dò. L'indiano si chinò1 sembrava che mi guardasse; barcollò un poco, poi stramauò ìn terra. Ricordo il dolore acuto che sentii alla spalla, per il rinculo. 11 cavallo dell'altro indiano aveva girato su se stesso. L'uomo lo fece voltare di nuovo verso il carrozzone e sparò. Il proiettile mi mandò una pioggia di sabbia sul viso. Avevo in tasca qualche cartuccia e tentai, freneticamente, di ricaricare la carabina. Ma le cartucce mi scivolarono tra le dita. A un tratto l'indiano fu lontano. Aveva portato con sé l'altro cavallo; udii il tonfo degli zoccoli nella prateria. Lasciai cadere la carabina; la spalla mi doleva terribilmente. Dentro il carrozzone, Maudc piangeva, la mamma si lamentava. Uscii strisciando di sotto il carrozzone. L'indiano era steso supino, col viso tirato e duro. Rimasi immobile a fissarlo. Maude saltò giù dal carrozzone. « Che c'è? ~ gridò. Poi vide l'indiano e si mise a urlare. e Niente. L'ho ucciso io>. Rimase come pietrificata, con la mano sulla bocca. « Torna nel carrozzone, tu. Credo the sia stato lui a uccidere il babbo. Non lo dire alla mamma>. Scosse il capo. La mamma gemeva sempre. « Non posso tornare su », disse Maudc. e Perché?>. A un tratto capii. Avrei dovuto indovinarlo dai gemiti della mamma. Andai verso Maude e la schiaffeggiai. Sembrava insensibile. Le diedi !Jll altro schiaffo. « Torna su dalla mamma >. e Non posso... è buio>. « Va dentro! » url;li. C'erano delle lanterne, fissate ai fianchi del carrozzone. Ne staccai una e l'accesi. Ora non trem.-.,.vopiù tanto. Diedi la lanterna a Maudc, che non si era mossa. e Va dentro! > ripetei. Maude si arrampicò nel carro7..zone pr.>rtandosi la lan:crna. Allora finalm"'ntc piansi. Rannicchiato sotto il carrozzone, abbracciando la carabina, scoppiai a piangere. Alla fine, mi avvicinai all'indiano. Dovetti fare uno ~for~o enorme. Giaceva di traverso sul fucile. Lo tirai fuori e riconobbi, come avevo sospettato, il fucile di mio padre. :--lon so quanto tempo rimasi Il con quel fucile in mano. Poi lo misi sotto il sedile del carrozzone 1 con la carabina. Non osavo guardare nel carrozzone. Andai a sciogliere i muli e li tirai verso le stanghe. Fu molto difficile attaccarli; dovetti sospendermi alle stanghe per arrivare alle loro groppe. Quando ebbi finito, mi doleva tutto il corpo; dove avevo poggiata la carabina la spalla era gonfia. Mi arram• picai sul sedile. Le tende erano abbassate, e non vedevo quel che succedeva, dentro il carrozrone, ma la lanterna ardeva sempre. Presi la frusta del babbo e la lasciai andare sul dorso dei muli. Avevo visto fare cosi a mio pa• dre1 e qualche volta lui m'aveva lacciato provare. La frusta era lunga circa cinque metri e certo non potevo maneggiarla bene, pure riuscii a far muovere i muli. Bisognava andare, trovar acqua. Di notte 1 sotto la luna, la prateria era nero e argento. Ora, chi sa perché, non mi spaventava più, come durante VARSAVIA • EBREI AL TRAMONTO il giorno. Seduto con le redini in mano non pensavo a niente, sentivo solo terribilmente che tutto era cambiato in mc. Viaggiammo a lungo così. Mantenevo i muli al passo, per non far scuotere troppo il carrozzpne. Ero molto stanco, e