( ILSORCNIOELVIOLINO) 1,il~'.Sl11~~1t'9 Bergamo, ottobre. ~ (COCI di nU0\'0 venuti in quel di J:a: Bergamo per fare la barba ai morti. Un orribile mestiere che ci obbliga a , ivcre al bando, a stare in disparte, a uscir di notte, come mon.sicur Deiblcr, il boia di Parigi. Si tratta stavolta di scrivere sull'opera Lancillotto del ÙJlO che affrontò domenica scorsa il giudizio del pubblico ber• gamasco. La musica è di Pino Donati, il libretto di Arturo Rossato. Di questa stagione scialba, evasiva, coagulata, l'audizione di un'opera nuova implica un viaggio in provincia. Quando il viaggio è troppo lungo, e l'opera. (a stomaco vuoto) è troppo corta, o debole, lo scopo non corrisoondc all'incomodo La musica S<" non ti libera dalla fatica ferroviaria, se non la supera, se non ti sciogliedal peso delle valigie come un facchino alato e del macchinale frastuono se non è pura, leggera, silenziosa e imm-acolata come la neve sul deserto altopiano del Tibet, se non ti porta su in un mondo clev:.uo e quieto, la musica d'un'opera nuova ~ mt-glio non sentirla e andare subito a letto, non prima però d'aver cenato. Quella del Lancillotto è una musica che va a contropelo sul testo di Arturo Rouato. Sempre, dove il libretto dice di sì, la musica dice di no. Quel che vedono gli occhi è il contrario di quel che odono gli orecchi. Qui il poeta teatrale ha trovato nel mu- ~icista il suo oppositore: sabotaggio sistematico. Rossato è l'animatore, Donati è il disfattista. Son due fratelli siamesi in continuo disaccordo, quando l'uno sta male l'altro sta bene. E viceversa, quando l'uno sostiene, 1'altro mo11a,e va giù. E non pouono fare un passo senza ca- .scare insieme: l'un su l'altro. L'uno per colpa dell'altro. Pr-r esempio, se Ros.sato dispone a parole che risplenda il sole d'un bel di di ma~gio o di luglio, Donati s'abbuia e fa piovere le note a catmcllc giù da un ciclo di primo novembre che infradicia tutto il creato. Insomma, è la solita, la disperata odissea del ba;tone fra le gam~, o (ra le. ruote. Afflitto da una debolezza costituzionale che par quasi irrimediabile, il nostro compositore si va sciupando, s'evapora in uggiosi vaniloqui, in progressioni svantaggiose, in cantabili recriminazioni, e in modu• !azioni int«idisfatte, si fraziona, si disperde e non lo raggiungi più. Errante da un tono all'altro, abulico, tentennante, indedso, Donati perde il tempo ~ capire il perché dei perché, si sbaglia di strada, di pagina e di misura, la musica dd primo atto la mette sul terzo atto, quella del terzo invece la mette sul secondo. E poi si ritira ad un tratto nel più nero cantone, proprio quando Rossato gli .spiana la \•ia, gli dà il coltello per il • manico e l'invita a farsi avanti. Figuratevi che il poela gli mette più di una volta sott'occhi certe storie di baci, certe occasioni eccelse, certe scene d'3bbracci nel fresco rezzo serale, certi sonni sentili a due in un bosco garantito, certi riwegli amorosi sotto un baldacchino di fronde... e non se ne fa niente. Il mus.i- <:istanicchia, guarda da un'altra parte, non ha curiosità. Rimane seduto in disparte, giuoca coi fili d'erba, pilucca qua e là cid.imini, foglioline d'insalata; le intinge in tutte le iahe, fingendo di mangiucchiare come uno che non ha appetito. Quest'uomo virtuoso disarma i non interviene mai, non fa niente di utile e non sente odor di teatro. All'infuori di questa eccezionale indiffcrenu, e mancanza di odorato locale, si può dire tuttavia che nell'opera non ci sono a.Itri difetti. • Quel che gli manca, a Donati, è l'ordine, la chiarezza