Omnibus - anno II - n.42 - 15 ottobre 1938

( PALCHETRTOIMAN) I NRIIIA il d I POTEVA immaginare che tra La {ta modella di Alfredo Testoni e un campo di battaglia corresse cod poca diffcrcnza? Eppure, quando alcune sere fa ci toccò as,i.stcrc alla recita di questa commedia, qualificaia « brillante > con una improprietà di aggettivazione che lascia pcns.osi, il palcoscenico dell'Argentina mostrava i segni di un funesto disordine, di una grande rovina. Di chi quei membra diJiuta sul nostro massimo palcoscenico di prosa? Di quel vecchio tutro italiano che al tempo del suo s.plcndorc si onorava dei nomi di Oreste Calabresi, Flavio .\.ndò, Virgilio Talli, e che o~gi non è più se non un tragico spezzatino. Nei primi del secolo, ci avvenne di passare un paio d'anni a Milano, cuore in quel tempo della nostra civiltà artis1ica. Che importa se quella civiltà era come l'ultimo imperatore della Cina, serenamente immobile e indifferente a tutto quanto avveniva fuori d('lla sua pagoda? Dalle donne di Leonardo B!stolfi, ('mergcnti ancor addorm('nU,te dal marmo, agli endecasillabi di Arturo Colautti, quella civiltà modesta e provinciale era conchiusa in tulle le sue patti e al sommo di una sua perfezione. Parte importante di quella civihà era il teatro, un teatro borghese e nullamcnte agi. tato dalla ricerca di forme nuove, perchi quando si è contenti della propria condizione, non c'è ragione di cercarne un'altra. Poi qut'lla civihà morì, e di essa non rima~ se non un grosso buco, come di un molare estirpato e non sostituito da protesi dentaria. Molti credono che quella civiltà si continui nel Nove-cento, e più pro• gredita, aggiornata, attuale ... Errore. [I No- \CCento non è una civiltà, ma l'espressione di un triste errore. Una civiltà si riconosce dai comodi che offr(', dalle soddisfazioni che dà, dalla fiducia che i!pira. E mcntre nei teatri d'allora attori e spettatori erano egualmente soddisfatti, e si separavano a mezzanotte tra applausi e ringr.uiamcn1i e con la promessa sottintesa di ritrovarsi l'indomani sera, oggi tra palcoscenico e platea non pur la scontenteua, ma regna di questa la sorella peggiore: l'indifferen1..a. L'altra sera, quando il sipario si apri sul primo ano della Mod,lla, e le battute scemine e antiquatelle del dialogo toccarono il nostro orecchio, e gli attori della compagnia Palmer-Stivai ri apparvero vestiti alla moda della fine secolo, e lì vedemmo comportarsi come si comportavano gli attori intorno al 1907, credemmo a tutta prima che un genietto burlone ci aveue riportati di colpo trenta e più anni addietro, ma non pas.,ò tempo che questa burla ci si rivelò come una burla alla Hoffmann, a base di fantasmi, spettri e fameliche larve. Quella, e assieme un'altra cosa; per meglio dire quella, ma guasta, sformata, ri. dotta in condizioni da far pietà. Ci sembrò sognare, e come nel sogno ritrov:>te persone molto care a noi ma con ~r.bianti diversi, altre con i ~mbianti con. sueti ma irriconoscibili per altri rispetti, e disperata.mente mutate. E nella poltrona pagata a cosl caro prezzo cominciammo a gemere e a rÌ\·oltolarci, come il dormente torturato dall'incubo. Ciò che una volta era cura elementare dei nostri capocomici: la giustena dei toni, O!;'l'.i è un meschino dovere cui la marchesa Frangcri e il dottor Fretti, Vittorio Corvero e il conte Foneschi sdegnano di sottostare. t incredibile dove si va a cacciare l'ambizione! E di un maestro di dizione come Egisto Olivieri, rimaneva, sl, la bella voce di violoncello, la calda voce