Tantl' le memorie chc rigu11rdanomomi.:nti dt'lla vira dl :;\lur.at, lasciate da coloro che gli furono compagni: ll' .\lnnorit del ((cneralc Frnncc:,,chctti (Pari(Ci, 1826) e il diario d'uno d~1 quattro ufficia.li che _cbbcro la consc(Cna d, :.onc~liarc 1\ rt: prigioniero, u,stano anche o..::f,!fira .,:li scrit\i più importanti. Qul'- ~1'uhimo documento, scoperto e pubblicato dal scnatort• Vm,tino Fortunato nella S11ow, ,l,,rologia (11)25) l'hbl' ~•andc risonanza fra .L:h studio"i di co~c napolconichc. Altro fonte importante per la conoscenza delle ultime ore dd re cm fim.>taun manoscritto pul)hli- • calo da CiRcinto Romano in soli cinquanta esL•mplan. (Per le "o::=r Pig11atnri-Talamo, 11 a\ ia, 1889). Questa nll·moria, che documenta\ a la mortt" cristiana di Gioacchino, fu attribuita forse troppo frettolosamente dal Roma.no al confcs:\orc stesso del condannato, canonico 1\'lasdl'a. Anche il documento che <1ui,cguc, consci \atn nd R. :;\lu~eodi$. '.\lar11110di Napoli. p, ima d'ora m3i pubhlica10, ~ ('01\formealla relazione ;\bsdc3, ma ne diffc. ri-.cc per alcuni pnrticoL'lri e notizie. Che il docume~to rmvcnuto cmqurtnl'anni fa sia npocrifo, lo d1mo,1 ano ~li e1ro1i vcramenle non imputabili al '.\lasdca. Poiché tali ine- -.:.ttezze non 10,nano nel manosc.ittO del San ;\brt1no, che noi ora pubblichiamo, si può pcn-1.aa·che c~"Oc,ntcn~a In venione esatta ddl:l morte di :'\lurnt. B EL GTORNO otto del mese • di ottobre dell'anno 1815, domenica, dedicata alla :\la- -- .,: ~ ternità di ;\1aria Santissima, essendo il mare tr:mquillo \'d il cido sereno, allo spuntare del sole 'li videro dall'alto della città di Pizzo nel mare, alla distanza d1 quindici miglia circa dal lido. due barche, una più grande dcttn con termine nautico bove • e l'altra men ~rande che la seguiva colla direzz1one alla marina di Pizzo. In fotti alle· ore quindici d'Italia approdarono a tcrrn e, senza attendere alle h:Rg1 i.aniturie con cercare il permesso di chsbarco dalla Deputazione, colla velocità del fulmine sbalzarono quattro uffiziali mihtari e ventisei soldati, quasi tutti armati di sciabole, cherubine, baionette e pistole, ad eccezione di uno che port,wa spada ben S(uarnita e pistola. Questi, facendo da capo. e senza prendere un momento di riposo, con passo veloce e seS(uito da tutti s'incamminò per la città insinuando a chi l'incontrava a dir• viva Giacchino re delle due Sicilie•. ;\li conoscete?• diceva ad altri.• Io sono Giacchi no, vostro padre•. Arrivati nella ,'-?ranpiazza piena di popolo, concorso da molti paesi convicini per comprare e vendere perché l(IOrno di mercato, si fermarono nel mezzo, e tutti colle chcmbine postate, e sempre seguendo 11 di loro capo e questi facendo carezze a chiunque, li persuadc"a a dire \'i\'a Giacchino ::\Iurat. vi\'a il re Ciacchino •. e :'\-li conoscete?• continuava a dire: 1o sono il vostro re, il vostro padre, Ciac.chino•. A tale impensata novità, senza che un solo avesse risposto, volt:.rono tutti dispettosi le spalle e, non ostante che il numero delle persone cornspondcva a circa duemila, si rinserrarono nelle proprie case li paesani; e, rifatte le some sulli p:iument1, 11 forastien partirono per i rispeltivi di loro paesi. Rimasero solo vicino la Porta della .