Omnibus - anno II - n.42 - 15 ottobre 1938

NO Il - N. 42 - ROMA 15 OTTOBRE1938-XVI 11 PAGINE UNA l/RA Il 11 . llfDUBTRULE DEL ORETT01 VEBDITORE DI LAMETTE USATE jl_ XCHE la questione degli ebrei è I! stata risolta dal Regime secondo una perfetta coerenu. ES!a, come -disse la deliberazione del Gran Comiglio, è l'aspetto metropolitano di un problema di ordine generale, che riguarda la tutela e l'incremento quantitalivo e qualitativo della razza italiana. Nemmeno la più ostinata malafede degli ambienti internazionali che fanno professione di antifascismo ha potuto misconoscere il grande .senso di equità, di umanità, cui si sono ispirati i provvedimenti del Gran Consiglio. C'è solo da augurare che gli atteggiamenti dell'Internazionale ebraica non esigano una revisione di quanto è stato deciso nell'intento di contemperare la nece~saria tutela della razza italiana con quella tolleranza, che è propria della tradizione giuridica e morale di Roma. La possibile concessione di una wna dell'Impero all'emigrazione ebraica europea dischiude grandi possibilità e suscita grandi speranze in tutto il mondo di Israele. Essa può rappresentare un potente contributo alla soluzione di un problema che il così detto < foc~ lare .t palestinese ha aggravato, p~o: prio come aveva preveduto Mussolini nel primo discorso che pronunziò alla Camera nel giugno del 192 1. Ma gli e&rei dovranno mostrarsene degni, dovranno meritarsela una simile concessione, modificando radicalmente, in Europa come in America, il loro atteggiamento nei confronti dell'Italia fascista. All'atto pratico, tutti gli Stati, compresi quelli nei quali gli ebrei occupano posizioni di comando, chiudono le porte all'emigrazione ebraica, Le decisioni della Conferenza di Evian sono nella memoria di tutti. La stessa Russia, che aveva promesso agli ebrei un territorio per la fondazione di una repubblica ebraica, da federarsi nell'Unione sovietica, oggi respinge le famiglie ebree di nazionalità russa, espulse dalla Germania ! Seguendo il programma tracciato dal Duce, il Gran Comiglio ha posto i fondamenti della nuova Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Tramonta, così, definitivamente, l'ultimo residuo di una vecchia concezione costituzionale, che non trovava più nessuna rispondenza nella coscienza e nelle opere del mondo nuovo. Alla vecchia Carne• ra, che, nonostante il suffragio univer• sale, non aveva mai perduto il suo carattere di classe, residuo della sua origine censitaria, si sostitui.sce una rapprescntanza effettiva e diretta del popolo, senza alcuna distinzione di classi e di ceti. L'assoluta parità del capitale e del lavoro, l'autodisciplina delle categorie della produzione, wno le premesse economiche e giuridiche del nuovo ordinamento. La sovranità non è più una delegazione trasmessa dai partiti ad una oligarchia di politicanti, che perpetuavano l'antitesi del paese « legale> e del paese <reale::., ma una funzione esercitata in permanenza e direttamente dal popolo diffe. renziato secondo il lavoro e inquadrato nei Sindacati, che trovano nelle Corporazioni la disciplina e la definizione. Questa nuova organizzazione assegna alle forze della Nazione quella coerente unità, che è la premessa di qualsiasi politica estera degna di questo nome. Lo si è visto nei giorni della crisi europea. Oggi, passata la paura, alcuni ambienti inglesi e francesi, che interpretano, più di quanto non si creda, lo stato d'animo delle due così dette grandi democrazie occidentali, ritornano ai vecchi luoghi comuni nel vano tentativo di mercanteggiare la pace. I:. un errore di valutazione imperdonabile. Come ha dichiarato l'ultima nota dell'ln/ormaiione diplomatica, la pace vtra non può essere che quella di Monaco, cioè la pace fondata sulla giustizia, sul riconoscimento della potenza reale dei singoli Stati, delle loro aspirazioni, del loro diritto alla vita. Il discorso pronunziato da Hitler a Saarbriicken è: sotto questo riguardo, e~trcmamente ammonitore e, come tale, ha trovato in Italia incondizionati consensi. I partiti che in Francia e in Inghilterra sognano la guerra preventiva debbono rassegnarsi alla pace, se non vogliono andare incontro alla disfatta. Essi hanno contro di loro il tempo e le forze stesse della vita. La loro mentalità è ancora quella dei padroni del mondo. Dovranno rivederla facendo la dovuta parte al concetto di decadenza. Quando, per esempio, immaginano che in Italia si spasimi per l'invio di un ambasciatore francese e pel riconoscimento dcll'Jmpero, e quando fingono di credere che recenti decisioni del Governo fascista siano in funzione di tali « aspirazioni », mostrano una incomprensione che stupisce. La verità ,·era è che la politica italiana, fondata sull'asse Roma-Berlino, è assolutamente autonoma, perché segue metodi propri e fini indipendenti dalle e combinazioni > diplomatiche di un tempo. Sono gli altri che debbono regolare la loro azione sulla nostra. La nuova situazione europea è tale, che assicura all'asse una vera e propria autarchia, cioè l'iniziativa, cioè la direzione. Allo stato delle cose, Parigi e Londra hanno soltanto due alternative : la collaborazione o la passività. Senza pregiudizio, s'intende, del premio Nobel. * * .:, SPEDIZIONE IN ABB. POSfAU m EI GIORNI paua1i della fine di set• I! 1embre mi avveniva spesso di pensare a Niedcr Lindewiesc e a Pan Holub. Che succedeva a Nieder Lindewiese? Che cosa faceva mai, che cosa diceva, che cosa pensava Pan Holub? P.1.n Holub era maestro alla !Cuola cèca di Nieder Lindewiesc. 11 quale non è un paese cosi sconos,ciuto come Obcr Lindewicse. t la Mecca delle signore grasSè di tutta l'Europa centrale; è là· che si fa la cura della fame e della sete, la Roukur, la cura a cavallo. Ci sono tanti paesi al mondo che hanno !a110 fortuna, perché la natura li aveva provvisti di un'acqua -tivcrsa dalla solita; Nicder Lindcwiesc, che non aveva un tal dono dalla natura, ha trovato la via della rinomanza e della foru.ina nel (are a meno dell'acqua, condannandola come la causa di tutti i mali, dichiarando !"acqua tabù. E questo proprio ai piedi di Grlifcnberg 1 di quel glorioso paese dove vanno a ricostituirsi bevendo e mangiando i convalescenti e i milionari dalle fantasie malate, e che ha messo in mezzo al viale più importante un busto di Talete, per ricordare ai passanti con un'iscrirJonc e una fontanella dimostrativa la prima verità della filosofia: l'acqua è principio di tutte le cose, Invece a Nicder Lindewiese, se in qualche idillico cantuccio dei dintorni gorgoglia fra il musco una polla di acqua o spumeggia una piccola cascata, c·è sCmpre una croce e un·iscrizione sulla pietra ad ammonire che qualcuno, per aver ceduto alla 1cn1az.ione di quell'acqua, latciò la vita coli, e i medici vanno, come i soldati di ronda, a regolare l'astincnia dei clienti per i caffè e i pubblici locali del