Omnibus - anno II - n.41 - 8 ottobre 1938

~ NTORNO e ai margini de11e capi- ! tali del cinematogr~fo vivono1 esercitando mestieri che nemmeno la vena di un grande umorista riuscirebbe a immaginare, uomini dai nomi oscuri1 ma dal cervello fertilissimo, specie di Corte dei Miracoli dì Cinelandia, la cui storia, se un giorno sarà scritta~ sarà una deJle più ricche e delle più fantasiose e contribuirà certamente a fortificare la nostra fede nello spirito di iniziativa dell'uomo. Sono il più delle volte dei dilettanti falliti ai quali non rimanevano al!re prospettive che l'ospizio o il suicidio. Hanno messo a frutto la loro specialità dilettantesca, il passatempo delle loro lunghe giornate di ozio e di disoccupazione e hanno trovato una posi1ione e una dignità nell'ordine sociale. Essi sono gli unici credenti nel messaggio di redenzione sociale del cinema. LO SPARATORI: Ronald Berscheid non sa e non ha mai saputo far altro in vita sua che sparare; con tutte le anni, con tutte le polveri, con tutti i proiettili possibili, ma niente altro. Egli ha la mano ferma e l'occhio sicuro come nessuno, ma un'anima onesta e un cuore tenero e non ha mai fatto male a una mosca. In queste condizioni il meno che gli poteva capitare era di morire ai farne. E di fame infatti stava morendo in quegli anni terribili del dopoguerra americano 1 quando la cri.si e la proibizione facevano di quella nazione il paradiso della malavita. E di fame sarebbe morto se Hollyv•ood non si fosse accorta che quel paradiso aveva un suo romanticismo, dando inizio a uno dei cicli più belli del cinema americano. Quando i film sui gangsters cominciarono a venir fuori, Berscheid capì che la sua ora era suonata. Finalmente c'era da sparare onestamente. Se egli avesse voluto, in quel periodo in cui a Chicago e a N.e..w York un occhio sicuro e un polso fenno potevano assicurare una carriera più splendida di quella di Roosevelt, Bcrscheid sarebbe diventato certamente qualcheduno. ),fa egli è fondamentalmente onesto e non si sentì l'animo di entrare nell'« onorata società>. A Hollywood la cosa era di'1"ersa. Si poteva guadagnare sparando, senza far male a nessuno. Egli non aveva mai pensato che una cosa simile fosse possibile. J n quella prima fase del gangsterismo cinematografico, che potremmo chiamare automobilistica, perché uno degli strumenti, e quasi il simlx,101 della delinquenza era l'automobile in corsa, Berscheid mise a terra non meno di trecento gomme. e il suo maggior titolo di orgoglio. Non è facile sgonfiare con un colpo di pistola una ruota che gira a più di cento chilometri all'ora. Bcrschcid raramente ha mancato il colpo. « Malgrado fosse finzione>, egli dice, e prendevo infiflitamente più gusto a bucare la gomma quando a bordo dell'automobile c'erano dei delinquenti che quando c'erano degli uomini della legge>. Bcrscheid si appassiona al suo lavoro più del solito quando si tratta di bersagli luminosi, specialmente sc1 come nel caso delle lampadine clettriche 1 scoppiano quando sono colpiti. Certe volte si tratta cli colpire interi candelabri, cosa che egli fa disinvoltamente e persino con una certa spavalderia fumando una sigaretta. Una volta in G-Men egli doveva colpire il parabrezza di un'automobile condotta da un gangster. L'attore che aveva questa parte non si sentì di af• frontare il pericolo. Al suo posto fu messa una controfigura. Era un amico dello sparatore e aveva fiducia in lui. Essi sono ancora oggi amiconi. Un'altra volta un attore fu preso da una tale crisi nervosa quando un colpo sparato da Berscheid andò a conficcarsi nel muro dov'egli era appoggiato, vicino al suo orecchio, che fuggì urlando dallo stabilimento. Quando non spara sui gangslers, sui poliziotti o sulle lampadine elettriche Berschcid spara sulle quaglie del Messico, dove va a passare le sue vacanze. e Sono le migliori del mondo>, dice Ber..rheid, « e le più furbe, e c'è più gusto a cacciarle>. Egli è membr?. o~O· rario del e Totuava Club>, la p1u importante associazione di cacciatori del Me55ico. L'ARCHIVISTA Il mondo è pieno di piccoli rumori che nessuno ha mai sentito in un film. Sono i cosiddetti rumori «inessenziali>, e per tenerli lontani dall~ _colon~a so• nora le pareti degli stab1hm~nt1 so_no foderate e ovattate. J rumon che mvece servono alla logica del film, i cosiddetti rumori e