Omnibus - anno II - n.43 - 22 ottobre 1938

¾$:[·., JJj ••• u•a■ ~z.,:,.;•a \t I. TRENO da Trento a Bol:tano ll. J)('rcorrc un canale ,\)pino, e ri1Jalc la vallr. Ec-co \'C-nirci addosso le Dolomiti che fiancheggiano la strada frrr.tta: ci si parano davanti, a tratti improvvi:ii di luce, e ,i alz;tno come le Terme di Caracalh1. Sono TO'i\C e cineree pareti da sca• lar:··. L.1ssù. inaccc~sibili sull'orlo d(•gli .1h1s,1, sporgono ogni tanto la testa i fort1li~i italia111, alti dietro il chiarore dd ctdo a)pc:,tre.. Sotto le Dolomiti nei verdi e rari appezzamenti di terra' c'è la vigna bassa e fitta, coi tralci di~ ,tesi e tirati a tetto, come si usa nelle colline dei ca~tclli romani. Ci sono le g1i.lticciate della linea a fili elettrici gli orti c,1_ric~idi mele ros!ie, e l'acqu~ ,1.lkgra, hmp1da come il cristallo, di quakhc fiumiciattolo. All'(•spo,i'lionc- ,urrcal.ista di New York, ,umi fa, fra t.mtc opere bia.arrc e ,tra,,iganti faceva mostra di '§é: ~u un picdi,;tallo ade~uato, una bottiglia comune, vuot.d.Jtappata ermeticamente .:\~cl catJ~ogo della mostra que)tO re~ c1p1cnte da vetro, che suscitò l'cntu- ,iai.mo dc-gli americani, figurava fr.1 le opere originali del surrcafota Man Ray, designato col titolo « Aria di Parigi». . E an~h~ l'aria di Bolzano si potrebbe nnbott1gliarc: potr(•bbc a\"Cr molto succc~so. l?. un'aria fredda e leggera. Lev~ la ~-oglia di leggere e anche quella çli scrivere : ~ulle alte rocce al sole e all',uia frizzante si trova un dolce oblio. Bolzano è circondata da alte mont~lgi:i_c,chiu,a in una valle profonda; pm che una valle è un buco. Nelle età geologiche qui c'era fon.e un. lago,. un Sl·rbatoio di fango, di mo- ')tn e d1 anfibi d'una :tpccie umida e favolohll, perduta onnai per sempre. Adesso c'è un clima asciutto secco: l'aria corre sul fiume Isarco: ~clo tra- :tparentc d'acque che le trote a frotte risalgono. I grandi alberi hanno il fogliame splendente sotto il tenero sole. Le fontane di acque alpine che scrosciano _dinanzi alla stazione; il largo e tranquillo traffico degli uomini e delle .automobili. Gli impiJnti di Bolzano stanno fermi .il sole alpino. La zona industriale è <,0rta in tre anni. La inaugurò mesi fa il ministro Alfieri e noi giornalisti lo ~eguivamo nella visita agli stabilimenti, lieti di scoprire macchine e ordigni, dove avevamo creduto soltanto di trovare alberghi e case di salute. Il prefc, .o MastromattC'i indicava le grandi fdbbrichc al ministro e a noi. e ci guardava corne un giocatore di prestigio che sta per alzare il mantello. Sotto il mantello magico apparivano meccanismi, officine, dopolavori, giardini, una città nata in tre anni, strade e palazzi. istituti, quartieri nuovi~imi. I forni erano immensi, allineati come letti in una corsia; trecento in tre sale lunghe duecento metri 1 e dentro vi bolliva l'alluminio. Non c'era fumo, né nebbia, né tracce di carbone. Come in una clinica portcnto~a, dove ba:tta toccare un bottone. Si pensa a un'incubazione magica. e anche a una cucina p<.:rdicci reggimenti : dove sta per traboccare d.,lle caldaie una zuppa di metallo bianco. M'invitano a guardare dentro. Aprono lo sportello : io salgo su uno sgabello; l'alluminio si scioglie, si gonfia :tpumoso e incandescente, e sopra vi galleggia una specie di neve rosa, d'un rosa qua-.i polaré che fa accapponare la pelle. Dalla terraZ7.a del «Virgolo», terrazz..t ri.)torante, si guarda Bolzano. Di ld..