paese. Cosl che ai poveri pazienti non resta altra consolazione che di guardare dal ponte l'acqua del torrente: c'è un ponte in mezzo al paese, e gli ospiti in cura fanno due file, una per parapetto, affacciati in <ontemplazionc per ore ed ore con le teste in giù, immobili all'ombra e al ,ole: e una volta io vidi una ragazza che con la scusa dei pesci faceva le fotografie all'acqua. Se ho detto che Nieder Lindewicse si trova ai piedi di Grlifcnbcrg, voi capite che è nei Sudcti, in quella parte della Slesia ch'era rimana ali' Austria dopo la guerra con la Prussia e di cui l'imperatore vinto diceva al re vincitore: e Vi siete preso il campo, e a mc avete la$Ciato la siepe >. Ed è veramente una siepe, quella rcsione Il intorno alla pianura slesiana: montagnosa e tutta irta di boschi. E i boschi appartenevano ancora al vescovo di Breslavia, che stava allora di Il dal confine. E anche la gente \Oleva appartenere come i boschi al dominio d'oltre confine ; non solo al vèscovo, ma anche allo Stato germanico. E nessuno si decideva, eccc11ua1i i bambini che andavano a scuola, a imparare almeno qualche paro!,- di cèco. Pan Holub diceva: e: Qua, è come stare in colonia >. Però la gente salutava rispettosamente Pan Holub, e i contadini si levavano perfino la pipa di bocca per salutarlo. Buona gente di chiesa cui faceva la predica ogni domenica qualche capopartito, e in onore del capopartito sfilava poi la gioventù del paese inquadrata sul piazzale. t vero che non tutti la pensavano cosl: gli studenti dcll'universitl tedesca, per esempio, che non avevano la pazienza d'aspettare con le prediche e le processioni. Erano gli odiatori degli Absburgo e d'ogni loro eredità. Qualche volta, quando uscivo dal paese, li sorprendevo a confabulare lungo il margine di un bosco dalla parte di Frciwaldau. Allora facevano finta di non vedere. Ma in paese anche gli studenti salutavano rispettosamente Pan Holub, e lo salutavano in cèco: lo chiamavano pane ucitel, che vuol dire e: signor mac1tro >, Pan Holub meritava in verità il rispetto di tuui. Aveva titoli e meriti per essere ben più che un maestro a Nieder Lindcwjesc. ~1a anche Brezina, il grande lirico cèco, non aHva fatto il maestro di scuola in un piccolo paese <!ella Moravia e, per amore della solitudine nel piccolo paese, non aveva rifiutato la çattcdra offerta dall'università di Praga? Col precedente di Cretina, che giustificava onorc-volmente la sua posi2ionc davanti alla propria coscienza e ancbbe dovuto per quc-~10 giustificarla anche davanti agli occhi dc-gli altri, Pan llolub faceva a Niedcr Lindewiesc una vita di studio e di concc-ntratione. Se usciva di casa, prendeva la strada di Frdwaldau o s'internava solo solo nei boschi con le mani dietro la schiena ; studiava la grammatica russa e la grammatica italiana; si occupava al pianoforte, senta che nessuno stesse a sentirlo, di Dvofak e di Bach ; !eggeva Le mie prigioni, suonava il violino in chiesa per la messa cantata e faceva far l'altalena alla figlia nel giardino fra due alberi. Gli piacevano le fettine di pane ab· brus101ito con l'aglio e il grasso d'oca, e le bibite con lo sciroppo di mirtilli o di lamponi che gli preparava la moglie. Pan Ho- !uh arna, a la pace, la musica e le fantasir ddla solitudine; era un uomo mite e spirituale. Nel patetico è la 1piritualità dei grassi e dei mangioni, in quel venire alla luce, ora tremulo, flebile, pietoso, ora stentato, contr.utato, ma sempre commovente, dello apirito che la came angustia, soffoca e vorrebbe nascondere, Pan Holub, cosl grande e grosso, pareva sempre sul punto di scop• piare a piangere come un bambino. Aveva, cosi lucido e fiorente, un'aria di vìttima che muoveva a pietà. Aveva anche l'anima dc-I• la vittima: si sentiva profondamente v:1tima. Vittima dei Cavalieri Teutonici e dell'espansione gcrmanka verso il nord-est, che a♦cva fatto piazza pulita in Prussia e nei paesi baltici di tutte le tribù sla,•e che avevano dato i nomi a quelle regioni, ai loro fiumi e alle loro città; vittima dcli immigrazione e della prevalenza germanica ai tempi dei re boemi e lussemburghesi ; vit• tima soprattu110 degli Absburgo, di quello 3pie1a10 strangolamento che dagli Absburgo era staio operato sulla nazione- dei cèchi: un delitto imperdonabile, come aveva riconosciuto anche Trciuchke il pangermanista, contro quello che lo stesso Treitschke aveva definito il ramo più energico e geniale dell'intera famiglia slava. E a furia di essere vittima, Pan Holub faceva la vittima anche coi poveri tedeschi di Nicder Lindewiesc, i quali non volevano convinceni che i nomi di molti fiumi e torrenti del loro paese avevano la radicale slava e non vo• levano saperne rlclla lingua di quelle antiche radicalì, che i maestri cèchi a,•rcbbcro do"u10 richiamare alla loro memoria cosi poco fedele. Quella gente aveva in• vece perfino la pretesa che i maestri cèchi se ne tornassero a casa loro! E poi gli un• gheresi, e poi i polacchi! Tutti a,•evano da fare le loro rivendicazionì. Non erano dunque i cèchi il piccolo popolo mite .cd eroico che aveva sofferto per secoli l'oppressione, lo strangolamento, ed era rimasto vi,·o chi sa come, per un miracolo? Perché tutti dovevano odiarli? Era stato un errore per il piccolo popolo mite cd eroico, una volta compiuto il miracolo della risurrezione e deUa liberazione, l'aver usurpato coi diritti dei vecchi padroni a■che quello di tener soggetti altri popoli civili, di rinascere dopo il martirio in veste di aguzzino. E cercavo <ti dirlo con tutti i riguardi a Pan Holub, di fargli capire che non era adatto il tono dello schia• vo alla parte del padrone. Ora Pan Holub non era come certi ■Itri cèchi di Nieder Lindewicsc, come Pan Vrba o Pan Dohnalek, che quando senti"an parlare di Ànschluu e di altre possibilità future, battevano il pugno sul tavolo e dicevano: e No, questo non avverrà mai! >. Come si poteva ragionare con certa gente? Pan Dohnalek era orgoglioso di esser l'unico macchinina a Niedtr Lindewiesc col grado di ufficiale, che non abitava come gli altri nel caseggiato dei ferrovieri: quando era di servizio sulla linea, la macchina fi. schiava fischiava passando per Nieder Lindewiesc, e Pan Holub diceva: e Pan Doh• nalek vuol rar sapere al paese che lui passa col treno! >. E Pan Vrba gridava sempre che lui era Hanacco, e che venissero pure i tedeschi, lui non aveva paura. e So-- no un Hanacco io, sapete; sono un Hana.cco >. Ma siccome aveva la moglie tedesca, quando arrivava vicino a casa cambiava argomenti e abbassava la voce. e E i figli li manda alla scuola tedesca >, diceva Pan Holub. Li compativa; era quasi un in1ellcttualc, uno di quelli che, essendo cèchi e tenendo naturalmente la parte di Jan Hus, possonc:, ammeuerc perfino le ragioni di chi l'aveva fatto bruciar,:. Si faceva presto dunque a convincerlo che i tedeschi di Nicdcr Lindewicse