da Briand, ma le parole erano irrimediabilmente perdute, I meriti di Alfredo Testoni erano molti, come dell'ottimo marito e di avere spanato i nostri genitori coi sonetti della Stnera Catrar~ino. ,· ma se le .1ue opere complete sono stampate da Zanichelli, que5t'onore a nostro parere è più da ascrivere alla sua qualità di petroniano, che all'intenzione di porre l'autore del Fiacausta e del T eaur bitltneis allo stesso piano degli ultimi clas- ,ici della nostra letteratura: Giosuè Carducci e Giovanni Paicoli, Quanto a riesumare il suo teatro, dargli quella vita prolun.-ata chi' i francesi per parte loro dànno al teatro di Becque, il tentativo ci sembra inadeguato, meno nel caso in cui es,a esumazione dovesse avvenire per opl"ra di una compaitni:i di filodrammatici. t un errore poi considerare La modella come una commedia brillante e magari un po' s,c:ollacciata, ma tutto sommato di bel portamento, perché in effetto c~,a riassume tutca la \'Olgarità e tutta la stupidità di cui è capace un piccolo borgh<'SC, o come dir<' il auo autore. Per la truccatura, Egisto Olivieri si era travestito da Kaiser in borghese, c Giulio Stivai imitava Aleardo Villa, pittor<' e genero di Ca\•allotti, il che a suo modo è un lodevole sfono di ricostituire la verità storica, La signorina Palmer, in cui di I:\ dai fuochi dell'estate noi salutammo la < Nora italiana >, ci consenta questa volta di segnare sul pentagramma del suo destino una di quelle pause che i musicisti chiamano sospiri. L'aver mutato il suo nome da Kiki in Dani<'la, è stata per noi una felice sorpresa. Daniela non è né Pcppa né Carolin:i., ma suona egualmente casalingo, quando si pensi che la signorina Palmer, se a\'C!SC ceduto alle peri-colose istigazioni di Gabrie-le d'Annunzio, oggi si chiamerebbe Palma Palmer, ALBERTO SAVINIO o•NIBUS BOMA, PIAZZA OENOI1 UN EELL'ESEKPIO DI EJ.ROOOO FUfILIJ.BE ~~&:\i DEL VANTAGGIO DA piat.t.a Mat.rini partono a ra11era strade larthe e tranquille. Saranno i "prusi e le siepi nere della piaua, con qutll<I 1ua vaua a fior d'acqua che fa venire in mente !'boia dei morti di Boecklin; saranno i grossi edifici, stile Sect:JJione viennese, con bambocci di Jtucco me,si a duorare le facciate t: mascheroni do.Ila smorfia cupa; fatto è che la sera 1n questo quartiere scende a stn"ngere l'animo dea pa1santi che s'tJttardano nelle 1trtJde 1pat,iose. In fondo a un viale, s'intrautde il Tevere; non lontano s'al,eano le caste verdaJt,e t brulld di Monte Mario; a due passi 1i uedono i e: 1rattacitli > del viale An1el1co o del quartiere Flaminio, con quella loro tJria di mascherato. gi1antesca: ma niente ua/e a ralle1rare il quartiere di piaua Mauini. Chi lo percorre, procede 1uardin10, come su di un terreno minato. Si attendano improvuisi prodigi: fantasmi uscire dai silen{iosi e deserti balconi. Ma più auanti l'occhio, imp,ouviJamente, JI distrae: ci si trova infatti non più in una città, ma come nel ma1au.ino d'un 1rande architetto capriccioso. Tutti tli stili, tulle le maniere detli in1egneri, fra il 1910 e il 1938, sano catalogate in via Bain.ri.c.ca,in uiale Carso, in via Montesanto, in via Corridoni L'autoparco della R. Marina certo vuole ricordare la tolda di qualche nave da 1uerra, I sottufficiali in divisa bitJnca stanno affauiati ai finestroni dei so.Ioni del loro dopolavoro, e sembrano ammiragli primtJ della rivista. E i pompieri non sono da meno: la loro caserma potrebbe eJJere µna caOettiera l'un fabbricante di ceramiche estroso e 1n cerca di modernità. Ed è strano come