e una realtà musicale. t. così, o forse mi sbaglio? L'arte è lunga, la vita è corta. ( giovani compositori d'oggi son per lo più baldanzosi e arruffoni. Credono di tra• versar l'oceano, e invece nuotano a fermo sulla ,abbia della spiaggia, e senza mu• tande, come i bambini innocenti. L'arte per costoro è il cavallino di legno e la trombetta di latta. Han studiato, han sentito, han discusso, han comprato il pianoforte, han messo au cau, e salotto, ma son così freschi di studi, cosi freschi di autorità. La vita non la conoscono. E nessun maestro al mondo vale quel maestro che è la vita. Noi li vorremmo pregare di invecchiare pazientemente, di invecchiare accanitamente, fino a ottener~ con gli anni e con gli affanni la for1a acida, il furore irrcpara,. bile, e la licurezz.ache ci vuole per agire JCnz.aaiuti, e creare nello squallore. Anche Pino Donati è giovane, e quando 1i è giovani ci vuol poco a esser simpatici e, sotto questo riguardo, Donatj non lo batte nessuno. t un gran ~eduttore. Se sorride sei frit- - ;· .,.!,_·_. ~~-~f!-.- .. , .•• \':~ 'ROXA • OIKITERO DEGLI INOLE8I1 ANGELO PUNGENTE to. Ma ora è tempo di dirgli che la musica è un'altra cosa. A onor del vero non mancano nel Lancillotto del Lato alcuni brani felici, qualche ritmo garbato, e i fiorellini ritrosi che la modestia nasconde; ma insomma la via di mezzo in teatro è troppo noiosa. L'orchestra comincia a vanvera, timida e tur• bolenta, vale a dire entra di cona, poi non sa più dove andare. Allora è un lavorio storto e sottile a punta e colpi di spillo, che non risolve niente. Diducalie so. norit.t.ate, ariette, divagazioni, spunterclli da scribacchino e solfeggi fra parentesi da guardani col microscopio.Trasmissioniconfuse d'una armonia inquinata. Le sorti di queua musica sembrano auai problematiche. Ci vien fatto di udire lontano, come;dopo la dispersione;di una zuffa, la voce diminuita d'un clarinetto o d'un oboe: da. questo momento in poi rimane ~n poca certezza d'arrivare a una conclusione qualunque. Con il secondo atto la musica sembra risorgere dalla sua sconfitta ini:r.iale.Lo Jpartito che era vuoto si riempie ~ne o male, c'è mischiato il magro e il gra.sso,si riempie come la scena: attori, cantanti e cori riacquistano un po' d'aplomb. Le loro qualità brillano come altrettante fiammellenel. l'oscurità ; quel loro fooco s'afferma, s'arrotonda nel fiato teatrale. Comincianoad aJ.Coltarecon interesse.Tutto l'atto si rischiara e s1chiude fra bagliori, fra ombre che l'azione muove e innalza. L'ultimo atto che è breve risuona di solitari rimpianti, triste, gentile e stanco. La luce della morte lo invade. E quj il musicista qualcosa di buono combina, prima di ritirarsi del tutto e di la• sciare il vuoto totale dietro di sé. Non staremo a dire quanto, contro ogni aspettativa, la sala del teatro di Bergamo fosse affollata e brillante. L'impressione che la prima recita di que1t'opcra fece sul pubblico (u senza dubbio Il successo delineatosi verso la metà del primo atto non fece che aumentare fino alla fine dello spartito. Gli applausi e le chiamate superarono di molto la trentina o la quarantina. E anche dopo la recita nei ristoranti e nei caffè, invece di bere e di mangiare, si inneggiava e s'applaudiva a Donati, ancora alle tre del mattino, mentre il lavoro dei raccoglitori di cicche cominciava, e .s'andavan spegnendo i lumi. BRUNO BA.RILLI ~.JR~\"AMO_ appena. arriv~ti a~ ~ Atx•les•Bams che 11 portiere c1 consigliò di cambian"'i d'abito in fretta, per recarci alla serata di gala che doveva aver luogo, quella sera