I OMIVIBUS t}.~:.x!:~ff.:~/~·:,e:A;é] i'l:A 8 ipocrisie della fonna in ogni occa1iionc, cd erano appassionati di ogni forma d1 bellezza. ~io padre aveva una confinata ammirazipne per l'Achillcion, la villa dell'imperatrice a Corfù. Mio padre aiutò a trasportarla all'albergo dopo che Luccheni le ebbe <lato il colpo mortale. Jncontravamo a Ginevra anche la barone,;,;a Rothschild, i .cui ricevi- ';/ menti nella splendida villa in riva al lago erano frequentati da tutti gli amici gine\'rini di mio padre. Una volta mio padre fu invitato a una grande colazione di non so quanta gente, e la baronessa, quando seppe che io ero con lui a!l'albcrgo, volle che lo accompagnassi. Durante la colazione vennero serviti dei piselli; che allora erano la cosa che io odiavo di più. Ma ero stata educata a prendere quello che era servito, e così mc ne misi una cucchiaiata nel piatto. Con quc~to non è che intendessi veramente di mangiarli: appena vidi che la compagnia era assorta nella co,wcrsazionc, rapidamente raccolsi sulla forchetta tutti i piselli, e li versai nella tasca del mio vestito. Nessuno si accorse della manovra. Ma purtroppo 'io indossavo un leggerissimo vestitino di seta color grigio pcrla1 sul quale la più piccola macchia diventava visibilissima. Quando lasciammo la sala da pranzo per andare a prendere il caffè nel giardino, mi accorsi che tutti glì ospiti mi guardavano piuttosto bizzar. ramente, e non me ne sapevo spiegare la ragione. La luce si fece nel mio cervello al grido sbalordito di mio padre : e Stella, che diavolo hai combinato sul tuo vestito? ». Guardai e mi avvidi che la macchia di grasso dei piselli spiaccicati nella tasca aveva formato una specie di decorazione visibile a un chilometro di distanza. OAOOlA ALLA VOLPE NELLA OAM.PAONA ROMANA « A,/ rs petits pois! » gridai doloro- $a1m.·ntc, con grande indignazione di mio padre e viva ilarità della baronessa Rothschild, che mi affidò alle cura della su:i. cameriera per far togliere la macchia. (COlfTllftJAZ. DAI NUIURI PRECEDEKTn • LI INTENDITORI di car'fl,-. -_ valli aspettavano sempre di ·.' :, ' • veder passare il superbo at- _-- tacco di grigi appartenente ..._.,,... al principe Alfonso Doria. !I marchese Enrico Calabrini, una delle pcrsona.lità più note della Roma di quel tempo, guidava una stupenda pariglia di arabi neri. Calabrini, come tutti i veri amatori del cavallo, non era soltanto attentissimo all'apparepu dei suoi attacchi, ma anche alla sua. Tutti i suoi abiti venivano da Londra, da quei celebri negozi dei dintorni dì Piccadilly, che sono conc,,.ciuti da tutti gli uomini eleganti del mondo. Un giorno1 Calabrini aveva ordinato un nuovo abito da caccia a Poolc, da indossare a un grande ballo che doveva essere dato per l'apertura o la chiusura delle cacce alla volpe. Con sua profonda costernazione, il ballo venne anticipato. Calabrini telegrafò subito a Londra per sapere se l'abito poteva essergli immediatamente spedito per posta. Gli fu risposto che per posta non sarebbe arrivato in tempo. Allora egli ordinò che glielo spedissero per mezzo di un corriere speciale della ditta. Questi, infatti, arrivò a Roma proprio la mattina del giorno fissato per il ballo, vestito della livrea di Poole1 il cui taglio stravagante gli raccolse intorno una vera folla di curiosi. Calabrini era ad aspett:'\rlo1 se lo portò con sé in carrozza per fargli vedere la città e la sera si fece accompagnare da lui al ballo. Il ragazzo vestiva sempre la sua livrea, ed ebbe un gran successo, specialmente presso le signore, un succes~ superiore