molte di queste costrut.ioni racionali, che uo1lion rassomitliare a macchine utilitarie, fanno uenire in mente tauali e anno.di barocchi, divani rococò, Luiti Filippo, Rtstau,a(lone. Basterebbero a completare 1'impres.rione un fretio, uno suo/al,l,o, una curva addolcita. Ma spin1tndoci ancora at1anti, ecco i colossi della moderna architettura. Da lontano, quasi s'impongono; ma poi, da uicino, il volto è dit1erso. Sono come g:1anti bonan che ad avuicinarli stupiscono per i modi e lo. uoce gentile. Il colore ,erue non poco ad addomesticare questi giganti dell'architettura romana; e non meno servono a tale fine i terrat.t.i sempre più ciuettuoli, con fiori ed altre decorat.ioni. Casi si estende la cittd: quasi a u1nare o.d ogni passo un uariare del costume e, più che del co1tume, del capriccio. Di quel capriccio che per molti diventa ragione di vita addirittura. P1a«a Ma«in, con i giardini e i pala«oni funebri è a pochi metri da viale Carso con i gitanti di cemento; e la distan.t.a ;e è breve per sJ,a.t.io, non lo è meno per tempo. Non si può parlare di ionni e di nonne. Frugando ntlld no111a cose1ent.a ,i può tro1Jare a1evolmente le rtJtioni, siano pure futili e inconsistenti, per cui gli tJrcl11tt1ti in1Jtntarono pochi lustri fa una piau.a boeckliniana, e per cui ozti si dànno agli ardimenti d~i giganti di ferro e cemento dipinti color rosa. Forse nei quartieri nuoui tli architeui 1crfoano la loro autobiogra/10; che è poi quella di tutti. MASSIMINO o• ~-O~A.C:O r( L GIORNO dopo 11 d,scor,o a, l! Chamberlain per radio, esattamente il 29 settembre, cominciò sul campo di Montorfano, in quel di Como1 il campionato internazionale omnium di golf, vale a dire che le iscrizioni erano aperte a tutti, dilettanti e professionisti, d'Italia e stranieri. Al pomeriggio, quando si andò a vedere, pioveva a dirotto e in qualsiasi altra circostanza che non fosse stato un campionato internazionale il campo sarebbe stato assolutamente deserto. Invece decine e. decine di uomini, di svariate nazioni, alcuni giovanissimi, altri già oltre la cinquantina e con numerosa famiglia a carico, procedevano a coppie, sotto l'ininterrotto rovescio d'acqua, facendo schizzare dinanzi a sé la bianca pallina, mentre su tutto pesava il pensiero di una inevitabile guerra. Un aeroplano, nonostante il tempo d'inferno, girava invisibile entro il cielo di piombo con un rumore sinistramente allusivo. Faceva una certa impressione, in quelle ore di probabile vigilia, vedere tanti uomini seriamente impegnati in un gioco che da noi viene considerato, anche se a torto, una delle più futili manifestazioni dell'attività umana. Era una cosa strana, ma aveva pure una certa sua sfrontata eleganza. Non che loro ignorassero, Ci dissero anzi che uno o due giocatori stranieri erano partiti al mattino improvvisamente, allarmati dalla minacciosa piega degli affari internazionali, E alla piazzuola di partenza, dove ad onta della pioggia si affollava una trentina di spettatori, si udivano di tanto in tanto sintomatici dialoghi a bassissima voce. Fra l'altro un signore di marc.1ta eleganza se la prendeva con Chamberlain e diceva con accento meridionale che < quel discorso avrebbe fatto molto me- ~lio a non pronunciarlo ». Comunque. non appena riusciva a insinuarsi nei discorsi, lo spiacevole argomento veniva rapidamente liquidato, quasi per mutua intesa, per una specie di reciproca correttezza. Oseremmo dire che tt·tta q.uella faccc~da della guerra provvÌsùriamcntc non interessavo. Senza alcuna messa in