli il 26 mattina, era ripartito subito. Mia zia e mia cugina, misteriosissime, non dicevano per dove, ma la loro agitazione, o, come dicevamo in famiglia, la loro ammui11a1 rivelava che qualche cosa di grave era alle viste. Credere alle loro mezze parole? Riesce difficile ammettere che la storia pos-;a passare anche per )a casa dei nostri parenti, e in fin dei conti il Giornale d'Italia era più autorevole, e la sera del 26 la sua voce suonava ancora più placida e composta: « A Firenre si parla di mobilitazione fascista1 ma Michele Bianchi <1:mcntisce. « Si arriverà a un Ministero coi fascisti>, diceva mio padre. Chi lo avrebbe presieduto? « O si cimenta nella prova l'onorevole Giolit• ti, o l'onorevole Orlando 1 o lo stesso onorevole Facta >, rispondeva il Giornale d'Italia ; e poi confidava : « Si di~ ce a Montecitorio che i fascisti ridurrebbero le loro domande contentandosi di meno dli cinque portafogli di cui ha detto il loro duce e anche di portafogli diremo così meno coloriti >. Solo mia nonna mostrò di ave• re l'istinto dell'ora nuova. A quei tempi cuoche e cameriere erano difficili :l trovarsi, ç molto veniva sopportato per non rimanere senza. Noi avevamo una cameriera fidanzata con un tranviere bolscevico. Contro la sua oltracotanza mia nonna mobilitò se ste,;sa fin da quella sera in cui la borghesia regolava ancora le sue ore sul meridiano di Monte Citorio: e Ve', tu riga driuo 1 che mo viene MU5solini!:t. La mattina del 27 il ,\fessaggero portò la notizia che il Ministero Facta si era dimesso. ).fa c'era anche, al centro della prima pagina, la notizia che l'onorevole Giolitti compiva ottanta anni, e il vecchio mondo sembrava riaffermare in quell'annuncio la sua propria longevità. Mia cugina mi ave. va finalmente confidato che suo fratello era stato mobilitato, che faceva parte della colonna lgliori concentrata in un paese dei dintorni di Roma1 che sarebbero entrati a Roma forse anche fra poche ore1 chi sa. Sicché io ne sapevo più dei giornali, e ne ero na• turalmcnte molto fiero. Giravo per la città per scoprire sintomi intelligibili a me solo di questa verità ancora ignota, e naturalmente ogni guardia, ogni carabiniere, ogni granatiere di Sardegna mi sembrava insolito cd cc~ eczionale: ma alla fine dovetti conve•

nirc con me stesso che grandi cose da \'(.•dt·re non ce n'erano, appena forse un po' di animazione nervosa. in Via degli Avignonesi, dove era la sede del Partito Fascista. Solo la stazione, nel tardo pomeriggio, mi fece impressione: nessuno partiva, nessuno arrivava, la tettoia nella luce gialla era più povera e provinciale che mai, rivelava nell'accasciamento tutta la meschinità della sua attrezzatura e delle sue dimensioni. Era piena di guardie regie con le mantelline corte arrotolate, i moschetti ad armacollo. Non mi sembrava più di stare a Roma, ma a Monastir, a Santi Quaranta, in una qualunque città dei Balcani in tempo di rnobilitazione o di sommossa. Il vecchio Valiani mi riconfortò, pur vuoto di consumatori com1era 1 con l'aspetto familiare delle sue scansie piene di bottiglie, e la sua pubblicità dei carciofini. Al banco uno dei baristi era un «cliente», nel scnsò romano, di casa nostra., un calabrese che a Natale ci portava ceste di fichi secchi e di uva passita e durnnte tutto l'anno chiedeva a mio padre raccomandazioni per i figli, per i nipoti, per i cugini : e Ha saputo, signorino>, fece schizzando il selz nella menta, « questa sera è tornato il re. C'era Facta a prenderlo. Ora dice che i treni non ani• vano più. Che succederà, signorino? Il commendatore chf' dice? >. Molti credevano che un consigliere alla Cor• te dei Conti sapesse i segreti di Stato, e mio padre, quando gli domandavano : « Ma alla Corte che si dice? > ri• spondeva con un gesto impreciso e dei sospiri che salvavano il prestigio del consesso ed il suo. Un cameriere intervenne: « Ci sono i cavalli di Frisia a Porta Pia. Qua finisce a botte, vedrete>. Un altro ripctè due o tre volte: « Ari/amo la breccia ». I '1iornali della ~era dicevano: mobilitazione fascista, ma col punto interrogativo. Anzi, un corrispondente da Pisa.del Giornale d'Italia, dopo aver riportato un manifesto della Federazione provinciale fascista che annunciava: « Noi marciamo su Roma>, affermava che i fascisti intendevano par• lare di « una marcia spirituale>. A ca.sa cominciavano a infiltrarsi inquietudini, mio padre disse che si parlava di stato d'assedio, mia nonna citò il '98 a Milano e Bava-Beccaris. Mia zia scartava tutte le inquietudini con una rcd ... imperterrita e vedeva tutto fa. c1Je: i soldati non spareranno, i fascisti passeranno, la Camera avrà il fatto suo. E così in famiglia si dibatte• vano, con accento napoletano, fra le carte del solitario di mia nonna e le tazze del caffè, gli immutati problemi della coscienza civile : i limiti del dcvere d'obbedienza, la coincidenza fra la legalità e l'ordine. • La serata era mite. Decidemmo di uscire, con la vaga speranza di as.si- .stcre a qualche cosa, o forse solo obbedendo all'istinto che nelle ore incerte ci sospinge verso le luci e i no• stri simili. E poiché ci attirava Porta Pia coi suoi cavalli di Frisia, andammo alla Cremeria Reale in Via XX Settembre. Lasciando gli anziani intorno al tavolino del caffè, mia cugina, mio fratello cd io ci spingemmo verso Pona Pia a vedere se <:.'erano davvero i cavalli di Frisia, e domandandoci che cosa potessero esse.re. Scn• tivamo la solennità dcU'ora, ma di queste cose riesc~ difficile parlare i~ famiglia, e cammmavamo piuttosto s1• lenziosi. Via Nomcntana infinita e deserta dava un senso di angoscia, ma la Porta. alle nostre spalle, con le sue vecchie mura piene di esperienza, sor: geva pacificante. Il bello è che quesu cavalli di Frisia non mi ricordo se quella sera li ho visti veramente, o se soltanto ho racoontato di averli visti e poi ho finito per creckrci. Quan• do tornammo al caffè, al nostro tavolo si era seduto un deputato meridio• nale del partito popolare, aoC?ra alla sua prima, e credo anche ultima, legislatura. Qualche giorno prima aveva detto a mio padre: e Fra sei mesi tutta l'] talia avrà la tessera del partito popolare, e voi pure, ?on Alessa~- dro ! >. e Tutto può darsi>, aveva n• i;posto mio padre. Ora però gli ricordava scherzando la sua profezia: « Non mi pare che stiamo proprio su quella ,trada >. L'altro si difendeva ancora: e Aspcttate 1 aspettate•: I fascisti, diceva non hanno espenenza, come vo• lctc 'eh~ occ-upino i Ministeri che hanno chiesto? ... E autorevolmente con• fennò: « Avremo un Mini5tçro Salan• dra ». Era l'eco della Sala dei Passi Anno II • N, U • 29 Ottobre 1938-un MNIBUS SETTIMANALDEIATTUALITA POLITIOA E LETTERARIA BSOE IL SABATO IN 12·1& PAOJNE ABBONAMENTI Italia e Impero: auno L. 4.21Hme1tr9 L, 22 Eete:o 1 11.EIDO L, 70, 1emeuu L. 36 OOlll lfUIIIERO DNA LIR..l lhnoaorhtl, dlaegnl • fotograS1,anoh, u 11011pubblicati, uo11 11 ruthul1co110, Dlt1J.loa1: Ret11a• Plu1a della Pilotta, 3 T1l1fonoN. 