stessa, al Casino: c'era stata una gran ricerca di biglietti, e ne restavano giusto per noi; ma non dovevamo lasciarci sfuggire simile occasione, 5i sa bene che il pubblico di Aix è veramente eccezionale, e, poi, oltre alla commedia rappresentata dai migliori artisti parigini, avremmo visto le regine di bellezza francesi : ogni spiaggia aveva eletto una reginetta, o miss che fosse, cd appunto in loro onore il Comitato aveva organizzato quella gala. Così ci andammo, dolendoci per la modestia del nostro abbiglbmcnto, ma elettrizzati dall'idea di quel che ci aspettava; ci ricordavamo i film, i ro• manzi, un'intera letteratura dedicata, appunto, a simili luoghi di cura mon• dana. E così, camminando involonta• riamente sulla punta dei piedi, attravcr<ammo le sale del Casino, foderate di ,pecchi e felpe rosse secondo secolari tradizioni di sontuosità: entrammo in teatro proprio quando le luci si spegnevano, cd una penombra sottomarina ci permetteva solo di intravedere qua una schiena nuda, là il luccichio di una collana, uno sparato candido, un monocolo. Si rappresentava Do.ns so. ca.ndeur naiue, e questo ci stupiva un poco, data l'anzianità del l:woro e la raffinatezza del pubblico cosmopolita : però il successo era caldo, e la signora Vera Ko:-ène suscitava tempeste di entusiasmo, mentre le macchiette buffe ricevevano applausi particolari. Quando la luce tornò, gli spettatori si prrpararono alla passeggiatina dell'intervallo: si sentirono ba• Moni e ~tampelle batter nervosamente sull'impiantito, gli inservienti si precipitarono con gesti da infermiere, e noi ci ricordammo, improvvisamente, che quel pubblico doveva esser composto, in gran parte, di ammalati. Difatti era così, ed i pochi sani si trovavano ad e~serc i coniugi di donne roppc o di uomini sbilenchi, che imperio- ,;amente chiedevano appoi.tgio: tutti indistintamente, però, indos,;avano abiti intonati alla serata, e dunque di gala. C'erano signore i cui nomi venivan pronunciati con ri\pctto, e li riconoscevamo per quelli che durante il vlag-• gio avevamo visti uniti a titoli di aperitivi o di gomme, cd anche i loro abiti avevano nomi da pronunciarsi solennemente, di illustri sarti parigini: c'erano anche le ammalate povere, con abiti fatti in casa, lunghi e fluttuanti, però, e profondamente .scollati sul dietro e sul davanti. Lentamente, e rammentando alla lontana una « danza macabra >, ci sfilarono davanti, a due a due, cd una specie di giustizia distributiva regolava le coppie, di modo che i mariti agili e robusti portavano a braccio, cor. espressione annoiata, mogli deformi, mentre le poche belle donne sospiravano d'impazienza tra,;cinan• do,;i dietro gli orribili mariti. Comun· que, davanti allo sforzo che uomini e donne avevano fatto per piacere, addobbandosi, lacc--ndosi e lisciandosi, veniva da chiedersi p.::r chi si fossero dati tanta pena. Non per il loro uomo o per la loro donna, perché si guardavano con odio, o, nel migliore dei casi, con compa~sione. Non per piacere all'uomo o alla donna d'altri, perché proprio non c'era di che. E neppur per soddisfazione propria, come nei romanzi inglesi si legge, quando si racconta dei gentiluomini che in pieno deserto pranzano in di11ner-jacket, perché simili sentimenti dovrebbero dare una gioia orgogliosa, e quelli parevan tutti tristi e malcontenti. Infine, non lo abbiamo capito, e guardavamo 9ucsta gente passeggiare su e giù per 11 terrazzo, con secchi colpi di mazzette o grucce, di O'i'ia scricchiolanti: intcrro&'.andosi a vicenda, non senza crudelta, sulle eventuali ricadute. Si