avevano pure le loro ra. gioni. Se ne convinceva an2.i al punto che diceva: e La vinceranno, lo so, e come la vinceranno! >. E lo diceva con un tono maligno di rivincita, con una specie di gusto contro natura, pcnsendo certo a Pan Vrba e a Pan Dohnalek, quasi che avessero loro la colpa di tutto. Egli era fra l'altro ,convinto che l'csc-rci10 cèco, per il fatto di non avere una tradizione, alla prima prova sarebbe staio battuto. Dopo pere\, io dicevo, nella pace il suo popolo, liberato d2 tanti equivoci e con• trasti, avrebbe trovato il modo, chi sa in quali forme, di esprimere e d'irradiare an• che meglio e più lontano la forza della sua um:i.nità, cosl profonda e vivace. Non cran certo l'energia né la genialità che facevan difetto ai cèchi: anche Trt:itschke l'aveva detto, quando non pc-nsava ancora alla loro risurrezione. Certo sarebbe stato un bel sogno anche per Pan Holub quc-sto del suo popolo non più odiato e in un nuovo fervore di creazione; ma che cosa poteva costare? Pan lloh.1b non era un vigliacco: da studente aveva sfidato la galera sotto il govemo austriaco, e da legionario la morte e la forca sul fronte italiano. Ma quelli era• no altri tc-mpi, tempi di guerra, di pericolo presente e di spensieratezza: allora Pan Holub non aveva ancora la sua tranquil. lità, il :uo pianoforte, il giardino e nel giardino la piccola Miladka. Non aveva gli incubi e i batticuori dell'uomo tranquillo. Ora Pan Holub amava la pace: afna sempre la pace chi dovrebbe temC'rla. E non potendo dar torto a chi gliC'la voleva guastare, se la prendeva con Chi, invece di metter tutta la ragione da una parte o dall'altra, l'aveva messa in palio per la grande guerra di questo tragico mondo. Era costrc-tto a prendersela con Dio. Per protc,ta, non credeva in Dio. E per consolani di tutto, alzava le spalle e diceva: e: ('.itra je ta>.y den > (anche domani è un giorno), Che sarebbe il modo cèco d'esprimere il fatalismo slavo, come per i Russi niceuò. CORRADO TESTA

HENLEIN I A PACE è firmata: i trattati di la Versailles e del Trianon hanno cambiato la carta d'Europa, e il sergente Konrad Hcnlcin, quando va in congedo, si trova non più un au- ~triaco, ma un cèco, cittadino di un nuovo Stato. Nel settembre dello steS50 anno, trovandosi a Reichcnau, legge in un giornale locale questo avviso: « Grande banca assumerebbe come praticante giovanotto cx-combattente. Presentarsi personalmente domani mattina al Kreditanstalt •· Il Kreditanstalt era ed è ancora la princip.tle banca dell'Europa centrale. Henlcin, che cercava lavoro, si pre~entò alla filiale di Reichenau del Krcditanstalt la mattina seguente, alle otto e mezzo. Terminata la guerra, migliaia di ~iovanotti dell'Europa centrale cercavano lavoro con sfiducia: si presentavano alle banche e alla altre aziende che secondo le indicazioni degli annunci economici offriva no un posto. Quando. la mattin., segurnte 1 Hcnlcin arrivò al Krcditamtah, una piccola folla di cx-combattenti era già radunata sul marciapicde 1 mentre la polizia manteneva l'ordine. Verso le nove, gnmse il direttore che pas~ò in rassegna, come un generale, i candidati che, con gli occhi pieni di speranze, lo fissavano trattenendo il fiato. Il direttore non aveva ancora pronunciato una sillaba quan- _do, fermatosi davanti a un giovanotto il cui aspetto non differiva molto da quello dei 'iuoi compagni, gli chiese: e Come vi chiamate? •· e Konrad Hcnlein >. e Siete assunto>. Da quel giorno sono pas ..ati diciannove anni. lnterro~ato, qualche tempo fa, sulle raeioni di quella scelta, il direttore del Kreditanstalt rispose: e Ricordo quella scena come se fosse ieri. C'era davanti a mc una folla di giovani tra cui cercavo un viso che m'ispirasse fiducia. Ebbene, sul vi.so di Konrad Hcnlcin, che aveva allora vent'anni, riconobbi ùnmcdiatamente una qualità indefinibile, che mi convinse ch'egli era assolutamente incapace di mentire ». Essere un modesto impiegato di banca in una piccola città di provincia, piegarsi ogni giorno sugli ste~i fogli per cQntrollare lunghissime colorme di cifre, è una vita, ccrtoi monotona ed esasperante. Libri, cinematografo, radio, tutto ciò che avrebbe potuto rallegrare quell'esilio era al di là dei mezzi di Konrad Hcnlcin, che col piccolo stipendio aveva appena di che vivere. Uscito dalla banca, come trascorreva le sue sere il piccolo impiegato? E: semplice: facendo ginnastica. In ogni paese, i piccoli impiegati hanno distrazioni diverse: in Francia la pelotta, in Austria le bocce, nel Tirolo il tiro a segno, e nelle piccole città cèche la ginnastica. A Reichcnau c'erano diversi circoli ginnastici : quello dei lavoratori e degli « elementi di sinistrai>, l'Arbeiterturnuuein; un altro, il Freiheit, che ammetteva nel suo seno anche gli ebrei, e finalmente quello al quale si as50C:iò il giovane Henlein, 1I Deutsches Turnuerein, sezione locale della ~rande Federazione dei ginnasti tedc,chi di Cecoslovacchia. Molto prima di Hitler e del nazionalwcialismo, lo statuto dell'associazione includeva un paragrafo riguardante gli ariani. La filiale del KrC'ditanstalt si chiudeva alle quattro del pomeriggio, e alle cinque, ogni giorn'), Hcnlcm era nei locali del circolo, dove rimaneva molte ore <"seguendodifficili esercizi alle sbarre, alle parallele o con gli anelli. In breve, diventò un ginnasta eccellente, e alla fine del primo anno, alla festa annuale del circolo, riportò il primo premio. Quando due anni dopo Hcnlein riportò un'altra vittoria, i dirig<'nti del circolo decisero di offrirgli un posto di istruttore. Lo stipendio era <:upcriore a quello del Kreditanstalt cd Hcnlcin accettò. Sebbene non pos~de.sse nessun diploma, Henlcin fu incaricato dell'allenamento dei principi,mti. Quando tutti avevano lasciato il circolo, sco~ pava le stanze, copriva i pavimenti di <cgatura pulita e preparava gli attrezzi per l'indomani. Il suo aspetto e la sua calma autorità, il suo viso aperto e onesto gli fecero guadagnare a poco a poc9 un certo prestigio. Diventò membro del consiglio diri~ente della società che lo inviò come delegato a un congresso di ginnasti, e lo incluse, infine, nel consiglio direttivo della Federazione Atletica, che è l'onore più alto che po"sa toccare a un ginnasta. Oggi, quando i suoi amici lo inter· rogano su quel tempo, Konrad Henlein risponde· e Gli anni che passai a Reichenau come istruttore allenando migliaia di giovani, sono stati per me come anni di prigione. Il piacere che OMNIBUS PH q,u~t.ordiola11.11l'.lI1,1.dl1.1L1a0ml:iao ha ttrrorlnat.o Il Brull• 0011. la ,u bud1. 8oha11.10ll 28 loglio ,cono la politi• ~ ri111cita• cauonre I banditi , ha eapou.opobblloameou 11 Ultfi, di mpeao l.ultm• a q,-ulla di d~u:0! 