razionali >1 molto spesso sono già nell'archivio, ben catalogati e impressi sul disco o sulla colonna sonora. Ma un suono tipico, pri• ma di essere messo in archivio, è collaudato da esperti dotati di un orecchio finissimo. Costoro assaggiano il suono come un mercante di vini as• saggia un vino. Se lo trovano buono, vale a dire verosimile, lo passano nell'archivio sonoro, e si scrive nello schedario il nuovo acquisto. \Valter Feldman, c~llaudatore e archivista degli stabilimenti dei fratelli \-Varner, è l'orecchio forse più raffinato di Hollywood1 e la sua collezione di suoni è forse la pii\ varia e la più ricca di sfumature. Lo schedario è divertentissimo e pieno di sorprese. Sotto la voce « Rumori rustici> troviamo fra l'altro: e Rumore del latte mentre è munto da una vacca>, un rumore la cui peculiarità confessiamo francamente di non aver mai sospettato. Oppure: e I1 maiale in attesa del pasto>. Sotto ogni cartellino un'annotazione specifica: « Ve. ,. oppure « Imitazione>. Sotto la voce « Suoni di New York> troviamo dei temi che potrebbero ispirare un Baude• !aire dei nostri giorni, ma troviamo anche un inaspettato « Uomo che russa> con un'annotazione: « Questo rumore è stato preso in un albergo di New York >, il che non spiega nulla, perché bi.sognerebbe dimostrare che negli alberghi di :,.;'cviY,' ork ,gli uomini russano diversamente che in quelli di altre città. Ma il signor Feldman ha un orecchio raffinato, e i raffinati sono spesso dei pedanti Sotto la voce e Fischi > troviamo e l.;omo che fischia al cane > e « Uomo che fischia alla ragazza>. Sotto la voce e Varie> si leggono le cose più incredibili: «-Uomo che cade per le scale>, e subito dopo: « Uomo che corre su per le scale - tre riprese - profondo sospiro all'ultima ripresa >; e Scopa che !i pazza la strada> ; «Spazzola che spazzola abiti di lana > e persino « Uomini rivestiti di armature che danzano>. Il rumore dei tuoni è stato sempre un problema per gli espeni di Hollywood, tanto più che la Camera di Commercio di Los Angeles da anni va dicendo che non ci sono temporali nella California meridionale. Ma alcune settimane fa una bella coppia di tuoni fu udita sulla città. I tecnici, sempre at. l'erta, scapparono sui tetti, rivolsero il microfono verso il cielp e altri sei stupendi tuoni andarono a finire sulla colonna sonora. Nel catalogo di Feldman essi sono orgogliosamente classificati nel modo seguente: « Tuoni su Hollywood ; ciascuno lungo sette me~ tri > (di colonna sonora). LA CORTE DEI MIRACOLI Ma eccovi alcuni fra i più caratteristici componenti della Corte dei Miracoli hollywoodiana. Phil Shore è l'uomo delle tempeste : con della bambagia, delle docce e dei ventilatori egli fa la pioggia, la neve e il vento in tutte le ore del giorno e in tutti i mesi dell'anno. George Cole è capo dell'ufficio di collocamento degli animali. Al suo ufficio si rivolgono i dire!tori per i più bei pappagalli o per i più eleganti pinguini del mondo. Per attenuare i riflessi troppo abbaglianti di alcuni oggetti Ted Johnson non teme rivali; con ciprie misteriosissime egli smorza il brillio dell'argento o dei metalli lucidi. Al contrario George Parks ha la specialità di ridare la luminosità alle superficie troppo opache: anch'egli ha le sue pomate e le sue vernici segrete. \Valter Hines non sa far altro che eliminare i rumori troppo stridenti e William Bu• tlcr non conosce che l'arte di far cigolare certi oggetti. Hines elimina i rumori delle porte, delle sedie e dei letti, Butler invece fa stridere le porte, le sedie ed i letti quando quel rumore è necessario per ottenere un effetto comico o drammatico. Cari Hernandez è specialista in disastri aviatori. Con quattro MSi di legno e un po' di dinamite, Hernandez crea delle catastrofi spaventose. Ma un mestiere che nemmeno a un disoccupato con la fantasia di Ludovico Ariosto sarebbe mai venuto in mente è quello di Clyde Cornell: egli vive confezionando ~hiuma di prima qualità per i bagni delle stelle. La sua schiuma è ia più lussuosa e la più fotogenica che e5ista e la più indi.spen.sabile: senza il velo pudico e allettevole della schiuma di Clyde Comell la censura non permetterebbe a Joan Crawford o a Carole Lombard di farsi fotografare nella va. sca da bagno. .A. D. J.LBOX DI :P.AlUOLU • L'ATTRICE ITJ.LUNA IVAN! OLAJ.R (Fot.. Om.albu) LA