66,470 .lm.mlalltru.foa.: lflla110• Plana 0ulo Erbai 6 Telttorio N, 24,808 PabbUdti: Per millimetro di altena, bue onacolonu1 L, 3, Rl•olgeul all'Agulia O. Bruchi )(l!ano, Via Sal•ln!J.10, Telefono20-907 Parigi, 158R, neda l't.nbonrgSalu'"-Hooori .lOO8TO 19U - SCORTE A.lUIA.TE BUI TRENI Perduti. I giornali già vi accennavano. Orlando era superato, Salandra era quello del « maggio radioso >. ~ Giolitti? E Giolitti no, almeno nel pn• mo tempo; e poi non poteva nemmeno venire a Roma, perché i treni non viaggiavano più. Mia zia propose freddamente: e E, scusate, perché non un Ministero Mussolini?>. e Donna Giu• scppina, donna Giusep~ina, voi scherzate! E dopo, come s1 presenta alla Camera? Come volete che abbia la fiducia?». Ne nacque una breve polemica, e mia zia ricordò appassiona• tamente le bandiere insultate, i mutilati offesi per le strade: « Episodi, don• na Giuseppina, incresciosi episodi, ma episodi>, attenuava l'onorevole, fin• ché mio padre si coprì, tol~ la seduta e pagò il conto. Non ho l'impressio: ne, a ripensarci, ora1 che qualcuno .d1 noi fosse inquieto per la monarchia, eppure in casa siamo tutti monarc~ici e per avere avuto un nonno a1u• ta 1 nte di campo di re Umberto ci sentiamo legati alla dinastia come ~ la avcs.simo accompagnata alle crociate. Senza dubbio il discorso di Napoli al San Carlo, quattro giorni prima 1 era servito a prevenire il fornrnrsi di qualunque ansietà di quel genere : la Corona non era più dietro il Ministero, come nelle crisi normali, ma al disopra. L'indomani fu il giorno dello stato d'assedio. Tante prefetture erano già occupate dai fascisti, e i giornaH annunciavano gravemente che a Pi.sa, ~ Perugia, a Piacenza e a Cremona, 1 poteri di pubblica sicurezza erano passati aJl'autorità militare, come a Roma stessa. A dir proprio la verità quella mattinata fu veramente triste, per quanto ~'?'i, a distanza, quello stato d'assedio fantasma, apparso e scom• parso, del quale non si saprà mai se lo abbiamo visto veramente o se è stata soltanto un'illusione ottica, possa ~brare un po' comico. Quelle parole: « l'autorità militare>, risvc~lia• rono malgrado tutto qualche cma in fondo al cuore che contrastava dolorosamente alla propemione istintiva: non era più un Mini~tcro effimero che tentava di sbarrare il passo al movi• mento nazionale, ma uno degli elementi permanenti ed essenziali della nazione stessa. Questa storia della vecchia Italia seminata di Aspromonte e di Fiume,' che calvario patriottico! ).falinconicamcnte, uscii: era una giornata piovosa. I tram non circolavano, pattuglie fermavano le nutomobil~ pr!• vate e le invitavano a rientrare 111 rimessa. Nei cortili dei Ministeri giace· vano in attesa i soldati. Questa volta vidi davvero i cavalli di Frisia: ce n'erano sul ponte davanti al Palazzo di Giustizia, non parevano un osta• colo molto temibile, né i soldati a guardia avcva?o l'aria c~nv~nta.. I~ piazza della Pilotta gruppi d1 cunos1 S06tavano a guarda.re le autoblinde, grigie come pachidermi, che custodivano il Comando della divisione. Stra• no, a poco a poc:;o,stando in mezzo alla gente, le mie preoccupazioni si am• morbidivano, sentivo confusamente e resistendo che ero stato esagerato a pormi ur. dramma di coscicnza1 quasi me ne volevo come una ingenuità. Da quei passanti preoccupati soprattutto della mancanza dei tram emanava una confortante sensazione che tutto qucll'appa.rato di forza era una mostra. Roma sentiva d1istinto l'assur• dità di un urto sanguinoso fra gli uf• ficiali dell"cscrcito e i fascisti, e non prendeva sul serio quel tardo tentativo di fcnnezza governativa. Nel pomeriggio, il clima si ri~aldò. I gruppi di fascisti che circolavano più liberamente si fecero più &requenll e più folti, ne vidi parecchi stracciare indisturbati i manifesti dello stato di assedio, e le prime bandiere cominci~- vano a sventolare alle finestre. Noti• zie di incidenti balenavano ogni tan• to, sentii dire di revolverate a piazza dcli' Ara Coeli, di conflitti fra fascisti e fornaciai al quartiere Trionfale. Di giornali uscì soltanto, mi pare, il Paese, ostile al fascismo, ma verso sera i nazionalisti in C.."'lmiciazzurra distribuirono gratuitamente una edizione straordinaria dell'Idea .Vaz.ionale, un foglio solo che annunciava che il re aveva rifiutato di firmare lo stato di assedio. ln Galleria Colonna la folla li accolse con battimani, e lo squadrone delle guardie regie a cavallo, al• !:umato da quel chiasso, si spinse fin sotto il colonnato con molto spriuar di scintille e fragore di zoccoli sotto Je volte, e poi se ne andò come era venuto. Passò per il Corso un camion pieno di fascisti, a grande velocità. Forse andavano a far a revolverate a San Lorenzo. Cantavano, lanciando alalà, le lunghe nappinc nere dei fez da arditi scosse sulle spalle, moschetti e man• ganclli in aria. A Piazza Barberini, piena. di fascisti, vidi bruciare un mucchio di giornali. Li prendevano da un'edicola a fasci, li buttavano sulla fiamma pigra, sbattuta dal vento, qua• si invìsibile, ed era un gran dimenare di scarpe e di bastoni per ravvivarla. La gente guardava, qualcuno appro• vando, altri senza dir nulla. Guardie non se ne vedevano: da quando la sede di via Avignonesi era stata restituita ai fascisti dopo una breve occupazione, piazza Barberini era territorio fascista. C'era certamente chi pemava all'olio di ricino, e faceva il suo esame di coscìenza nella sempre più evidcn~ te imminenza della vittoria del Fascio, ma indubbia.mente il volto della città non rispecchiava nessuna apprensione. Chi sa che avranno fatto i ministri a quell'ora? Telefonavano ancora a qualcuno? Mandavano ancor-d telegrammi cifrati? Gli ?neddoti