Omnibus - anno II - n.43 - 22 ottobre 1938

N_j-~ <ACCONTI ameni solo per una ~ ·onvenzionc appartengono alla lette- ~ ratura, e veramente, ad apertura di pe1~ma,ognuno può trovarvi i segm d'una attitudine comune, fra gli autori di novt"lle e racconti adatti al divertimento d'un'ora, e gli altri che col teatro, col cinematografo, con l'illustrazione perseguono 11 medesimo fine. Che è poi dettato e retto da ragioni soltanto industriali. L'industria del racconto divertente, come quella del film piacevole, si giova d'una Stessa condizione umana. L'artt: dd divertimento non sappiamo davvero St: arte possa considerarsi; ed è del resto 1mprecisab1le per quali strade si possa arrivare al proprio sollauo, alfo proprill distrazione. Vi sono, sì, d1straz1om onorevoli, come quelle che, nate da un libro e da un quadro, servono a liberare, si:>.pure per un attimo, l'animo nostro da cure è da impacci comuni; e altre che, al contrario, lo umiliano, quell'animo, facendolo cedere e decadere dalla sua più vera natun,. Quante volte nel buio d'un cinema non ci siamo sorpresi per un sorriso spontaneo venutoci sulle labbra, e anche per quella leggerezza che pareva entrare dentro di noi, sì da rendc:rci la vita pià facile, più agevole, e infine più semplice? ~la si sentiva ch'era un riso senza piacere; come se la nostra mente, la nostra immaginazione, i nostri occhi s'inebriassero per una passeggera carezza. Jn fondo, resta pur sempre, quando ~1 ride e ci fi distrae vedendo le follie di Broadway, come una minaccia: si sa che presto ci si pentirl'I di avere ceduto a una distrazione che può divertire ma non ra,;serenare. Nella letteratura amena, poi, c'è come il co!IO(juio fra un autore e un lettore. Si assiste ad una finzione. Si veda uno dei più celebri fra gli .-ameni• d'o2qi, Arnaldo Fraccaroli. li titolo d'un suo ultimo volume, Sette donne intorno al mo,,do {:',londadori, Milano), di per sé non è un titolo: è piuttosto uno di quei richiami messi come: un~ insegna al neon sulla facciata dei libri. C'è l'allu11one al mondo vasto che Fraccaroli ha percorso, e non per proprio diletto, ma per il grande giornale, e per i lettori di questo, che ogni sera seduti in poltrona esclamano con gusto fra sé: .- ::\1cntre noi ~i mangia da anni ed anni sempre: questa minestra, c'è chi gira il mondo ... •. Quest~ è il giornahsta per la no-stra candida borghesia. Chi, vecchio compagno di .scuola, lontano parente, persona incontrata per combinazione in treno, come viene a sapere, o per caso o per involontaria e pènosa vanità, che tu scrivi sopra i giomaJi, non si ~nte ripetere: .-Avrà i biglietti gr .. tis per il teatro•; .-Hello, viaggiare conoscere il mondo ... •? Non c'è persona tranquilla che vive fra la banca e la casa, la quale non invidi quelli della stampa per i biglietti che dovrebbe avere dal cielo e per i viaggi che dovrebbe compiere nel mondo. E Fraccaroli è fra i giornalisu quello che più di tutti ha servito a raffigurare agli occhi dei lettori del Corriere della sera il mestiere dello scrittore sempre preso da cure co,mopohte. Forse, un tempo si ebbe l'immagine di poveri diavoli sepolti fra le sudate carte; ma è nnmagme vecchia come l'altra dei medici in cappa. Oggi i medici portano i cal:zoni corti da c1dista, e gli scrittori hanno il paradiso ◄~'- P.\ES.\GGIO.t:ollmo.,,, d1s.sc- ~t minato dj alben, palazzi. ville, ~ fortezze. Sull'orizzonte si leva, colo1Sale, un Gigante. Ha in testa la corona. Con la destra impugna la spada, con la sinistra brandisce il pastorale. 