PB.OTAOOlUBTi. DEL NUOVO PILlC BOLLA VITA DI FRANQOIB VILLON (Puamoau) ( Nl!Ol'I FIL61 ) ~~~~a~1[! rfn A POCHI minuti lo spettacolo era L(JJ. cominciato, qu.,ndo per l:i s·cala si diffuse una parola misteriosa :« il trasparente ... >. Doveva essere stato qualche esperto del cinema, qualcuno di quei giovani con gli occhiali d'oro che parlano volentieri e senza batter ciglio di « padelloni>, « lucciole > e e super pan>. Sullo schermo, Vittorio Dc Sica, insieme ad un compagno dalla pronuncia volutamente napoletana, camminavano dolcemente come sulle onde coi lenti movimenti dei ciclisti in s;lita o dei gondolieri nelle strette calli di Venezia. Dietro, un paesaggio cittadino, çlove a volta a volta si poteva riconoscere il Maschio Angioino e il :Molo Beverello, s'allontanava come Uf'la leggera nebbia mossa dal vento. Era una visione che aveva del soprannaturale e i due attori facevano pensare a certe figure di apostoli pescatori che si muovono tra le nuvole nelle piccole chiese di campagna. Si comprende il senso di stupore degli spettatori e l'ansiosa curiosità che li colse quando qua e là per la sala i giovani esperti del cinema iniziarono piccole conferenze sul e trasparente ,. spiegando con ter• mini scientifici come questo procedimento servisse a far figurare i personaggi sopra uno sfondo preparato prima. Quando più tardi di nuovo De Sica e il suo compagno parvero camminare sulle acque, la curiosità s'era ormai spenta, ma non lo stupore per quel non so che di soprannaturale ch'era rimasto tuttavia nelle scene successive, dove ogni cosa aveva aspetto di sogno, e personaggi normali e anche troppo noti s'agitavano secondo leggi inspie• gabili e misteriose. Non è la prima volta che questo succede, nei nostri film; all'apparenza, le vicende si svol• gono come nel più comune dei mondi possibili e haqno anzi randatura or· dinaria degli avvenimenti quotidiani. ~a a badare agli sviluppi del raccon• to, alle relazioni dei personaggi, ci s'avvcde invece di vivere in un mondo irreale1 quale nemmeno nei cartoni animati ne abbiamo veduto di simili, e dove le cose stanno sempre al di qua o al di là del nostro modo di vivere. Parlano, quei personaggi, un linguaggio incomprensibile:, come immersi in un sogno ipnotico e le loro parole hanno accenti disumani, senz'alcuna connessione con le situazioni e gli at• teggiamenti. S'aspetterebbe, da un mo. mento all'altro, che si trasformassero in ragni, come Gregor Samsa nell'angosciosa. Metamorfosi di Kafka. S'immagina, insomma, a veder quei film, che vi sia una « seconda realtà > accanto alla nostra di tutti i giorni, di cui soltanto i registi di Cinecittà conoscono i segreti. Come giudicare il film Partire, secondo le nostre abitudini? R un effetto assai strano _per noi, che attori come Dc Sica, Maria Denis, Silvana Jachino, i quali poi non mancano di qualche qualità, si trovino a recitare in si• tuazioni così straordinarie. Eppure i loro volti, gli abiti 1 gli ambienti dove si muovono hanno quel solito aspetto delle oose che conosciamo bene. Ma le loro avventure sono dovute a un'immaginazione che sta a mezz'aria come un pallone frenato, e le loro azioni più semplici sembrano quelle di esseri favolosi, disossati, viventi in un limbo dove giunge soltanto l'eco del nostro mondo dimenticato. Quando di un romanzo o di una no- \·elia diciamo che i personaggi sono falsi e le situazioni « inverosimili >, in fondo il giudizio si volge solo alla fantasia dcll'autorc 1 e alla sua c,lpacità di precisare le immagini e dar loro una propria ragione. Ma nei riguardi del cinema, i personaggi sono già vivi dinanzi ai nostri occhi e la fantasia degli autori dovrebbe limitarsi a porli nelle condizioni più naturali ad esprimersi. Come mai 1 allora, da vivi diventano fantasmi, sullo schermo? E più che fantasmi diremmo « cose >1 prive d'ogni movimento e giustificazione? E qui non vogliamo certo dolerci della troppa fantasia, o di un'immaginazione che per voler essere coraggiosa s'allontana dalla necessità della verosimiglianza, ma di quell'altra fantasia, di quella povera, guasta, vanitosa fanta• sia, che sembra ispirarsi ai romanzi delle bancarelle, e alimenta i sogni e le illusioni di ooloro che inseguono avventure mondane isugli annunci economici dei quotidiani, MARIO P.ANNUNZIO

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