CO• minciavano a correre, s1 raccontava che un ministro avesse lungamente dato istruzioni telefoniche per la re• pressione... al generale De Bon~ in• stallat06i nell'ufficio del 1\-efetto d, Pc• rugia. Verso sera ci fu una dimostra• zione al Quirinale: mi ricordo Raffaele Paulucci che gridava: « La gen_cra• zione di Adua e quella della Vmo• ria ... ». Poi apparve Filippo Crem~ncsi che era stato dal re a portargh le e;pressioni di devozione _del m1:1nicipi~. Vidi da lontano il panciotto bianco, 1I pizzetto brizzolato, il pol,;ino inamidato che gestiva nell'aria imbrunita. La gente applaudiva anche lui, ma gli ap• plausi avevano un tono cordiale e con• fidcnzialc. Le giornate seguenti mi si presentano alla memoria come un giorno solo lunghissimo e insieme brevissimo. Andavamo con mia cugina continuamente all'HOtel Bristol, dove si era insediato il Comando fascista, a domandare notizie della colonna Igliori. La piazza era mantenuta sgombra da un cordone di triari. Non mi sembra che la notizia dei gravi incidenti del quartiere Trionfale e di piazza Italia o quella delle incursioni dei fascisti nelle redazioni del Paese, dell'Epoca e del Aloudo producessero molta impressione. Ormai si era tutti orientati in modo positivo l'annuncio della formazione del Ministero Mussolini aveva chiuso la porta sul passato. In due giorni un regime durato sessant'anni era <:.rollato, ma si guardava piuttosto all'oriz. zonte sgombro che alle macerie. E poi ora che il pericolo era passato se ne comprendeva meglio la vastità: a ve• dere tutti quei giovani dilagare dalla periferia al centro, marciando per tre dietro i gagliardetti, quelle facce risolute, quei movimenti nervosi, quel• la stessa loro gloriosa sporcizia di accampati 1 i borghe:si perplessi e i tran• vK'ri ostili capivano bruscamente che nemmeno lo stato d'assedio avrebbe potuto fermarli. « Non si sarebbero fermati>, mi disse un mio antico pro• fessorc del ginnasio, « come non si SO· no fennati i Mille a Calatafi.mi >. « E allora sai che macello! >, interloquì un giovanotto magro con un impennea• bile pieno di bottoni, di fibbie e di controspalline. Aveva la faccia scura, una piega amara alla bocca, e poiché da Pona Pinciana appariva, ancora lontano, un drappello con un gagliardetto, camminando spedito e cantan~ do sonoro: « Addosso ai comunisti - che non si son mai visti >, si tolse il cappello come se avesse caldo. Ho assì.'i-titoda una finestra della Consulta alla sfilata delle squadre in piazza del Quirinale. Sotto a noi la gente premuta e spremuta fra i cordoni e il palazzo vociava: e No spig,,tte . 1 >. Non vedevo il re, ma solo lo spigolo del balcone e un signore della Corte che vi si appoggiava. Le squadre non finivano mai. Noi aspettavamo sempre che apparisse la colonna Igliori. C'erano dei fascisti a cavallo, mi pare pugliesi, con un largo sombrero. Gli alalà tuo:1avano dopo il guizzare minuto degli eja, e grandi cartelloni ogni tanto veleggiavano sul fiume nero con un nome di città : la folla consapevole applaudiva le squa• drc delle provincie più insanguinate. Una signorinetta ossigenata che mi pungeva un fianco con il suo osso iliaco aguzzo ed era molto eccitata dal fatto che in una finestra vicina c'era Delia Laure~iana, ripeteva ogni dieci minuti : « Ma quanti sono! Ma quanti saranno! >. La cupola di San Pietro si fondev:l col ciclo grigio nel• la sera giungente, e due staffieri ap• parvero sul balcone reale e posarono dei grandi doppicri sulla balaustra; non m perché la folla applaudì, for;e si rese conto allora che il re stava al suo posto da tanto tem~ e gliene fu grata. Finalmente apparve la colonna Igliori, dopo tanti « Eccola, eccola> spesi inutilmente da mia zia e da mia cugina: era riconoscibile per la mutilazione e per i capelli biondi del suo comandante, che cavalcava in testa. Dietro a lui c'era un altro cavaliere, e noi gridammo in coro : « Adriru10! Ecco Adriano!> e .io mi sentii un nodo alla gola, a dire il vero, con la sensazione che la signorina ossigenata e quelli del suo gruppo ammirassero un poco anche mc, parente dello squadri• sta. Mia zia sospirò con tenerezza: e Come è pelato! > e infatti a quella distanza sparivano i pochi capelli che ancora ornavano il cranio di mio cu• gino e il luccichio della sua calvizie cc lo segnalò ancora per qualche tempo sulla colonna che si allonta.nava per Via XX Settembre. Quando uscimmo era molto tardi, e file di gente che rincasava occupavano i marciapiedi, drappelli di C.."'lrabinieri tomavano in cascnna. Erava• mo stanchi, eppure avrerrimo voluto qualche coo;a ancora, per non mettere fine a quella giornata. Ma1grado il posto comodo alla Consulta non eravamo rimasti soltanto spettatori. E: difficile spiegarsi, e non vorrei usare parole retoriche per paludare la modestia della mia partecipazione. Certo ~ che quando sulla piazza si fennò a ,;aiutarci un nostro conoscente vecchio giolittiano e ci disse con un sorriso furbo: « Tutte belle cose, ma lasciate fare all'ari!i. di ~1onte Citorio »1 mi sembrò di essere improvvisamente tra. sportato all'estero. Allora guarda.i verso la facciata della Consulta dove qualche finestra. metteva ancora. rettangoli di luce •nel gioco barocco delle masse d'ombra, e mi domandai 'luale potes;c es.sere quella del Capo del governo al lavo10. • MANLIO LUPINACCI LA ORIBI BRITANNIOA lf\\ A SEITEMBRE ad oggi sono avveU!.,/ nute molte cose strane in Inghilterra. In settembre l'Inghilterra ebbe pau. ra. Il vocabolo potrebbe sembrare poco opportuno o poco cortese; ma non facc!o che tradurre dall'inglese. t l'ebdomadano Caualcade che ha di1tinto il periodo della paura e quello, se cosi si pub dire, del e do• po-paura >: th,: scar,: e th,: post•uar,: pt:· 110d. L'Inghilterra, dunque, ebbe paura. Seguì un'ondata di esultanza e di entusiasmo. Ma fu di breve durata. A distanza di sole dur- settimane, l'esplosione di giubilo, con cui tra stato accolto Chamberlain al suo ritorno da Mooaco, appariva all'ebdomadario Caualcad,: e isterica, grottesca e lcg• gtrmente ridicola>. L'Inghilterra ha poi vissuto sotto il peso di e un'atmosfera op• primcnte >. Ora c'è e un generale sollievo perché apparentemente si è evitata la guer. ra, ma il cuore è pesante >: prcss'a poco, lo stato d'animo di coloro che abbiano da poco e seppellito un parente, vittima di una lunga e