11 :11:~:::P;r.i-J~ t.l~;,o, tn i dv• cappelli, la ~ta di t..mpuo1 111blt.1oopra, la tuta .KARIA B0NITA E LAMPEA0 PRIKA DELLA CATTURA da principio Q!0vavo nell'eseguire certi e-:crcizi passò presto e non me ne restò che la noia. La ,;era scopavo i pavimenti, poi li coprivo di segatura; così invariabilmente ogni sera, per anni. Tuttavia >1 a~giunge di solito, dopo una breve riffcor;<;Ìonec,non furono anni perduti. t stato a Reichenau durante quegli anni pas(.ati in una sala di ginnastica che sono diventato un uomo•· Nel 1929 Henlcin presiedeva la Federazione Ginnastica in cui erano riuniti tutti i circoli tedeschi della Cecoslovacchia. Questa federazione comprendeva circa I ro.ooo membri. Erano migliaia di uomini, di lingua tedesca, disciplinati, organizzati in circoli che escludevano gli ebrei, deliberatamente ostili alla repubblica di 'Weimar. li giornale di Ludendorff, poi, contava numerosi abbonati fra i ginnasti di Henlein. Nel 1929 Hcnlein si sposa e diventa un calmo borghese. I suoi dicci anni di « lavori forzati > lo hanno reso indifferente a tutto: è a capo di una formidabile organizzazione di masse, ma sembra ignorare il potere che la sua posizione gli conferisce. Corne Cristoforo Colombo, che al momento di sbarcare sull'isola di Haiti non sospettava di scoprire un nuovo mondo, Konrad Henlein nel 1929 non sapeva che la formidabile organizzazione da lui diretta stava per diventare qualche cosa di assai diverso di una semplice federazione sportiva. Nel 1929, c'erano in Cecoslovacchia due partiti tedeschi: il partito nazionalsocialista e il partito nazionale tedesco. Alle elezioni di quell'anno i due partiti ebbero 303.000 voti e dicias- 'iette seggi nel parlamento cèco, che corrispondevano all'incirca al 20C10 del suffragio tedesco. Pochi giorni dopo le elezioni, Henlein ebbe la visita dei due capi del movimento nazionalsocialista, Krebs e Jung. Se il futuro capo dei Sudeti non ~i era fino allora distinto per soverchio spirito di iniziativa, è certo che durante quell'intervista dimostrò una sensibilità politica e un'intelligenza di prim'ordine. Nel I 929 i 100.000 membri della Federazione dei circoli ginnastici te• deschi della Cecoslovacchia appartenevano a cinque o sci partiti politici divisi, proprio per avere quasi lo stesso programma, da aspre rivalità. Lo scopo di Krebs e Jung era di riu- • nire in un sol partito politico quei roo.ooo uomini cd Henlein accettò questo incarico. 1 grandi capitalisti tedeschi dei Sudeti accordarono con slancio il loro aiuto finanziario e Henlein fu ricevuto a braccia aperte. Dapprincipio non si -:entì perfettamente a suo agio nella parte di capo di un movimento politico : era prud.ente, qua~i timido; ma la fortuna lo aiutò. Passano quattro anni. Henlein viaggia di città in città, visita tutti i Turnvereir1e tedc<sChie fa dovunque discorsi. Trascorrono altri quattro anni, e nelle elezioni del 1933 l'Heimatsfront raccoglie 1.250.000 voti, il 60% cioè dell'Unero suffragio todesco, conquistando 44 mandati sui 72 affidati alla mioorità germanica. E::questo un trionfo personale di Hcnlcin. Da questo istante il capo dcll'Heimatsfront diventa il capo dei tedeschi di Cecoslovacchia. Centinaia di migliaia di uomini lo acclamano loro capo politico, i giornali pubblicano il suo ritratto in pri• ma pagina : Konrad Henlein è una « potenza >. .€ a quest'epoca che risale un episodio misterioso della sua vita. Lce-irenda o verità, è interec.sante riferirlo. Cn giorno, chiede di es~erc ricevuto da lui un uomo che rifiuta assolut'\- mrnte di rivelare la sua identità e l'oggetto della sua visita al segretario che l'interroga. Insiste talmente per vedere Hcnlein da soloi che finalmente è accontentato. Tra Henlcin e il suo visitatore si sarebbe svolto all'incirca questo dialogo: e Signor Henlein, ho una proposta da farvi >, cominciò lo sconosciuto. e Sareste disposto a ritirarvi dalla vita politica? Non immediatamente, questo sarebbe chieder troppo, ma, diciamo, tra qualche mese, dopo aver preso tutte le misure utili per calmare le odierne agitazioni dei Sudeti? >. E senza lasciarsi turbare dallo sguardo stupefatto del suo interlocutore, lo straniero continua: e Se accettate, una somma di denaro sarà versata a vostro nome in una banc;t americana. Una somma molto importante. L'offerta che vi faccio è sincera. I mezzi con cui effettuerete la vostra ritirata potrete scieglicrli voi stesso. E, se preferite, la somma sarà ver1ata in anticipo,. ' Il forestiero accennò a una cifra, una cifra altissima. In vita sua Konra<l Henlein non aveva mai sognato di possedere tanto denaro.· La sua risposta fu pronta. e Senza dubhio >1 disse al ~uo visitatore, e dovrei mettctvi immediatamente alla porta. Preferisco invece darvi una risposta più chiara: dite ai vostri supe· riori che né promesse né minacce né prigione potranno farmi tradire la fiducia di milioni dì miei camerati ». Si afferma che subito dopo questo episodio, Henlein sia stato convocato per la prima vofta da Adolf Hitler a Berchtesgaden . R. S. L'AMIOIZIAE LA GEOORAI'IA )1 VERI amici si riconoscono nelle ore U gravi, dice un vecchio proverbio. Nello scorso mc:,e di settembre, quando sembrava che la guerra dovesse scoppiare da un momento all'altro, non mancò ai governi di Londra e di Parigi il conforto della solidarietà di alcuni fra i più lon• tani e i più dimenticati sovrani dei rispettivi imperi coloniali. E, anzi, è degno di nota che" quanto più lontani sono questi reucci, tanto più categorici e bellicosi fu. 1000 i loro gesti di solidarietà. Il che dimostra che la lontananza, 1e, come usicura una banale can2onctta napoletana, fa morir l'amore, non fa affatto morire l'amici1ia. :,.Jeì giorni più cupi della crisi, dunque, 11 sultano del J\hrocco, Sidi Mohamed, il quale, a dire: il vero, non è sovrano che di nome e non dispone che delle donne e dc• gli eunuchi del suo harem, telegra(ò al governo francese come segue: e Qualunque cosa accada, anche se "enga il peggio, posso as.sicuran.-i che il sultano del Marocco e lutti i suoi sudditi si schiereranno con la Francia.>. Sua Altezza il maragià di Bikaner fu fra i primi ad acccuare come una cosa na• turale l'ipotesi che la Gran Bretagna dovene scendere in guerra e telegrafò a Sua ~faestà Giorgio VI : « Io e i miei sudditi siamo sempre pronti a versare, fino all'ul• tima goccia, il nostro sangue per Sua ~1aestà imperiale >. Ma se il maragià di Bikaner e, ammettiamo pure, i suoi sudditi erano cosi duiderosi di versare il loro sangue, i cittadini di Londra e di Glasgow non dimostrarono affatto la stessa buona disposizione. Questione di geografia. E il primo ministro Chamberlain - spirito borghese se altro mai \ e ne fu - credette di dover te• nere in maggior conto l'opinione dell'uomo qualunque di Londra e di Glasgow, anzi• chi quella di Sua Altezza il maragià di Bikancr. Per altro, ehi contribuì nel modo più ef. fìcace e originale alla relice soluzione della crisi fu l'Esercito della Salvnza. h:1 tutto il mondo, esso si mobilitò: non per andare a combattere, s·intC"nde, ma per il « w:rvizio ddla preghiera >. A Londra, la generalessa Evangelina Booth, vecchia di 72 anni, riunì cinquecento suoi sett;uaci e direnc il e servi2io della preghiera > con comandi militari: cChiude1e g)j occhi!