IL SOFM DELLE MUSE 'i)"( \ prosa di uno scrittore nuovo, del ~ quale 1) cronista letterario non ricorda di aver letto una pagina prima del volume capitatogli quasi per caso sotto gli occhi, è sempre piena di promesse. Come chi s'avventura su di una terra nuova non facilmente si orienta quasi continuamente distratto e cor<,fus~ da cose che infine non hanno nulla d'eccezionale, cosi il lettore d'un libro che po~ta una firma sconosciuta. La prosa più facile può sembrare a prima vista frutto dì lungo studio e lavoro; e cosi il contrario. Non di ratlo accade che gli scrittori più difficili si presentino con modi usuali e consueti. Sia nello stile, come nelle immagini. Ma tanta l'incertezza del lettore di fronte a un librn come quello di Mario Majolì, L~ avventure di w1 milioriario (Vallecchi, Firenze, 1938). L'inizio è ingegnoso: al giovane Macario, ricco favolosamente appena il sonno gli abbandona il corpo: basta toccare il campanello perché appaia il maggiordomo Beniamino. La vita di Macario è un gioco di specchi; e Majoli non ce la descrive con la semplicità di stile che pare necessaria sempre a questo genere di composizioni. • Beniamino comp~se l'inchino classic~ e svanl, appena 11 tempo per dare il senso della conucutio tra il dire e il fare, e per risorgere dinanzi a Macario sussurrando: "ti: fatto"•. Come si vede, l'autore del romanzetto gioca di ironia, ma di quella più facile. Dapprima quasi si dubita una illusione di stile; come se Majoli per civetteria si compiacesse di narrare le cose più strambe con la prosa più poveu: prosa fatta di piccole ingegnosità, che sembri tolta da una conversazione borghese. Le avvt11turt di u,1 milionario vuole essere la storia d'un ricco che diventa attraverso casi straordinari uomo come rutti gli altri uomini. Diventare un uomo comune, ecco la moralità della favola; e può essere una bella moralità; ma ci interessa vedere per quale strada Macario raggiunga il suo premio. Macario è un ricco da novella. Intorno a lui, solo i conforti della ricchezza; vaghe le notizie circa la sua famiglia, le sue origini. Il motivo del romanzetto e anche ceni personaggi secondari, maggiordomi e servi impassibilmente premurosi per la sorte del loro signore, possono rammentare il• piccolo re•, caricatura americana. :Vlacario è oppresso dalla sua sorte d'eccezione, e s'immagina, a volta a volta, di ritrovarsi fe1ice solo col compiere atti che sono propri della gente qualsiasi. :Majoli ha inteso rappresentarci una favola, oltre che contenente una morale sulla modernità, scritta con stile •moderno•. Ci ha messo davanti agli occhi non un carattere, ma una figura tipica e potremmo dire polemica. Macario è disegnato un poco sulla falsa riga del • piccolo re• di Soglow, e di Charlot; tuttavia mentre l'ironia del caricaturista e dell'attore si esplicano sempre attraverso il disegno e attraverso le immagini cinematografiche, in Avventurt di un milionari.o si resta a un ,cccnnarc di temi fra satirici e sentimentali, e forse più sentimentali che satirici. Carota, il compagno d'avventure che Ylacario trova nella cantina dei malfattori, pare, talvolta, e forse quando l'autore riesce a contenere le sue inclinazioni naturali con preoccupazioni moderne, uscito da un romanzetto di Malot: o comunque di quei naturalisti minori e familiari di tradizione francese che scrissero opere amabilmente sociali e moralistiche. Ma si veda la letteratura di Majoli. '5i,)_ A GRANDE epoca delle virtù ~ modestamente solenni, dell'ipo• - - cri.sia in mutandine lunghe con fiocco e delle litografie intitolate Ritorno del Figliuol prodigo, oppure Rejelta e redenta, o anche La riccheu.a non fa la felicità, si inizia, press'a poco, con Luigi Filippo, per culminare poi con Vittoria imperatrice: questi due sovra• ni, grandi e mediocri, ci parvero sempre i fondatori cd i patroni della bor• ghc~ia, istituzione ouoccntcsca. E qui s'intende borghesia non nel senso, to· ~ano cd indipendente, di condizione lib<-ra, ma nel c:enso, che ancor oggi le ~; dà, di cla~se sociale limitata, né carne né pe'i-Cc, e affollata di pregiudizi e prc,unzioni, apparenze ingannevoli cd <.