%Ùsi vede la zona industriale, 1'1- ,arco con i ,;uoi ponti (come da un .1croplano), la grande stazione col suo intriC'O di binari, i trenini che fan la CONCORSO PERMANENTE DI OMNIBUS perla naru .d. one di un ratto qu1.l1la1l, rea.Imeni.e accaduto a cbl tcrive. La n&JTaztone non deTe superare le tre colonne del stornale, e de•e enere lnTlata scrtt.t.a a maccblna, da una .ola part,e del rocllo. Orni nl.l'Tat:lone pubblicata, secondo l'ordine di arrh'O e d'acce\.tat:lone, nrrà compensata con Llre ~00 (clnquecent.o). • I datt.iloscrt\.U non accet.-- \.atJ.non 11reaU\.utscono. - Per la T&lldltà della tpedlzlone, aen1rtl del tal'll&ndo nampat.o qui •otto, 1ncoll1.to 1Ulla busta. CONCORSO PERMANENTE Alla Direzione di OMNIBUS PIAZZA DELLA PILOTTA N. 3 ROMA BOLZANO ANNO XVI spola : il Duomo, la Pia.v.a grande e quella della Fiera, il recinto minuscolo del cimitero, che, sotto il sole, è gaio e brioso, accogliente. Così che i morti di qui ci van di corsa e senza rumore, sulle ruote di gomma dell'automobile funebre. Vicino al campo• ,anto, un piccolo circo equestre, sco• perto, sembra, da questa altezza, un cestinello di vimini sfondato e brulicante d'insctti. In città si passeggia al sole. I leoni romanici del Duomo. Questa via ad archi che ricorda le strade della vecchia Siena, il mercato delle frutta e dei fiori, i grassi cavalli da tiro che sostano davanti ai magazzini, bardati riccamente e con code abbondanti e lunghe, gli zoccoli ferrati a nuovo come fossero d'acciaio. I negozi da parrucchiere sono pieni: la gente è festosa, e vc~te l'abito horghese con la serietà dei montanari che hanno lasciato da poco i calzoni di fustagno e il cappello tirole,;e. Pa~~ano davanti alla vetrina le ragazze di Bolzano1 i bambini rosei di Bolzano. Anche i grossi cavalli da tiro passano e fanno ombra con le grosse code agitate. E la sera di quel dì ceniamo tutti al «Virgolo». Ha piovuto, e dopo la pioggia le montagne misteriose brillano torno torno come tanti presepi. Bolzano, laggiù, con tutte le sue luci nelle tenebre, sembra un ciclo rovesciato ai nostri piedi. Lago di oscurità, profonda e solitaria, luccicante di mille stelline. I monti non si vedono ormai più, ma ci M>noa grande distanza le terrazze a v<'tri dei ristoranti notlurni 1 che scmbran stipatr di astri. Le lucciolr van su e giù l'una dietro l'altra, lungo le funicolari : CO!tÌa dritta, a manca, e sotto di noi, Bolzano è seminato di stelle. La sorpresa di questo basso finnamento sta nella 7.0na industriale che è proprio quella che più di ogni altra ha l'aspetto di una vera. costellazione celeste :t effetto dell'elettrometallurgia. Della strenua giomata di lavoro, non restano sospesi sul luogo che questi piccoli occhi d'argento, nella oscurità nera, estatica, dopo l'opcre e la fatica quotidiana. BRUNO BA.RILLI IBONAPARTE & lli~}.}J& ~ IUNTA a improvvisa esuberante Im fioritura al principio dell'Otto~ cento, la famiglia Bonaparte ha veduto nel volger d'un secolo inaridirsi c:d cstinguef"ii i molti rami. Soprav\'ivono alcuni discendenti del quotidam re di Vestfalia, Gerolamo, tra cui il pretendente Napoleone Luigi, e, del ramo di Luciano, Maria Bonaparte, principessa di Grecia e soprattutto discepola di Freud, la quale, se, come il dottor Pascal dei Rougo11A1acquart, dedicasse le sue energie di membro superstite alla storia di famiglia, potrebbe stupefarci con qualche ingegnosissimo e falotico romanzo psicanalitico del genere del suo Edgar Poe, ' Antica famjglia italiana, notabile sì, ~uni notabili,;sima per aver prodotto un genio, quella dei Bonaparte aristocratica non era, e, una