11 busto è coperto da una corazza a maglie. ~Ja osservate da vicino le maghe della corazza: sono innumere\•oh rninuscolt uomini che, 1tretti in91eme, formano 11busto e l'armatun del Gigante. Due serie di emblemi che si corrispondono simmetricamente simboleggiano i due poten del Gigante: 1I potere temporale (sign.ificato da un castello, una corona, un cannone, un trofeo d'armi, una battaglia) e il potere spirnuale (s1gn1ficato da una chiesa, una mitria, i fulrrum della scomunica, 1 denti del s1llo-- gismo e le corna del dilemma, un concilio). In alto, una scritta tuona: Non e1t po• te1ta1 super Terram quae comparet11r ei. 't: una citazione del Libro d1 Giobbe• dove si parla del più terribile dei mostri della terra: il Leviathan. t la CO• peruna del celeberrimo trattato di filosofia politica di Torna.so l lobbes, La.,·athan ( 1651). Il Lcv1athan è lo Stato to-- talitario. Il pnmo teorico moderno dello Stato to• tahtario fu un 1tahano, :\larsaho da Padova: ne parlai qui stesso, tempo fa. Ma è con Tomaso Hobbes che il concetto di Stato totalitario conquista piena coscienza ~1 sé e si articola in tutta la ncchezza del .uo contenuto. Come 11 Priltcipe d1 Machiavelli, come il Contralto Joci~le d1 Rousseau come I Discorri alla ,wzwne tedeua di Fichte, come la Filosofia del diritto di in terra: biglietti gratis, viaggi e alberghi inkrnazionali. Fraccaroli ha viaggiato il mondo, e fra gli articoli di \·iaggio ha intravisto un genere d1 d1vcn1mcnto letterario csotico, che forse può ammaliare più delle corrispondenze da Pechino o Santi:i.go. Ha puntato sul racconto cosmopolita; e il lettore dovrà pur confermare ancora una volta l'icnmagine dello scrittore:: che ha il ffi(',ndo in tasc-a. S,ite dom1, intorno al monde_,, sono sette novelle di donne diverse, anglosassoni, argentine, mulesi, africane, peruviane, giapponesi perfino. Sette donne che può incontrare lo scrittore che ha biglietti e passaporto pagati; e niente arride ai bancari. ai professori e agli altri sedentari dell'Italia contemporanea quanto questo andare per i Palacu di tutto il mondo senza pagare un soldo, e anzi pag!mdo con il portafoglio degli :iltri. l la successo la frase che qualche volta i viaggiatori di mestlt"re s1 lasciano scappare di bocca: .- ... un telegrnmma al mio direttore per richiesta di fondi•. Le donne di Fraccaroli sono donne di tutto 11 mondo. Tante piccole Butterjlies che attendono invano il ritorno del crndde europeo. • Ella sgusciava dalla mia tenda qualche tempo prim.J )l'alba, e appena svegliato io trovavo caldi e fumanti il lane e il tè ... •· Che è un'immagine di vita felice, secondo la formula delle riviste illustrate. Poi le fanciulle che sono fiori: • La china è la ragazza delle pampas immense, il .fiore rustico della galanteria campestre, la intraprendente figliola che va in vagabondaggio per i pue• blos... •. Una peccatrice che non sa di peccare, ecco l'altro motivo che alletta e commuove. Poi il Figlio del Mattino, cioè l\tisana che sposa Kasana, là ne11'1'frica equatoriale, e paiono battute d'un tango. Mt.. soprattutto si vedano i drammi: una vedova di Sumatra vuole sposare nuo\'amente e desidera il marito d'un'altra; come riesce a perseguire i suoi fini e prepara le nozze, invano ella si mostra lasciva col marito futuro:• Adesso la vedova non si sentiva più di aspettare. La passione la divorava. Il desiderio per quell'uomo era diventato una smania. Si aggirava fra le sbarre del suo amore come una belva insofferente ... •. Lo sposo è incerto, dubbioso, fino al di delle nozze, quando la moglie soppiantata domanda a colei che le succede: • Ti ha resistito, eh? Ti ha resistiro come- ha resistito a me le prime volte. Allora credevo che s1 trattasse dt una sua idea, che volesse aspettare a matrimonio avvenuto. Ma poi ... Ah, ah! Ed io a spronarlo, a...b. astonarlol Credevo che si scuotesse ... Ma che! Niente. :'\Ia1•. Poi aggiunge sardonica: e Tu credi, Hassa, che se Galò Alò fosse il tipo di marito che tu vai cercando, io me lo sarei lasciato scappare?