perfino a quello del nuovo abito del marchese. li piccole., monello londinese fu l'attrazione della serata, specialmente dopo che si scoperse che a Londra, nei giorni di libertà, egli andava alle porte dei teatri per eseguire delle danze davanti alle file di gente che aspettava di entrare in loggione. Gli fu chiesto di far vedere qualcuna delle sue danze, e lo si applaudì affettuosamente. Il ragazzetto' lasciò Roma convinto di avere saputo a che cosa rassomiglia il paradiso. A dodici anni fui cresimata. Il giorno della mia cresima lo ricordo come uno dei più belli della mia vita. La regina Margherita fu di nuovo la mia madrina. La cerimonia ebbe luogo nel nostro vecchio palazzo di famiglia, il palazzo Vitelleschi, nella cappella del piano nobile. La regina mi regalò un orologio d'oro, con la corona reale in• cisa sopra le parole « A Stella Vitellcschi dalla sua madrina Margherita di Savoia». La regina non considerò di avere esaurito con questo il suo compito di madrina, ma continuò a mostrarsi sempre piena di interesse per la mia educazione. Un altro grande giorno della mia vi• ta fu ... quando conobbi Adelaide Ristori. Ero molto bambina, ma avevo una grande passione per il teatro, e per la Ristori una vera venerazione. Mio padre mi condusse da lei al palazzo Del Grillo. Ricordo una affascinante vecchia signora, con un bel viso ovale, grandi occhi neri e i candidi capelli divisi nel mezzo. La sua testa e le ~ue spalle erano coperte da un magnifico scialle di merletto. Essa a\eva sposato il marchese Capranica del Grillo, e riceveva nel ..6UO salotto k personalità più influenti ,e illustri del• la capitale. Le regole dell'aristocrazia romana erano decisamente contrarie al matrimonio di un membro del patriziato con una attrice, ma l'arte della Ristori era talmente grande e la sua vita. sul palcoscenico talmente esemplare che per lei venne fatta eccezione e fu accolta a braccia aperte da tutti. Il marchese Del Grillo, il duca di Sermoneta, il duca don Mario Grazioli e mio padre formavano un quartetto di amici inseparabili. Cercavano di stare insieme il più spesso possibile e spessissimo combinavano di passare inc;icme qualche settimana di svago. Erano tutti e quattro grandi ammiratori dell'Inghilterra, della vita inglese e avevano moltissimi amici inglesi. Ogni anno f 1cevano un \,iaggio a Londra e compravano a Londra tutto il loro vestiario. Del marchese Capranica del Grillo mio padre mi raccontò una storia divertente. Durante un loro soggiorno londinese nel periodo della sea.Jori una gran dama di Londra li invitò a un ricevimento di sera. Del Grillo declinò l'invito dicendo che doveva andare in campagna e che non sarebbe tornato che molto tardi nella stessa sera• ta. La signora insistette molto perché venisse ugualmente: e Venite appena potete ». II treno del marchese Del Grillo arrivò a Londra verso le undici ed egli, fedele alla promessa, si fece portare subito alla casa della signora. Fu fatto passare nel salotta dove gli invitati erano raccolti intorno al buffet. La padrona di casa gli mosse incontro, lo squadrò quanto era lungo con un fremlto di stupore doloroso e proruppe : e ~(a caro marchese, non siete in abito da sera! Siete il solo in abito da pomcrigg-io... È impossibile!>. 