volta salita in alto sulla ruota della Fortuna, ari,tocratica non ebbe il tempo di divenirlo, a malgrado della pioggia di titoli principe-,chi e reali. Che senza voler qui riesumare la "ecchia disputa del :\iedio Evo, su quel che sia gentilezza, e contentandoci della più vasta definizione di es,;a, troviamo che i napoleonidi non brillano né per quella e virtù » che uno solo tra loro pOS!tC• dette in sommo grado, né per e belli (·ostumi ». Del resto, sul conto della ,;ua famiglia N,tpoleonc non si faceva illu,ioni. Paruenus erano alla prima generazione regale, e paruenus rima- ~cro alla seconda. Sicché più delle alessandrine deificaùoni dell'imperatore e dei !.uoi congiunti, a cui la moda neoclassica induhe nei m.1rmi, nelle tele e nei \"Crsi (o Napoleomde di Stefano Egidio Petroni !), ci convin~ono le immagini d'l::pinal, che ci rappresentano l'epopea napoleonica in tutto il \UO crudo e robusto carattere popolare. S'industri pure l'Appiani a darci in delicati chiaroscuri i fasti di Napoleone sul modello della Colonna traiana; a noi sembra di rc!tpirare di più l'aura di quell'epopea dinanzi alle rudi xilografie della Ca.sa Pellcrin, con quei carabinieri e corazzieri un po' obesi, con le panciute corazze e gli cimi da pompieri d'un giallo di zafferano, e dragoni, lanceri, uM,.ari in '5t'rrati galoppi tra generosi pennacchi di fumo eruttati da verdi~simi cannoni, e, in mezzo a sì agitat,t scena, calmo col suo cannocchiale, la sua lucerna ~ la sua pancetta, il Piccolo Caporale, come appariva alle masse, ben diveNo dal dio omerico degli artisti aulici. Così, tuttavia, non doveva pensarla Dirgo Angeli, che nei B011aparte a Roma (Mondadori, lire 'l'l) ci ha dato, in una serie di eleganti medaglioni, una ~ua visione dei napoleonidi che quasi nulla ha di neoclassico, e men che nulla di popolaresco, e ha molto invece di quella prcraffaelìta squisitezza fin di secolo a cui l'Angeli (e ciò ~ia detto a onore della sua anima schietta, aliena da trasformismi) rimai.e -.ostanzialmcntc fedele fino all'ultimo. La Roma dcli' Angeli è, più o meno, quella di Madame Geruaisais e del Piacere1 una Roma dipinta a delicati pastelli, sfondo quanto mai adatto per pas\cggiate artistico-sentimentali, e per i languidi ozi degli ultimi rampolli di stirpi moritur:e: il sangue molto blu di codesti e!tseri privilegiati risalta, contro quello sfondo, come le turchinissime vesti delle creature angeliche nelle vetrate del Bumc-Jone!). Roma romantica, sovrani in esilio, che meraviglioso binomio! Ma quei sovrani sono dei Bonaparte, gente che ci vuole tutta la fantai.ia d'un poeta per vederli piegare come pallidi giacinti. N.lturalmcnte le figure femminili son quelle che più si pre,tano allo squi- 'iito i:;:ioco.Ecco Lolotte, figlia del principC" di Canino e della sua prima moglie Cri~tina Boycr : e apparisce quasi come uno di quei pitcoli fiori dei campi, che bhogna vedere molto da vicino per ~coprirne la gentilezza occulta e per a~pirarnc il profumo celato». Sua madre Cri~tina, nel quadro del barone Gros, e è rappresentata come un'ombra \'Jgantc !tulle rive di un qualche U'tc. La bella donna guarda con oc• chio pen,oso una rosa che è caduta nel fiume e che la corrente trascina via. Ed è quc5ta veramente l'immagine della sua vita breve ,. Ec::coPaolina Borghese: nel taccuino dei suoi conti, la minuziosa contabilità improvvisamrntC' fa luogo a verc;.id'amore: e Negli ultimi anni di quella sua vita crr.:inte e melanconica, ella sognava ancora la grande passione