penosa malattia >. E sono cominciati gli es.ami di coscienza. L'Inghilterra è il paese classico degli esami di coscienza. Ed è anche il paese in cui ques•c virili confessioni restano senza effetto. Dalla fine della guerra in poi, la poli. tica inglese ha accumulato errori su errori. Il primo e più grande errore della Gran Bretagna fu quello di lasciar riarmare la Germania. Non discuto se fosse giusto o ingius10 che la Germania rimanesse inerme, mentre 1utti si armavano. Riconosco, anzi, che era in.giustissimo. Ma solo il di• sarmo tedesco poteva dare ai vincitori la sicurtzza di conservare quello che avevano preso. li secondo errore fu di non accet• tare l'invito dcli' America del 1931 ad agi• re insieme per arrestare l'impresa giappone• se in Manciuria. Il terzo errore fu quello di provocare gratuitamente l'inimicizia del. l'Italia, in occasione dell'impresa d'Etiopia, con una serie di minacce la cui futilità resterà memorabile. Ma, se fu nulla nei fatti, la politica inglese fu terribile a parole. Si discusse molto, in Inghilterra, di impedire il riarmo tedesco. Si discusse molto di punire il Giappone, di sabotarne il commercio, ecc. E as• sai più si discuuc e si blaterò contro l'Italia. E in generale si declamò sempre contro le dittature. 1 tre popoli presi di mir-a si abituarono a considerare l'Inghilterra come l'ostacolo che sbarrava loro la studa. Co• st la politica inglese non riuscì a impedire il sorgere dei tre nuovi imperi, ma riuscl a farseli tutti nemici. Sone, così, il triangolo Bcrlino-RomaTokio. Esso fu in gran pane opera dell'InghHterra. E rappresentò subito per l'Inghiheru. un pericolo mortale. Fone mai, nella sua storia, l'Inghilterra si era 1rovata di fronte a una combinazione di forze cosl schiaccian1emente superiore. Senz'altro alleato che la Francia, essa non poteva nello stes.so tempo opporsi alla Germania nel mare del Nord e nell'Europa centrale, al. l'Italia nel Med.itcrraneo e in Africa, al Giappone in Estremo Oriente. L'Inghilterra a\'eva di fronte tre avversari, che agivano di concerto, cd era nell'impossibilità sia di affrontarli tu•t'e tre insieme, sia di staccarli, ad uno ad uno, dalla temuta combinazione. La potenza britannica nel mondo fu paraliuata. , Chambcrlain ereditb questa situazione quas.i disperata. Egli non fece che tentare di mettervi riparo e di differire l'ora in cui l'Inghilterra avrebbe dovuto pagare il prez. zo degli errori commessi dai suoi predecessori. Perciò le critiche che gli vengono fatte sono futili e ingiuste. La stessa situazione, la s1eua dispersione delle forze era un elemento di dcboleua per l'Inghilterra e di potenza per gli avver• sari. Campanella scrisse (e già altra volta ho citalo qur ~ v•ntcnza profonda) che benché la Coron• di. Spagna fosse la più po• tr-nte monarchia dei suoi tempi, purt la stessa vas1ità e la situazione dispersa dei suoi domini erano caus.a per c~sa di ingua• ribile debolezza. Nient'altro che per difendere il suo impero, es.sa a\1rcbbe dovuto combauerr- sui Pirenei e in Italia contro la Francia, ;ci Paesi Bassi contro i fiamminghi, nel Mediterraneo contro turchi e barbare• s-chi, nell'Atlantico e nella Manica contro gli ingksi. E»a doveva essere onnipresente e onnipotente. E, difatti, la Spagna combattè contro tutti quei nemici e anche contro altri, che si procurò gratuitamente per soste• nere la causa della Santa Madre Chiesa. E fini col soccombere allo sfor-zo. A distanza di circa tre secoli e mezzo, la situazione si è riprodotta proprio ai danni del vincitore dr-11'/niiincible Armada, pro. prio ai danni dell'impero che sor,e sulle rovine dell'impero spagnolo. :\la, più abilmente della Spagna di Filippo 11, l'Inghilterra ha cercalo di differire quanto più a lungo sia pouibile l'ora delle e spiegazioni supreme>: non già per la insufficienza dei suoi armamenti, ma perché sa che queste e spiegazioni >, anche se sohanto con uno dei suoi grandi avversari, la lascerebbero senza fiato e alla mcrcè degli avversari successivi. Sotto questo punto di vista, Chambcrlain salva non solo la pace, ma l'impero inglese. L'Inghilterra poteva fare la guerra. al Giappone nel 193 r, benintr-so insieme con l'America Poteva fare la guerra alla Germania nel marzo del 1936, al. l'epoca del « colpo > della Renania. Ora non la può fare più. Ora è troppo tardi. E si arma e si armerà. terribilmente non già per fare la guerra, ma per non farla: e cioè con la speranza di incutere un salutare ter• rore agli avversari e di dissuaderli da pro- .. positi aggressivi. Proprio col medesimo in• tento, usavano i generali cinesi di una volta far dipingere draghi terribili sulle loro bandiere. Il qual sistema aveva almeno il van1aggio di non es.sere molto costoso. Uno dei più autorevolì studiosi inglesi di politica internazionale, il professor t\rnold Toynbce, in una conferenza che tenne alla Chatam Housc il I o marzo (e cioè quando I'Auuria e la Cecoslovacchia erano ancora in piedi) si pose il problema se l'Inghilterra possa e abdicare > ; e lo discuue con gran• de ~rcnità. Per abdicazione egli intendeva: che l'Inghilterra ceda una parte sostani.1a• le dei suoi possedimenti e .si ritiri dalla pO· sitione di grande potenza, che ha tenuto negli ultimi 2.50 anni, passando cosi a una condizione analoga a quella dell'Olanda, del Belgio, della Svizzera, dei paesi scan• dinavi, e lo credo>, cosi rispondeva al quesito, e che, se la Francia e la Gran Bretagna ab. dicassero, si costituirebbe rapidamente una Confederazione europea sotto la guida del· la Germania; cd ho ragione di temere che questo nuovo impero germanico, delle proporzioni drgli S1ati Unili, sarebbe ancora una potenza aggressiva. L'Inghilterra e la J,'rancia, diventate neutrali, si troverebbero in una posizione geografica non dissimile da quella del Stigio nel 1914, perché sa• rcbbcro in una specie di " terra di nessu• no" (no man's land) fra una Mittcll"uropa, guidata dalla Germania, e un Nord Ameri• ca, guidato dagli Stati Uniti. La loro posizione non sarebbe dissimile da quella della Cecoslovacchia (il Toynbee parlava il 1 o mano) fra la Germania e la Russia >. In sostanza, secondo il Toynbce, j termini del problema sono i seguenti: r. • Dal punto di vista economico: la Gran Bretagna non polrcbbc dar da vivere all'auuale popolazione scnz.a la sua grande industria e, quindi, ,,.nza il suo commercio estero. L'una e l'altro ces.serebbcro il giorno in cui la Gran Brc:tagna rinunziasse alla sua posizione di grande potenza. 