11 marchese Del Grillo arrossì, spiegò di essere arrivato a Londra dalla campagna e che perciò non aveva avuto il tempo di cambiarsi. La signora gli aveva fatto promettere che sarebbe venuto appena poteva, e così egli era venuto come si trovava pci far più presto. ~1a vedendo di non .es~ere persona grata3 si ritirò subito. Dopo un'oretta riapparve nel salotto inappuntabilmente vestito da sera, con lo sparato candido coperto di decorazioni e di ordini cavallereschi. « Eccoci qua! :. disse salutando di nuovo la padrona di ·casa e baciandole cortesemente la mano. Quindi, fra la sorpresa generale, prese con una mano una tazza di brodo, con l'altra un gelato e si versò brodo e gelato addo~so. Il suo abito si ridusse in uno stato pietoso. e Siete voi gli invitati, cari vestiti miei, non io. Perciò tocca a voi prendere qualche cosa, non a me ». E, con un altro inchino, voltò le spalle e se ne andò. Questo stesso marchese Del Grillo, un giorno che il tribunale aveva chiuY.>, con una sentenza che l'opinione pub• blica giudicava ingiusta, un famo~o processo, diede ordine di far suonare a morto in tutte le chiese di sua proprietà a Roma. La folla si raccoglieva davanti ad esse, chiedendosi chi potesse essere morto di importante. Nessuno sapeva nulla, nessuno poteva rispondere. Alla fine il marchese si affacciò al balcone del suo palaZ1,0e annunciò: « t la giustizia, che è morta. Le campane suonano per lei >. A Roma non si fa una gr:mde attenzione alle questioni di etichetta nel vestiario e il fonnalismo vi è assai meno in onore che a Londra. :'\'cssun::t padrona di casa che riceva è orripilata se un in\'itato si presenta in un abito che non sia quello di rigore, specialmente se ha una buon:\ giustificazione per pr(•- sentarsi così. L'abito da passeggio riceve un benvenuto altrettanto amichevole quanto l'abito a coda di rondine. Mi ricordo di quanto successe a mc al mio ritorno da uno dei miei soggiorni londinesi. Abitavo allora al Grand HOtel, che per mc era quasi casa mia, perché mio padre era stato fra coloro che lo avevano inaugurato e lanciato. Arrivai proprio la sera del gran ballo della Caccia, che era uno dei più imp.,rtanti per la società romana, e al quale intcrvcni\'ano principi del sangue, i più alti membri del corpo diplomatico, e i più bei nomi del patriziato. Attraversando il vestibolo pieno di invitati mi imbattei in moltissimi amici, che immediatamente si raccolsero intorno a me : e Stella. Stella, quando sci arrivata, come stai, da dove vieni? ». Risposi che venivo da Londra. Jndossavo ancora l'abito da viaggio. « Dcvi venire aJ ballo, dcvi venire a ballare», proclamarono in coro. Risposi che non era possibile, che non potevo presentarmi vestita a quel modo e che ero troppo stanca per aver voglia di cambia,mi. Si misero tutti a ridere cordialmente, e mi trascina• rono, m:1lgrado le mie proteste, nelle sale, dove rimasi a ballare fino alle cinque del mattino. Nei nostri viaggi per l' J nghiltcrra ci fermavamo c;pessoa Ginevra, dove mio padre aveva molti amici, appartenenti per lo più ai circoli liberali che si ispi- • ravano ancora a Jean Jacques Rous- ~cau. patrono laico della città. Fra coloro che venivano OO(Ì da mio padre a discutere gli argomenti più in voga nella i,1telligher1tsia dd tempo, ricor· do 'William Delarive, Camillo Fa\'rC e il famoso padre Giacinto Loyson,· i cui nomi probabilmente oggi dicono ben poco, ma che a quell'epoca passavano per nomi di personaggi CC· lebri. Il padre Loyson1 che per le sue opinioni estreme aveva finito per spretarsi, viveva stabilmente a Ginevra. Dclarive aveva una figlia sorda dalla nascita, che era stata una delle prime a imparare il metodo di comprendere le parole dai movimenti delle labbra. Ricordo di ec;serc stata seduta accanto a lei a una oolazionc e di non essermi accorta. affatto della sua sordità, pur co1wer'-ando continuamente