scena o particolari preparativi i gareggianti, quasi tutti maestri, partivano allo scadere del rispettivo turno quasi alla chetichella. Si mettevano in posizione. eiavano una breve occhiata al desiderato punto di arrivo e sparavano immediatamente il colpo con tutta la forza. ~·folti, per evitare ogni impaccio, non portavano né ombrello né ~iacca impermeabile né cappello e dopo pochi minuti grondavano acqua da tutte le parti. Giocavano con un impegno muto e ostinato, in fin dei conti si trattava di guadagnarsi la vita. Ma ci stupì la loro rapidità nei colpi: benché un tiro sbagliato, per le inevitabili ripercu..sioni sulla clas..ifica1 potCS'-Cvoler dire qualche mi~liaio di lire in meno, nessuno dei contendenti stava a meditare gran che prima di dare la botta, neppure sul!~ piazze d'arrivo dove la dosatura deve arrivare al centimetro. In confronto dei dilettanti, che spesso si fcnnano per ogni colpo a cinci~hiare lunghi minuti dando· la netta impressione che prendere o no la pallina sia una questione d'azzardo, costoro '!embrava quasi ostcnta~ero una profc:-.sionalc tra ..andatczza. In mani loro insomma il c;-olfcei'liava di essere un gioco per din'ntare un autchtico lavoro, né più né meno ,;,crio di qual- '-Ìasi altro lavoro. e bi~gnava darci dentr"l sodo, nient'altro; perfettamente inutile 'litar lì a covare mt•ntalrnente ogni colpo, tanto il bene quanto il male ~arcbbc 'ialtato fuori da iolo lo ,;;tc~,;;o. Continuava a piovere. Con un ombrello ci avviammo per i verdi labirinti delle diciotto buche, alla ricerca dei più insip:ni campioni. Qua e là curiosi si aggiravano lungo il limite dei boschi. tenendosi sopra la testa ~randi parapioggia variopinti. Alla buca numero 71 ci pare, in un gruppetto appiattato ~tto un abete, mentre una pallina, lanciata da un centinaio di metri, ~i fennava con meraviglio'ia precisione a poche spanne dalla buca, udimmo una voce che diceva, chissà perché: e M"a lui (si alludeva evidentemente a Chamberlain) non ha mica detto: l'Inghilterra garantisce; lui ha detto soltanto: io garanti~o. Allora che cosa volete che serva? Basta che cada il governo e si è al punto di prima,. Ncs-. suno, a quanto parve, gli diede molto retta tanto più che due silenziose ombre emergevano allora dalla cortina di bruma e di piog~ia. Uno dei due, ci dissero, era uno dei migliori giocatori del mondo; non quel giorno, però, che a ogni due buche in media la sua palla finiva in pieno bosco, con grandissimo sconforto dei suoi ammiratori. Avvicinandosi la sera, si fecero dense nebbie, i curiosi ripiegarono ct;,n gli ombrelloni verso la casìna del golf e si udì ancora sopra di noi quel rumore di aeroplano s~radevolmente allu~ivo. Benché non ci fosse una ragione plausibile, le coppie si succedevano adesso a lunghi intervalli e ci avvenne di passare da una buca all'altra senza scorgere anima viva. Oramai quella freschezza di spirito che poco prima faceva dimenticare a tutti cose difficili a dimenticare, si era in gran parte esaurita. I giocatori avevano un'espressione di pesante fatica; completamente fradici, parevano per lo più stanchi minatori u,;citi appena dai po-1:ziC. i passò tuttavia davanti un bellissimo signore inglese, sulla sessantina, pieno di benigna dignità dickensiana; anni addietro era stato campione del mondo. Con lui era un maestro tedesco, alto, massiccio e apoplettico; sebbene pure lui ~iOCa'li.SmColto bene, quasi ad OJ:tnci olpo scuoteva lentamen~ te il capo, a esprimere disapprovazione, con gesto bovino, qualora l'espressione