2, • Dal pun10 di vista politico: l'Olanda o la Svezia possono essere state neutrali nell'ultimo secolo perché la potenza marit• tima inglese garantiva loro il rnantenimcn• 10 della pax britannica. Ma se la Gran Bretagna di\·cntasse neutrale, quale pax le sa,. rebbe offerta? E da chi le sarebbe garan• 1i1a) E potrebbe, essa, contare su una pax amt:rit:ana? Conseguentemente, il Toynbee giungeva alle seguenti conclusioni: 1) che le democrazie sono siate sconfitte nel loro tentativo di attuare l'idea della Lega e che e per competere con le diuature si debbono convertire in Stati fascisti>; 2) che per l'Inghilterra è impossibile ab. dicare, anche se in momenti di debolezza gli inglesi vi pensano: e noi siamo prigionieri >, egli disse, e della nostra passata grandezza > ; 3) che e probabilmente nel futuro (forse nel prossimo futuro) la nostra grandezza ci imporrà sacrifici, che saranno più gravi di quelli del passato, anche di quelli della guerra del 1914 >. Io non credo che questa analisi del Toynbce o ahri simili studi sulla sorte futura dell'impero britannico abbiano altro valo• re che quello di mere esercitazioni dialet• tiche. Nessuna nazione, che sia riuscita a costruire un impero, vi rinunzia a freddo; e sarebbe un caso di viltà e di stupidità col• lettiva nuovo nella storia se l' Inghitcrra rinunziasse al suo impero. E opportunamen• te, a questo proposito, Wickham Stced ricordava i versi di Kiplift8: W, sail,:d wltueua a ship could sail. W,: fovndt:d many mi1h1y Statt:s. God 1ront our 1r1:atn,:ss not fail For crautn /ear o/ beinl trt:at. (e Noi navigammo dovunque potesse giun• gcrc una nave. Noi fondammo molti Stati potenti. Dio protegge la nostra grandezza dal cadere per codardo timore di essere grande>). Il problema, dunque, non è se l'Inghilterra possa o debba abdicare, ma. eh,: cosa dcb. ba fare per non essere costretta ad abdicare. E, secondo qualche inglese chiaroveggente, dovrebbe fare molte cose sagge e gra\'i. La prima sarebbe di non farsi nemici, che non sia assolutamente necessario farsi (At:lhiopia doct:t), e di transigere rapidamente le liti pendenti che non tocchino interessi vitali dell'impero. La seconda sarebbe di rieducare gli inglesi e di pcrsuadcrlì di quc.ste veri1à elementari: che non si può preten• dere di controllare tanta parte delle ricchez.. ze del mondo se non si è risoluti a eombat• 1ere i che l'impero, come fu costruito con la forza, così non si conser"a altrimenti che con la fon:a; che spetta agli inglesi difenderlo e che sarebbe, da parte loro, follia sperare nella Lega e nei terzi (America). E la teru cosa saggia da fare .sarebbe di a\'ere più figli, perché al fondo della crisi britannica è una crisi di popolat.ione. Quest'ultimo argomento, da solo, richiederebbe un lungo di$Corso. L'Inghilterra è scesa, con la Francia, alla più bassa quota dì natalità, al disotto del limite necessario per la S{"mplìcc continuu.ione della popolazione. Lo s1euo si dica dei Domint, specialmente di quelli più esposti all'offesa nemica: l'Australia r- la Nuova Zelanda; e per giunta cui chiudono le porte all'immigrazione, che, sola, potrebbe salvarli. Come riconosceva recentemente un parlamentare inglese, una nazione che non riesce a perpetuare se stessa perde il diritto al suolo su cui \·Ìvc. Una popolazione in diminurione non promuove la pace, ma invita all'aggressione; non evita la guerra, ma la rende più probabilr- i e potrà farla sempre più diffìcilmcnte. Nel 1922, lord Northdiffe rholgeva agli australiani questo patetico appr-llo: e Voi dovete accrescere la vostra popolazione. Solo il numero può salvaryi. li mondo non sopporterà che l'Au• stralia resti vuota. Il vostro continente deve avr-rc la sua parte di popolaZ.:one. Voi non ,wctc scelta. Dozzine di milioni d'uomini verranno nel vostro paese, lo vogliate o non lo \'ogliate. E non sar:mno le vo5trcmìsure lr-gislative ad arginare qur-sta. marca umana>. Lord Norlhcliffe parlava all'.\ustralia; ma, in fondo, lo stesso discorso potrebbe essere fatto a tutto l'impero inglese. RICClARDETTO

Saint-Denis, ottobre. UBITO dopo le alture di Montmartre, varcato il ponte sovra il cimitero, si arresta di colpo la vita febbrile dei grands boulevards e Parigi si di.sperde : officine e case gctt.·Hc qua e là nei campi, come da un impetuoso vento, sembrano senza vita; anche la campagna fra verde e nera <;idirebbe che sia tutta da rifare, è come un vasto ba~ar di ferraglie e d'oggctti abbandonati: lo slancio vitale è rimasto alle porte della metropoli, ora si va verso una esistenz.'\ segreta e piena di ombre, verso paesi e città resi anemici dall'acido carbonico che monta dalla Senna, quasi che l'ossigeno fosse aspirato dalle bocche dei métros; si marcia fra le rovine, in un silenzio deprimente; rovine sono anche le fortificazioni del '70 a metà sepolte e ridicole al confronto del gigantesco ponte di acciaio che proietta su di loro la sua ombra; e anche il ponte di acciaio diresti che è stato abbandonato appena costruito; a che serve se rimane deserto? Ma dal ponte <;i domina la città di San Dionigi, ed è allora che ci si accorge di aver mal compre~ queste z.onC"della ba,ilieue parigina che a prima vista ~mbrano senza vita : ceco infatti '§Orgcre il mostruoso centro industrb.le e operaio di Saint•Denis, che il leader comunista Thorcz e il suo più feroce nemico, l'ex-comunista Doriot, si contendono da parecchi anni in un corpo a corpo speo;o;osanguinoso. La ~tazione è per Saint-Dcnis quel che il porto è per Mar,.iglia; tutta ia vita della città si svolge mi non pochi chilometri di strada ferrata fiancheggiati da cantieri e depositi, ingombri di mercanzie, e gru gigantc!sche si elevano numerose. La stazione è molto più grande, è molto più animata della città: Saint-Denis ha un po' della città morta; forse per la sua immensa superficiale pace ; non meno di diecimila arabi, mercanti di tappeti, di pantofole, o rivenditori di cacahuttes (noccioline americane abbrustolite) hanno il loro quartiere generale nel paesino di Argenteuil, a pochi chilometri da Saint-Denis. Qui è sbocciato il destino di Giacomo Doriot, plassiccio uomo del popolo, sorto penosamente dalle più dure fatiche, venuto