>rg:oglitrnaci. Sbagliavo tuttavia nell'attribuirle ori• gini tanto recenti, se il Diario che Samuti Pepys scris<ie dal 166o al 1669 ci fa riconoscere in lui il primo borghese drgno di tal nome: e borghese, diremmo, internazionale, perché questo inglcçc non ebbe alcuna delle particola• rità che per noi dell'inglese sono ap• pannaggio clac:sico: ebbe tutte quelle, invece, che anoor oggi distinguono i commendatori. Samuele, infatti, dctc- \tava gli sport, temeva il freddo, u5ava panciotti di lana; perdeva facilmente la calma, e tempestava contro la scr• vitù, prendeva a calci gli animali; in ufficio, davanti ai woi impiegati, volentieri \j atteggiava a tiranno, ma i ,upcriori lo trovavano tremante, devo• to. Tradiva '-Ua moglie, con le domestich<" per lo più, o con le mogli dei carpentieri che si raccomandavano per Scarso l'impegno stilistico in questo scrittore, da dubitare benevolmentè, chi legge, che la sciatteria e il ricorrere continuo di luoghi comuni sia non un difetto d'arte, ma un tentativo di pasticJ1t. E si che opere come queste si giovano assai di essere scritte in punta di penna, con quella semplicità che pare abolire la prosa. Prosa di tradizione toscana, quella di Mario Majoli forse vole-va una sorveglianza mag• giore per poter giovare alla composizione d'una favola moderna. Si veda poi l'invenzione. L'autore, lieto di poter scrivere la storia d'un milionario che diventa alla fine un uomo qualunque sfuggendo servi e maggiordomi tiranni, si è impegnato con fervore al racconto. Ma gli episodi della storia finiscono con avere del gratuito. Si direbbe che il romanzetto difetti di fantasia, pur se dalla prima all'ultima pagina vuole es• sere carico di fatti e di casi nati dalla più libera immaginazione. Si pensa, forse più per la predilezione di certi temi che per lo stile, a Massimo Bontempelli, e come in molti raccolti di Bontempelli l'ambiente, il paese, vogliono essere indefiniti e generici, cosl in questo romanzetto si comprende che, sia con la scelta dei nomi (Macario, Carota, Beniamino, Virus, Bootis, Bibbiana ...), sia dalla descrizione delle strade e degli interni, l'autore ambisce alla favola moderna, sim~ ca, e il più possibile non legata alla comune realtà delle cose. Ma sono ambizioni più che segni di stile. Quella Corte dei Miracoli, dove si vedono imbroglioni, mi• serabili, vagabondi, attraverso la quale il giovane milionario annoiato compie le sue prime esperienze umane, poteva dar modo a un racconto estroso, pittoresco. Il racconto invece resta limitato a uno schema di situazioni e di fatti che vorrebbero significare la strada che un milionario deve percorrere avventurosamente, e anche penosamente, per diventare un uomo comune. Il piccolo re• e Charlot non sono che un riferimento lontano: ,I loro destino è tragico, fatale, nella fantasia dei loro inventori: mentre il destino di :\facario è più roseo. Finisce con Bibbiana accanto che • lavora quieta quieta a un certo gabbanino, rutto pizzi, merletti, e fodere di rosa•. Dove '-'UO!eessere non una conclusione romanzesca, ma un'affrrmazione moralistica. L'attitudine al racconto come fedele commento del vero, è evidente in molti giovani scrittori italiani. Il racconto verista per molti di essi può darsi che sia soltanto un modo per i primi approcci con l'arte del• lo scrivere, e forse anche una strada per giungere ad un utile chiarimento del proprio ingegno, del proprio talento. Ma una simile letteratura legata al vero di tutti i giorni