>; e Congiun• gc1e le mani! >; e In ginocchio! >; e In piedi!>. Cosl la pietà e la marzialità, che la gravità delrora impone\'a, furono, almeno una volta, bellamente congiunte. LA RISPETTABILITÀ i:Y,1 .'\ il signor Chamberlain, pur cuendo, llJ..1 per quel che ci consta, uomo abba• stanza pio, ritenne che le prt'ghierc non bastassero, Nel 1913 egli, da sindaco di Birmìngham, si era guadagnalo la riconoscenza dei suoi amministratori facendo un volo in aeroplano, il primo della sua vita, per fare la pubblicità alla Fiera che allora si teneva in quella città. Giunto all'età di 69 anni e diventato Primo Ministro di Sua Maestà britannica, il s;gnor Ct\3mbcrlain, lo scorso m«e, pensò di non po1ere più salvare la pace altrimenti che facendo il secondo volo della sua vita. La mattina di giovedl , 5 settembre, poco dopo le 7,30, il settuagenario Primo Mi• nistro abbracciò e baciò la signora Chamberlain, salì in un'automobile, insieme col fedele lord Halifax, e si f«e condurre all'uroporto dj Hes1on, dovt': lo attendeva un argenteo Locked Electra a due motori. Era venito come tutti i giorni: in grigio scuro, quasi nero, con soprabito grigio e cappello grigio. E portava, accuratamente arrotolato, il solito ombrello. Come è noto, nelle due settimane che seguirono Chamberlain dovette andare an• cora dut volte in Germania: furono, in tutto, tre viaggi d'andata e altrettanti di ri1orno; l .... u dimenticò rombrello, neanche quando parti da Godesbetg, disperando, ormai, di po1ere ancora salvare la pace del mondo. Cowper cantò: « Aprire il piccolo ombrello e andare in giro per il de• serto indiano 5enza un albero>. Chambcriain fece di meglio: prese il piccolo ombrello e se ne andò in giro per il cielo. Il pubblico del continente fu molto colpito da queste prove di fedeltà alrombrello da parte di un personagE,io cosl eminente. M.1 non ne fu affatto colpito il pubblico britannico, il quale, anche su questo punto, condivide perfettamt'ntc i gusti e i sentimenti del suo Primo ~{inistro, E poiché, ormai, la tt'mpesta è panata ed è lecito discutere di argomenti alquanto meno gravi della guerra e della pace del mondo, ci sia pcrmeno, quest'oggi, di de• dicare qualche istan1e di attenzione a quest'umile arnese che ha tanto posto nelle abitudini e nel cuore del Primo ~I inistro di Sua Maestà britannìca. La sentenza più solenne sul paracqua la dine Srevenson: e Portare abitualmt"nte rombrello è il segno della Rispe11abilità >: con la r maiuscola, ché si tratta della \·ir1ù nazionale inglese. « lt is the hobituol carriage o/ tht um'br,lla thot is tlte stomp a/ the Respectability >. Non già portarlo di tanto in tanto, si noti bene, o, come si potrebbe supporre a prima vista, quando pio- \.e: questo è da gente comune. ~la portar• lo abitualmente (tht habitual eorriage), portarlo anche quando non ce ne sia bisogno, anche quando non piova, questo, sl, è il vero marchio della Rispettabilità. Sotto questo punto di vista, il signor Chamberlain, parlando costantemente l'ombrello in aeroplano, ha i;.aggiun10 le più alte vette della Rispettabilità. Per dir meglio, è egli stesso la vetta più alta, l'Himalaya della Rispettabilità. Alcuni anni fa, il Timts, in un articolo che fu un piccolo capolavoro di umorismo, riconobbe che il valore simbolico dell'om• brcllo è, oggi, alto come in passato; ma insinuò che la cosa sìmboleggiata dal1' ombrello, la Rispettabilità, sia andata declinando nella nos1ra estimatione. « La genie rispcllabile è oggi assai più numerosa che ai tempi di Stevenson, sebbene sia forse meno acutamente, meno fana1icamente rispettabile ; molto più numerosi sono quelli che si radono la barba ogni giorno, che lt'ggono, scrivono, portano la cravatta e parlano con buon accento. La Rispettabilità si è allargata, sommergendo, una dopo l'altra, le barriere sociali, e, in questo processo, ha perduto, come era inevitabile, molte delle sue austere e, una volta, esclusive auraui,..e. Ena è oggi una delle virtù più comuni. I figli del tempo della velocità non aspirano necessariamente ad essere rapidi ; ma l'avw·ntura è nell'aria >. Xoi ci permettiamo di dissentire alquanto dall'arùoliua del Tim#s. La Rispenabilità non consiste nel Cani la barba o nd por• tare la cravatta, ed egli fa torto alla virtù nazionale inglese riducendola a qucslc abitudini piuttosto banali. La Rispettabilità è qualche cosa di più complesso e non scm• bra che si sia molto allargata in questi ultimi anni. In fondo, in ogni generazione c'è una certa quantità di gente rispettabile e una certa quan1ità di gente non rispetta• bile, press'a poco in proporzioni costanti. Certo viviamo in un tempo di velod1à ; ma che cosa ha da vedere la velocità con la Rispettabilità? L'avventura è nell'aria. Bene. Ma Chambcrlain ha dimostrato che nelraria può esserci anche rombrello. Convtniamo che l'ombrello fa parte, piuttosto, delle circostanze banali e monotone della vita di città, fa fede di prudenu t': di ,outine e, s'intende, serve per il cauivo tempo. Bene arrotolato, può raggiungere un alto grado di e:eunza. Il T1mu arriva• va ad affennare che può e ricordare la spa~ da, la quale, ai suoi 1empi, non era meno indispensabile, né meno decorativa >. A noi iembra che occorra una certa dose di fantasia per pensare alla spada nel veder un ombrt'llo. Ma il paragone mette in rilievo la ragione della mancacza di popolarità dell'ombrello. e Esso è troppo dissimile dalla spada: non ha ponaclu (in francese nel testo). Può aver rotto qualche cappello sui campi sportivi di Eton e di Harrow; ma la sua apparenza e le sue funzioni sono tali che difficilmente quelli che, una volta, si chiamavano "buone lame,., si potrebbero oggi chiamare " buoni ombrelli ". t impossibile, in qut':ste circostanze, non provare tristena per l'ombrello; e la nostra malinconia aumenta se consideriamo la sua storia, la quale è non meno romantica che auguua. Mr. A. H. Longhurst, direuore dell'urfìcio di archeologia :a. Ceylon, l'ha raccontata in una monografia in1itolata The $tory o/ tht S1Upa. Da essa si apprende che l'ignobile arnese, con cui irrighiamo i nostri urfici e corriamo il rischio di accecarci l'un l'altro, era considerato dagli egiri e dagli assiri come un simbolo di autorità e di po1enu e che per secoli esso fu in Asia non solo emblema della sovranità, ma anche oggetto di venerazione. In tempi rclatinmen1e recenti, i viaggiatori che volevano entrare nella città di Delhi erano diffidati a non. offendere le prerogative del Gran ~ogol aprl"ndo l'ombrello. Per secoli, dunque, in tutta r Asia esso ebbe una funzione maestosa e solenne: e quando Giorgio V visitò l'India, un ombrello di