a Parigi e a Palazzo Borbone dopo aver fatto il forzato nelle officine e sui binari di Saint-Denioe; anzitutto agitatore rosso, giunge alla teo;ta dei suoi compagni di pena, quin• di diventa sindaco della città. « E,i avanl Sainl-Denis! » sta scritto sulla ,;ua bandirra. En avant, veNo dove? ="'clsen'IOoppo<ito a quello che conduce a Mosca che è il cammino del suo cxcompagno di lotta. il muscoloso e san• c:uigno minatore Thorcz. I due pesi massimi -.i affrontano con la pe,;antezz..1e. la violenza brutale dci loro cento chili. Maurizio Thorez, imediatosi nel cuore di Parigi, conquio;tato il segretariato generale del partito comunista, impugna )'arma del quotidiano Huma• niti, ritenta gfi assalti alla roccaforte di Saint-Deni,; in cui Doriot si è trincerato con in mano un temperino che è il suo settimanale: l'Emancipation Nationale i Doriot fonda il Parti Populaire Françai.r; poco tempo dopo acquista il quotidiano la Libuté, otjene l'adc,;ionc del notissim,:, scrittore filocomunbta Ramon Fcrnandez e raccoglie al ,;uo tavok> di reda.zionc, da Drieu la Rochelle a Bertrand de Jouvcnel, gli intclettuali giovani e giovanio;simi che si trovav,1no a di,;a~io in riviste e giornali dal programma non ben definito. Nel quartiere dcll'Opéra il leader dd P. P. F. apre una libreria politica che ha al primo piano la sede centrale del Partito, nel mezzo della sua vetrina un immenso ritratto di Doriot dal viso energico che fa qua~i paura. I tafferugli di Saint-Dcnis 'iOno dei pit1 bestiali perché hanno luogo fra camerati cd cx-camerati. comunisti e di-.-;idcnti che fino ad alcuni giorni or o;ono erano uniti per la vita e per la morte. Per i ('Omuni,;ti ortod~'l'ii Doriot è il rinnegato. il Giuda. il venduto al• le duecento famigli~, il traditore drlla ma~~'\ laborio-.a r pacifista che al grido di « Pane Pace Libertà » ha trionfato alle el<"zioni generali del maggio '36. I dorioti'!iti rimandano in faccia agli av\·C'r'iari gli stC~'ìi imulti. Il france'iC medio, quando ha ix-ne ascoltat0 qut"- sti di ..c.or-;i incendiari, si rifugia nei tiepidi e f<-lpati ,alotti del radicali- ..m. o e non adcri(.Ce né all'uno né al• l'altro dri due partiti, perché ci trova i gl'rmi della dittatura roc;,;ae bianca; ma un giorno che non !'>Cmbralontano n.on gli toccherà <iC<"glierfera Thorez e Doriot, « fra i due mali il minore»? Per ora si rifiuta di credere all'arrivo di « un così catastrofico giorno», fatto comC"è per odiar" le dittature: e per rimandarlo, qu"I ~forno della dc• ci..i.onc, accetta tutti i ..,acrifici. C'è infatti in Francia, fra il partito comunista <' il partito dorioti'ita, in meno ai due- f>strcmismi, la piccola borghesia tcnaci..,..,ima r combattiva per la con- ,;ervazionc dello Jtatus quo, cd è lei eh<' fa tutte IC' <;pe,;eper mantrnere un equilibrio libf'rale cthto,i..,sim~, come una febbriciattola a 37 grad,. per cui l'individuo non può dif"ii né ,ano né malato; cd è quc-.ta picrola hore;hr,ia chf" è riu,;cita fin0ra a non far progrl'dirc- i due partiti detti dei cas1rcou, dei rompicolli. Nelle elr;ioni partiali, frequentissime, eh<" \0110 in Francia un tt"nnomctro della pubblica opinione, gli C"itrcmi'-ìti perdono e vincono; ovvero,;,;ia non guadagnano terrcnQ; a \·ohe '.ii danno favorevoli circostanw pl'r cui ,;j direbbe che Thorcz ,.ja lì per impo'.isessarsi del potere, altrettanto avviene per Doriot, ma poche settimane dopo 'ii sc:rive che « il pericolo è stato scon• giurato», Thorez e Doriot sono caduti in disgrazia, e poi di nuovo allarme, e poi di nuovo il silenzio, e gli anni pas..ano, e la risoluzJone del problema del regime, che forse in Francia non esiste, si rinvia alle elezioni generali : dato che l'fleure H non arriva mai per. gli aspiranti dittatori. Quando Doriot fu scalzato dal palazzo di città di Saint.Denis, e al suo feudo fu imposto un ~indaco comunista thoreziano, il leader del P. P. F., senza perdere un minuto di tempo, ricominciò la lotta elettorale per riconquistare la città perduta, come se le elezioni dovesc;ero aver luogo il giorno ~eguente alla sua sconfitta, cd era così ,;icuro di pigliar la rivincita che non voleva l~iar nemmeno la sua poi• trona di sindaro: fu neces~aria la forza per farlo andar via, e nemmeno da Saint-Denis, ma dal palazzo di città; pochi minuti dopo, l'ex-sindaco aveva fis,;ato il mo quartier generale nella sala da bigliardo del caffè di fronte al municipio. Il suo scacco non era stato previsto nemmeno lontanamente, lui e i 'iuoi partigiani erano cieca• mente com:inti di avere la vittoria in ta~ca; a Saint-Denis erano come in ca,;a loro, e furono, nel vero o;en.;.odella parola, cacciati via fra lo o;tupore generale. Che diavolo era mai avvenuto nel frd<'li,sirno feudo? E quali lo,;,cheorigini aveva avuto un co~ì grotte~o tradimento? E dovi.",;i erano nasco'iti que- ~li elettori che avevano abbandonato all'ultimo i'ìtante Ja causa dorioti<;ta? Crrto è che quella sinio;tra domenica del partiale suffragio Doriot si trovò improvvi<;..1.mrntcsotto i piedi del cavallo di Troia, vinto, nel cuore della sua roccaforte, senza aver capitolato 1 e con i suoi guerrieri che tcnC"vanobra· vamcntc i torrioni, con ancora il fucile spianato e i calde~oni di olio bollente fra le mani. Il vincitore non è Thorcz, stamparono i vinti, ma l'oro di :\riosca, il diabolico ambasciatore dt>i Sòvit•ti, i quali, attravcr..;o la corru;ione, vogliono arrivare all..i rivolu1ione mondiale ! Con questo o con altri mezzi i comuni'iti, sia pure per pochi~simi vo~ ti, avevano conquistato Saint-Denic;, dopo anni di epica. lotta; ci avevano mr",;o tutto il loro impegno, avevano saputo ~fruttare la più abile, la più perfida, la più raffinata propaganda per abbattere il loro cx-compagno; appunto perché si trattava di un excomunista pa..,;~to di colpo con armi e bagagli all'altro campo, il loro acca8AIBT-DENI81 DORIOT PARLA AGLI OPERAI EI-OOKUNISTI nimcnto fu mostruoso; sarebbero stati meno feroci perfino con un avversario fasci.sta. Doriot si rese conto di tutto il loro livore e del loro ostinato spirito di vendetta? Non credo. Coalizzatosi con i borghesi, con gli industria• li, con i funzionari e i lavoratori di Saint-Dcnis, considerava la sua città inespugnabile, aveva una cicca fiducia nel buon senso dei ~uoi elettori e non vedeva chiaramente che entro le mura di Saint-Dcnis