liberatrice e annientatrice di ogni sentimento fa<itidio-.o. A leggere quelle pocsiole appassionate, fra le gelide cifre realiste del signor di l lautmcsnil, si ha come l'improvvi~a visione della bellissima sorrlla di Napoleone ... Ed è veramente come uno di quei bei tramonti autunnali di Roma, che sembra.no coi loro rifle~,i animare di una luce propria i fa!itigi dei grandi monumenti papali e i boschi magnifici del.le ville cardinali'lie ». « Povera Paoletta! » esclama !'Angeli fin dal primo rigo del saggio a lei dC'dicato. Ecco tutta una schiera: « Pallide figure di donne che !ti muovono sullo sfondo tormentato dei Bonaparte a Roma, come ombre evanc- !tcenti... Si direbbe che ad es-,c competJ. il di"ino privilegio femminile di accompagnare e di consolare, vi\'endo in un silenzio operoso, e tendendo IP loro bianche mani ad ogni ferita doloro-.a, ad ogni fronte febbrile». E in questo clima da Poema pa,adisiaro, all'accorante ritornello di: e Altre, altre ombre», '>fil,moquc-,tc pallide beatrici, fino all'ultimi.i, e e quc~ta la più <·vanc~centc di tutte: Costanza, ultima figlia di Luciano, che fu monaca e si ~pcnse dolcemente nella pace religio,a del chio~tro ». Carlotta, figlia del re Giur.cppc e della regina Giulia, è e la principe~sa romantica» per eccellenza. L'Angdi cc la presenta contro lo )fondo di palauo Serristori a Firenze: « I fanciulli si divertivano ad aiutare madame dc Villencuve che ogni scra1 con un grande innaffiatoio, annacquava le cedrine, i gelsomini e i garofani che facevano :tpallicra al lungo pergol.1 to fluviale, e le ore pa~avano lentamente e malinconicamente in quell'angolo remoto di Firenze, chiuso fra l'ombra dei colli e b querula frescura dd fiume». Resa incinta da un emigrato pobtco. C.ulotta morì in seguito a una forti-.~ima emorragia pr0\'Ocata dagli s1rapazzi d'un viaggio. L'Angrli conclude: e Così finiva tragicamente quella giovine ,;ignora che fu I.i " pTl·diletta nei sogni dei poC'tÌ". Del potlicco, autore di tanta sventura non ,i ,eppc nulla né allora né poi ; ché egri '' cavallerescamente " era ,comp,u·,o n('ll'ombra ». Quasi s'immaginerebbe una tenera pulzella vittima di ·un bruto, neU'alone sentimentale--di cui I' Angeli I~ circonfonde. Av- ,·inti. da ~ì m.alios.a rievocazione, dimenticavamo che Carlotta aveva trcnta'§ette anni, cd era donna as:tai navigata! Degli uomini, ~on soprattutto le figure mcl.t11conichc, i momenti suggei.th,i che ispirano l'Angcli. Quel principe Pa0lo che morì pd colpo partito da una pi,tola d'ordinall7.a portando con sé il suo ,;!'greto : e Amore di donna? Amore di gloria? Probabilmente tutti e due, o meglio ancora 1 l'uno causa dell'altro. Comunque la sua fi• gura, nella fo,ca tragedia dei napoleonidi, M!mbra dill-guarc come la shakespc.1riana ombra di un sog,io ». li cardinale Fcsch, quando a sera udiva da palazzo Falconieri la campanella delle monache al di là del Tevere che annunziJva che la carità dei fedeli era stata scar!iJ e mal !ii poteva provvedere ai bisogni della mensa: « Io non so immaginar<' una figura più romanticamente religio~a di quc:tto gran sacerdote, che dall'alto della bella loggia borrominiana, quando la nebbia leggera ~liva dal Tevere e la corrente sciabordava lungo le mura del llUO pab.zw, e più olt1e il sole cadeva in un bel crepuscolo di porpora dietro i pini e i cipre~si gianicolemi, attendeva l'ansioso richiamo di carità e provvedeva con l'invio della. cesta ben fornita al rhtoro del corpo, e, con la benedizione, ai bisogni dell'anima. E