dopo un p0' smisi di adoperare la frw.ta. Ad un tratto 1 Maude uscì dal car• rozzone e venn(' a sedersi accanto a mc. Mi guardò e io la guardai, ma non mi disse niente. Solo, si strinse a mc. Fischiettavo per incoraggiare i muli. Dal carrozzone uscivano piccoli gridi deboli \fi misi a tremare. « Trove1 ·> presto l'acqua >, dissi a ~.faude. Lei annuì, macchinalmente. La testa le si abbassò sul petto. Anch'io, credo, mi assopii Dovetti sonnecchiare tutta la notte e la mattina mi addormentai. Maudc mi svegliò. Il carrozzone era fermo e il sole era levato da un'ora. I muli s'erano fc1mati sulla riva di un fiumicello lento e scuro, fiancheggiato1 fin dove arrivava l'occhio, da piante di cotone. Maude m'indicò l'acqua. e Non ti rimettere a piangere, eh ! > l'ammonii strofinandomi gli occhi. e Non piangerò>, disse Maude, docile. La mamma chiamò piano dal carrozzone: « Davc ! >. Mi arrampicai dentro. La mamma era stesa nel letto col braccio piegato intorno a qualche cosa. La guardai. « Non -lo sapevi? > mi chiese. ~ m:~~~io~"f~v1~ms~in~p~in ~~o st~o~~ a niente.>. La mamma piangeva debolmente; gli occhi le si bagnavano piano piano. e Dove siamo? > mi chiese. « Abbiamo viaggiato tutta la notte. Ora siamo in riva a un fiume. Non c'è più da preoccuparsi per l'acqua >. « Tutta la notte ... »1 ripctè lei. « JI babbo è tomato? >. Dissi, lentamente : « Ho ucciso un indiano ieri sera, mamma. Aveva il fucile di papà>. Lei non disse niente. Mi guardava, 50(t::mto. Ed io avevo una gran voglia di scappar via. Ma rimasi. Dopo cinque minuti. forsc1 il bambino vagiva sempre. . « Hai attaccato tu i muli? >. « Uhm.. i\>Iaude non mi ha aiutato certo ... ». e :"lon tormentare :Maude, o prendo il bastone. Non ho mai visto un ragaz. zo pili irritante! >. e Uhm ... • annuii. e Proprio come tuo padre», seguitò la mamma. « E: un guaio grosso avere un uomo col prurito ai piedi... un guaio grosso... ». « Piangere è inutile ,, dissi. « E ora che faremo?,. « Andiamo a ovest. Non sarà diffi. cilc fare qualche altro centinaio di miglia. Il babbo diceva ... >. La mamma mi fissava con la ix>cca tutta tremante. Non l'avevo mai vista così. Avrei voluto metterle la testa sul petto. Ma non potei farlo. Le dissi: « Il babbo mi ha spiegato tutto. An· drcmo a ovest». Uscii dal carrozzone. Seduto sul sedile davanti, guardavo il fiume. Il bambino piangeva. Dissi a Maude: « Un uomo si sente molto buffo... quando ha un bambino». HOWARD FAST (trad. di A,/aria A1artone) ~ EL 1782 Amedeo \'olf.111go ~lo- !! zart si fidanza a Vienna con Costanza \\febcr. La ragaZ?.a apparteneva alla stes--a famiglia di Carlo Maria; e fu un amore per nulla passionale. Il musicista C'ra stato da poco a Parigi e il viaggio, oltre all'indifferenza del pubblico francese per la sua musica, pareva averlo addolorato e stancato. Conosciuta Costanza, se ne innamorò, cd ceco nelle lettere che pubbli<"hiamo alcune pagine del diano sentimentale di Mozart. LETTERA A COSTANZA Il >9 aprile 1 782. « Mia carissima, mia migliore amica! « Spero che mi permetterete ancora di darvi questo nome. O forse mi odiate tanto da non volermi più per amico? E da non volere essere più mia ami• ca? Anche