•· Che è la conclusione del dramma. Ma se i malesi, 1 giapponesi, gli argentini di Fraccaroli rischiano la tragedia per generosità di sent,mentt e passioni, gli europei sono come gli angeh d'una vita sublime. Il colloquio fra autore e lettore continua. L'autore suggerisce le immagini che il lettore cerca, e, quando si è in paesi lontani, è la passione delle razze non ancora alleviate dal vivere civile che vince; mentre quando si tratta di amori e passiolU europei rutto diventa più ironico e scettico. L'avventura ad Atene del llc1(d, il J.r,-;a1ho11 d1 flohhc~ è uno d, quei libri che ha fatto storia assai più di molti -,,istosi e rumorosi accadimenti po• litici. Non avrò la pretesa d1 farne un riassunto: non si riassume in poche righe un capolavoro di logica e di dialettica serratissime. Non ne mancano, del re~to, nemmeno da noi, esposizioni eccellenti, cui può ricorrere chi non voglia leggere Hobbes nel testo (e nrebbe torto, ché Hobbes è limpido e trasparente come un cristallo, come quasi tutti, del resto, i grandi .filosofi, contrariamente alla creden• za comune che prende per filosofi I mestieranti di filosofia). Ne farò soltanto una , radiologia psicologica•· Il Leviathan è lo Stato totalitario, lo Stato che realizza m pieno il concetto di Stalo. Visto dal lato d1 chi detiene il poten::, è il Sovrano (che può es.sere un uomo o un'assemblea di pochi o di molti: 1lobbes parteggia per la Monarchia; ma anche una Democrazia può, secondo h1i, essere uno Stato totalitario, se realizza in pieno i caratteri del vero Stato). Al Sovrano tutti 1 poteri appartengono indivisibilmente. Può fare od abrogare le leggi, e per ciò stesso non è sottoposto ad esse. Ogni dinuo nascendo da una legge, egli non è obbligato a rispettarne nessuno. Non ha obblighi verso nessuno, perché, il volere di ciascuno essendo incluso nel suo, ogni obbligo verso qualcuno sarebbe per lui un obbhgo verso se stesso, e cioè nessun obbligo. Non avendo né obbltgh1 né do• veri g1uridJci verso i c1ttad101, non può primo racconto si svolge in un grandi albergo internazionale: .- Il portiere gallonato aveva appena chinato la sua robust.1 schiena al nostro passaggio ... •· Si vi, 1 disinvolti dove la maggior parte dei letton dd Corrù·re della sera e dei romanzi ameni di :'\-londadori ha sognato almeno una volta di vivere. E veramente queste novelle non giovano a chi voglia delineare un capitolo della nostra letteratura, sia pure deC:icato agli autori divertenti e<l ameni. C'entrerebbe forse il giornalista Fraccaroli, che ha scritto migliaia di corrispondenze, ma non il novelliere. li novelliere sta con i suoi lettori che attirano più il moralista che il cronista letterario. Opere come queste segnano il punto in cui una cosa scritta smette di essere letteratura, cioè arte dello scrivere secondo ragioni che lo scrivere impone ai poeti come ai lectori dei poeti. L'autore ameno è un personaggio singolare della nosha vita contemporanea, ed in tali limiti rispettabile e anche onorevole. Giornali, come quello cui Fraccaroli collabora da anni, lo hanno allevato e diremmo educato: ché anche il giornale sta a quel confine. Ed è stato in gran parte attraverso il C<lTrint, che si è delineata in Italia una schiera di autori ameni senza la quale restano incomprensibili molti atteggiamenti