ì\larina li legg1onarj, che si stavano esercitando negli esercizi nuluari. A questi accorie il generale ::\Iurat e postosi a fronte di essi disse così: Voi siete miei soldati, ubbiditemi. Andate ~u dall'alto di quella torre, le\'ate quella bandiera, che sta ventolando ,., ed avendo consei:.tnato ad uno di essi un'altra bandiera di tre colori. che raccolta portava sotto un soldato della di lui comj11va: ::\!ettete questa che \·i dona il vostro Re Giacchmo; e voi•, disse ad un .1ltro leS{gionario, tro\'atcmi pronto un c:n·al1o •. A tale comando anche li leggionarj :.<:nza rispondere voltarono le spalle e ritornati m città chiusero le porte e andarom, a darne parte al capitano dclii gian• darmi D. Gregorio Trentacap1lli, comandante nella provincia di Cosenza, che a caso trovavasi al Pizzo. .-\ tale vedetta accortosi l'esposto ge• neralc ::\Iurat. pensò cosa avrebbe do- \·uto seg-uire per simile inaspettato ammutinamento e seguito dal generale Francesch1, dal capitano Pasquale Pernice e da tutta la compa,'-?nia dclii suoi còrsi, s'inc.imminò a passo veloce per la strada che conduce m ::\-1onteleone, da lui ben conosciuta, colla scorta del leg~ionario Francesco Alemanni del Pizzo, di lui soldato, che fu nella guerra di Lipsia e d1 Danzica, e tutti a piedi. ,\\·utane tale notizia, uscì in piazza il capitano TrentacapilJi ed animò la popolazione per inseguirli alla meglio. Dh·isa la gente (sconsigliatamente accorsa per la mri~~ior parte inerme) in tre colonne, ne diresse una per lo stretto d1 S. Antonio, la seconda per quello di S. Pancrazio e la 1erza, d1 cui egli si fece capo, per la ,1rada dclii :\Iorti battuta poc'anzi dal ~ucrricre :\lurat. Fu tanta la ve1ocità degli ap:gressori arrnati di ba~toni, con pochi fucili e molti mcrm1, che la terza compagma li rag~iun1c al passo tra la chiesa della Pietà e 11 lorrcnte detto della Perrera. Allora il capitano Trcntacapill1 intimò la resa al generale ::\lurat il quale, av\'edutosi che dall'alto scendeva l'altra compagnia d1 pae- ~ani, per non essere posto nel mezzo con tutti h suoi. lasciata la strada sbalzò nell'oliveto della Perrcra, anche perché dall:t ter:-:a compagnia, contemporaneamente Kllmta, impedito di poter più spontare per ::\1onreleone. Rispose ::\lurat, tenendo in m 1110 una pistola postata, imponendo con la minaccia d1 ucciderlo all'anzidetto capitano, che non si accosti per darli d1 mano: ed intanto tutti I d1 lui còrsi si posero ~u!Je armi. In questo breve intervallo cercò persuaderlo a farsi dalla parte sua promettendoli e dcn:m ed onori. :\la termmò suImo l'armistizio perché, montando la parte superiore e temendo di restare stretto, \Iurat si pose a fuggire per la direzione della marina, non pili per la strada, ma per dentro l'olne suddette del luoqo detto Perrera, avendo passato da quello del ,;i'(nor S,11nano a quello del signor Ocòa: e siccome il capitano Trentacapilli ordinò a' ,uo1 di fare foco sopra le spalle IL RE DI NAPOLI GIOACCHINO !dORAT E MARIA ANNUNCIATA CAROLINA BONAPARTE SUA MOGLIE MEMORIEINEDITE DI UN CONTEMPORANEO dclii fuggiti\'i còrsi, cosi questi dispcui s'imboscarono nelle siepi e sentieri che se li pararono d1 a\·anu. Il solo generale ::\Iurat, coll'altro Franccschi e Capitano Pernice, contmuandone,intrepidi la fu8a e poco curandone le palle, cercavano sempre la d1rezz1one di Ylonteleone, la quale fu loro impedita dal torrente \'all1sdea che se li parò di avanti e l'impedì il dise~no; per cui non avendo po1uto tornare più indietro, perché mgrossava sempre più il numero delli persecutori, \'Oltò la direzzione al mare, sempre dirupandosi per balze e sentieri per essere cascato più volte tramazzonc per terra accompagnato da continui uri d1 palle alle spalle. Arrn-ò finalmente :.I fort1no d1 detto torrente Vallisdea. di suo