se non lo voleste più, ciò non potrà impedirmi di continuare a pensare e ragionare di voi, come ormai mi sono già abituato a fare. « Cercate di rammentarvi quanto mi avete detto oggi. Tre volte nonostante le mie- preghiere mi avete detto di non voler più aver a che fare con mc. Ma io, non sono poi tanto impaziente e ci tengo troppo a non perdere l'oggetto del mio amore, continuerò a fingere di non aver inteso, anche quando purtroppo ho udito. e Vi prego di volere ancora una volta ripensare alle origini del nostro contrattempo. Comprenderete allora che non era di buon gusto da parte voo:;tra di r.iccontart· - in mia prc• senza - di cs<:.C'rdfatta misurare i polpacci da un uH:..:.,!c francese. Sono cose queste che non convengono ad una donna onesta. Fare come fan tutte è spe\SO opportuno, ma bisogna poi badare ad altre circostam.c: se si t in un circolo di amici intimi oppure.. se ci ~ono degli estranei, ,.e si è ancora una bambina oppure già una ragazza da marito; tanto peggio poi quando si è una promessa sposa. « Se \'era.mente anche la baronc ..sa ha avuto il cattivo gusto di farsi misurare i polpacci, questa ragione non è rnfficiente perché lo faceste anche voi. Tanto più che la baronessa - al contrario di voi - non è più giovane, e tutti la conoscono quale amica di ... ccc. ccc. « Spero che voi1 cara amica, se volete di"cnire mia moglie, non condurrete mai una vita '-itnile a quella della barone~a. « Se davvero non sapevate fare a meno di sapere la circonferenza esatta dei vostri polpacci, potevate almeno prendere voi stcs"a il metro, come fanno sempre le donne per bene. Voi invece avete pcrmcs'-0 che un francese - un chopeau - toccasse il vostro amato corpo. « Ma ora la.sciamo andare tutto questo. Una sola vostra parob di spiegazione, di scu.:.a avrebbe dovuto conciliarmi, e lo potrà ancora. Questo vi dimostra quanto vi Mno. lo non mi allarmo tanto facil. ntc; una voce interna mi dice che •·etc ancora e rimarrete sempre quella \'irtuosa 1 ragionevole e fedele Costanza che tanto è amata dal vostro ~1ozart >. LETTERA AL PADRE 178!1, V:enne, le 15 dicembre. « Mon très chn père ! e Mi chiedete una spiegazione circa le parole che osai scrivere in fondo alla mia ultirnJ. lettera. Oh! quanto volentieri vi ,l • rri già aperto il mio c~orc, ma te111cvo il vostro rimprovero. Tutti i miei sforzi hanno un sol~ fine: ottenere un posto fisso per ~1 p_otenni spo,.are. Vi spaventate? a v! Pr<:go, caro, buon padre, ascoltatcm1. V1 ho affidato quale è il mio grande desiderio, lasciate che io ne ~pieghi meglio le cause. « La natura si è svegliata in me, tanto forte come in ogni altro, ma in mc ("he ~ono gracile forse pure più fort~ che in molti ragazzi grandi e forti. Non posso assolutamente vivere come la maggioranza dei giovani ~•~ggi. Prima di tutto sono troppo re• lig10~1 poi sento troppo amore per il pro'-s1mo per poter sedurre una ragazza innocente, e finalmente sento troppo spavento, schifo e paura delle malattie e d'altronde troppo amo• re per la mia salute, per andare da delle meretrici. Posso giurarvi che non ho mai avuto a che fare con donne di quel genere ... e Il mio temperamento poi tende alla vita