Staio fu tenuto sul suo capo in tutte le occasioni>. A questo punto, è abbastanu curioso rilevare che l'ombrello, mentre sul capo del Gran Mogol o di Giorgio V era simbolo di maestà e di potenza, nt':lle mani del signor Chamberlain significhi semplicemente che il Primo Ministro del Regno UnHo è un uomo rispettabile come tanti ahri. E che un personaggio così eminen1e e tanto in vina si atteggi a eguale a tanti altri uomini. cht': ct':rchi di non dis1inguersi esteriormente dai suoi simili, è caratteristico detreleganz.a bri1annica. Ma, per quel che riguarda in generale il costume inglese di portar l'ombrello, non è necessario prl"nder le mosse dagli ant'.chi egizi, né dal Gran Mosol. La verità è che, sicc9me in lmthiltern piove speuissimo, anche nella buona stagione, cosi si è fatta una questione di moda e di e rispettabilità • di quella eh" è una disgrazia nazionale: il cattivo tempo. RICCIAROETTO Aono II• N. 42 • 15 Ono'bre 1938-nJ IINIBU SETTll!ANALEDI ATTUALITÀ POLITIOA E LETTERARIA ESCE IL SABATO lN li•l6 PAGINE ABBO!IAMEIITI Italia t Impero: anno L. 42, 1e.me1t~L. 22 Eatero I anno L, 70, Hn:t61lrt L. S6 00!1'1 NUIIEI\O UNA LII.A !ian01crinl, dlugni • totogn6e, anc~e H non pubblicati, non 11 nnhui1cono, Dln:don•: Roma• Piana della Plloita, 3 TelefonoN. 66.470 ABun1Jll1tru.lo111: K.ilano • Piana Carlo Erba, 6 T•ltfono N. 2:4.808 .. P'11bbUdti: Per mi\limnrodi alu.u1, but OlllCOIODll&; L. 3. R\,-olgertl 1ll'Agensla O. Br11ohl llllano, Via Sahinl, 10, Teltfono 20-907 Parigi, 56, Ra• du FavbonrgSaint.-Honori 111

Montecatini, ottobre. @GNI ~lATTINA, a ~lontecatmi, si sveglia una legione di . stcntc spossata da11a curn del • g_io_rnoavanti e aff.,mata. Pal- -- lad, e con le gote cascanti, gli ospni degh alberghi prendono posto nei giardinetti puliti, sulle seggioline leggere, davanti a grandi caffè e lat:c. Poi, acccn• dono il primo toscano della giornarn e vanno alle terme, digerendo per strada In colazione. Alle OO\'C si aprono gli stabiltment1 e alle otto e mezzo, davanti ai cancelli. i primi puientì già tendono l'orecchio al gorgoglio delle fontane irraggiungibili. Guardano l'orolog10 e schiamazzano se l'apertura ritarda d, qualche minuto: ep• pure non dovrehbcro aver paura di restare senz'acqua. Le prnne notizie di i\fontecatini e delle sue acque sono di nove secoli fa, quando un tal Ildebrando dc, Lnmbardi, nel 1104, donò contado e bagni d1 :\lontecatini alla cattedrale d1 Lucca. Poi, nei secoli successivi, :\Iontecatini fu alternativamente guelfa e Rhibellina. Una volta vincevano i guelfi e una \'Olta i gh1belli111, e 1\Jontecattn1 parteS(Riava sempre per i Yinti. ~on per ragioni scot1mcntali; ma perch~ 1 vinti venivano immediatamente, e con maniere spicce, messi al bando, E il mal di fegato che s1 pigliavano nelle lotte politiche, i travasi d1 bile causau dall'esilio, h veni, ano a curare a :\lontccatini. Come a1 giorni d'oggi c'è 11mese dei s1inori e quello degli 1mp1cgat1 suuah, .1llora c'era l'annata dei S(uclfi e quella dei gh1bellim. I quali, nmc'ils1s1 m salute, a fine stagione, marcia\'ano su Firenze c la riconqu1sta\'ano. ~la più che a queste e sim,h lotte. le fortune di :\lontccauni furono legate alla peschiera da Fucecchio, alzata dai fiorentini nel 1430 per rcJìtolare il corso dt"l(li affluenti dell'Arno. Tutte le acque della \'al dt :--Jie,•ole furono fermate da una barriera a Ponte a Caiano, e la pianura si ridusse a palude. Gh abunnti dei luoJ;t:hl c1rcoo\'ic1n1 comincrnrono a dn·cntarc gonfiati e giall:, _et m p'lch1 dì cadevano morti, onde s1 mossero a chiedere misericordia al Duca, E poco d«?pO \'I morirono pU'.1che due terJ.1 delle ~enti circonvicine•· Per molti secoli ~lontec:'ll1111non \'ide che cacciatori e band1t1 ag({1ranw11 per le sue macchie, mentre i bagni e le terme che gih es1ste\'ano anda,·ano d1 giorno m giorno 111rovina. Soltanto qualche medico cooo~cc"a ocma1 le ,·irtl1 delle sue acque e solo qualche papa mandava a prendere quah.:he fiasco del Tettuccio e del Rlllfresco. I reggitori d1 ;'\,Jontccaum non facevano che supplicare Firenze di togliere la pescaia; ma quclh, che badav.mo alla valle dell'Arno e che della X1evole non s1 curavano affatto, anziché abba· cre la diga, IA rialzavano e la rafTor- :za,•ano, poco preoccupati del mal d1 fegato e d1 tutti i disturbi 1ntestmali. Bisogna,·a aspettare l'iotnvcnto d1 Pietro Leopoldo di Loreno, perché ~tonte• cat101 cominciasse la sua seconda ~10,·i• nezza e la sua vern ,·ira, La pescaia d1 Fucecchio fu abbattuta nel 1775: arrivarono le prime famiid1e nobili e borJ<hesi d1 Lucca, P1sto1a e Firenze. che giusto m quell'epc,ca cominc1a\'ano ad cs~cr prese dalle smanie per le villeggiature d1 Bagm d1 Lucc:1 e, m seguito, d1 Viareggio. ).Jontecatin1 Alto commc1ò a veder sorgere ,·ille e ,trade, mentre lo Scrittoio Granducale•, amministratore delle Terme, pianta,·a cedri e platani, d1<1egnava v1ah e aiuole, .su per le ondulaz1om del paesaggio, circondando d1 false rocce ogni polla d'acqua. L'architetto Paolett1 erigc,·a le Terme Leopoldmc, sistemando fra le fronde dei nobili 1ppocastan1 una bella facciata neoclassica, che racchiude un atrio elegantissimo e proporzionato come una .sala d1 regR:•a. L'amministrazione pu.sò a, monaci cass111es1,che la conservarono fino al 18o8. Era l'epoca paolettiana d1 .:\-lontecatini: allora non si era ancora scoperto il biso• Kno del moto e delle brevi passeggiate fra un bicchiere e l'altro. Tuttt appari,·ano alle terme 1n carrozza e be\'evano restando ,edut1. Le cure dei fanghi si fa. cevano molto scmpl11..:emente 1mmergen• dosi nelle pozzc naturali piene d1 erbe e ribollenti d'acqua solforosa. I poveri andavano a sguazzare nudi nelle pozzan- ~here; le persone distinte, chc abitavano in collina e dormivano sotto alla zanzariera, si aggiravano fra le colonne e le lesene del Paolem e fra gli alberi granducali, poco preoccupate della cura. Intanto, 1 cittadini d1 .\fontecat1n1 commc1avano ad accorger.si della ncchcz:.rn mi<,co~ta nel loro suolo. Chi po'lscdeva un pezzo d1 terra lo gratt.jva per vedere d1 farne u'1c1re un po' d'acqua purJ:tall\'a e d1 fangr,: m cinquanta anni d1 tempo, .\lootel:atm1 fu ricoperrn di una dm:zma d1 stab1hment1 d1 privati e 10traprendent1 c1ttadm1. La clientela crebbe proporzio• nalmente, mt:ntre .a1accendevano iuffe e lotte per ottenere l'affitto dellt terme go- ' crnaun: e I più 1ns1gn1 medici dell'epoca •• mtt"re"u"ano delle acque m 1c1ent1• fii.:1congteSii1 e co11 moderni cnteri. Le d1!.l:U..,~1ons1ulla temperatura <ll·i fanghi e sulla quant1ta d'acqua da muer1rsi occupano mc:J.zo \etol<>. ,\lbcrgh1 am:orn non nt: c:ran" 11ort1, tranne Ja Locanda ~Jag- :.c1orc. e J.!h c,.,pltl aluta,·ano 111villa o a .