i due mortali nemici Stalin e Trotski, uno da Mosca e l'altro dal Messico, per la terza e per la quarta internazionale e per un interesse tutto personale se vogliamo, si davano cruenta battaglia: Stalin con il suo paladino Thorcz, e Trotski con il suo Doriot; per altri leaders non c'era e non c'è posto a San Dionigi ove ,;i è per o oontro Mo<lica,per Thorcz o per Doriot, per il comunismo o contro il comuni,;mo; i rappre-.entanti degli altri partiti non o..ano mettere il naso nelle faccende «private» di San Dionigi; è vietato l'ingresso a tutti gli altri; i manifc<litipolitici, le iscrizioni al ges'O non si occupano che di Thorez e di Doriot: « Thorc;:. au pottau! Doriot au pouvoir ! P. P. F. vainera! Th.cre;:.fille publique! Sainl•Dt11is écrase le dragon rouge! Doriot sale fasciste». Per averlo acmato 11;pictatamente di fa~cista, per averlo denunciato come un agrntc del capitalhmo bianco, il comuni<;mo è riuscito a scacciare Doriot dalla sua cittadclla 1 e il risultato di questa os<;es~ionante campagna è stato quello di aver gettato Doriot e i suoi partigiani nel fasci'm1o, quando ai primi tempi del suo divortio con i rossi Doriot non lo prevedeva ncm• meno. Conscguenz..\ logica, che si con• elude con il recente viaggio di Doriot nella Spagna di Franco. Ormai egli pa.s!'l:aper reazionario, invano afferma che rimane più rivoluzionario dei comunisti; tanto è vero, dicono i suoi avversari, che la <;Cdedel suo partito non è nei quartieri popolari. ma all'Opéra borghcsi~ima. nella strada dei mercanti di perle. a pochi pa11;~dialle ]eu,iesses Patriour eh Taittinger, che è tutto dire, all'Qmbra del Rìtz, fra le ca-.c-di alta moda e di chirurgia estetica. Il movimento doriotista. non ~ di data recente, md la fondazione del P.P.F. è appena drll'anno scorw; il suo svi• luppo, prrò, ;, stato rapido, portato in avanti, come da un torrente, dai fatti interni cd esterni sensazionali e veloci. Oltre alle numrrosc- ,;e,doni create in Francia, nell'impero e all'C"!literoo, ltre al settiman3le l'Emanc,palion Nat,onale e il quotidiano la Libntl, il P. P..F. ha al suo attivo una vasta opera di propaganda che si riassume in opuscoli, manifesti e libri ben fatti. Drieu la Rochelle ha pubblicato Avec Doriol, e Doriot, ou la vit d'un ouvrier français; Paul Marion, che è il braccio dc• stro di Doriot, ha formulato il Programme du P.P.F.; Robcrt Loustaud è l'autore del pamphlet: Uri ordre socia/ françaù; Bertrand dc Jouvenel, figlio del 'lienatore Henri de Jouvenel che fu un grande amico di Mussolini, ha dato alle stampe le Rlveil de l'Ellrop'e; Paul Guitard ha scritto: La France réJrouvéc, e: S.O.S. Afrique du .VfJrd; La• tour ha pubblicato il saggio polemico : Petit manutl du socialismt triomphant (les témoignages sur l'U.R.S.S.); Giacomo Doriot ha lavorato più di tutti, a lui si debbono i seguenti libri: La France ne sera pas un pays d'escla• ves; La Fra ce avu nour; Rt/aire la France, e qua'.ii tutti i giorni scrive l'articolo di fondo per la Liberlé da lui diretta. Doriot ha quarant'anni : è un pugili'ita che, per aver mes'-;Oda parte troppo presto i guantoni, ha superato il quintale, ha spalle possenti e largo ventre; i suoi capelli castani farebbero un'ottima spazzola; i suoi occhi neri e pungenti 'IOno quelli di un uomo che dorme male e studia molto i sono gli occhi di un professore universitario. Lo diresti un bravo omac('ione di campa~na stimato e conosciuto al mercato dei buoi, ma se lo rivedi al co• mizio mC'ntre urla, agita le braccia e suda come in un bagno turco, non lo riconosci più. Ha buon sangue italia• no nelle vene da parte di ,;ua madre, il padre suo era nn fabbro-frrraio in un paesino del Morvan, affiliato ai « Diritti dell'Uomo». Dai diC"ciai tredici anni, Doriot è fattorino di latteria, e il suo Kropotkin e il ,;uo Stirner ~anno di mucca; quando ha fatto troppe sbornie di libri anarchici e di pane e lattC', ~i trao;forma in meccanico e '.iÌgetta nelle officine e nelle oo;terie; da allora guai a parlargli di latte e di anarchia. I sociali'iti lo iniziano alla religione delle rinomate cantine di Francia; mangia, beve e parla imitando Jaurès che ha conosciuto a Crcil e oe;incrosta a Saint-Dcnis, prima timido e modesto, poi minacci-oso, fra le giovinezze socialiste in rivolta contro il socialismo ufficiale. Md la guerra infuria e la sua claso;c è chiamata, nel 1917. Per Doriot non si tratta altro che di continuare a pigliar botte, ieri dai poli1iotti fr,1ncesi nei comizi e in prigione, ora dai tedr~chi sui campi della Lorena o allo Chcmin de,, Damcs dove il suo reggimento è stato annientato. Sempre soldato, la rivoluzione lo sorprende in Ungheria: i rossi lo disarmano e lo legnano. Sempre soldato, si ritrova a Fiume; gli arditi di D'Annunzio lo arrestano e lo picchiano. Prima di farsi rimandare a casa, nel 1920, fa un mese di fortezza, quindi ritorna a Saint.Denis 1 al suo lavoro di forzato, ai comizi serali che gli fruttano altre botte; in una riunione dell'immediato dopoguerra ~ lui che le piglia al posto di Thorcz e di V.tillant-Couturier che si sono eclissati in tempo. r comunisti hanno finalmente trovato· il loro uomo. Siamo nella primavera del 192 t. I comunisti in tutta l'Europa sono perseguitati e in U.R.S.S. la situazione è torbida. Doriot affronta tutti i pericoli. Lenin lo riceve, ma per trattarlo male. « Voi ~ietc un ingenuo», gli dice : « la vostra foga non fa che guastare i nostri piani. Tatto e prndenza: ecco la paola d'ordine». E il giovane Doriot vien mcs..'IOalla porta, ma entra nella « Commi~sione dC"iPaesi Latini », presieduta da Trot<;ki, L'amicizia fra Doriot e Trotski dat..1da allora; ami~izia pericolosissima, < he costa a Doriot molto cara e sarà 1><:r il leader del P. P. F. o la sua complt"t.1 rovina o il -.uo trionfo. Ma a qut•l ti•mpo si uh• bidiva '-Oltanto a Lenin, •· l'esecuzione in ma<t'ia dC'i bravi marinai di Cronstadt, che furono tra i rni~liori soldati della rivoluzione, fo ,lpprovata dallo stc,;so Doriot che tr111win tutta la U.R.S.S. oltre scttecc-nto conferenze. Ritornato in Francia, wstenuto da Mosca, diviene '-C'gretariogenerale delle ]eu,iesses Commu11isles (1923), !' ,;ferra i famosi attacchi contro la po· lit_icadi Poincaré e l.:l pace di Versagha. Sono gli ordini èi Mosca; i rn'i,;i hanno voluto il trattato di Rapallo. e Doriot in,i,tt• per