ordine fabbricato, e seguito solo dalli due offiziali, abbandonato da tutti !'altri còrsi. e non avendo tro,·ato alla spiaggia le due sue barche, perché il comandante Barbarà accortosi dell'accaduto, poiché tutto po- • te\'a osscn·are, come distintamente osservò, dal posto ove crasi ancorato; e temendo del cannone dclii due forti che lo sovrastavano a giusto tiro di colarlo a fondo, e forse pure perché tenne per perduto il suo exrè, la di cui cassa militare e gioje teneva a bordo (come disse poi ::\lurat appena preso) diede le vele al \'ento, e fecesi m alto mare; diede ::\lurat di mano ad una picciola barchetta abbandonata alle arene da' pesca1ori in quel punto fu~8iti per timore di quanto aveano osservato; e cosi cercava salvarsi nel mare il generale :\lurat con Franceschi e Pernice, suoi capitani. Era però questa barchetta picciola m modo che il peso dclii fugitivi, e l'abbandono alle .:irene sofferto, la resero 1mmob1le, onde li nuovi piloti con tuua la forza dclii remi non poterono menarla alle acque per darli moto nel mare onde rag~nfngere l'ammiraglio Barbarà col suo bove • e compa8na, che veleggiava assai lun'{i dal cannone dclii forti della cmà e marina di Pizzo. In tale stato d'inattività a potere continuare la fuga per mare fu obbligato l'infelice generale :\Iurat e compagni a so• stenere una grandme di palle che dall'op· posto fortino Val11sdca li piomba,•ano 11· rate senza regola da inesperta ciurma di 8Cnte d'ogni ceto; e dalla quale si vidde cadere a' piedi, già morto, il capitano Pernice còrso, ferito da una palla alla fronte. Allora fu che voltata m un momento la ruota, con evidente cognizione che Deus est, et no11lo11gtdistat a ,iobis, ac proi,ide ,,mtnd1Js ntc facitndwn quod lubtt ... etc., perché ttiam est sabanth, idesl exerciwum e che per ipsum Reges rtgnant e lo con• fessano finalmente in questo caso l'osti• nati non credenti! Allora l'infelice exrè G1acchano :\Iurat, cognato dell'ex1mpe• ratorc dclii Francesi e re d'Italia ~apohone Buonaparte, co~nato dcll'exrè d1 Spagna e dell'Indie ed imperatore del ::\Je:,sico Giuseppe Buonaparte, cognato dell'exrè Lu1g~1 Buonaparte, ecc. ecc., dopo di a\'ere sostenuto e superato tante guerre, vinta la Francia, che rese vassalla al di lui co"nato, superò la Spagna e pose la cornna sulla resta del d, hu cognato Giuseppe Duonaparte, acquistò il granducato di Bcrgh e Clhcs, che ritenne per sé; dopo di aver assoggettato e comandato le acque dolci e salate di Danzica con tutte le fortezze, assogf:ettata la Polonia, la Prussìa, la Sassonia, l'Alemagna, e perfino lo Eguto, il Cairo, Alessandria; non avendola risparmiata alla Russia sino a :\losca; e finalmente lasciato tutto 11 forte della grande armata francese di un milione di uomini con alla testa il grande generale Buonaparte rotolare nel fiume di Lipsia ed ingrassare col sangue francese la Sassonia, lui solo vittorioso di tante straggi e poco curando tanto furore militare, s1 vidde comandare tutta l'Italia alla testa degli eserciti austriaci e di tutte le potenze alleate, che lo riconobbero per re d1 :--:apoli e sostegno contro del di lui cognato; per la di cui bran1ra restò disfatto il grn,nde Impero di Xapolione, già fatto prigioniero dagli In~lesi perché abbandonato dal di lui cognato Giacchino ::\lurat da lui proscritto e da questi per giuste cause abbandonato ... In questo mfelice termine di unte glorie, perché cosi decretò il sommo Padrone Croatore Dio, Dispositore del tutto, fu costretto C1acchino ::\lurat chinare quella