tranquilla, casalinga, non a quella chiassosa. Io, che da bambino non imparai mai a tenere in ordine la mia biancheria cd il mio vestiario, non posso immaginanni niente di più utile di una buona m,glie ... « ~la chi è il soggetto del mio amore? Vi prego di llOn spaventarvi. Una delle ragazze \\lcbcr? Sì, è proprio una delle \Vebcr1 ma né Joscfa1 né Sofia; invece Conam.a 1 la media. In ncs• suna famiglia ho mai incontrato più grandi contrasti e maggiori differenze; la ragazza più anziana è pigra. grossolana e molto falsa, la più giov_ane è ancora troppo piccola perché s1 poo:;saparlare di lei. e La media invece, la mi,, buona Co'itanza1 è la martire della fa.miglia, e forse proprio per questo la più soave, la più svelta, per dirlo in breve la migliore delle tre. Ella non è brutta, ma non è nemmeno bella. L'unica sua bellezza consiste in un paio di piccoli occhi neri cd in una statura magnifica. Non è scaltra, ma abbac;tanza intelligente per compiere i suoi doveri di moglie e di madre. Ella non è vanitosa ma anzi mocle'ita cd abituata a \'C'itire in modo semplice. La madre non le dà che poco1 ma S.."\ farsi i vci;titi da sé; cd ella si pettina ogni giorno ~nza alcun aiuto. « Ora desidero soltanto di avere qui un posto sicuro e pcnnanente e poi non ce~serò di supplicarvi di salvare questa poverina, rendendoci ambedue felici. Credo che anche voi, mio buon padre, lo sarete, sapendo allora felice il vo~tro figliuolo. Vi dico già da ora che ver.erò la metà del mio futuro stipendio a vostro favore, padre adorato. .r: Abbiate pietà di vostro figlio. Mii• le volte bacio le \'Ostre mani e rimango sempre ti vostro figlio ubbidiente,. I BORGHESI SUL FICO li' A SIGNORA Gianna permise ai & bambini di salire sul fico. Era un albero solitario dai fichi maturi e beccati dai pa~seri non tenuti lontani da spauracchi o da stracci neri. La signora Carolina invece non era affatto disposta a lasciar fare i bambini Secondo lei, il campo apparteneva a un contadino, che se lo veniva a vedere ogni tanto, per poi tagliare l'erba al momento opportuno e cogliere i fichi maturi. La signora Gianna la chiamò paurosa e cominciò a discorrere coi bambini arrampicati sull'albero, che mangiavano le frutta con avidità, commentandone la dolcezza e le dimensioni. Ma i piccoli cominciarono a dondolarsi sui rami col , ischio di spezzarli. La signora Carolina si guardava in giro inquieta: « Ora basterebbe :t, disse, « vedrai che capita qualcuno e avremo dei fastidi >. • Che fastidi vuoi avere? > chie:.e Gianna. « Al peggiore dei casi pagherò i fichi mangiati dai ragazzi >. Visto che· non c'era modo d'andarsene la ~ignora Carolina pensò di fotografare i bambini sul fico. Stava già preparando la sua Kodak quando si udì uno schianto seguito da uno scop· pio di rie.a. S'era rotto un ramo, Stanislao era caduto sull'erba a gambe all'aria e rideva anche lui per vincere la voglia di piangere. e Andiamo via >, dic;scCarolina spaventata. « Questo lo chiamo vandalismo e non lo posso sopportare; mi meraviglio di te che permetti ai ragazzi di comportarsi così ». Ma era tardi. Dal pendio si vide dapprima spuntare una falce, poi un cappellaccio nero1 infine