correrà sempre un rischio: quello di essere, comunque, poveramente moralistica. Sia le pitture di personaggi perversi, ~ia quelle di personaggi nobili e pii pur nella povertà. e nella disgrazia, finiscono sempre con l'essere i termini d'una parabola. Quasi si direbbe che, stretto da una simile materia, così satura di vita comune, sia l'autore stesso a venire tradito. Quanti narratori finiscono coll'apparirci troppo legati alle idee dJuna parte e d'una fede? In Italia, poi, lo scrittore acerbamente verista finisce spesso col trovarsi vicinissimo a chi meno vorrebbe: ad Edmondo De Amicis il più delle volte; anche quando certi andamenti letterari, propri d'uma letteratura moderna tutt'altro che edificante e familiare, potrebbero far pensare il contrario. trovar posto: qualche volta con la merciaia dell'angolo, sempre cercando di cavarsela con poca ~pesa, e non rispar• miando i buoni consigli per ricondurre queste donne corrotte sulla buona via. Sua moglie, ogni tanto, lo veniva a sapere, cd era capace di svegliarlo, di notte, agitandogli davanti agli occhi le molle del fuoco, roventi: Pcpys, in ca• micia da notte e berretta, scappava via, nascondendosi negli armadi, supplican• dola di perdonargli. Infine Prpy:,, sarebbe un personaggio perfettamente banale, se non avesse qualcosa che i borghesi dopo di lui persero, e non credo lo ritroveranno: questa sete di conoscersi, questo puri• tano desiderio di castigarsi e ravveder• si, questo guardarsi allo specchio. Lasciò, morendo, sei grossi volumi di diario alla biblioteca di Cambridge: scritti, per la maggior parte, in un gcr• go difficilmente comprensibile, dove latino, italiano, francese, spagnolo, grc• co, si mescolano, scorrettamente, e per raccontare i suoi peccati d'avarizia o di lussuria, peccati visti con una compiacenza cd un rimorso ben puritani, che aggiungevano sapore, supponiamo, alla colpa, cd accrescevano poi la dc• lizia del pentimento. Non 'ii 'la ,,.sanamente in che parte dell'Inghilterra nascesse, nel 1631; le sue origini -.ono oscure, figliolo di un sarto, studente a Cambridge, bia'limato per ubriachezza : s'impiegò poi, a Londra, negli uffici della Marina, e sposò una rifugiata francese, Eli~abcth SaintI~ 'I 1 ".i.t.Jt, u,;,,.,; ;,.r,,.,., ,.,.,. ,./,,, ,h,, " ...-,,,.,,.•,- .. -, .,.,., ... i.I.,. ''Bo lllt.o il u10 roma11101 leumi ana 011riolit.à1 ~rie ioa Natachia Ptobltte••ky ue,i prlleot,, la manicare di .-111 Borgoooaa?'' "A dirti il Tuo 11 tratta delle lliratrle. di Ti& del P&t1!00" (O;, . .i; 5.,. 0•} Ma tanti i giovani che cominciano col racconto dove si commentano piccoli fatti, dove si descrivono piccoli personaggi. Nella raccolta di novelle di Caribaldo Marussi: Gmtt qual,mq,u (Degli Orfini, Genova) è evidente l'ambizione di scrivere racconti pregevoli specialmente per la loro fedeltà al vero. Marussi, come Italo Svevo, come Ciani Stuparich, come Quarantotti Gambini, è istriano, una regione letterariamente fra le meglio definibili. L'occhio di questi narnttori è sempre pronto a cogliere non con superficialità di bozzettisti la verità delle cose. C'è un'accoratezza nella loro osservazione del vero che giova a dare alle novelle, ai romanzi che scrivono un accento non genericamente verista. I caratteri di Caribaldo Marussi sono intanto regionali. I suoi personaggi, vagabondi, poveri diavoli, soldati, son di quelli che paiono a'obbligo in ogni racconto moderno. Marussi è forse per ora scrittore incerto e generico; la sua prosa appare in alcune pagine casuale, e non volontariamente per ricerca di stile, come accade ad altri romanz.