morali, molte abitudini degli italiani d'oggi. La rispon~ denza fra giornale e pubblico è continua; ma è pur vero che in una qualsiasi redazione molto più efficaci sono le correzioni che un ottimo e nascosto giornalista apporta all'anonima cronaca che gli articoli da Sumatra o da :\-laracaibo. L'autore ameno è il divertimento che concilia il benevole sonno; il resto, la punteggiat"ura esatta, la cronaca ben scritta, la pagina stampatR bene (e vorremmo sempre) restano tuttavia gh unici segni d'un vivere umano e civile. ARRJGO BENEDETTI commettere contro loro 111J.!1ll'il1✓ 1a. Può essere crudele, imquo, peccare contro le leggi naturali e divine; ma essere ingiusto, peccare contro le leggi civili, non può. Se governa male, viola la legge divina, non l'umana. L'unica sanzione lecita contro di lui è la divina. I sudditi non lo possono né condannare né deporre. E,si hanno, certo, diritti: quelli che il Sovrano riconosce loro. I fanno, ceno, libertà: la libertà d, fare ciò che il Sovrano ha omesso d1 vietare. Se disubbidiscono, peccano contro la legge naturale e divina. Nulla è al disopra del So\•rano, tranne Dio. Non la coscienza morale: bene è soltanto cib che il Sovrano comanda; male è soltanto ciò che il Sovrano pro1b1sce; e nessuno pub giudicare da sé di ciò che è bene e male. Non la Chiesa: pt!rché il Sovrano, se è cristiano, è esso la Chiesa, e come è esso 11Sommo Pastore, è esso che determina gli aw del culto, che interpreta le Sacre Scntture, che conferisce loro forza obbligatoria, che definisce ciò che è temporale e ciò che è spirituale, che dà forza alle scomuniche, che esercita ogni sorta d1 funzioni pastorali. Non la scienza: è il Sovrano che giudica le opinioni, che permette quelle che ritiene favorevoli al~a pace pubbliC)l ~ pro1b11ce le altre. Al disopra di lui m Terra non c'è nessuno. l~ Le:viathan ha pieno e assoluto potere c:u1 corpi e sulle anime. Unico hm1te, m 'j'crn,~ è quello costituito. dall'es1,t~n7.1 d1 altri Lcviathani, d1 altri Sovrn111. Ma come e perché è n.JtO l'enorm(' Ci• gante dinanzi al qua.le a1umc e corpi piegano? La sua nascita è .-volontaria• e ALJ,A RtOERCA DEL VERO ~1.1 JT.\Ll.\,'.\.I•, -.ul\1.' \mli,· -.,u.,rcs ~ nel numero di ottobre della Nout.·tlle Revu~ Fra,içaìu, .-s'ispirano in rutto :ii greci e in tutto li tradiscono. Della tragedia fanno un'opera. Occorre uno spagnolo come Seneca perché essi abbiano un mezzo filosofo. Raggiungono la bellezza nell'ornami:ntalc, nel Casso, nel decorativo•· E poi:.- O' Annunzio ha tratto il romanzo italiano dalla consueta insu(. saggine, dove ha stagnato per tutto un secolo sotto l'ala del i\lanzoni: non ci si può immaginare in Francia la gloria e l'autorità di questo brav'uomo e dei Promessi sposi: questa epopt:a lenta, devota, goffa, è stata l'opera capitale dell'Italia (per gli italiani), dopo la Commtdia di Dante•· E infine: • D'Annunzio ha nettamente, arditamente scancellato tre secoli di miseria letteraria, per riattaccarsi direttamente al Rinascimento ... •· E addirittura: • Egli è il più grande scrittore italiano almeno negli ultimi trecent'anm •· Si ode talvolta ragionare di ritorno al naturalismo e al verismo; ma i ritorni il piì.1 delle volte non sono nemmeno tentat1V1,ma abbagli, parvenze, illusioni del momento. C'è un naturalismo che è al fondo d'ogni opera di poesia, e c'è un naturalismo scuola letteraria, ed è di questo che si ragiona solitamente sia per invocarlo, sia per aborrirlo. S1 contrappone non di rado, a quella naturalista, un'altra comrenzione letteraria: quella del superamento del reale, del surrealismo, ed è moneta dcll'ultim.a ora che cvmincia a circolare spicciola. Una contrapposizione tuttavia fra naturalismo e surrealismo non può aversi né esi!te oggi. Per surrealismo artificiale•· "::ssoè nato dalla .