tutta la figu• ra di un contadino che avanzava lcn• tamcnte. I bambini avvertiti dalle signore sce~ro in fretta dall'albero e scorgendo il volto nero e adirato del contadino si spaventarono e fuggirono. Li seguì correndo, spaventata anch'essa, la signora Gianna che orima tanto coraggio aveva dimostrat0. Rima~e sola la sienora Carolina; il volto del contadino la aveva agghiacciata tanto da non potcr,;i muovere. Era orribilmente magro, e gli occhi neri a, eva in ombra. Le sue mani magri ..sime tene\'a sulla falce, stava fenno a qualche passo dalla signora e taceva, fu- ,;andola negli occhi. Lei si fece coraggio e balbettando gli chic ..c di volerle dire quanto doveva. pagare pei fichi ,nangiati dai bambini. JI contadino non le rispose. La signora estrasse dalla borsetta un bigli('tto da dicci lire e glielo offerse. Erano molte dicci lire, ma vi comprendeva anche il ramo rotto. Il contadino non allungò la mano per ritirarle, ma fissava la signor.i. sempre con la ste,.,.a severità. Allora Carolina ebbe un1idc.1, ~li offerse di fargli il ritratto. Al7ò la Kodak, prese la mira e fece scattare l'obiettivo. Poi se ne andò. Sulla strada l'aspettava Gianna coi bambini. Carolina disse di averlo amman'iito con una fotografia e tutti applaudirono la sua buona idea. ~fa quando la fotografia fu sviluppata risultò un po' mo""a, tanto da ra,somigliare il volto del contadino a un teschio. Evidentemente nel fare il ritratto le mani.della signora avevano tremato. LA CATENA D'ORO Li'. signor:,, Carlotta era molto miope e Giovanna, la serva, ne approfittava con a$tuzia. Arrivò perfino a portarle via un:,, bella catena d'oro, che s0stituì co';l u•• 1 uguale di oro di Napoli acquistata per pochi soldi alla fiera di Ferragosto. La catena d'oro le fruttò ~lcuni big!ictti da cento che spc,;e tutti tn oggetti di vestiario raffinatic;simi. Veramen~c avr~bbc fatto meglio a spendere quei .;old1_dal dcnti,;ta, ma per andare dal denu,;ta non bastano i soldi. P-. nec~ss.-i:io anche del coraggio. Nel caso d1 Giovanna ci voleva molto coraggio perché se anche i denti anteriori ~rano in ottime condizioni quelli molan e qualche canino erano cariatì da non dire. Infatti cominciarono a dolerle tanto da gonfiarle la faccia come un_ pallone. Se ne accorse perfino la signora che la spinse a recarsi dal denti~ta. Se non aveva soldi· l'avrebbe aiutata volentieri lei: le indicò pure un dentista '-UO cono,.cente che .:;:ipcndola ai suoi <;(•zvizi,le avrebb~ fatto un prezzo modico. G~ovanna andò da questo dentista. Egh le fece un preventivo di alcune ce1~tinaia di lire per coprire tre molari che non si potevano più otturare. Naturalmente la spc..._,.diminuiva di molto se voleva farseli strappare .. Ma sare~bc stato un peccato perché i denti avevano ancora le radici sane. Giovanna tornò a casa pensierosa e raccontò tutto alla padrona. La signora Carlotta 'ii commos~; le facc\'a pena, povera Giovanna: l'estrazione di tre molari è dolorosissima e anche le iniezioni di cocaina noi~ sono uno scherzo. Giacché si potevano coprire cl pen ..ava lei e così dicendo andò all'armadio dal quale tolse la bella catena d'oro di Napoli che offrì a Gi')- v:rnna, Le parve però che la ragazza la ringraziasse con una certa freddezza e pensò che una serva resta sempre ~l7d\n:. 