ìeri, monotona. Ma il suo occhio tuttavia ~ con costanza che sceglie le cose da descrivere, come la sua fantasia pare prediligere soprattutto alcune situazioni. In scrittori come questi, si direbbe che difetti la fantasia; e che la cronaca rischi di diventare inutile e nemmeno adatta a un lavoro letterario di qualche pregio; eppure la famiglia degli scrittori giuliani, da Svevo a Stuparich, ha altre risorse: un'attit'udine a composizioni fitte di osservazioni più che di fatti; nella loro compattezza non poche volte poetiche. A autori giovani che si dànno con fervore al racconto, forse sarebbe aperta una strada: quella di far giocare liberamente, sia pure senza eccessivi ardimenti (estranei alla loro natura), la fantasia. Ne verrebbe fuori una letteratura narrativa secondo l'indole degli scrittori veneti da Goldoni a Fogazzaro, pronta al comico, all'intrigo dei sentimenti e dei caratteri. CARLO DAODl Miche!. J primi anni della giovane coppia furono duri, mancavano d'abi. ti, di riscaldamento, e, quasi, di cibo. II diario di quel tempo è pieno di ossa di montone, scarnite e mal cucinate, d'invidia per gli amici ricchi: poi il suo capo, Downing, gli chiede di ac. compagnarlo in Olanda, dove risiedeva Carlo II, l'esiliato crede di Carlo J1 e questo fu l'inizio della fortuna di Pc• pys, che, tornando in Inghilterra nel seguito del rr, seppe conquistarne le simpatie. I doni 1 che Pcpys chiamava, pudica• mente, i « complimenti >, cominciaro• no ad affiuirc, la signora Eli-...1bctta si ordinò una parrucca nuova, fu rice• vuta a Corte, mentre suo marito inaugurava un manicotto, e prendeva le• zioni di musica, Le ambizioni mondane si scatenano, Pepy'I sogna una vettura, uno stemma, una biblioteca : un giorno gli è concesso di accompagnare a casa una lady, e ne è felice: e lei faccvd molta figura>, dice, « aveva un lungo strascico, un paggio nero ~liclo regge• va, cd io, dandole il braccio, attravcr• sai tutto il cortile con lei >. Le dame della Corte lo abbagliano, e, più di tutte, lady Castlcmainc, la favorita del re: spesso, abbandonando la moglie, Pepys si corica solo, per poter sognare di dormire con lacly Castlemaine. Poi, crescente orgoglio, sognerà di dormire con la regina: prende perciò abitudini più raffinate, e, quando scopre di avere trenta pidocchi nella parrucca, decide che son troppi 1 vuol eliminarne la metà. Cura anche j suoi calli, ce lo racconta, aggiungendo che ha preso ( CORRIERE TEDESCO ) LERNET-HOLENIA in EH. Lcrnl·t.Holenia, di cui i lcuori ila• }!" liani forse conoscono soltanto la tr.a• duzione del romanzo Lo 1tendardo, il raccontare è come un gioco; un modo sor• ridente di guardare gli uomini e le cose. Sia Lo stendardo, sia l'altro romanzo: Abenteuu einu ju.n1en Herrn in Po/en (Avventura di un giovane gentiluomo in Polonia), come le commedie, non sono in fondo che delle e cose viste >, delle e cronache >, racconlate da un uomo di mondo spiri1oso e di gusto fine. J n questo senso, può dirsi che il Lernet• Holenia (nato .a Vienna nel 1 897 da ma. dre francese) conservi nella nuova lettera• tura austriaca, quasi esclusivamente di tra. dii.ioni contadine, i sentimenti di quella borg~ -~:a ,.iennese dell'anteguerra, che ci. lasciò l'immagine d'una società felicemente libera da radici profonde. Allo stesso modo, il Lernet•Holenia è uno scrittore senza radici. Sono significative, da un tale punto dl vista, le sue prime opere: tre raccoile di liriche: Pa.storale; Kan,tonair e Liedtr hoher Minne (Canti di alto amore), pub• bUcate tra il 19 19 e il '23, dove, malgrado il continuo richiamo a modi e a temi rii• kiani (è da ricordare che il L.