fronte a' di cui piedi anche li ::\lamrr.alucchi si prostrarono, e postosi pancia a terra all'arrembart".cnto che fece la tumultuante plebbc sulla barciletta, cercare per carità la vita ad un Padrone (P. C.) a cui pose nel dito un brillante che si cavò dal suo; né sdegnò inginocchiarsi a' piedi di un vile molinaro (F. C.), cercando per pietà la vita, che pure pa8Ò coll'oro che tenca nella borza sua reale. E poiché mai fortuna è per poco, come al bene così al male, come all'ingrandimento così :.Ila depressione, ecco Ciacchino ::\lurat alle ore diciotto d'Italia in mano di un branco di furiosi aggressori quasi tutti della plebbe. Consideri chi legge quali dileggi non soffri: fischi, in8Ìurie, sputi in faccia, strappamento di capelli e della metà mustaccio, calci di fucili, schiaffi finanche da donr,icciole, e ridotto in modo, che la pietà di gente pulita (F. :\I.) accorse a ricoprirlo con nuove vesti, perché lasciato lacero, cencioso cd in parte ignudo. :-.:on furono perdonati diciotto 8rossi brillanti di gran valore, di spettanza del tesoro di Spagna, che tenea al cappello, strappatili da un ferraro (F. S.) che poi restarono al capitano Trentacapilli. In questa conformità menato nel Castello fu chiuso in uno ristretto ed oscuro carcere, dove li venne ne8ato un bicchiere d1 acqua e una sedia da chi lo custodiva (C. I.). Volò la fama di tale memorando accaduto al Pizzo che principiò circa le ora 16 e finì ira le 18 del giorno otto ottobre 1815. Da Tropea venne circa le due della notte 1I generale D. Vito Nunziante, comandante la seconda Divisione delle Calabne, ed incaricato 1n esse dell'alta Polizia, che andò ad abitare nel Castello medesimo dove ritrovavasi prigioniere l'infelice :\furat, ,!he subao lo fece passare in una stanza decente e trattato da prigioniere di guerra e con quelli onon dovuti al mento e qualità del sogeuo. Intanto furono raccolu tutti li còrsi sbandati al numero di ventinove colli due offiziali, e ristretti come prigionieri di guerra n('llo ~tesso Ca,ncllo (eccetto 1I fu capitano Pernice rimasto morto nella marina). :"1el giorno nove suddetto mese di ottobre si \'idc la città presidiata di corrispondente truppe d1 linea di fanteria e cavalleria: il Castello con quattro pezzi di cannone di campagna e soprabondante munizione: e per ogni capostrada della città duplicate sentinelle. Si affrettarono sul momento li telegrafi a darne l'av\·iso alla capitale, né mancò il signor generale Kum:iantc e l'Intendente della Provincia spedire per 08ni ~iorno delle replicate siaffette secondo l'occorrente. con darne distinte notizie alla Corte cd alle provincie tutte: martedì seguente, dicci ottobre, venne da ::\lessina una flottiglia inglese per fomficare la ::\lanna, che si trattenne sino al 8iorno tredici, dopo eseguito la sentenza di morte contro il generale ).Jurat, alle ore 23 1 quando diede le vele al vento. In questo stato di legale prigionia di guerra e di nobili trattamenti fatti dal S18nor generale :--=unziante, godea lo disgraziato ~lurat una consolante e libera compagma di uno dclii due suoi officiali còrsi con decente servizio e com.modi, e anche, per quanto le circostanze permettevano al vincitore, alla reale; non facendoli mancare puranche la conversazione sino a notte avanzata di 08ni sera, coll'intervento di uffiziali militari di ogni grado e.. gente pulita: tanto vero che nella sera di giovedì I i. ouobre domandò ridendo se si sapesse indo\·inarc quali disposizioni sarebbero per dare di lui li • Reali Potenti