venga purgata di o,gni significato offensivo. Fra quindici ~forni, pensammo, questi due uomini potrebbero tro• varsi di fronte. Il dignitoso si~nore britannico sarà, a dir poco. mag~iore; il m:iestro tedesco probabilmente ser- .1?:Cntme aggiore, Queste bianche palline, pcmammo, fra ouindici giorni potrebbero aver subito una considerevole metamorfosi; più piccole, più sottili, pensammo 1 cilindriformi, di piombo, convenientemente blindate. (__ILSORCNIOELVIOLINO DEVI ,:VçUc:4:2:a {f~' IRL\0. Lo sprttacolo comincia Jl,_ij a sipario calato con colpi di tamburo sordi, lamrntosi : e il teatro non è più un teatro1 ma un agguato, uno speco di stregoneria. Sulla scena bruci.11 fumosa e funebre, la luce squallida d'una Via Crucis: si tratta d'un rito religioso. Le danzatrici giavanesi tengono gli occhi ba,;;si; di tratto in tratto lanciano uno sguardo obliquo, veloce come la folgo1e, oscillano sui piedi crune pendoli, calano ginocchioni, continuando le loro mani, che sembrano staccate dal corpo, a volteg'{iare d'improvviso, e le teste enigmatiche e schiacciate a scivolare da una spalla all'altra a guisa di setaccio. Le mani fino alle dita tremano fitte e leggere, come l'acqua corrente, poi vibr...no puntate, come teste dì serpenti. Tutto in loro è mollezza, perfidia, e cicca virulenza di natura anfibia. Immensa è la scienza, immensa è la • attenzione di queste ballerine. Col ventaglietto fremente e la raggcra dì spighe d'oro intorno al capo, che nelle scosse cresce di splendore intorno alla loro fronte,.. esse rivaleg~iano l'una coll'altra. Non sai quale ammirare di più : ~ono otto. P:irlare di danze è parlare di mani e di piedi. Qui non senti l'agitazione A un certo punto ci trovammo com- del respiro. Le danze giavanesi non pletamcnte soli. Dal boschetto dove :i.ffaticano i polmoni. eravamo si dominavano due buche, en- Queste danzatrici stanno quasi semtrambe deserte, Fumate di nebbia si pre sedute a gambe incrociate, ma aggiravano sui prati 1 a~gravando il fu- ~i~~dfc ~~~~~•i r~:i~~!; 0 1 iu~d~~;r~ nereo crepuscolo. Aspettammo qualche so coi gesti delle braccia e dei fianchi, minuto, ma non compariva nessuno. la bocca chiusa e le palpebre incollaCi venne allora il pensiero che tutti te alle gote: un bizzarro discorso che fossero veramente fuggitij e che, ritor- non esce dal circuito interno, che scornando alla casina del ~olf1 l'avremmo re fra le articolazioni come in uno trovata sprangata, e nessun'automobile stato di trariu un monologo che. non nel cortile, né alcun segno più di vita trova •l'uscita comunicante all'esterno, uman:1. E che, procedendo a piedi, Accoccolate, chiuse, gravide di siavremmo, sì, incontrato i paesi attra- lenzio e d'oracoli, non sai se su quel palco c'è un vivaio di, pitonesse, versati nel venire, ma vuoti e solo ogni Han qualcosa di macero, di livido tanto qualche vecchio decrepito, a e di fluente : sembrano vive di riAesguardarci con aria '-COn'-olata.E il vuo- so: immagini lente sull'acqua. Naiadi to e la dcsolaz1onc sparsi dovunqut·, e di un pantano, dal nord, lentissimo. avvicinarsi, lungo Stemperate nelle abluzioni, appiattutta la frontiera del ciclo, avvicinarsi tite, stinte dai secoli; immerse in una un tetro frastuono di rovina. specie di continuità d'anima. IndiffeAlla casina del golf invece trovam- ~ ~ent.i al t~mpo: il .. panteismo delmo gente. J campioni nello spogliatoio I Asia, Un ntmo acqu1S1tole accomuna. stavano cambiandosi e commentavano Le stordisc.e il ~ltro oscillant_e del t~a: monto. Nei gestt splendono