1 va anche nel dimo~trarc gratiENRICO MOROVICH IClassRicizzal Diretti da Ugo Oj etti In questa n11agnificaraccolta wno già usciti: I. TORQUATO TASSO: POESIE A cur, da f'RA -.;ct:SCO t'LORA (1006 P•· i1n<', con IO 1/lu~tru•oni) L TORQUATO TASSO: PROSE A cura d, fRA 'l'CP)CO FLORA (1()20 pa• iinr. <'On b ,llu•lra110D1J. 3. CRONISTI DEL TRECENTO A cura d1 R()Bf.R rO PAI.\IAROCCHI (H'l" 11aJl'lnl", l"On fJ 1llu,1ru,oni). Il r re~ C'CnffJ i;' Il ~ttolo d1t" IM'r I Italia prl"par!> cd rlaborò. tah·oha dramma11caraeote, 11 tr•pa~'><> da una •p1t1tualit,ii e da un'economia mt'd1e .. h1t1<'hl' alle nuo•c forme del Rma'k.1mt"nlo. Qurl 1ra1aglio 1,0,a 1n que- ~10 \Olume lf' ll"J"llmonianze 1mmt-d,.1e e d1H•r,.... 4. MISTICI DELDUECENTOE DEL TRECENTO A cura d1 A Lt\ASTL (102'i pagine, cuo I.? 1llu,1r,111oni). Tra1tat1, rcsolc, l1"Ila1ocnt1, iw-rmon1, rut'd,tanom, con"derazwm. lct• tcre. pu•,:h1cre. p('n•1t""UC'hc fan"o r-'•ltare le prmnpal1 cauner1!t1ch<' d'ogm autori' e dDnno I• l111ca t. lo ~•ol11mrnto genenh ~ 0 ';n,,tro rtl1g1(k0 e 011u1co di 1ue1 due L LE rREDICBE VOLGARI DI SAN BEBNABDIIIO DA SIENA A cur• di Plf'RO BARG[LI l'I (11:"8 pa- ,i:1nt, ton 9 dlustra:uon1). \l,rab,lc racc()lta cli IUUe lf' '5 1irt'diche dc-ne nf'III _P,.-..:u dtl Ca,rtpo ,n ~·ucna !"arino 1,::"". '-_oo c·t ,rr11torc m lullo 11 Qu•llro<'l'IIIO <"041 co111plc•w. profondo, liJ('canlt. 8. LIRICI DEL SEICENTO E DELL'ARCADIA A i·ura d, CARLO CAICA'lt-:RRA {960 µ.a• 1tinf', <·on I& 1llu,trat1on1). Sono •enuqual• lro J)Ol"li, dal \tarino al Cluabrera, dal Campanrlla al Rrdi. dal \lrnuo1 •I Roll,. al \leta,ta,,o. al f rugom c 11111 fino ad or■ tanh nt furono r•C'colli ,n un ~olo voluwc, e m ti •atte pro1>orl11m1 7. CASTIGLIONE DELLACASA A cura d1 (, PR..-72O1.1'\I f9<j() pagu1e. ("(In JS 1lh1tlrat101111. Tro,crete ,n qur1to ,olumr lr dut" Opc"'tC' 1ullt- quali 111 300 mn. <lt"llatf' lc 1""tocraue d1 tulla Europa: • Il CorlC",:,ano • f' 11 • Calatw •· D, qu~to J)Cr /a prima •olla ~i dà un IMIO i11~11'fflfC' ri· ll!co t 0011 ,;purgalo. GALILEO GALILEI: OPERE 8. VOLUME PRIMO A ('Uri Ji St.8. 'I I\IPA ,ARO {IO'U JJ.a• i::1ne. <·on tb 11Ju,1r1non,1. ::, 1nu1a col • D11log:o dt, rn•~•11n1 ~••ltnu • ('he è I• r~il~~~:~~r•~1l1;·l~eB~i.~~ef,~lt,l<";",je; if.:l"~or~~ ,ui ,:1llrg:(,.nl1 ,, Il • 1)1,<'orso dc-llr (' i• Ul('h' •• c-l1e 'I può ('On•tdC'rare NlDIC il ,:t-rmt drl _•Sa1g:1alorc I<" • \fecan1('hc ,, <l~rrt::.~ 1 :.ui'1:~: 11 !.~11~~:~:1 ~::: :;;~.~~r!~~ • Dadi •· d1e i l"ong:me dl"I ol«.>lc; dt'II,, 11robah1hu1. 9. VOLUME SECONDO (900 pa,,m•. con I:? 1llu.tru.1nnil, Que,tn ,olumc ct>nllenr, ohre • una \ Ha d, Ga- ~},:r c~:i. ::~I~ •, :-J~• ,;/ ~~~!,~a n:fl! 1 ::~! I" nd Jrarn11111d, uno dt1 ma,~noi 1lli_Cl"Jn1 dc-1 km111 mcdtrn,. ,I S■11,atort t" , U111lo1hì Jdlt nuOO<" ~otntt'. Il Sa11,l1lort è ,I l"apol1~oro poleu11c-o d1 Galtlro, , D,a. lo1h1 cltlft ,11,00, H ,rnTt ...-.no il pr,mo libro rt, Oll"("("a111c-a da,'-<"'ft I' uno dl"i piu 1m1>0r1anh hbu ,c11"nllfiti rl,l" ('\nl■ no OPERE DI GIACOMLOEOPARDI A OURA DI GIUSEPPE DE ROBERTIS IO. VOLUME PRIMO {"l<>!H'.Clnf. c-on lb 1llu,tr■.t1unij. Cont1toC": 1 C1n11, le 0/l"rtllt mora/I, 11n'A1,ptt1d•ct" : 1 f"o1~f:.:~~;~,:, 1 ,,.