\lontec·at101-C:htdlo, dcdii.:.tndos1 \'CramtrHt: piu alle pa..,St'U~iate che alla cura. Ciu~l•ppc Crnc,u, da \lon,;umm,1no, fau,·a quakhe rara apparizione. NOTABlLI ARABI ALLE TERME DI MONTEOATINI Venne infine 11clero a diffondere la fa. ma d1 :\lootecat1n1. Dapprima furono soltanto i parroci toscani a lasciare le cure della parrocchia per gli ozi termali, poi la notizia dell'acqua miracolosa s1 sparse per i corridoi delle curie e dei ''lSCOvadi, e i più alti prelati delle \'1c1ne d1oce<1i intraprc~cro I loro primi ,·ia't'JL L'anno dopo commciarono a comparire i prc=t1d1 montagna'. le strade dell'Appennino, e.ii 10,(!:ltoe d'ago-o. \'edevano passare le ,mpol\'erate carrozzelle dei Cl1rati, con a bordo un prete troppo ~tasso o troppo ma~ro, m spolverino gng10 e con l'ombrello da sole. Da ~larrad1 a Firenze, tramite le parrocchie, si formò la J,ttande via dell'cmigraz1one esti,·a dei fe~atos1 e dcM:li st1t1ci: 21 giorno dell'mauguraz1one della \'Ì:t ferrata Firenze-Faenza fu come quando il primo treno traHniÒ la pianura americana. A Faenza si radunavano 1 \'3gom di uricemici pro\.·en1ent1 dall'Emilia e dalla Romagna, e lunghi convoS(li si avvia\'ano fra monti e vallate verso la nuova .'.\lecca dei malati del ricambio. AIJora, ntl ciclo di :\lontecatini, spuntò il pruno astro della città: 1I professor Pietro Croceo. Pietro Croceo era un uomo dalla volontà di ferro. Alternando le au• scultazioni e I palpamenti .ti malati con le adunanze finanziane e i convegni amm1nistrat1v1, Pietro Croceo riusci a superare e a fondere le sparse energie dei monte- ,,✓t.;zi (~~~ .,._ .. -~ . .,,. ..... ~~.. . catines1, indirizzandole \'crso un unico fine d1 comune prosperità. Le sue amicizie di clinico procurarono al paese I pnmi ospiti di riguardo. Per quasi trent'anni Giuseppe Verdi "enne ad ispirarsi al mormona delle fronde e delle acque sempre g10,·an1. Sorsero i capola\'ori della vita d1 Croceo: lo stabilimento Exulsior, un ed1fic10 m mattoni ro!tsi decorato..'.'; statue e di ttrrccotte, ·cio,·e st aR"gtra1 ,ir~ stocrazia dei feR:atos1,e la Società Anonima N'uove e Regie Tenne. L'av,·en1re di :\-1ontccauni cm infatti mmacciato dalla possibile concorrcnn fra le Rc~1e Terme e l:t Società Xuove Terme, sorta dnlla riunione dei p1l1 1mportant1 produttori pn,·ati Il diss1d10 cova\'a da molti anni, e fino ad allora non 51 era fatto che rimandarlo, mentre a~h odi commerc1ah si agg1unge,ano quelli albergh1en. J..a Locanda ì\Ja~~1ore era in declino, e dal suo cadavere venivano sorgendo innumerevoli alberghi minori. tutti fra loro 111 concorrenza spietata. Le cinche cerimome e le feste in onore degli ospu1 non riuscivano nd allonrnnarc il temporale immmente: il paese era un barile d1 polvere pronto a scoppiare. Al brontolio degli stomachi si mischiava quello degli animi. Si udirono dei dissensi per.fino quando, nel 1905, Bagm d1 .:\loniecatim fu cost1tu1to m comune autonomo, e lunghi fischi turharono il giorno dell'ms-1uguraz1one del pubblico palazzo. .Non erano che mestatori d1 bassa politica . . . . ~"--• ~::::a~ • •f. 1... provinciale o cittadini di :\lon1ccatiniCastello ~elos1 del nuovo comune che si <1taccarn dal loro; ma la co<,a non poteYa continuare cosi. Finalmente, nel 1911 1 si \"enne per me• rito del Croceo alla legge che riunì le ).;uovc e le Re~ie Terme sotto un'unica socieri\ cd anuninistrazionc, retta dal milanese Arturo Schwciger. Una 0UO\'a epo• ca cummC1ava, destinata, cun 1'1111.tidoella guerra, a finire troppo presto e a dnre qu1nd1, negli anm dal 1920 al 1928, un ultimo e breve sprazzo d1 luce. In quell'epoca, le malattie intestinali sembra fossero molto comuni: per le persone •n vista rittO\'ars1 a :\lontecatm1 era quasi obbligatorio. S1 forma"ano C"0mpagn1e numerose e ricche, d1 persone anziane e baffute, ,.c.,t1te dì tela g1alhna e con la paglietta in testa. Erano vccc-hi signori uricemici che vole\'ano d,n:rtirsi senza trala<1ciare completamente l'ut,l1tà. Facevano 'ICampagnatc e gite 111 carrozza e sugli asini; la notte, avc\'ano a loro d1spos11:1oncil Krirsaal, il Kur,aal nella sua epoca d'oro, con il caffè-concerto pieno d1 belle donne e le orzate per chi non pote\'a bere vmo. Poi, 11 teatro. \'cniva inaugurato tn <1ucgh anni il Cmcma :\largherHa, all'aper10, con sotto allo schermo un'aiuola do,·c app'lrt\'a un gentile buo• na sera• scritto dai fiori gialli sul tappeto d'erba verde. Veru\'a ~ente da tutto il mondo: grnod1 tenori, mus1c1sti, amen• cani preoccupati soltanto eh mangiare QUC: ..... -.r MONTECATINI NEL SETTCOENTO CDaou 11&mpad•ll'epoea) tutto quello che gli portavano da,·anti. La gcnuna modesta e i montecatinesi si tiravano da parte quando, per il viale Verdi, possa, ano quelle com1t1vc di dicci o venti persone dai lor~hi toraci e dai visi soddisfatti. Il chiasso delle loro adunate gioronlicrc nella villa ombrosa di qualche amico illustre e dclll" loro risate, passava sulla città. Per tutto l'inverno non si fa. ceva che parlare degli ospiti estivi e dei loro amori rumorosi con le ragazze di passa~g10. Le mescitrici d'acqua, in quell'epoca, facevano matrimoni d'oro, con sud-amcricam e mercanti romagnoli. Gli alberi del grnnduca e dell'onorevole llarag1ola erano cre~ciut1, per la gioia d1 chi non poteva far colazione sotto gli affreschi dei caffè, trascurati da1 ncchi che non alzano mai l'occhio dai poderosi caffè e latte e dal pane e burro che hanno da- ,·aoti. Anche Oi;t'tt, gli impiegati dello Stato. alle 11, tirano fuori una pagnottina 1mbott1ta e la mangiano pulitamente sotto gli occhi stanchi dei sohtari. Sono, quesu, stra01 siRnori che fuggono In folla del peristilio termale e vanno a rifugiarsi fra la verdura del giardmo. Sembrano divinità silvestri, immobili sulle panchine, con lo sguardo fisso nel vuoto. :\-1a. allora, l\lontecatini risuonavn di musica e d1 mahRnttà csti,·e. li napoletano maestro Lconcavallo si era fatto quasi montecatinese, e qui vemva ad offrire bicchierah: agli amici dopo i trionfi londinesi e romani. Vi moriva nel 1919. Nd 1916 era scomparso anche Pietro Croceo. Poi, nel dopo~uerra. ancora un po' della vecchia Yita parve rinppnrire, con l'arrivo dei milanesi. Ferdinando :\tartini, da '.\lonsummano, scendeva a valle ogni estate: commendaton e industriali sapevano ritro,·arc un po' di allegria soltanto nell'aria d1 :\lontecattn1. Erano finite le lotte fra albergatori, e cominciava quella con• tro le mosche. Squadre di spazzm1 si sguinzaglia\'ano per 1I paese con ramazze, pompe e dis;mfettaot1 dietro all'ultimo lll· setto. Dal poderoso ceppo della Società Xuove e Regie Termr 'IOrse allora Ugo G10nnnozz1. Ulmno d, una lunga s"rie di nl'clutctl1 halneari. C10\'annozz1 ha d:no a '.