era appena iniziato il second'atto, quando in una vasta barcaccia compar. vero, circondate da signori in marsina che avcvan l'aria malinconica cd indulgente propria agli avventurieri, una cliccina d1 ragaz.ze, con goffi abiti sbuffanti che traboccavano da ogni parte, color verde mela, carota o melanzana. Ci furono tre o quattro applausi, così capimmo che quelle cran le regine, poi la commedia riprese, mentre le fanciulle, lassù, affettavano indifferenza, rimettendosi la cipria o parlottando fra loro con le risatine che fanno le cucitrici nei laboratori. Ci accorgevamo benissimo, tuttavia, che molte vecchie mani grinzose e costellate di diamanti avevano puntato i binocoli in quella direzione, e, tra le code delle volpi e le collane di perle, passavano bisbigli che quasi avremmo detto di sollievo: '- Sì, sono prpprio brutte, non valgono niente, volgarissime, ah! ah! francamente potevano eleggere regina te, mia cara, o me, non ci avrebbero perso nulla nel cambio! ». Stavolta si prc.;tò poca attenzione alla signora Korènc, che vertiginosamente loglicva e rimetteva il suo vestito di pizzo nero, cercando, ma inutilmente, di ricreare l'atmo.;fcra, deliziosamente .;candalizzata che i suoi ge,;ti avrebbero stabilita nella Aix di cin• quant'anni fa. A fine d'atto, nemmeno si applaudl; tutti zoppicando si pre• cipitarono verso la sala da ballo, dove. da una specie di loggia, si sarebbero affacciate le regine. per poi scendere tra la folla. E difatti erano già lì, con i sorrisi fermi, in~olenti e timidi, di venditrici ai Grandi ~,{agazzini. Probabilmente erano cornmcs&e davvero, operaie, dattilografe: e, quel che è peggioi '1.eppure cran beUe, con i capelli increspati da permanenti economiche e grossi nasi troppo incipriati, arrossati dal caldo e dall'emozione. Ma, infine, cran giovanii una gioventù che si traduceva, se anche mediocremente, nel passo rapido, nel sorriso, e bastava ad inasprire le malate ricche, a dar loro un'amarezza dispettosa. Mentre le ragazze attraversavano la ,ala, lra due ali di gente, e raggiungevano il giardino accomodandosi bene sul petto la strisci:i colorata che portava il loro nome, le signore ,:cuotcvano dQlcementc-lc teste tinte di rosso o giallo, in atto di di<.approvazione amabile. Ap· poggiandosi al muro, alla gruccia, alla spalla del loro cavalier(", osservavano benevole che miss Deauville aveva una ("arnagione ~pavcntevolc, mi,:s Annecy era una civetta, e l'odore di miss ~frntone era tale che non si poteva starle vicino. Le dame più anziane erano ancora dolci, si dolevanq dei tempi mutati, delle ingiustizie della giuria, le loro dentiere .;i chiudevano ogni tanto con secchi colpi desolati. Una vecchina con il capo coperto di ricci biondì assicurò che si trattava di uno scherzo, un'elezione per burla: cd una sua amica, che sul capo portava rose e non-ti-scordar-di-me, rialzò la cintura rosa del suo abito turchese, se la fece passar sulle spalle, imitando così la striscia delle regine. Ebbe un vivo succc~so; anche le altre signore cercarono, con· nastri o fazzoletti, di acconciarsi così, cd intanto ridevano forte tra loro, sospendendosi al brac• cio dei mariti, costringendoli ad am• mirarle. Gli uomini sulle prime apparvero incerti, forse avrebbero voluto scuoter lontano tutte le vecchie inferme, e mettersi a ballar con le regine, hia certo non era possibile, e decisero immediatamente anche loro di trovarle in• fectes, impossibles, dégoUtantes. Le ragazze intanto si erano sedute nel giardino, sulle seggioline di paglia, accanto ai loro importanti patroni