\',•~;~~t,d:;11:,~, 11 ~~/f.ai~: tr•• <-l'1101nlt< hl1t, I' l ioi:• IUUO il Ll"011ar,Ji ~r;rn,lt 8C"l"0nlJ)lf:IIII0 da una Pr('(a11ont d, 11ro1mr1111n1,1,lt. di bt•n 1)0 p11i.inc, do,<' 11 ,('ft•ù della •Ila (" dello poe•rn d1 L.t-o111ud1 è d110 e ~1Ud1ato 1r1 111111 fom1J patiti r tnltn,.: 11. VOLUME SECONDO (IO.:-&pai:-111<'.<'On I.! dlu,traz1onij, Qu<'clo ;;~u~ntr,:~'~\:;":'~~ro~ 1J:I~~:; ~jr/.,~. ~:lì! tr■du1.1011r d('ilr ,dilli d, \\oS('O all'ep111:r■m• 1111,1ul lomr11.-,.....,. (' 1111a,,·e-Ila qua1110 1nai ,a,,. t 11ct:,·.,..u10 òrllf" l"lll'rt. Ord,n1ti t ronulo1urarnc-nl(', l\udli, -.('Ora ■kuna \h• •1111,mn,:, d1 ••i:.r1 ,:-10•111n1h <' ,nuti td,11 0 fll)IJtf',IMII dulr A111or(' 1w, la ,11mp• e dt •trilli 1t1('(hl1 rhr Jlnma 11111ar1ero nrl •·o• lume th•llr Corte 11111,olrturtl", 1>n•,c-nlano (lllf•ln d1 \,I~{ un tw,Hnl,., 11h.-rn1r,i dt ,1r11t1 puh!~ltcall o 1ire\1arot1 ll<"t il frnbhhr", lo 1uu p11rlr c-tud111, r lt1ll1 ,omm•• m<'lll_("I;, oroli, <' di rr.1111n1N11ti"hf ,I Lro- ::;.~;. ':;:;re:::;o ':•11;: 11 1od~~-if.~:o~fo"n:!n~:~ :i;l/: ~,,1! 1~.f~~:: .. ~.i:·~~,,:,~~d:!:c.,~cl!"rcnn,1 .. 12. VOLUME TERZO {IC}0 1,11,111('.c-on .!I 1ll11.,tral1t>ni). Com. 11rrn111' una neC""h1,,,m1,1,e,,•lta <l<'llo Zlbaf. do"" t- un lmiilf' eh llt"n 1'5,() 1•11pnr. 111 du,.. <'O[t··m<'. m ("or1t0 6; un 1nd,.,.,.. drllt t'OO• t·ordun,<" <"dd l"·o,ino lco11■rrti1no. Tuui 1 1<'111•11 ,ono 1oHall. lii lutti i trmr f' ft&ua lu ~toria. , ro11110t11tr11. h· O!IC"tt ,:rand, <" lr 0f}('fl' nunon 1nd1r111t C"On 1111nu1,~,una 11nah'•· O,:nu,10 ,1 Jlulr,ì ('("rC'are 1111,<"olod1 tuno•1t.\. d+uu,mc-nlò" 1an11 dubbi, f'("Citam,-nto o ta11te id«•. t· ,n hr<'•i rc-uni I" in r_,rr(' trOH"r,ì lo ltfl,<'nrum(" qu1u110 ma.I lnn1mh11 l"d c-,•r1111,-J,· d un'o1)('ra e d'una q111 df'llt f"" gr,111d1 <'hl" ~, t0H0"Cru,o. I. 1ndu.·c- l1a ,I pn·('1,11 rim,-ndo ■lla p11::-ina r al •oh1111f d1 no'lr■ ro,,,onr. (' •<'t•t ,olo (Id"'•"' OPERE DI GIUSEPPEMAZZINI A OURA DI LUIGI SALVATORELLI 13. VOLUME PRIMO: LETTERE R·11111rl't·nt111un,• •in1C'"(" ,1, un 11:r11nde )IC"• m,do ~I0riNI, afl'rrm11z10nr di • ■lore pcr- ~~~:!i:''°•c~l;llfl" \~:~r_r~I•~ . ~t:r"~'r~~l~~l 1 i 10d:1 ~~~:t~~•-~ 1:u·;:io ("('F,! 1 1~:::i'~,~la~~:•,\~i't,!!: 11.01 ro... <" t111ppr('~..n1,11u ne-Ila •ua , 11uetìt ,I, •r~•1mt"nll. d1 luni. di <"'Otri•1>0nd('nh, !)Ur fttl"f'IHio lar11:a porle alle INttrl" fa,n 1. l1ar1, 'l)l"l"1111!mrnl(' a qu<"II<" alta 1n11.dre pc-rdu' ~ono k 111ùbrllt" <"p,i, umana1nrn1~ ;~~1~:";_«/~'f.~1:ft· t~~:: 1t;~~ thJ"!~~:t 111i::1·,i:n1d,t"1 .111ù forti stori<"i <'he l'Italia ront, 0J:J:"1.L 0\M"ta ,a rii di due ,-0Jum1. Ogni oofllmp in tdi,:io11edi IU$.$o(pel• le TO!UII imprf's..~ i11 oro) ....... L. 50 ln ~izione nm,. {in Pff"Sllmena con ft1&!to doralo e C'llrlo filigranata) .. L (,() Si ! appc"n■ initia.to 11 pubbli<'uionc a dip~a~ settimanali dC"llc OPERE di NICCOLMOACHIAVELLI A OURA DI ANTONlO PANELLA Rizza&liCE. dit. Piazza C. Erba 6, Milano
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