Omnibus - anno II - n.41 - 8 ottobre 1938

ffA1 SEMPRE un piacere per quel- ~1:J~ li che compilano biografie, po- ~ J•J.1: tersi giovare delle oscure ori- •! ~i, gini della .pe~sona di c~i ~~- vranno poi dire cose m1rab1li. li contrasto è sempre efficace e questa tentazione riesce vittoriosa anche quando non ha nessun significato, Perché ~e una morale può scaturire parlando di persona che lasciò una traccia nel pensiero, nell'arte o nella scienza, non sappiamo veramente quale valore possa avere !)essere di umile origine quando il risultato di una vita si sia basato mila più o meno felice costituzione della cas.sa respiratoria e delle corde vocali. Tutt'al più si potrà constatare che il popolo genera individui dalla laringe perfetta, liberi da vegetazioni adenoidee, da tonsille spugnose e da infiammabili faringi, retaggio evidentemente delle classi più agiate (e forse per questo gran parte dei celebri cantanti fu di umile origine), ma il fatto non ha l'importanza che si vorrebbe, e nella maggior parte dei casi è piuttosto un fatto di simpatia che conduce a insistere su certe inutili indagini. Delle sue origini popolane, lo stesso Caruso, come tanti altri suoi colleghi, si vantava sempre, come per dire: e Vedete a che punto sono arrivato? Vedete quanto guadagno? Eppure ... >. Gli adulatori, la stampa, gli applausi e il danaro, fanno di questi scheni a ben altri. Del resto la storia di un uomo di teatro è fatta generalmente da scioc• chezze di questo genere, a cui si affida insomma la sua celebrità, per una buo• na parte, creando un giro tanto vizioso quanto indispensabile alla carriera. La curiosità del pubblico non si appaga della sua arte, vuole pettegolezzi, vuole scandali, e bisogna fornirgliene tutti i giorni. E quando la fantasia si esaurisce, si parla delle umili origini, dell'amor filiale 1 della grnnde semplicità del cuore nonostante le immense ricchezze, e via discorrendo. Si accinse a scrivere luj stesso le sue memorie su di una rivista americana : lui, che aveva cominciato a girare il mondo quasi analfabeta, doveva in quel momento aver maggiore familiarità con la penna che non in quel giorno già lontano in cui, per la stampa milanese, aveva compilate faticosamente quelle quattro facciate di informazioni che incominciano: e: Naque ... >. Suo padre era povero, raccontava dunque nella rivista ·americana, e lavorava da meccanico (i biografi napo-. letani dicono invece che facesse il custode, ma per gli americani forse bisognava dire così) cd il futuro cantan• te alla dura fatica dell'officina paterna preferiva le gioie della vita all'aria aperta 1 sotto il bel cielo di Napoli, in vista del Vesuvio impennacchiato, e tuffarsi, con altri scugnizzi, nelle limpide acque di Santa Lucia 1 Gli americani non possono resiisterc a un quadro simile. Poi a dicci anni Enrico entrò nel coro della chiesa di Sant'Anna, formando b delizia dei fedeli, così almeno pensava, visto che nessuno dava mai segni di disapprovazione, e poi qualche cosa già guadagnava, il direttore del coro elogiava la sua voce di contralto, e cantare infine era la sua grande gioia. Ma il padre aveva altri gusti, ed ancora una volta gli impose di entrare come apprendista nella bottega di un meccanico, cosa alla quale Enrico non potè sottrarsi, per la buona pace, cd anche perché, dopo la e: muta »1 molte perplessità gli erano venute nei ri,l:!uardi della voce: er:-i.tenore? Era baritono? A diciannove ::1n11i si rivolse a un rnae'Stro, ma dopo una diecina di lezioni si accorse che quest'ultimo non era adatto a scioR"licre il grave dilemma, e lo abbandonò. Fu in questo momento, racconta sempre Caruso nelle sue memorie, che il padre, disperando oramai di fame un onesto operaio, lo mise fuori di ca.;;a, cd egli allora si mise a girare le 'Strade e i caffè con alcuni compagni, artisti girovaghi anch'essi 1 