-Paura~- E perché la Paura? Perché nello • stato di Natura• molti desiderano una ~tessa cosa c.:henon può né godersi insieme né dividersi. Di qui, nasce la volontà di nuocersi reciprocamente. Da questa reciproca vo• lontà di nuocersi, unita all'uguaglianza naturale degli uomini (dimostrata dalla poss1b1htà che ha anche il più debole di ammazzare anche il più forte), nasce 11 • regno del Terrore•· Nello stato di Na• tura ognuno ha dintto a difendere la vita e le membra e dintto a tutto ciò che è uule a quello scopo: ognuno ha dintto a tulfo. Ma questo diritto, essendo di tutti e d1 ognuno, nasce la guerra d1 tutti contro tutti•· Di qui 1I regno del Terrore, in cui • l'uomo è 1I lupo dell'uomo•. Chi vuole lo stato di Katura vuole il regno del Terrore. ~la nessuno vuole il regno del Terrore, tutti vogliono la • Pace•· ì\·la non basta che la Pace la voglia uno, debbono volerla : più, e 10 modo tale che chi la turbi rischi assai più di rimetterci che di guadagnarci. Bisogna perciò che gli associati siano e,empre d'accordo su ciò che va fatto. Per questo è necessario che tutu si sottomettano al volere di un uomo o d1 un'assemblea che giudichi cib che si deve fare per la pace comune, e c1 si sottomettano m modo che la volontà di quest 11Uno• (individuo o assemblea) sia considerata come la volontà d1 tutti e di ognuno. t dunque un •Contratto• che dà vita al Levia1han e con esso alla società politica e civile. E non c'è dubbio che per 1lobhca si tratta d1 un contratto realOlt"nte, 11toricamente accaduto. l\la una voltJ d.Jta \'Jta al Lcviathan, l'Assemblea ,.;he-lu ha costituito scompare st-nz:>.pos- ~ibilit:t Ji ritorno. Non rimane più c.;he il J ,c\ iRth.,n nell'immensità sconfinata del ~uu pvrc1 e, limitato solo ~a Dio al d1sopr.1 J, lut e dagli altri Lcv1atham accanto a lui ed è peccato che procura la dannazion: eterna non obbedirgli. Anche se forse, oltre a una scuola attualme-nte in , l'.lga,si deve intendere oggi la disposizione 1.·heè nei moderni scrit:on europei a cog-liere certi momenti della vita e delle ~ose che trovano non usualmente una loro espressione. Ne deriva il più delle volte una letteratura inquieta e morbosa nelle sue immagini; tal altra ne escono tuttavia opere poetiche che riflettono ciò che uno .scrittore tradizionale non avrebbe colto. Può verificarsi poi questa capacità di andare poericamente al di lb. del reale anche in scrittori apparentemente lieti, contenti del reale. Palazzeschi, ad esempio, è fra i romanzieri italiani che più hanno saputo trovare una poesia non consueta delle cose e delle situazioni umane. ~ci racconti soprattutto (la morte di Luigino in.- Zio e nipote•• il personaggio di ._li punto nero•, ecc. ecc.), e pentino nel romanzo che vorrebbe costringere lo scrittore alle esigenze d'uno schema soltanto preoccupato di cogliere la cron:ica d'una vita familiare. Come concludere che questo andare di l!tidel reale, non è altro che un sapere considerare la natura con occhio ingenuo e nuovo. Il gio\'ane diciottenne che scopre di avere una vocazione alla letteratura, almeno per un istante si arrende alla illusione d1 segnare un capitolo della storia letterana. t allora ch'egli tenta di adat• tare se stesso all'immagine illusoria che h;a della propria carriera. Si guarda allo specchio, e scopre lo sguardo migliore; corre dal parrucchiere, e decide la pettinatura. Capelli al vento, o scompartita: fedine a punta o rasato fino alla pelle; ma soprattutto