intanto le camp.me di Roma suonavano l'Ave M,tria ,. Nato a palaz7,0 Primoli, il libro del1'Angeli s'armonizza perfettamente con quell'atmosfera C'he, nonostante i molti e rari cimeli dei Bonaparte, napoleonica e ncocla!t~ica non è, men che mai ora che, tolto dal salone al pianterreno il grande tappéto della Savonncrie, e ordinati con sapiente accorgimento gli oggetti dall'attuale consen;atore, nessuna illusione d'ambiente è pos'§ibile. L'atmo~fera che si rc,pira in quelle st.mz.c, e soprattutto m·lla biblioteca decorata di cartigli di stile floreale è l'atmo~fcra della fine del secolo: Primoli e i suoi amici Bourget e D'Ann~nzio sono ombre a,S.)aipiù prepotenti d1 quelle dei napoleonidi. E più di ogni altra sala, il visitatore finisce per ricordare quella dalle pareti tutte occupate dagll acquerelli del Bac, che vogliono rievocare le figure del Secondo Impero, mentre il busto del pittore, d:d truculento volto imbrattato d'oro falso, guarda con ghigno mefistofelico lr sue mediocrissime creature. Sì, qui siamo a-.sai più vicini a Jean Lorrain e ali~ sue mo)truose chincaglierie, che non a1 Bonaparte.-. Nelle altre stanze, .i p;;l\'irntnti di clou.inali arnbrogettC',. 1 fal<-ilampadari a cristalli pri~matio, l.\scian perplessi, e quando un tozzo divano 1830, una gracile pettiniera, e un polveroso vasetto orientale con fiori di conchiglie c'invitano a rievocare la figura della e diva » Pa".>lina non possi<.unoche esclamare con l'Angeli, sebbene con diver::.a intenzione: e PovC'ra Paoletta! ». Eppure, superai(• C('rte stridenti dissonanze, di cui del rC!>itO!'Angeli era conscio, senza tutta- \'ia potervi rimediare, quell'odore fin di secolo dominante a palazzo Primoli, non è senza una sua attrattiva. Questo, se non è un ambiente Impero, non è neanche un freddo mu'iCo: come il libro dcll'Angcli chr, srnza e~~ere Storia con la maiuscola, ha una sua vivezza nostalgica che piace. MARIO PRAZ PALCHETRTOI MANI (jiFJ,LA SUA forma originale, il nome !?'J Dario indica • colui che possiede beni•. Tra i personaggi più importanti che hanno portato questo nome, la storia ricorda Dario I figlio d'Istaspe, Dario II detto il Nothos, cioè a dire il Bastardo, Dario I I I il Codomano, e finalmente Dario Nicodemi . Questi passò l'infanzia e l'adolescenza nell'America meridionale, e fu durante un corso di recite in quella lontana regione, che l'attrice francese Réjane loscopri, e se lo portò a Parigi in qualità di segretario. Questa scoperta dinoterebbe nella signora Réjane un fiuto molto fine, se fosse lecito parlare di fiuto a riguardo della si• gnora Réjane. l\la il naso di questa signora esalava un odore così acre, che, a detta dei suoi familiari, le mosche le volavano intorno giorno e notte. Anche il naso di Dario era notevole, ma soltanto per la mole. Quanto alle qualità intellettuali, Dario Nicodemi era un • uomo d1 teatro•. Si chiama così uno scrittore che non s1 attarda a1 valori morali o formali, ma punta direttamente sugli effetti più atti a stimolare gl'istintt della plebe. ~tolti credono che i successi dell'uomo di teatro sono dovuti al fatto che egli dipinge gli uomini e i loro sentimenti secondo verità, ma è un errore. L'uomo di teatro ha successo perché dipinge uomini che non esistoru, in nessuna parte del mondo, e sentimenti che non albergano dentro nessun petto di mortale. Meno la morale e la forma di apologo, Dario Nicodemi ed Esopo son molto più vicini di quanto sembra a prima vista. L'uno e l'altro narrano al popolo ciò che il popolo non