Alleati•. Dopo di ché andò a letto per dormire saporitamente sulla falsa credenza d1 andare m Vienna. Intanto, alle ore sei della stessa notte, giunse, proveniente da Napoli, reale staffetta al prclodato signor generale Nunziante, seguita d'altra che arrivò alle ore dodici della mattina di venerdì giorno seguente I J ottobre, con reali decreti firmati dal si8nor O. Luiggi de' :\ledici, segretario di Stato e ministro interino dell'Alta Polizia, colli quali manifesta\'a che alle ore nove del giorno 10 ottobre, per notizie telegrafate, s, ebbe notizia in :-.:apoli trovarsi al Pizzo arrestato Giac~ chino ì\turat con circa altri quindici o \'Cnti compagni di armi; che alle ore 9 1 ~· di ordine del Re, si adunò il Consi81io di Stato per tale causa; che alle ore 9 t ~ fu decretato spedirsi prima e seconda staffetta dopo due ore, onde sul momento dell'arrivo al Pizzo il signor 8Cnerale D. Vito :--.:unziante avesse nel Castello medcsnno riunito un Consiglio di Guerra, o sia Commissione ~Vlllitarc, per giudicare Ciacchino :'\lurat; e che dalla pubblicazione alla esecuzione del decreto e sua sentenza si frapOn8a solo un quarto di ora per li atti di religione; e trovandosi tra la d1 lui comitiva soldati o uffiziali napolitam o siciliani dovessero essere giudicati nella stessa forma ed eseguita ugualmente la sentenza sotto la responsabilità di esso incaricato a cui si diedero ordmi pressanti di affrettarsi a darne l'avviso dell'esecuzione nel momento stesso col telegrafo, col ritorno delle due staffette, con barca o con qualunque altra maniera possibile. Tanto contiene l'ordine Reale, letto da chi scrive in una con tutte le carte all'oggetto come si sono additate fin qui (1). Sul ricevere tale ordine il signor generale Nunzi:.nte dispose la Commissione mtlitare composta dal signor Giuseppe Fasulo. cavaliere del Reale ordine delle due Sicilie fatto dal 8eneralc ::\lurat; barone signor Giuseppe Scarfaro, cavaliere delle due Sicilie e confidente benemerito di ì\lurat; signor Letterio ;\"apoli, commendatore del Real Ordine d1 S. Ferdinando; si8nOr :\latteo Cannilli; signor Francesco Paolo :\ fartellari; signor 7'latteo dc Vuogé; giudice signor Francesco Frojo; relatore signor Giov3nni Lacammera, Regio Procuratore generale presso la Corte Criminale di Calabria Ultra. fatta da :\lurat; ed il signor Franco Paparossi, segretario. Li quali, riuniti tutti nel Castello di Pizzo. dalle ore 12 della mattina di venerdì 13 ottobre, cominciarono il costituto ed interrogatorj al giudicando Giacchino ::\Jurat, e firmarono contro di lui il decreto di morte alle ore 22 1 , di detto giorno, che fu esegutto alle ore 23 dello stesso giorno nel medesimo Castello con otto scariche dì fucile al petto intrepido del generoso guerriere ::\lurat. La sentenza di morte fu letta ed intimata al prigioniere Giacchino :\lurat nella stessa ora, ma non li fu manifestato il mocnento né il luogo della esecuzione, per cui e~li si pose immediatamente a scrivere alla di lui moglie per darne l'a\·- viso, con le ultime espressioni di amore verso di lei e dclii figli, Ecco la lettera scritta di propria mano di Giacchino ì\,Jurat come seiue: e ::\lia cara Carolina, L'ora fatale è seguita con non poche lacrime. lo cesso di \'ivere in qualche supplicio. Tu non avrai pii.1 sposo •d i miei ragazzi non avranno più padre. Sovvenitevi di me. Non bandite la mia memOna. lo moro innocente. La mia \'ita m1 è stata tolta per un giudizio ingiusto, Addio mio caro Achille. Addio mia Letizia. Addio mio Luciano .. -\ddio