dando eone-erti ~otto le stelle. E poi la sua fortuna incominciò come nei romanzi, per quanto l'avvio fosse piuttosto faticoso. Il maestro Vergine, un ottimo napoletano anche lui 1 e fervido cultore del « bel canto•• lo sentì per cas'J sulla rotonda di uno stabilimento balneare, e intuita nel modesto e posteggiatore:, la ~toffa del g-randc artista, lo seguì un po' dappertutto sempre più oonvincen- <lolli,e concretando il progetto di fare del povero girovago un celebre cantante. « Ti insegnerò a leggere, a scrivere, ti insegnerò come si canta, e una volta ricco ti ricorderai di me ... ». Co- 'iÌ Enrico Caru'lO abbandonò la strada e la chitarra per lo studio del solfeggio e dei vocalizzi, _e dopo un breve periodo di studio il mae~tro _I~ ?iudi~ò abbastanza. preparato per tntz1are 1a carriera. Ma non fu cosa facile: dopo essere piaciuto a un imprc~ario teaOAR080 E LA CANTANTE EJUlY DE8TIKN trale cd essere stato accettato per «debuttare> in quella stessa stagione 1894-95 al Mercadante di Napoli, nella ,A,fig,ion, al momento di provare con l'orchestra e i compagni di scena, fu preso da amnesie, sudori freddi, stonò, steccò e dovette forzatamente ritirar$i. Tornò a studiare, poi, forse una anno dopo, eccolo finalmente sulla scena: è al piccolo· Teatro Nuovo, sempre a Napoli, e si rappresenta Uamico Francesco, opera di un certo maestro Morelli, che si svolse fra le risate generali e i fi-;chi; ma non per colpa di Caruso, il quale di questo debutto ebbe sempre vergogna, tanto che i festeggiamenti per i suç,i venticinque anni di palcoscenico non tennero affatto conto di quc~ta data. Dopo questo abbastanza infelice esordio, fu scritturato per una $tagione a Salerno, e lì finalmente, notato da vari impresari, ebbe dei contratti per la Sicilia, inaugurò il Ma.;;~imo di Palermo, e e: dcbut.tò > al teatro Lirico di Milano. Frnttanto la sua vita sentimentale si preannunciava agitatissima: quest'ugola d'oro era anche un bel ragazzo, rarchiato e con tendenza all'embonpoi,1t, capelli neri, occhi napoletani, mento con la fossetta, tutte cose tali da renderlo irresistibile. A Salerno si fidanzò con la figlia dell'impresario teatrale don Peppc Grassi, una graziosa fanciulla chiamata Giuseppina; avrebbero dovuto spo~rsi a stagione ultimata, ma, scoccato il tempo, lo spo~ era scomparso, fugg:ito romanticamente a Palermo insieme ad una delle « Ore > della famo(a danza della Gioconda, opera in cui aveva cantato. Giuseppina pianse, ma invano, e il padre deluso comprese che oramai Caruso non sarebbe mai più passato per le mani di piccoli impresari come lui. :\·la le recite di Palermo furono doppiamente fatali al giovine tenore, poiché fra i compagni di palcoscenico doveva questa volta scorgere la bellissima Ada Giacchetti-Botti, perdere gusto a un tratto per I'« Ora >, ed entrare con piede saldo nella più tragica passione della sua vita, in quella che doveva riserbargli i maggiori dolori. le più grandi agitazioni, veramente croce e delizia del suo cuore ~c-loso. Chi aveva scoperto il grande, cantante a,·cva dato prova di un sottilissimo orecchio, poiché in quel momento la voce di Caruso era qualcosa di infini• tamentc tenue e limitato, tanto che gli amici parlavano di un « soffio di vento attraverso i vetri>. Poi lo studio si incaricò di dare volume cd estensione a questo dolcissimo zeffiro che, al dire di quanti ebbero la ventura di ascoltarlo 1 trasportava in zone eteree dando sensazioni senza precedenti nella storia del' teatro. >fa ancora al principio i pareri erano in contrasto, cd era sempre la vecchia questione che risorgeva : tenore o baritono? Per fi. nire, fu « la voce di Caruso:, cd i commenti si accordarono nell'elogio senza riserva : certo si è che più di una volta gli capitò di sostituire, per esempio nei Pagliacci, il baritono improvvisamente indisposto, Poi, dopo il succes~ al Lirico di Milano, nel 1897, le porte di tutti i teatri del mondo si aprirono al giovane tenore napoletano: Scala, Opéra di Parigi1 Opera di Berlino, Metropolitan di New York, Col6n di Buenos Aires, con offerte sempre maggiori: mille, duemila, diecimila lire a sera. La sua voce era quotata nei mercati lirici come i grandi valori di Borsa, e un piccolo panico, il minitTlo indizio metteva in subbuglio tutti gli ambienti. I giornali annunciavano per esempio che un granello di polvere era andato a fissar'Si nell'ugola di Enrico Caruso, la notizia correva il mondo, e i più CC· lebri laringoiatri venivano intervi,tati. Un reporter americano si precipitava all'albergo dove il divo dimorava, a New York o a Atlantic City, e il giorno seguente si apprendeva che il grande tenore osservava una cura scvcrissim:i, non apriva bocca neppure con i camerieri, ai quali impartiva gli ordini servendosi di un taccuino e di una matita. Tutti seguivano con ansia le fasi della indisposizione e annotavano giorno per giorno i progressi della guarigione, dando un sospiro di sollievo quando si apprendeva finalmente che, per festeggiare la salute riacquist:ua, Caruso si era fatto il regalo di un magnifico (meraldo di ccnto.;;cssantacinquemila franchi ... La prima volta che aveva cantato a Parigi, era stato nel 1905 al teatro Sarah Bernharclt nella Fedora di Gior• dano, insieme ::dia bclli(.5ima Lina Cavalieri e a Titta Ruffo, e la serata è ricordata da Nicola Daspuro, amico e biografo di Caruso, nei termini seOAROSO A BORDO DI ON TRANSATLANTICO gucnti : e: ... l'avvenimento veramente culminante e fenomenale si ebbe durante la seconda parte del secondo at• to, e proprio dal momento in cui Caruso, trasformato negli impeti della voce e nell'aspetto furimo in un Icone ferito, attaccò la frase: "La fante mi svela l'immondo ritrovo ...". Per tutto il teatro corse un fremito irrefrenabile; la sua voce, prorompente in turbini di sdegno e di straziante angoscia, ave• va lampi canori così corruschi e formidabili da superare le folgori ... Quando poi venne il "t'amo!" finale, mentre i drappi dcli., scena stavano per chiudersi un urlo formidabile esplose da tutti i lati ... E allora si vide un altro spettacolo affatto nuovo nei fasti teatrali parigini: fra gli applausi, le chiamate e le ovazioni, le reiterate richieste di bis divennero talmente unani• mi, in-;istcnti e tuonanti, da costrjngere per fora il bravo maestro Campanini a scendere dal palcoscenico sul podio ed a riprendere da capo tutto il duetto finale. E tutto questo - si pensi! - a Parigi, dove i bis sono severamente proibiti! >. Per parlare di Caruso non si usava altro linguaggio. Un redattore del Figaro aveva $Critto, quando ne-I 1908 egli cantò all'Opéra il Rigoletto insieme alla ~-[ciba (rimasta celebre per la pèche A,[ elba con che si chiude ogni pranzo veramente chic): « Volete sapere come l'impresa ricompensa il !>ignor Caruso? Ecco qua: La donna ; mobilt> (fr. 20) qual piuma al vento (fr. 20) e così di seguito, cioè in ragione di cinque franchi per parola. Vi pare giusto?>. Doveva essere giusto1 poiché accadeva. Del resto egli ripagava ad usura le imprese, perché i teatri erano sempre riboccanti di pubblico, per alti che fos~c-ro i prezzi affis1;iper la serata. E pagava anche di più, il pubblico, dato che il bagarini~mo in quel periodo speculava nella maniera più inverosimile. Già al teatro Sarah Bcrnhardt uno strapuntino nel 1905 era stato venduto cento franchi, e il preno cli palchi e poltrone, sempre per opera degli speculatori, era più che quadruplicato, ma all'Opera di Berlino la polizja dovette occupar~enc. Questo avvenne nel 191o; ricorreva il compleanno dell'imperatore Guglielmo II, e questi aveva voluto Cart1(() nella sua residenza di Pot.;;dam, gli aveva tributato accoglienze principesche e conferito il titolo di e: regio cantore alla Corte di Pru~ia », in conscgucnza di che, ma anche per la fama che onnai lo precedeva dovunque, i prezzi del teatro salirono ad altez7C iperboliche. I bagarini si disposero di notte all'assalto dei biglietti, ma la polizia li disperse. I capi si riunirono in una birreria cd attesero la mattinai e da questo quartiere generale mandarono ai primi albori i loro uornini a rinnovare l'assedio agli sportelli. Quelli che poterono occupare i primi posti furono incaricati dai colleghi lontani di fare gli acquisti anche per conto lorv, ma non essendo essi in pmscsso del danaro necessario, si mandò per il rifornimento al quartiere generale. A\'uto il danaro, i bagarini ritardatari tentarono di farlo passare ai primi occupanti, ma la polizia non pcrmi,c il trapasso. Allora il danaro fu nascosto in panini imbottiti 1 ed ancora una volta la polizia inter'"cnne, wentrò i panini, e li tra~misc co,ì ai de- ,;tinatari. ).1a gli speculatori non si arrcc:ero, escogitarono altri stratagemmi e finirono per vincerla. facendo salire poi i biglietti incettati ad altrzze da comiderare ac:q1rdc 1 se non si fo,.se trattato di andare a sentire Caruso, Qu:mdo poi andò in America, questi ragg-iunsc il ma,'Simo della ricchczz..1.e della celcbritii.. Erano passati quindici anni dal suo mc.schino debutto al Z\"uovo di Napoli, b prima scrittura dopo quel dl'butto gli aveva fruttato qualche coc:a come ottanta lire per quindici recite, quella al Lirico di ).,filano cinquecento lire al mese, ma nrl 1910 avc\'a guadagnato la cifra di otto milioni e il :\lctropolitan lo pagava 12.000 lire per rappresentazione. ).1a, come diceva Gatti-Cac:ana, il celebre impresario del teatro d·opera di :'\1"ewYork : « Caru'-0, per quanto (Ì paghi caro. è sempre l'artista che meno costa alle imprese! >. Del resto i suoi guadagni non provenivano soltanto dal teatro: un milionario della ! ,fth Avcnue che lo invitasse a cantare nella sua dimora gli faceva poi recapitare un assegno di non meno di tremila dollari per il suo di~turbo. E il tenore, carico di anelli, di ciondoli, di catcnc 1 di spille da cravatta che lasciavano a bocca aperta i MIOi amici napoletani ogniqualvolta egli tornava nella sua città natalc 1 padrone di ville e di automobili, ~i concedeva il lu(SOdi rifiutare le offerte an- .,io(e dei miliardari, se così voleva il ,uo capriccio. Anche Picqxmt ).~org~n, che gli aveva offerto trentamila !tre per ,·i::nire a una -sua.seratfl ~ cantare un paio di romanze, ~1 senti rispondere che era impossibile, perché quella sera -.,tessaaveva degli O\piti per conto suo. Era intelligente, vivo e brillante, ma la sua natura semplice e ingenua nel fondo lo rendeva spcs~o vittima degli -.,pcculatori e degli adula tor.i.. Molti g!i ..cri,-cvar.o per a,er wccor(z m danan1 immaginari amici d'infanzia ricorreva. no a lui ed egli non era mai ~rdo alle loro richieste. In America ebbe a subire noie già nel 1904, quando fu condannato dal tribunale di New York a pagare cinquanta dollari per aver preso, oom'~gli spiegava 1 un inn?ccnte « passaggio > su una certa signora Craham in una res~a al Palau.o delle Scimmie. Poi ebbe ancora un processo intentatogli da una nota cantante sempre per questioni di lesa femminilità, e un altro non meno clamoroso che una oommcs~a di un negozio di cravatte provocò per mancata prome~sa di matrimonio. La ricchezza e gli ambienti in cui si muoveva lo avevano as,ai raffinato in apparenza; isi di'"ertiva a fare caricature a~-saigustose. e dall'analfabetismo era arrivato a ,.apcr scrivere quasi correttamente una lettera 1 a parlare discretamente l'italiano, il francc)C e l'amc-ricano. Parvenu in ogni sua manifrstazionc, .;ccndeva -oltanto negli alberghi di lusso, vestiva in maniera vi\toisa e voleva che, la sua amica prima, la moglie in ~eguito1 fossero sempre assai appariscenti. Aveva una