può controllare da sé, uno le storie degli animali parlanti, l'altro i dramrru della plutocrazia. l\la alle differenze tra Esopo e Nicodemi è bene aggiungere anche questa, che le favole di Esopo sono colorite e fantasiose, quelle di Nicodemi àtone e bestiali. Che dire poi del linguaggio che usano gli • animali parlanti• di Dario Nicodemi? Se nelle loro case, nel disbrigo degli affari, nella vita quotidiana i plutocrati parlassero come i testi di Nicodemi, bisognerebbe dubitare di tutto, anche dell• plutocrazia. Ma il popolo crede che i plu• tocrati parlano così, e a udire quelle frasi poetiche e condite col birignao, quelle massime pensose, quelle immagini sottodannunziane, la commozione serra la gola e la lacrima si affaccia al ciglio. Ed è per serrare la gola dello spettatore innocente, che la compagnia Melato-Carnabuci-Sabbatini-Calabrese ha pensato di esumare La n~mica di Dario Nicodema dall'oblio in cui giustizia l'aveva collocata. Era domenica e lo spettacolo a prezzi popolari. Prevedendo gran concorso di pubblico e la difficoltà di trovare posto, prenotammo una poltrona per telefono, il che ci costrinse a ritirare il tagliando dal botteghino dell'Eliseo prima delle otto, e ad aspettare al vicino caffè Camilloni l'ora della recita, ch'era alle dieci meno un quarto. Al caffè Camilloni ricco di finezza Novecento, una folla a poco a poco si riunl: signore adipose che dalla camminata a pendolo davano a capire che le scarpe loro se le mettono soltanto la domenica; signori con l'abito nuovo e l'occhio ora brillante di idee audaci, ora velato da pensieri pro.fondi; fanciulle con le mani sulla pancia e adolescenti fioriti di pedicelli; coi quali tutti assieme, alle dieci, ci avviammo all'Elisco. li teatro era gremito e di portoghesi neppur la traccia. Ottima l'interpretazione, se per ottima s'intende una interpretazione che s'adegua al carattere del testo, fino a confondersi con esso. L'attore che faceva la parte del notaro Régnault era senza voce, ma il manifesto c'indicò che, nella Figlia di Iorio recitata nella diurna, quel medesimo attore aveva impersonato il Santo dei Monti. Sulla esatta pronuncia del nome di Régnault, le opinioni degli interpreti erano controverse, alcuni pronunciando regnò e altri reg,ib/. E quando si arrivò alla scena madre del secondo atto, quella scena che comincia con le parole:• Ero pura come la purezza quando conobbi il duca ... • e finisce al momento in cui la • nemica• si getta ai piedi del figlio spurio, tre giovani che sedevano davanti a noi scattarono in piedi e proruppero in un applauso delirante, dopo di che il più anziano, acceso in faccia e con la bava alla bocca, disse:• Andiamo via! Non posso vedere nient'altro!•. Partenza da sconsigliare comunque, perché il teno atto, con l'intervento del porporato e il ritorno dcli',. usurpatore• dal fronte, ha momenti di commozione anche più intensa che gli arti precedenti. Forse il lettore domandet11.perché abbiamo scelto proprio La ,iemica. E che altro avremmo scelto? Le due compagnie drammatiche che operavano in quei giorni a Roma, rappresentavano, una La ,u•mica di Dario Nicodemi, l'altra La dame de cl1tz Maxim. E non è detto che, per pas~ sarc un'allegra serata, sia più indicata La dame de chu Maxim. ALBERTO SAVINIÒ LEO LONGANESt - Direttore responsabile Rl//.01.1 ,'\: C: • A,, p,<r t·\rtl'tl<ll., -.,,,n1v,a \1,1.,1 ., RIPROl>l.i/10~ I F:!.E(,lill'li CO~ \IA11-:RIAl.h }-0TQC.RAFl1 O ., ~L:RRA-.;lA •

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