in marsina, che apparivano distratti, ed offrivano limonate o granatine, con l'aria di chi, fa un vero regalo. La commedia era finita, senza che nessuno ci badasse; era cominciato il ballo, e si giocava alla roulette: tutto quello che il nostro portiere ci aveva promesso stava svolgendosi, eppure non era tanto bello come avevamo creduto, ci pareva di assistere all'epilogo di una fiaba capovolta, e fatta crudele : mediocri Cenerentole sede• vano tristemente nell'ombra, mentre le cattive fate, usurpando le vesti di sole e luna, ballavano. in piena luce, ~altcllando sulle gambe reumatizzate. IRENE BRIN DEL VANTAGGIO UNO de1ti elementi che gli architetti e gli inge1neri 011i credono indispenscbili aU'utttica e all'urbani1tica è il vuoto. Si crede che il v1ui10, i larghi ;par.i, copnti di ;quallido asfalto, siario oasi di libertà, richiami deUa n,:Jlura, luoghi do1Je l'aria è sig,iora. e Dare aria> è frase che spesso si sente ripele,e da archiietti e inge1neri, qua. si eome una ma.SJima, capace di indiri1.1.are l'o.rte dd costruire case e dell'ordina,, citià, Ma o.nche faria va 1011ernata, e non ;oltanto per via delle correnti e per il gioco della luce solare, ma anche per ritagliare il cielo con muri ben proport.ionati e ben disposti che sappiano dare a un luogo una ma armonia. Ma i vuoti che oggi 1li prchitetti liUciano fra un isolato e l'altro, non sono luoghi di conforto e di ristoro: tidlo al più. conferiscono ai paraggi un'aria dim,ua e monotona di pri1ione. Basta pas· seg1iare per i nuovi quartieri per avuetlersi di ciò. Tanti I vuoti, ma ra,amenie è dato incontrarvi una persona intenta a prendere fresco o a riposarsi. Le balie tra1curano gli spiat.t.i di cemento e preferiseono fare una lunga strada per ,aggiun1ere un 1ia,dino pubblico dou, alm,no gli alberi danno una illusione di campa1na e d'aria aperta. In cerle ore del giorno, quei vuoti diventano addirittura spettrali. L'aria immobil, comunica un penoso disagio: l'occhio cerca altrove qualcosa che lo conforti. ;\{a il 1u· sto per i uuoti che dovrebbero « dare aria > continuano. Non c'è architetlo che non voglia servirsi d'un bel IJuoto, e non si sa se segua un criterio igienico.) o sollanlo una fuima diltttantesta. Forse questo prtdilil'" uuol1 in mtt.t.o ad alli edifici testimonia 1oltanro un'inelina1.1one all'estetismo dtgll ultimi /tdtli alle citrà dtlla morte e del silen(.io. MASSIMINO ( PALCHETRTOIMANI ) lii) BITI ~ CCOCI alla fine della no:itrn pere- & grinazionc estiva. Quale insegnamento abbiamo riportato dal nostro passaggio per i teatri di .Milano, Torino, Firenze? Quc$tO solo, che i teatri d'Italia mancano di tappeti. Una sola eccezione: l'Odeon di Milano. Si rimprovera a questa nostra rubrica di esulare dai limiti della critica teatrale. t?. vero. Ma nell'attuale assenza di valori drammatici, a che si ridurrebbe una rubrica teatrale, se non si considerasse il teatro anche come manifc~tazione di costumi? Al lume di questo criterio, l'assenza di tappeti diventa una delle testimonianze più probanti dell'indigenza nella quale ver~a attualmente il teatro di prosa. Altra testimonianza, la vacan7,.a dei teatri. Al nostro passaggio da Tonno un solo teatro era in attività, e il simile a Firen1c, con questa sola diffe. renza che là operava una compagnia di varietà, qui una compagnia dialettale. Che sarà nelle città minori? Un amico ci scrive da Siena che quando una compagnia di prosa càpita. nella città di San Bernardino, squilli di tromba l'annunciano dall'alto della Torre ciel Mangia. Se è vero che il teatro è scuola, a