m1a Lovisia. ::\lostratevi sempre degni di mc. lo vi lascio sopra di una terra e regno in mcz.zo di numerosi nemici. Siate sempre uniti. i\1ostratevi superiori all'atrocità. Siate ritenuti, prestatori più che voi siete stati. lddio vi benedirà. Xon maledite 8iamma1 la mia memoria e sovvcmtevi il gran dolore che io provo al mio momento, che è quello di morire lontano da' miei figli, lontano dalla mia Amic:t e di non avere alcuno amico per chiudermi le palpebre. Addio mia cara Carolina. Addio miei figli. Rice\•ete la mia paterna benedizione, le mie tenere lacrime, ·1imiei ultimi abbracci. Addio, addio, voi non dimen1ichcretc mai il vostro disgraziato padre. Giacchino •Al Pizzo, li 13 ottobre 1815 •. 11 signor generale Nunziante uomo assai religioso e pietoso, nell'avere umto la Commissione i\lilitare ordinatali, non potendo ajutarc e salvare la vita temporale di Ciacchino :\lurat, penzò alla di lui eternn salute: e perciò, non credendo così lun~o il giudizio, invitò dalle ore 14 della mattma nt:I Cas1ello il signor Canonico decano D. Tommasantonio ::\fasdea, h.10- ~01enente e vicario del VcsCO\'O d1 :\lilC'tO, il quale dimorò sino alle ore 22 12 della sera chiuso in una star.za di orazione 'quando, chiamato dal cap11ano incaricato della esecuzionc, entrato nella camera di .\lurat, lo ritrovò nell'atto, che firma\'a la :.nrecedcnte lettera. Egli si alzò da sedere, e benignamente lo rice\'è e stiede ad ascoltarlo. li sacerdote li domandò se lo avesse conosciuto 111 occasione che due anni addietro avendoli cercato qualche soccor~o per la chiesa di Pizzo prontamente li diede <locati duemila. fl generale ::\-Iurat sovvenuto rispose di sì. Allora il ::\1mistro ai Gesù Cristo, preso di animo e fidato nell'infinita :\lisericordia di Dio e nel Sangue preziosissimo del Redentore: e Altra Grazia•. rispose, • SO· no venuto adesso a domandarvi, di maggior valore•. Ed è81i replicò subito: :\In quale grazia posso fare io in questo stato?•. Ah, Si~nore •, ripigliò il Sacerdote, e do- ,,cte confessarvi!•. L'accorto principe, temendo di confessione s:iudiziaria, dispettoso voltò le spalle e con risentimento disse: • :'.';'o, non ho che confessare, perché non ho mancanze avanu Dio•. :'\'on si smarri il :'\linistro di Cesl1 Cnsto, ma \·ieppiù mcoragito da Colui che infirmo m1111di ~li"git, ut forlia conf1111dar seguendo li replicò: • Signore, io non vi parlo di confessione giudiziaria, ma di confessione sacramentale, pe1 riconcili:uvi con Dio. alla di cui presenza dovete comparire fra il termine di un quarto di ora•· Ah, sì. .. • replicò allora '.\1urat, • sono pronto. ::\Ia come faremo in così breve tempo?•. Sono ìo qui per voi, non temete•. A.ndava per inginocchiarsi il penitente, ma il Padre li diede la sedia che sola era in quella stanza. Si scdè. cominciò a dire: ma subito si rialzò in piedi, per \'Cnerazione al ::\linistro di Dio. Oh, chi sì fusse tro,·ato presente per vedere le lacrime, sentire la prontezza alle domande del Sacerdote, la contrizione, le promesse d1 mai più peccare, l'umiltà nel soddisfare la penitenza ... !. E qui b1so~n::\ interrompere per poco, a rossore dclii non credenti che tutto attribuiscono al Caso. Se la Pro\'ideo.za non a\'eSSCristretto Giacchino ;\1urat, che voleva salvato. come si spera, nell'anima, mortificato nel corpo, come si c;pera sah-o nell'anima nt-lla sua confessione ed agonia ad un solo quarto di ora, come quello del buon latrone sulla croce, quali sforzi non avrebbe fatto l'Inferno per ricordarli dove moriv~. quali