con lei. Fu durante uno dei nostri soggiorni che accadde a Ginevra un tragico evento che desolò il mondo intero. Tornavo con mio padre dalla passeggiata verso il nostro albergo, che era il Beau Rivage, quando vedemmo una gran folla accorrere verso l'imbarcadero che era proprio davanti all'albergo. Si era già raccolta molta gente intorno a qualche cosa che non poteva.mo vedere. « 1\1on Dieu, un accident », disse mio padre, e_ordinandomi di aspettarlo, si diresse verso la folla. Dopo qualche tempo, non vedendolo tornare, andai all'albergo 1 dove appresi la notizia dell'assassinio della povera impcr.1trice Elisabetta, che mio padre conosceva molto bene. Avevano molte cose in comune, poiché amavano i cavalli cd erano inarrivabilmente bravi in sella ; ma oltre a questo, erano entrambi nemici delle convenzioni f delle regole di etichetta 1 disprezzavano le Quando tornai, la conversazione si aggirava sulle applicazioni scientifiche dcli:.. teoria della generazione spontanea : tutti i presenti appartenevano in un modo o nell'altro al mondo scientificc-. politico <> ktt,erario, e la mia insignificante presenza venne completamente dimenticata. Un altro invitato, che ~i chiamava Henri Pictet, e che evidentemente si annoiava come mc1 mi si mise accanto mentre gironwla\·O per i viali del giardino, e a un tratto m.i pose bru~camentc questa domanda : e Che cosa pieferireste: camminare sca)1..,'\sulla neve o perdere l'onore?». Senza troppo badare a quello che dicevo, risposi : "Naturalmente, perdere l'onore! -,. 11 giorno dopo seppi che quel povero giovane si era ucciso durante la notte. Ho spesso fantasticato a quello che poteva nascondersi dietro la sua domanda, e per qualche giorno confesso che ne fui letteralmente ossessionata. Nel luglio del 1900 ci eravamo fermati per qualche giorno in un albergo di Ylassa. Una notte fui risvegliata da un furioso picchiare alla porta del· l'albergo. Siccome non c'erano allora i bar, gli alberghi chiudevano a mezzanotte. r colpi continua\'ano, e si udì una Voce maschile gridare : e: Aprite, in nome di Sua Maestà la regina! ». A queste parole fecero seguito esclamazioni e voci affannate che salirono lungo le scale e si raccolsero davanti alla porta di mio padre, che donniva nella stanza attigua alla mia. Sentii la voce di mio padre esclamare : « Che orrore; vengo subito con voi ». Ero atterrita, non sapendo neppure immaginare cosa potesse essere accaduto, quando mio padre entrò nella mia stanza livido in volto, e mi annunciò . che doveva partire immediata.mente, perché era arrivato un messa.ggero da ~(ilano, con la terribile notizia dell'assassinio di re Umberto. fl messaggero, un corazziere, porta\'a anche un biglietto della regina per mio padre, con. l'invito di raggiungerla subito. Ricordo che mentre mio padre scendeva le scale dell'albergo per partire, l'orologio della chiesa si mise a suonare le tre. Mio padre, come molti altri signori della Corte, :i.ccompagnò il corpo del defunto sovrano fino alla capitale, quin• di tornò a .Massa per raggiungermi. Fu durante il suo viaggio che avvenne un terribile disastro ferroviario. A causa dell'affollamento a Roma di molte migliaia di persone che vi erano accorse per le esequie del re, il traf. fico era piuttosto congestionato, ed erano stati formati molti treni straordinari. Per un errore nelle segnalazioni, il treno di mio padre cambiò binario e andò a scontr:1.rsi con l'espresso che aveva lasciato la stazione dicci minuti prima. La vita di mio padre fu salva per miracolo. Egli a\'cva lasciato per un momento il suo vagone-letti per andare a scambiare qualche parola con un senatore che si trovava nella vettura seguente. La vettura dove era il posto di mio padre fu completamente distrutta e non uno di coloro che vi si trovavano potè salvarsi. Alla fine di novembre dello stesso anno, la regina madre ci invitò a Stu• pinigi. La camera che mi era assegnata era quella di Carlo Alberto, il cui motto e 7'atc,u m,on astre:. dischiuse infiniti campi alla mia fantasia romantica. 