al nome rivolge le sue cure. Odia il nome casalingo e comune che gli ha dato suo padre. Nascono cosi gli incredibili pseudonimi, che segnano il gusto dei tempi. Dopo, nel migliore dei casi, il nome prima scelto con tanta raffinatezza diventa un peso per tutta la vita. CALIBANO ordina un peccato? Anche allora: pecca lui che ordina, non io che ubbidisco. Anche se non è cristumo e mi ordina di rinnegare Cristo? Anche allora: meglio mentire che ribellarsi. Solo se mi ordina di uccidermi, ferirmi, mutilarmi, accusarmi, solo allora m'è lecito ribellarmi, perché vien meno in tal caso la ragione della mia sottomissione. Da quale sentimento fondamentale dunque nato il Leviathan? Dall'orrore di quel regno del T,- ..rore che è lo stato d1 Natura in cui ogni uomo è il lupo dell'uomo, dall'anelito disperato alla Pace, conquistata nel solo modo possibile, cioè con la costituzione di un potere che, con la paura che incute, bilanci nell'animo di ognuno la spmta a ritornare a quello staio di Natura m cui nulla, sì, è sicuro, ma, in compenso, tutto è lecito. I::, dunque, il mantenimento della pace pubblica intt:rna il do\ere capitale del Lcviathan, quello da cui tutti gli altri derivano. Il Lcviathan è un colossale carabiniere. Tutti i suoi poteri e dmtti non sono che ,n funzione di quel sommo e capitale dovere. D1 qui appunto !"aria cadaverica, spettrale, fantomatica del Leviathan. Non ~olo la vita è stata insufflata nel Gigante dal d1 fuori, da un contratto volontario, dunque~ arburario •, d1 singoli, ma quella vita non è diventata mai veramente sua. li Leviathan hobbcs1ano non ha un fine verRmente •suo• da realizzare. Il suo fine è puramente negativo•: mantenere la pace interna a oR:ni costo. A loro volta, i sudditi, che non hanno diritt1·se non quelli che 11Levi:itl,.1.111Hono~ce loro, che non possono profr,.:.!lri.: ,._ non le-opinioni che il l,,.:\·iatlun impo111.l•uro, chi.• non possono t<11 c ~t.: r1<11c1iò 1,;hc11l ,e\'iath:u'I pc-rmette loro d1_la,c pc-1t:.un :.tr-:i.•ot..ht"nnn glielo ha pro1b1to, "l.!dOno 1~ lvro v1tr1 riJotta a qualche cosa d1 cS:lnli(ue e larv.ile, e vivono un'esistenza che non è più vita m:>. ( CORRIERE NGLES ) ;PBlll~IY ij) l·.H ::\IOLTI anni John lloynton Pncsll!' ley vagheggib mentalmente una particolare .-peripezia• senza riuscire a trovarle l'opportuno ambiente e paesag• ttio. Scrisse invece The good companiom, The o/d dark houu, 1'1idnight on tlie de• seri e altri romanzi. Poi lo scrittore, quasi casualmente, narrò avve:nimenti d1 California, a sud della Valle della Morte; e quella storia trovb alla fine il suo ambiente; ecco The Doonuday nmi (Uomini da Giudizio Universale; edizione Hememann a Londra, e contempornneamer.te Harper, a Nuova York dove più pronto si delinea il successo). Benché non vi manchi uno studiato omicidio, Doomsday men non è un intreccio poliziesco tecnicamente inteso, ma soltanto un'avventura misteriosa. Fatta eccezione per i due primi capitoli, tutta l'avventura è situata in California: dove impressionante ~ il vigore rappre• sentati\'o rivelato da Priestlcy. Anzi, qualche voce si è già le\'ata ohrC Atlantico ad osscr\'are che quei caratteri amencani sono persino troppo americani, addirittura più tipici dell'originale. I tre protagonisti che sembrano col 11'.lro destino ordinare la materia narrativa, addensano sul romanzo una gravità angosciosa. La quale diverrà poi anche maggiore, quando si saprà che essi hanno abbandonato i loro posti di lotta il giorno in cui la loro reputazione era allo zenit. (Per essi non si può neppure stabilire un parallelo con l'episodio notissimo della vita di Sherwood