la cvaeua1io11e delb Ruhr, Que~t., campagl1a gli frutta un anno e mC"zzodi prigione. Sotto il falso nome di Cuyot, !:ii era nasc0sto n!'lla rete metallica di un letto pieno di cimici, al numero 120 di rue Lafayctte; lì i poliziotti lo scovarono, tutto sudi. cio e con una barba di trenta giorni. E<iCcdalla Santé per entrare a Palazzo Borbone: nellr C"lczionigenerali del 1924, viene eletto a fianco di Vaillant-Couturicr. Sia pure a malincuore continua a farsi il portavoce del Cremlino; nel 1925, denuncia, infatti, lo Stato :vta~giorc f rnncr,;e, che, secondo lui, aveva armato gli indigeni del Rif contro J;1 Spagna. « Doriot "apeva anche», scrive Dricu la Rochelle, « che il sotto\uolo del Rif era stato promC"sso come concessione, in virtù di un accordo con Abd-cl-Krim a un gruppo finanziario francese dirf'tto da Letellier ». Mentre i francesi si preparava• no a intervenire al Marocoo spagnolo, « anche Doriot intervenne con un documento preciso: una lettera di VatinPérignon, segretario generale della Residenza a Rabat, lettera caduta nelle mani di Doriot e che svelava la nostra pericolosa politica». Drieu afferma chr Doriot non andò mai a trovare Abd.c\-Krim, ma si limitò a spedirgli un trlcgr.1mma che apparve d'altronde sulle colonne del quotidiano comunista Hu,nariilé. In quell'occasione Doriot parlò ;tlla Camera in circostanze davvero dr.1mrnatiche. Briand disse, dopo averlo ascoltato, a un amico: e Un joz.r Doriot comprcndra, el lorsqu'il comprendra, at homme gouvernera la Frarice ». « Jlo compreso», ri!:iposc Doriot più tardi, .sulla tomba rfi Briand a Cochcrd; avt:va allora rotti i suoi rapporti (.:OnMosca che erano durati oltr!' dicci ;.111ni. l ra stato espulso dal partit<) comu11i~t.i e aveva fontato il P. P. F. La sua fedeltà ai holsc('\.ichi ~tava per costargli la vita. Il 1 :2 ottohrC"del 19251 in un tentativo di S4..ioµcn, g<'• nerale, voluto da Mo).C".1., lrovanclo<1 in ruc de la Crange-aux-Ilcll,·s <' volendo rompere il cordonC' della J:x>lizia, Doriot tenne tC!:ita a duet:ento agenti armati; la batta~lia di uno contro duecento durò più di un'ora; Doriot scagliò in aria i poli;,;iotti, li mise in gr.1n parte fuori comh.1tti111rnto,ser~ vendosi dei tavoli, dei hilchieri, delle bottiglie del vicino caffè; infine, dissanguato, svenuto, stramazzò a terra; gli occhiali gli si erano frantumati negli occhi : non pcrcl<'tte la \ i,ta ed è ~no e salvo per mir.1colo, m'\ fu costretto a rimanerscnr- più di ttn mese in un letto d'ospedale. E da quando si è schierato apertamente contro i ,uoi cx-compagni, Doriot clt·ve battei ;i non ~lo contro 1' poliziotti <.J,..J goverllo del Fronte Popobre, ma contro gli uomini di choc del partito comunista , df'i partiti affini, e-il re,;to dC'i.,uoi avv1.n,ari, compreso un di~crcto numero di amici che lo hanno tradit,) all'ultimo momento. Stalin non perdonrrà. m.ii a qursto rnfant tcrrible che ~li ha ,1licnato le simp~tic di moltiv,imi fram "~i e h:i. portato il pomo df'lla di~cor.tia ndl<• file del comunismo 1.·mopeo. ~i rico,- da l'ultimo drammati<·o colloquio del dittatore rosso con il r,iovanc Ooriot, avvcnut0 alla fine del J 1)'!5: fu 1cmpe• sto,;iç,.imo. Doriot di.._.,.a.,perta1w11tc a Stalin che tutte le sur ,impatie ,. tutto il ~uo appoggio aud.1\·,1110all',•,;ule Trotski, uomo di feci(' r ,"tutent,rn rivoluzionario. « Finin·tl· çome lui •. r<"- plicò Stalin, « solo e in •·~ilio! >. « La fine che mi profetiuatt· •• rispo'i<'Doriot, e mi fa onor<'. ,;,arò.dmcno rimasto coerrnte ai mi<'i priwipi ». St.11in, fuori di sé, congcdù hnt,1 .im~nte Doriot, invitandolo a la',(·i,ue, immediatamente il territorio ddrt J R.S.S.. Doriot si mise in vi;1c:~io. 10.1. invece di tornare in Europa. ,i H'c11 in Cina, da Ciang Kai ,SCck, (• riportò una prima clamorosa vittoria ~u Stalin: il dit~ tatorc cinese, dopo il c,,Hoquio r:on Ooriot rompeva tutli i rapporti con il Cominttrn. La testa di Dorioi fruucr,·bbe molti rubli a chi riml i,<i4·., riportarla al Cremlino. « C'est , e qui lui mb1U le beau titre de rinl~,,t •· s1 rive Drieu, « venant des agrnt; de l'l...".R. S. S. ». La ('onclmionc è h ,q~u('nte : che nella pellr di un Doriot non c'è da poter dormirC' nemmeno nm un solo occhio, non c'è c,;istenz.ameno sicura e più in pericolo di quclb di Doriot, che è poi l'esistenza di tuto il popolo francese. f: ancora Drieu b Roch<"llcche scrive : « C' nt une txpbiniu Urriblt et magnifique qui rlsumr toute la dtstù1ée du pcu/1/c de France depuis la guerre; Doriot soit . tout et qu'il a perdu et to11.tce qu'il peut rcgagner, il sail les couJcs de son mal tt lt rtmèdt pour guhir so11mal: staccar la Francia d;dl'U.R.S.S., stracci.ire il trattato di Vcrsaglia, venire incontro alla Germania !' all'k1lia, ritornare imomma all'Occidente, ovvC'ro,;ia a c;e ,;tessi». Quando nello soo~ ~ttcmbrc la gunra fu lì p<'r scoppiarf', Doriot e i i ,uoi collaboratori, tutti giovani, ave- \ ;1110 in mano il foglio di via; Paul i\farion ave\'a già raggiunto la lint'a ~faginot per far « la guerra as- 'iurda, la guen·a per Stalin ,. O,,riot "n'i,;sc il suo ultimo editoriale sulla L,berté e sull'Emancipalion Nationa1,; poche ore dopo avr(•bbc tuonato il c-,rnnonc e la ctn'iura incwrabile lo :wrd>bc privato dei o;uoifogli e non gli ,;~reb~ rimasto eh!' da chiudere a doppia ch1ave la ~cde del P.P.F. e partire pt·r il fronte; fece in tC'mpo a riprodurre sulle colonm· dC"lla Libe,té il ct)- i_norosomanifesto Flandin; il giornalt" 111 s.cque,trato sulla <..trada e il manife- !-to del leadh dcli' Allenza drmocrntica fu lacerato sui muri di Pari~i da.Ila foJ. I.~fanatica. Poi fu di colpo la sorprc-sa d1 ~'lonaco, il ritorno ai focolari alla , 1ta qua,;i norn1:il~ e alla lotta ; D~riot, che non aveva la<;ciato un <;O]ominuto b sua « trincea della pace », riportava una grande vittoria •ml punto ~te,;sodi perdere tutto. Ma la sua vita è ),tata. sempre fatta di episodi del grnerc. Non c'è via di mezzo per questo lottatore: o si perderà o andrà al potere. E eh.i lo dirC'bbc a vederlo, questo "-Cm• plicc omone, fra la sua vecchia madre, l:l sua brava mog-lic e le sue du<' figliolette, nel suo modesto orto di San Dionigi, in maniche di camicia e la vanga in mano? ' Un orto che ieri era il suo feudo· e domani che ~arà? ' ANTONIO ANIANTE

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