3-(co,iti,rua) STELLA VITELLESCH( ASCOLTATE;., .nAAo..lt.i, 5 ~ • 'f ~i,g/iR)iR, .f/40 /Jelu»uzl Il successo di un grande romanzo ' . ~ L'UOMO è forte "Opera nuo\a e potente nella letteratur-a di oggi". GOFFREDO 8ELLO~CI (Giornale d •halia) ''Quel c.he mag12;iormente impressiona in questo romanzo è la potenza del clima; l'Aharo non ha solo assimilato un aspeltO attuale dell"animo russo, ma, liberandolo dalla sua prO\'Vi<1orictà, ne ha fatto una forma di ,·ita unh·ersale e acquisita ormai all'epoca nostra". UGO ot·rroRE (Oomus) ''Questo è il modo d1 scriH!re di Corrado Alvaro. Le,·a il tempo d'attorno alla cosa, e la riduce a stato d'-1nimo; il quale t, il nucleo ingenerato che genera oQ:ni esistenu". :'l.·I.BO.-..TE~·IPELLI {Gnuua del Popolo) ''A dirfcrenza di Pirandello che fa spiegare dai personagtii il loro dramma. Ah·aro non s'inseri-cce nel tessuto narratho. La sua capillare e spietata analisi è a33orbita dalla luce calma ed eguale di uno <1tile senza scosse, uno stile cosi fu.so e preciso che non sembra nato da una lenta elaborazione, ma da una sicura e felice serenità crcalha dello scriltore". GIUSEPPE \'ILLAROEL (Popolo d'Italia) "Ah·aro sa, come pochi, interpretare l'umano, la densità del fatto umano, il prender corpo di un sentimento. Aspetti cragici e colorati della ,·ita: Aharo li ricava da una sostanza del mondo. con una specie di approfondimento flsico dello stile". f'RAì':CESCO BEHNAfl.OELLI (La S1ampa) LIRE 12 BOMPIANI Imminente l'inizio della pubbli(azione a dispi.'nse i,ie1tìmanali della ~· 7' O Il I .1l D 1;;L 'l' lt .1l '/' Il O l)R,.Lll,Jl,l'l'ICO (li SJL\·10 0'.UIICO con prefazione di RENATO SIMONI . Oltre 1000 illustra1ioni in nero e 16 ta\ole fuori lesto a colori. • Ogni di8pensa, in carta di lusso, verrà meS<òlian vendita in tulle le edicole d'Italia al prezzo di lire DUE. H r z z o I, I & c. E I) I T o n I - :u r L .\ X o LE SETTE MERAVIGLIE DEL MONDO SONO OTTO Se qu.ilcuno non ricorda quali siano le sette- meraviglie del mondo, siamo qui a rinfrcsc.irgli la memoria: 1° [I Mausoleo (Tomba di Mauw, 1 c::rcttad.i Artcmisi.1); 2° Le piramidi d'Egitto; 3° Gli orti pensilii 4° La ~urua di Giove d'Olimpia; s0 Le Mura di Babilonia; 6° li Colosso di Rodi; 7° li Tempio di Dian.1 in Efeso. E l'ottava? L'oti.vo sono i mobili d,ll'ETER.NA DUR.ATA. Non do,·rebk essere una "meraviglia" il fatto che il materiale comp.ttto e st.agion.1tonon dia mai luogo a sorprese. Ma poiché pit) spesso che non ci si crcd.i il materiale non è né compatto né stag-ionato,ceco che le sorprese ci sono, e quando non ci sono ecco la meraviglia! • Come scongiuur sorprese? Col rivolgersi .1 una fabbricil il cui stato di servizio gannti.Sca la dunt.1 dei mobili. Lt S. A. Mobili Vacchdli, in vit.1 dal 188 4 , si è conquistata I.i notorictl dc:ll'ETERNA DUR.ATA pur anndo sempre pr'atic.ito i prcni più ,·antag~iosi. R._id,ir,lrrr11/1,s,rtll• cr,tfr,,lr Ji C,1rr,1rnpro/{rm111,U31,z 170, oppure, Firrnzi• Pi,,zz,, Struzzi 5, Clfull,1 Posflllr I 380 Mìl1U10,C11srl!tt Po.st,,lr 3/11 R.0111,,.
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