liquefatti 1 loro paludamenti di seta viola e verde. pacatamente le rispettive sfortune. Qualche cafone, in mancanza di senso di dignità, parlava ostentatamente in inglese, un inglese pretenzioso e chiu- ,;issimo, a maestri stranieri che sapevano l'italiano non meno di noi. Tre giovanotti al bar, prendendo il tè, di- ..corrcvano della superiorità o meno di questo o quel campo e d'altre cose del genere; un si~nore, in un angolo, leg- ~cva quietamente la terza pagina di un quotidiano, ci parve la Stampa. Tutto era, tranqui1101 comodo, ben riparato, CO$CÌentedi non sappiamo quale misteriosa invulnerabilità. Fino a che entrarono discorrendo due signori e ci arrivò la frase: e Sì, parte stasera stessta per Monaco». DROGO CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla narrutone d.t un ratto caualalul, realmente accaduto a cht acrtve. La narrazione non deve 1uperare le tre colonne del giornale, e deve euere 1nvtata aer1tta a macchina, da una 101a pa.rt.edel rog:llo, Ogni narrutone pubblicata, 1eeondo l'ordine dl arrivo e d'accettulone, verrl compenaata con Ltre 600 (clnq_uecent.o),• I dattUoacrttU non aeeet.- tat.1non al reatttuiacono. - Per la vaud1t.à della apedill.one, aerviut del t.a.- g:ltando a\ampat.o qul 1ott.o, incollato aulla. busta. CONCORSO PERMANENTE Alla Direzione di OMNIBUS Piazza della P!lotta, 3 ROMA Muovono appena il busto, e ad una ad una sembrano voler dire per cenn1 occulti che ci son nello spazio duecento milioni di J.!Cstisconosciuti, duecento milioni di braccia sparse in un equilibrio arioso e senza simmetria. Non siamo abituati a vedere un'arte sì antica e profonda rivivere ancora nel san~ue dì esseri umani. E si rif!lane allibiti, quasi amanti di capir tutto così, così per via spiritica, subitamente, tutto quel che non potremo '>pitgare maL • La loro carczz.1 sarà diaccia e lontana come l'amore in uno specchio. I maschi han la testa rapata. e il grugno senza peli. La loro vita è nei muscoli. La loro sensibilità nel naso. Pompano l'aria, e arricciano le narici come il toro. Van scalzi come le donne, Ma il piede dc!Puomo è un'altra cosa, Non stan ceduti, costoro, non tengon le gambe comcne e i piedi in vetrina, anzi corrono e saltano sempre. Han bi,-ogno di sentire wtto le piante dei piedi la terra madre che gira su se stessa. Un impeto sordo, complicatissimo, li trasporta. Il volto hanno nero e duro. E i loro polmoni 1 pieni di ru~giti. Tutte le loro arterie si gonfiano, Tali sono questi guerrieri ballerini. E dall'aderenza dei piedi col suolo nudo essi traggono quel pi~lio di potenza monumentale. Nessuna monotonia. Lo '-PC'ttacolo della troupe di Devi Dja è d'una pienezza rara. squisita e varia. E i costumi sono autentici tesori. Una favola di colori. Ci son scene liete e comiche e leg- '{Crc di danza su motivi e canzoni popobri ch" rao;somigliano alle no<;tre. E infatti sono di importazione portoghese. ~1a. profano o ~rottesco che sia qualche numero del prog-ramma, tutto fini~c in un gesto di muta preghiera. Devi Dja, una rosa piantata nelle ~hiome nere, regge due alette e finge il volo di una farfalla, a zig zag, piena di grazia. Poi fa la civettuola, con un'arte SC'vera, implacabile, accanitaJ dondoland0 'iullc co.sce con tutto il burro e i nervi del suo corpo silen• zioso. BRUNO BARILLI LEO LONGANESl 4 Direttore ruponublle RIZZOI.I & C.• ,\n. l)("r l'.\ru dt-lla Sump:a. \l,lan,o RIPKOIJliZIO~I E',h(,L rl t:: COS \IA I EKIAl.h: FOTO(,IUFICO • }.l!KRA"<IA •

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