che punto è l'alfab'etismo del nostro pubblico? Della povrrtà teatrale della provincia, ci consolavamo pensando alla do• vizia della capitale. Chi sa quanti teatri tr,tbocranti di pubb!ico ! Quante compagnie di nuova formazione, e quante di formazione vecchia, ma rese più omogenee dalla collaborazione in• tensa ! Chi sa quante giovani speranze e quanti attori già provetti ma perfezionati dallo studio! Chi sa quanti la- \·ori nuovi soprattutto, densi di pen· ~iero e scintillanti di fanta,;ia ! Arriviamo e, come ce l'eravamo immaginato, troviamo nella rubrica tea• trale dei giornali un pingue blocchetto di spettacoli annunciati. Ma uno dl es.,;iè di un cinematografo che proietta film stranieri nella lingua originale, e questo annuncio eterogeneo fa macchia nel blocchetto come un piccolo corvo fra i colombini; l'altro promette uno spettacolo di fantasia e arte varia per I indomani ; il terzo annuncia il debutto della compagnia Palmer•Stival per l'otto del mese, mentre si è appena al tre; e a conti fatti la vita t~atraltdella capitale d'Italia si riduce nella sera del 3 settembre alle sole Follie d'America, rivista presentata al teatro Valle dalla compagnia Maca:-io. Del bene che pensiamo di Macari,, abbiamo detto nel giu$"no scorso, e traendo l'oroscopo dal significato &re• co del suo nome, ~li predicemmo un • succcl!-SOrapido e sicuro. Come prevedere pçrò che la nostra profezia si sarebbe avverata così grandiosamente, e che a soli quattro mesi di distanza la simpatica tonteria di questo piemon• tese dalla faccia di sole in caricatura avrebbe accentrato su di sé l'attenzione dell'alma Roma e suscitato il suo plauso? • Quando arrivammo al Valle, il car· tcllo « Esaurito> sventolava vittoriosa. mente sul botteghino conquistato. Dopo molto insistere e la dimostrazione coi documenti alla mano che a teatro noi non andiamo per divertirci ma per ragioni di lavoro, ottenemmo dalla maschera di poterci incuneare dentro un magma Umano condensato nel fondo della platea, e dal quale mille orchi allungati dal desiderio come quelli dell'aragosta, puntavano sulle ignude forme di alcune ragazze sgambettanti, corazzate in tre punti, ma non oltre lo stretto necessario, di ,;cintillanti placche. Un vecchio signore accanto a noi, i cui bronchi mandavano il ,;ommc.-.,so gorgoglio di un rnmovar in ebollizione, emetteva di tanto in tanto un gc• mito che fendeva il cuore, volgeva a noi due occhi da cane, come a prenderci testimoni della crudeltà di quello spettacolo. Sulle facce degli spettatori forniti di maggiori po,sibilità, la ma,:chera riappariva dei predoni originari e sotto il turchino delle ganasce le ~an~ dibole ruotavano lcntament/ All_a fine. di. ogni. danza, sulla qualf dominava 1I nso d1 cavalla di Vanda Oc;iris, un vasto boato erompeva da quei. mille e mille petti, dentro i quali palpitava un sangue denso come marmellata. Già ahre volte dicemmo che alle mostre di nudità cui si riducono i cosiddetti spettacoli di arte varia. la nostra vista s1 olTusca e il no,;tro cuore non regge ; onde chinando la testa e pi-5sando davanti alla maschera stu• pita di vederci rinunciare alla nostra porzione di paradiso, uscimmo nella (,()lennc notte rom:-tna, piamente recitando: Donna putosa e di novella etate Adorna asso.i di gentilei~e uman/.. ALBERTO SAVINIO LEO· ~ONCAN.~1 • oì;euore rcspo~ l'r,pritlà ;\rti\tic:. C' le11c-r.1u• ri~r..:11.1 illZ<~~I & ·c.· An. p,r n,1 .. fidi,, ,,~m;-. \~ "iiirRon~F.;~;t,l,'n E. CON \IAl ERIAI.I; f010GKAJ:1co ~ fEKRA,IA ...
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==