affronti ricevè al Pizzo. quali \'endette avrebbe potuto farei Ed intanto mente di° questo si rammenta, e bada solo al pentimento, alla rasse8nazione del Divino volere, da cui confessa avere ricevuto la sentenza! E finalmente, considerare de\·ono li riflessivi che dopo di averlo Dio salvato dalla morte in tante campagne ed in tanti mari e fiumi, raccolse le di lui ceneri in quella Chiesa, che forse sola da lui fu beneficata, cd 111 quella li diede l'ultimi Sa8ramenti ed ajuti spirituali per salvarli forse anche l'anima, come s1 spera ... Terminata la sacramentale confessione, e ricevuta pur anche l'assoluzione papale in articolo di morte, concessa da Benedetto, quattordicesimo Papa di tal nome, Andiamo•, disse il buon penitente, e ad CSe8uire la volontà di Dio•. Il confessore, che conoscea forse dover il penitente fare a norma delle regole della Chiesa qualche altra dichiarazione scritta, e perché li mancava il tempo, ristretto come sopra, e non potendosi prolungare contro la legge: • Fermate, fermate•, li disse, -' signore, dovete scrive'. e solo un rigo su di questa carta, e dire: "lo Giacchino i\lurat sono Cristiano Apostolico Romano"•. ~Sì•• rispose, son pronto,., e presa la penna, e scritto• Io•, si fermò, e disse: :\la voi, Padre, m1 volete cosi svergognare dopo morto ... "· •>,;o•, replicò il sacerdote, • anzi intendo smenure quelli libertini, che del vostro nome servivansi per mascherare la di loro irreli~ione •· Tanto bastò, e continuò a scrh·ere così_.. • Si deve vivere e morir da buon Cristian ... Giacchino ::\lurat •. "Andiamo•, replicò, e a fare la volontà di Dio•· Xé il Sacerdote poti: fare altro perché fiottato dalli esecutori della sentenza. Arrivato al luogo della morte, fuori la porta della stanza medesima, il\'Olto agli astanti: • ~on credete•, disse, "che io d'altri ric:evo la morte che dalle mani di Dio: solo mi dispiace il modo ... Ditenu, sìgnòr ufficiale, do\'c mi devo situare? ... •. Allora l'ufficiale incaricato per tait- esecuzione, avendoli denotato il luogo, soggiunse:• Voltate le spalle•. A tale insimiazionc torna in dietro r\lurat e con ,·olto serio, ma confuso e mesto, affettando un sorriso, colle mani e cogli ol!chi alzati al Cielo: •Credete•, disse, •che io potés~i fare mal'animo contro questi po• veri infelici che de\"ono fare ciò che non \'Orrebbero, o contro chicchessia? Siete in sbaglio: tutto viene ordinato e disposto da Dio, e devesi fare In di lui vol~ntà •. Tornato al posto della morte, si slaccia la veste, denuda con ambe le mani il petto e guardando in faccia gli esecutori con fucili impostati alla di lui direzzione: • Ti• rate•, dice loro con voce ,onora, a cui fece eco il sacerdote assistente còn dire: Credo in D10, Padre O~nipotente ... •. Più non potè diro, impedito dal rimbombo di otto tiri di schioppi e da quello del tamburro. E cosl restò eseguita la sentenza contro la \'ita di C1acch1no ì\lurat. Il cada,·crc d1 Giacchino i\lurat riposto in un baugho, vestito di ta.ffità negro, portato sulle spalle di quattro soldati, senza veruna pompa fu posto nella Chi~sa Collegiale di S.Ciorg10 ::\lartire e sepolto nel cimitero comune, dove nel giorno seguente dal Canonico decano ì\lasdea fu cantata messa solenne, assistito da tutto il corpo del Capitolo e cosi termmò ogni pompa. Così terminò la vita del gran 8enerale Ciacchino Murat. VANO IMO CONTEMPORANEO (1) La pre-~ente- rdai1one- t l('~u11.1, n('I ma. noscritto. dal ruoconlo del proccuo.
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