\fontccatm1 11 suo \l•ro sule. Per convmcqsenc basta entr,ire nello stab1hmento Tc;;1tùcc10, da lui rmnovato negli anni intorno :11 192d. \'i si accc~ie per un a.tric, spazio<10e pieno d'aria, frn massicce colonne grige decorRtc eh scannellature, di med,ud1oni e di motfvi nort'"Ali. Dietro ad esso si tro,·a 11grande cort1le, una specie di peristilio romano. circondato da un portico pieno di peripatetici filosofi e di tavolini con lo stemma dello Stato: sotto il porticato. a simstra, ci sono i banchi dì mescita. a dcc;tra st alza la cupola Liberty del padiglione della mu,ica, Sui cornicioni, tutt'intorno, corrono ,notti launi cd endeca<iilbbi sonanti, mquadrnu da ovuli, foglie di acanto, teste leonme, tirsi e pampm1 d'uq1. .\nche gli affreschi sono all'altezza. Sotto la l,:rnnde cupola siede un'orchestra d'archi, i.:hcalrcrna i valzer di Strauss con le fanta-;1e d1 opere celebri, riempiendo 11 luogo d1 trilli e d1 snolinaturc scivolose. Sopra l'artistica testa del direttore si apre uno <;tupendo ciclo a firma Ezio Giovannozz1, probab1lmente un parente dell'architetto Ugo. Il concetto della decorazione è. naturalmente, ispirato alla musica: lo spazio è diviso in unte sezioni quont1 sono i più conosciuti istrument1 musicali. Sotto ogni gruppo, una scmia spiega gli intendimenti dell'autore. Cosi i violini e gli archi sono rappresent.ati da signori io frac che si affacciano a un palco di teatro, mentre intorno si svolgono scene di mondanità e di eleganza; gli ottoni e i tamburi su-;citano visioni guerresche di cavalieri armati e di ruote di cannone affondate nel fango: i flauti, dal canto loro, fanno un mesto ingresso nella sinfonia, portando un'aria idilliaca e pastorale, con i mandriani appoggiati a finte rocce, greggi di pecore e aperte campagne. Cli occhi sognanti dei malati vagano con piacere fra simili fantasie. Poich~ l'ambiente è popolato di tipi silenziosi e nppercntcmeote assorti in rosee visioni. Forse ascoltano voci rnterne dd loro intestino in subbuglio. Sono vecchi pan• ciuti; signore che fanno la calza, con la pelle liscia e le borse sotto gli occhi; g1ovonott1 dall'aspetto poco in 11,alute,con un dolce sorriso aleggiante sulle labbra. Siedono sulle seggioline di ferro hianche e nzzurre, e non parlano. S, rianimano un po' quando l'orchestra attacca una marcia di Supp~; si dirigono a passi lenti verso la f mtanclla, per rinnovare la provvista d'acqua. Poi si siedono lentamente e appoggiano 11doppio mento sulla mano; parlano con voci vibrate che pare escano dalle pieghe abbondanti del panciotto. Le signore, vcs111e con strani golf dai colori ,•1vac1, scrivono cartoline illustrate e bevono l'acqua con molta distinzione. Intorno s1 aggirano I peripatetici, quelli a cui 11 medico ha ordinato di passeggiue fra un bicchiere e l'altro. Vagano sotto i portici con le mani dietro alla schiena e l'atta preoccupata. Sembrano tutti mercanti o mediatori d1 campagna, gente piena di soldi e mvadente: in confronto loro gli impiegati dello Stato fanno una figura molto misera. In testa portano enormi cappelli con le falde larghissime e il Cli• polo appena ammaccato. Il fumo dei loro sigari toscani sta sospeso a mezz'1uia sopra le teste delle signore sedute sotto al pergolato. A volte fanno amicizia in quattro o cinque: allora s1 vedono allegre comittve che vanno allo stab1h~ento come andrebbero all'os1ena, raccontandosi storielle grassocce. Probabilmente è gente che va a ;\lontecat101 da anni. Sono fedeli che non abbandoneranno mai la fonte e la ragazza che glt riempie il bicchiere. Portano a spasso orgogliosamente i loro baffi, Ce n'è- dei bellissimi, che galleggiano come ninfec nell'acqua del bicchiere, quando 11 loro proprietario sorseggia il ~1·ctmccio. Intanto, fuori dagli .stabilimenti, fra i viah asfaltati c I tarnlmi dei caffè, si aggirano a passi d1 lupo I fotografi ambulanti, Davanti a loro tutti raddrizzano 11 busto per l'attnno di celebrità e ,·ecchie coppie, che da anni non scambiano una parola, s1 mettono a discorrere animatamente. ~e, punti strategici della passeggiar■ sorgono certe baracchette dove siedono aignormc dall'aria modesta, presso una bilancia alla quale è applicata una poltrona d. b1.1cc1oli coperta di velluto rosso. I camencn . del K11rsaal. m giacca, bianca, stanno 1mrnob1li come scogliere su un mare di tavolini, aspettando il primo cliente per riprendere magicamente la vita e mctt<!rsi a danzargli d'intorno. Nell'aria aleggiano le note tenute del1e orchestrine· dei caffè. L'arte regna so• vrana, sui bicchieri decorati, sui programmi musicali e nelle vetrine dei negozi ,jj quadri. I borghesi, che dicono come :\lontccauni s,a tutto un salotto, si fermano davanti a manne, teste di cavallo e belle donne su cuscini di velluto. Misteriosi rapporti corrono fra i quadri esposti e il mal d1 fegato. :\la basta andare fuori porta, magari dalla parte della nuova stazione brutta e fuori posto, per ritrovare la Toscana collinosa e con le strade polverose, piene di orti e di c1cnle. Da quassù vengono i frequentatori dello stabilimento gratuito, le terme dei poveri. È un edifizio di mattoni, senza le decorazioni degli altri luoghi di cura: non c1 sono neppure in1erv1ent1, e la gemina che lo frequenta deve versarsi da sola la bevanda. Vi passano le donnette vestite di nero e le cameriere che vanno a fare la spesa al vicino mercato, le monache e qualche contadino delle terre vicine. Vi giungono anche preti 1mpolvcra1i su motociclette centenarie e intere famiglie numerose, discendenti da nonni uricemici. I bambini imparano a memona i nomi dei duemila alberghi del paese. La sera, dai duemila alberghi puliti, escono gli ospiti mondani. Gli altri vanno a dormire, qualcuno magari ancora col piegabaffi: i preti che pop())avano gli stabilimenti scompaiono di colpo. Rimangono fuon quelli con la •topolino•, i giovanotti d1 Pistoia e i commendMori romani che al èaffè prendono solo granite di caffè con panna. S1 inizia la noia see raie di i\·lontecatmi, mentre si aggirano per le sue strade le ultime comitive dei circoli cattolici dei paesi vicini, guidate da un prete senza più voce. Al caffè, c'è pcrsir.o gente che s'è carne biata d'abito per la sera. Le •balilla• aspettano le avventure galanti di cui dovevano essere pronube. A mezzanotte la mondamth di i\lontecatini non si sa più dove sia. Il K11rsaal è deserto. Il campo del mi,iiai'urt•golf, in un giardino illu• minato da lampade ad arco, è trtstiss1mo e solitario. Le ra(!'.azze del uro con l'arco stanno ancora aspettando i client1. Hanno il viso dipinto male e, sotto al banco, s1 sono tolte le scarpe. Nella sua camera d'albergo, il signore malinconico dai grossi baffi, depo,to finalmente il gran cappello, sta ria~sumcndo le sue Qled1tazion1 d1 una ~10rnata. È nusc1to a completare la lista degh amici a cui mandare le tartohnc illustrate. Se• duto sulln sponda del letto, ha il primo sorn,o della l-{1ornat,1. 1)1 h.HH.• le fomo,e cartoline gli p1;lce spcc1alrncnte quella del ~1n, an1,uo cill' ll(l!l i.:t.:c.lc 11 P-''-SO ,1\la raga.l'.z,l, ~l\llll,l C.:01\tl·tllpor,llll'òlllkllll ., lui ù:1v;lnt1 a un ceno U!t(.IO .. M,\I\CO CJ'.S.\lll',I

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