-H. fu uno dei discepoli della famosa scuola del Rilke), le cose più genuine nascono da un senti• mento di distacco da ogni terrestre cd urna• no destino, come per un piacevole giuoco. Ma la fama dello scrittore è special. mente affidata alle sue opere narrative e di teatro: i due romanzi già citati, e le commedie: Oesterreiehische Kom0die, e quel Spiel im Schloss, che 01tenne il e Pre• mio Kleist 1926 per il miglior lavoro teatrale dell'annata>, e che suscitò attorno al nome dell'autore un vespaio di polemiche e di accuse. Per la commedia gli fu in• fatti in1entato, da un giovane autore di provincia, un processo per plagio, che se freddo nel tagliarseli, e perciò dovrà restare a letto, Ma dedicherà quel ri• poso alla lettura di Du Bartas. Si occupa anche del suo lavoro, ha innum~rcvoli traffici, non sempre puliti, che gh procurano qualche volta processi : gli i'nglesi stanno facendo la guerra al• l'Olanda, cd ogni tanto bei velieri ca. richi di spezie son catturati; Downing con l'aiuto di Pcpys ne vende il carico s'impadronisce del guadagno. Le gran~ di conquiste coloniali cominciano : un , giorno, Pepys ha così occasione di as• saggiare una buona bevanda cinese, dallo strano gusto, che si chiama ti: qualche mese più tardi, è la volta della cioccolata, che sostituisce, al mattino, l'abituale pinta di birra accompagnata da un piatto di trippa. .Perché Pcpys mangia molto, e con gioia : da principio vede solo nei pasti .,cmprc più raffinati e frequenti il se• gno della sua nuova posizione: e Abbiamo mangiato oggi del pollo tritato e condito: mi rallegro nel vedere che i miei mezzi ci pcnnettono ormai un cibo co;i;ì elegante ,, oppure: e Mia moglie aveva preparato un piatto di trippa, SC<'ondo le mie indicazioni, e cioè CO· p<'rtC di un leggero strato di mostarda, come l'ho mangiato in ca"a di Mylord ... >. Poi egli si abitua alla sua rie• chezza. e N[i fa piacere vedere come ho imparato a ricevere tutto quello che mi si dà ... >, cd anche il mangiare diventa un'occupazione, pantagruelica e gaia, della sua giornata: quattro piatti di carne, scn:ta contare i bariletti d'o'itri• che e d'acciughe, i pasticci di caccia, i pesci e le torte al formaggio, compaio• no sulla sua tavola: in un periodo di pericolo, seppellisce nel giardino non l'oro soltanto, ma anche la provvista del formaggio pannigiano. L'importanza drllc sue esiger1.1..ecresce cc,n l'allargarc:i del suo patrimonio, che gli par la rola cma essenziale: intorno a lui ~oppiano catastrofi qua~i pittoresche, finì con un non luogo a procedere, valse però allo scrittore l'espulsione dal)' Accade• mia Austriaca. Anche il e Premio Kleist > gli fu annullato. Dav.anti ai giudici, il Lcr• net•Holenia si difese dicendo: < Io non ho idee proprie. Credo ormai che non esis1ano più delle idee personali, in letteratura. D'al• 1ronde, io non scrivo per dire delle cose nuove, ma per vivere >. Difesa abbas1anza disinvoha, che però esprime ass.ai bene i limi1i dentro i quali conviene ricercare le ragioni dell'arte di questo scrittore. Sono, è vero, i limiti di ogni arte popolare, ma portata, grazie ad una scrittura sempre viva e precis.a, e ad una rara abiLità nel disegnare fatti e figu• re, ad un tale grado di finitena, che .an• che il lettore più scaltro si lascia condurre volencieri nel giuoco. A tale proposito può essere opportuno ricordare, del Lernct•Holenia, un libretto sul teatro, dove lo scrittore trova modo, tr.a l'altro, di abbonare, sia pure confusamente, i principi di un'arte poetica, di cui egli stesso si è giovato nel suo lavoro di romanz.iere e di çommcdiografo. Il Ler. nt"t•Holenia parla infatti d'un'arte in1csa come puro teatro: solo spettacolo; né e problemi umani o morali >, né e persone vive >, ma e maschere >, e cartoncini >. Al• la ste.ssa nregua, i personaggi delle 1ue opere possono essere considerati come ma• schere che abbelliscono uno scenario. Uf. ficiali, ahi borghesi, donne belle, avventu• rieri, eccetera, non vivono che in funzione di caratteri. E poi: il crollo delrimpcro absburgico: la confusione del dopoguerra; eroismi, battaglie; pauioni v.iolen1e• amori' autunnali: tutto uno scenario vistoso. Ma so. no contru1i che un.a volta tanto no:t