Anderson: nel 1910 era presidente del Consiglio d'.ammini,trazione e direttore di una grande fllhlfica a Elyria, Ohio; una mattina, mentre eiettava una lettera alla legretaria, gli parve che le parole avessero perduto il loro senso e che l'influente prosperità di cui godeva fosae dinntata grottesca. La sensa.zionè fu tanto forte che troncò la lettera a metà, piantò la stenografa, usci dall'ufficio, dalla fabbrica, dalla città e ridivenne il vagabondo di prima: ma soltanto in questo modo poteva dar vita al Windy A1ac Pher1on'1 son, il suo primo romanzo: e ciò giustifica mille volte la risoluzione). Il racconto, che s'inizia molto addietro l'ultimo giorno del torneo di tennis a Beaulieu, sulla riviera francese, d1 più in più s'infittisce, in un ingranaggio la cui struttura può ancor far pensare, forse, a Conan Doyle, ma con risultati narrativi che ricordano ancora The good compa11io,u. Prlestley non ricusa mai la tecnica dei caratteri (come possono testimoniare, benché personaggi secondari, il giovane George Glcnway 1-looker e la signora Atwood); ciò che lo fece già schierare nella tradizione Thackeray e Dickens piutto• sto che con gli intellettuali psicanali,ti. Questa eredità letteraria si vede del resto senza fatica in The Doom1day mr,i, OVl. non viene meno un conclusivo moraleggiare: benché il mondo sia cattivo non è poi brutto, pare che dica il Priestley; è meglio esserci; e possiamo anche gettare un'occhiata su questi e:nigmatici fratelli. Se poi essi diventano pazzi, è solo perché anche questo qualche volta può accadere. Con ciò, questo dickensiano in ritardo ri• torna in casa propria, dopo aver compiuto un'esplorazione nei quartieri più lontani, e non tutti a lui compatibili. G. A. mortf' Nel regno del Leviathan regna la pace e il silenzio tetro degli ergastoli. Pure, il Gigante era ormai nato. Il più era fatto. 11 problema da risolvere era quello di far circolare attrave:rso le sue gelide vene il sangue impetuo10 della vita. Bisognava perciò che il suddito, il cittadino, l'omuncolo, che è nelle maglie della corazza del Gigante, non rimanesse estraneo alla vita del Gigante, perseguendo i suoi poveri fini individuali ai quali, in quanto tah, il Gigante non si può interessare, ma sentisse come e suoi• i fini del Gigante, sentisse nel Gigante se stesso, ma moltiplicato infinitamente. Ora quali fini può avere in proprio il Gigante~ I fini stessi che ha ogni uomo secondo I lob bes: il vantaggio del corpo (piacere) e quello dell'anima (onore). I fini del Gigante non possono essere dun• quc che .- Piacere• (e i mezzi per questo: .-Ricchezza•) e .-Onore•· Unificate entrambi i fini in uno, avrete •Potenza•. Che il gigante voglia la Potenza, non solo nei confronti dei suoi sudditi ma in confron~o degli altri Giganti, che il sudd1to voglia come e suo• il fine del Gigante, che senta come .-sua• la Potenza del Gigante, che se ne inebri, se ne esalti, ed ecco nato lo Stato Potenza• pcl quale la e Guerra• non è più, come pel Leviathan hobbe11ano, un accidente della sua vita nei riguardi dei suoi simili, ma l'atto essenziale del vivere. Quando la volontà. della Potenza si sarà accesa in lui, allora il cadaverico Gigante hobbesiano non sì contenterà. 10l0 d'imporre e tutelare la pace interna, ma plasmerà la vita dei suoi cittadini in modo da ricavarne per se stesso il massimo di vita e di potenza. Né basta. Egli si drizzerà. terribile in piedi e si lancerà all'assalto degh altri Giganti per piegarli e distruggerli, e accrescere la sua Potenza alla loro, divorata e assorbita. ADRIANO TILGHER

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