grande pa((ione per gli oggetti di ,,aJorc, non sempre per gusto di arte, ma per il bisogno di comperare, di spendere, e c1ue..to inooraggiava naturalmente i mercanti che facevano a gara con mille tentazioni e proposte di e: affari >. I gioiellieri di tutto il mondo sapevano che vole,a formar-si un anello coi brillanti di tutti i colori: a furia di pazienza, di ricerche e specialmente di danaro, Caruso aveva messo insieme un enorme anello dove c'era il brillante nero, il rosso, l'azzurro; manca,·,"\ il \'iola, ma anche questo fv fi. nalmente trovato. In ca(a portav.i. rie• chi:<.!Jiror,·-cstaglic con p::mtofole assortite e il suo piacere era quello di farne omaggio alle signore sue conoscenti. Dopo venticinque anni di carriera, era venti volte milionario. Intanto la sua vita amorosa aveva avuto ìl suo punto tragico1 oon l'abbandono da parte di Ada Giacchctti 1 che gli aveva pur dato due figli i parve non doversene mai consolare, ma dopo qualche tempo si calmò per innamorarsi follemente di Dorothy Bll'klcnk. ragazza di , entiquattro anni appartenente alla buona borghesia nuovaiorçhe~<'. <' la (posò. Poteva pennetter~i il lus(O di mettere assieme una famiglia, ora che la sua paga era stata portata a venticinquemila lire per recita. Egli si era onnai completamente americanizzato, si era taisliati i bei baffi neri, vestiva come un bookmaker e non era più geloso come qu:1ndo aveva amato un'italiana, ebbe una bambina, e naturalmente la chi<1mòGloria, Doveva essere molto felice, es.scodo oramai il più ricco, il più celebre, il più amato di tutti i tenori della terra 1 ma troppo spesso ave,·a udito risuonare alle sue orecchie l'am~ro « Ridi1 pagliaccio» per dimenticare che l'essere perfetto nasconde il ~inghiozzo sotto l'eterna ri(ata ... Jn un'altra sua lettera, forse ancora al Lu~ardi, confessava le sue amarezze: « r miri successi? O piuttosto la mia infelicità? Che co.;;ac:ono infatti io? Un tenore noto, una marca di fabbrica da sfruttare. :Xon ho nemmeno il diritto di prendere un raff reddorc come un qualunque ragazzo che pa.s5;a per la strada. Sono una macchina pc-r far danaro e questo mi accora ,·ivamentc >. X('lla realtà, anche giunto al sommo della celebrità. gli era rimasta quella prCClccupazione che nel punto culminante dello spettacolo i suoi mezzi lo tradissero: era ancora l'impressione di quel suo sfortunati~~imo debutto, quando :11 momento della prova orchestrale era stato preso dal panico, e anche di quando al principio della carriera stecca, a regolarmente alla nota acuta del e: Te ri\'cdcr mio ben > nella e romanza del fi0rc > nella Carmen. Aveva perciò rinun('iato alle grandi scorpacciate che da gio,·ane si permetteva prima della rappres.cntazionc, mangiava acciughe, e lii g-,1rgarinava frequentemente durante Ll rappresentazione, fra un atto e l'altro e ogniqualvolta rientr~wa fra le quint(', Anzi, a un certo momento riuscì ;mchc a gargarizzarsi sulla !>Cena senza che nessuno se ne accorge'5C, quando la sua parte g-li concc.·dcva una patha. Del grande C,iru,o, morto a Napoli nel 1921. non rimane più nulla. Fu di moda, mentre ancora viveva, che ~li uomini porta~sero e: il ciuffo alla Carmo •· CO(Ì come ~i erano portati i capelli alla Capoul. altm tenore celebre nell' '800. Si volle tentare di farlo ~opravvi,·eie imbahamando il cadavere e tenendolo esposto in una bara di vetro nel Cimitero del Pianto, a Napoli, ma il tempo reclamò i suoi diritti, e dopo qualche anno la ~alma non fu più vi'Sibile. ~lcntre Caruso viveva ancora. l'arte del di"co non era, ahimè, abba~tanza. prngr('dita per fermare la sua voce in maniera imperitura. sicché di e!l-.,anon rimane quasi niente e va sempre più affievolendosi: « Un soffio di vento attrav('r(O i vetri ... >. E que.;;ta è la morte dei tenori. L'ADDETTO ALLE SCHEDE

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