scot• tano. Si risolvono sohanto in effetti scenici o in una moralità spiritosa, come una quin• ta colorita, davanti ai quali i personaggi portano la loro effimera vita, tra esallazio-- ni, colpi .di scena, disconi mondani. Quello c.he importa è che queste commedie e questi roman%idivC"rtonoe sorprendono: c'è guuo, intelligenza, bravura; tutto fila senza in• cia.mpi e senza stonature, in una luce blan• da, scnz.a scorci violenti, con l'andamento composto d'un mondo visto al rallenlatore. T. M. memorabili, il Grande Incendio, la Grande Peste, ma egli non ne soffre, purché le sue rendite si accrescano; con candore quasi commovente racconta la morte di un amico, che gli permetterà di ottenere una nuova Carica: e Come posso desolarmi per la scomparsa di qualcuno, se questa scomparsa mi frutta ogni anno cento sterline di più? ». :\1uore sua madre, cd il giorno seguen• te egli è_invitato ad un banchetto, dove si diverte molto. e fa gran chiasso: « Anche troppo, forse : ma i miei amici non sapevano che mia madre fos,;c mor• ta, e non potevano quindi biasimar. mi ». E ancora : « Non ho mai vissuto tanto allegramente, e, ciò che più conta, non ho mai guadagnato tanto dc• naro come durante il tempo della pci;tc, ho quindi organizzato fc'ltc e ricc• \'imrnti in casa mia ... >. Ma ogni tanto si duole dei troppi di• vcrtimenti, decide di darsi alla 'ICrictà, al digiuno, alla continenza. Non ci rir• sce, la notizia di un nuovo spettacolo al teatro lo tenta troppo: vedere i lavori di Shakespeare lo annoia, tuttavia, li giudica futili cd infantili, ed anche Corncillc non lo diverte. Preferisce in generale opere allegre, con molte ballerine vestite da uomo, gambe in vista. In letteratura i ~uoi gusti van spcsw verw la pornop-rafia : il sette gcnn3.io vede, dal suo libraio, un libro france• se, l'Eschole des Fil/es, che lo scandalizza molto, e decide di non comprarlo perché teme che potrebbe di'J:onorare la sua biblioteca: però non rc5iste alla tentazione, ed un mese dopo lo acqui• sta, lo legge di na~CO'-tO, nel suo uffi. cio: e Oggi, giorno del Signore, ho letto la Eschole des Fillts: è un libro molto liccnzio~o, ma non è male, per un uomo serio, imparare a con05ccrc le turpitudini del mondo». Poi lo ri• legge :i.ncora, infine lo brucia, salvando l'onore della sua libreria. IL PITTORESCO ~ H I ragionando di romanzieri o, gene• ?!a ricamente, di narratori, in1enda quali• ficarnc, se non l'artt, l'indole fanta• s1ica col parlare di e paese>, incorre fa. cilmcnte in un equivoco. Scrittori paesani se ne sono avuti all'estero e in Italia, e sempre se ne avranno: di quelli, vogliamo dire, che indulgono al pittoresco, al fol~ clore. Si ispirano, costoro, al colore locale e non per definire personaggi e situazioni poeticamente umani, ma appagati semµn: dal gusto per i modi di dire, per i tipi particolari d'un ambiente riStretto. Romanzo paesano, romanzo proletario, romanzo delle officirie e dei cantieri spesso non sono ,1a1i romanz.i, ma opere minutamente de- . scrittivc1 compilat.ioni appena poe1iche di CO· stumi, d'abitudini, d'umori locali. Rara• mente, poi, si è cavato da ciò una buona letteratura. Cli scrittori paesani e sociali fu. rono quMi sempre i più faciloni e presuntuosi nella loro ineducazione letteraria. Co• me se credessero di nascondere i propri di• fetti col documento, col resoconto fedele del \ero. Il paese, cosi come ogni altro ambiente, si può dire che non serva al narratore che quando si limita ad essere scena non diffusamente descritta. Quando cioè diventa un sottinteso poetico. Ed è il caso in Italia dei Malavoglia, e di qualche altro rac:-- conto del Verga meno legato a leggi natu• raliste. Quel eh(- d'arcadico che speuo viene rimpl'ovcrato alla Sicilia di Verga (dicono che essa non è la vera, la reale Sicilia...), ecco il acgno dell'arte di roman• ziere, capace di liberare i person.aggi dagli impacci dell'ambiente. Nei cap!toli in cui padron 'Ntoni e gli altri hanno più spi'cco, il paese diventa pacatamente generico; ed è nei passi meno narrativi del romanzo che il colore siciliano acquista un suo povero· e dannoso rilievo. Versa, forse col soccorso dell'istinto, ~ fra i primi narratori italiani che abbiano saputo sciogliersi dall'intrigo paesano, men• tre le norme della scuola naturalista pare• vano costringervelo. La Sicilia resta per lui un solo accento poetico. Ma ciò che acca• deva in Verga per forza d'istinto, ci pare' accada più facilmente oggi ad altri narratori italiani e stranieri, Ncssul\O più legato .ai piccoli paesi degli americani mo. dcrni, e nessuno più abile d'essi nel sapersi liberare dalle strettezze d'un ambiente troppo particolare. Anche alcuni narratori ita. liani che paiono, per i temi cui si ispi• rano, legati al paese, hanno quella capa• cità. di stile che libera dal folclorismo. Da Pea a Comisso, ad Alvaro il paese dà ,o)- tanto come l'avvio alla fantasia, L'occhio non va in cerca del pittoresco, lasciando libera la fantasia di avere quelle risorse che non sono proprie dei narratori paesani. La campagna diventa per molti autori americani, scandinavi, e anche francesi, e anche i1aliani, come una scena lonta.na che per• mette di rendere i personaggi soprattutto umani. La commedia accenna a diventare un libero contrasto di sentimenti e di ca• ratteri: le situazioni si producono non se• condo circostanze legate a ,tn costume lo• cale, ma secondo motivi più eterni e univer$ali. La campagna si fa scenario ideale; se poi sarà dato intravederci l'Ohio di Sherwood Anderson, o la Toscana, o il Ve. nelo, o la Calabria, o la Sicilia è altro conto: sarà come un carattere mai definito nella descri2fonei come un accento, si dice• va, quell'accento che ogni poeta non potrà mai nascondere, derivan,dogli dalla propria educazione cd esperienza umana. CALIBANO Passano gli anni, il demor.io afferra Pepys alla gola. Dal 1665 in poi il ·suo diario è sempre più folto di frasi semi• segrete, di accenni a nuove donne, e le carc1J,.c, i regali, i timori di paternità, gli inoontri con mariti gelosi si susseguono i esce dal!' Ammiragliato per entrare in una c~sa losca, sempre presente a se stesso, intento a confes. sarsi misteriosamente. Forse solo il Diario di Barbcllion doveva, tre secoli più tardi, raggiungere tanta sincerità: ma inferiore per potenza e per sapore, poiché Barbcllion conobbe unicament<"disprmzione, disgusto, mentre Pcpys amava robustamente la vita. ] nt0rno a lui l'In~hiltcrra si ammor• bidiva, fiorendo: gh abiti austeri si or• navano di fiocchi, di fibbie, le prime i0rchcttc comparivano sulle tavole, i signori drlla Corte imitavano le maniere di Luigi XIV, le dame imparavano_ il latino, e scrivevano delle odi: Pcpys c:i aJilbandonava alla corrente, trovava mille ragioni di amare il mon• do. Alla fine del 1669, tracciando il ~uo bilancio, "o!ntava le ricchezze raggiuntt, gli onori, il tono principesco della wa ca'la, aggiungendo, senza troppo dolersene, che i suoi occhi sol• tanto lo facevano soffrire. Non ~ ne crucciava troppo, vedeva avvicinarsi la <'ccità, la nccc~sità d'interrompere il diario: si affidava a Dio, chiudeva ~on una preghiera, ma ben sapeva che 11suo oro, sepolto nel giardino, o fluente pc-r il mondo sulle navi cariche di droghe, gli avrebbe permesso di segui• tare a godere. E gli pareva, del resto, compiendo il diario, di aver compiuto la vera opera della sua vita: oscura, ma non indecifrabile, da celare provvisoriamente nelle biblioteche del collegio di Magdalcn, ma con la certezza. che il mondo l'avrebbe, un giorno, ntrO\'ata e compresa. MARIA DEL CORSO
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