ANNO Il· N. 41 • ROMA 8 OTTOBRE 1938-XVI il Il DOWNINO STBEET, N, !Or NEVILLE OB'J.XBEBLAIN E LA OONSORTE EBOONO DI OASA ~ O~ l'accordo di ~(onaco si è fatto ~ scn7,a dubbio un gran passo sulla via della pace; ma non è ancora la pace. Si sono poste delle condizioni, si sono finalmente fic;satc e attuate alcune delle premesse della pace, che, per co;scrcveramente talo, cioè produttiva e creatrice di un equilibrio stabile, esige la giustizia, l'a<s:solutaparità e-iuridica e morale fra i popoli, la permanente collaborazione fra gli Stati. L'accordo di Monaco e.iè fatto ~tto l'urgenza e il terrore della guerra cd è stat? poc.,ibile solo in virtù del prov- \'idc.-ni.iale intervento di ~1uc.~olini, cui ,i nvolgono milioni di uomini con un pcn~iero di gratitudine infinita. l francesi tcng:ono a far c;apcrc che l'idea del convegno a quattro fu di Bonnct, il quale si ri\·olse a Chambcrlain ,iffinché voJe-.c;eindurre ~!usi.olini ad intercedere prec;c;oHitler nell'ora estrema. \ ·cri1,,simo.Tutti, infatti. sono concordi nel riconoscere apertamente che ,olo ~tus,olini era in grado di ottenere dal FUhrer quella '-O· ,pcn,iva, che rese po~~ibile il salvata~- ({io d(•lla pace e, con esc;a, il ri">parmio di milioni di vite umane. .\ .\1u~solini fu pmsibilc ottenere dal Cancelliere gennanico quel rinvio che favorì i nuovi negoziati, ed esercitare una provvida opera di moderazione perché nei giorni immediatamente precedenti a\'eva assunto una posizione decisissima in favore della Germania e si era dimo,trato « amico sicuro>, come Bismarck amava dire di Crispi. Si \·ide, così, che le positioni decise e gli atteggiamenti fermi c;ono ancora i modi migliori per tutelare hl pace. r, l'incertezza che conduce quasi sempre alla guerra, perché l'incertezza è propria dei caratteri deboli che nelle ore critiche s'illudono di riuc;cire forti abbandonandosi all'arbitrio e alla \'iolenza. Deci~ il convctrno a quattro, la pace ~i poteva dite salva. E, per varie ragioni. Prima di tutto perché il fatto ste.s-,;odel con,..egno p1e,;,uppone\·a l'ade~ione, di ma\sim;i., alle idee di ~iustizia che )1msolini aveva enunciato nei di~cor-.i di quei giorni ; in S<'Condo luogo perché ~ul terreno della di~cus- ~ione la perc;onalità del Duce non poteva non impor:;i in tutta la wa grandezza. Sono, infatti, prc,•al~e le wluzioni che ~fussolini a\'e\'a indicato anticipando le '\tC""'-<f'ormula1.foni delle popola1ioni e d('i go\'crni interessati. Fu \'tramcnte un'intuizione del genio, per la tempestività e la logica, quell'audace, eppur CO\Ì giu\ta. ri\(·ndicazionc dei diritti di tutte le na1ionalità opprc~,c in un momento in r.ui le Cancellerie europee mdugia\·ano ancora sugli otto punti di Carlsbad. Si ...ide in 4uelle tragiche ore che cosa significasse l'asse Roma-Berlino. Esc;o si rivelò l'unica posizione storica salda, intorno alla quale poterono raccogliersi gli uomini di buona volontà nell'intcre~se della pace secondo giustizia. In poche ore il convegno di ~fonaco compì un'opera che la Società delle :'•fazioni_non era mai riuscita, non che a compiere, nemmeno a tentare durante un periodo di vent'anni. Compì, cioè, quella revisione dei trattati rivelatisi inapplicabili, che è contemplata d;tll'articolo 19 del Patto ginevrino, quella revisione delle situazioni pericolose per la pace, che era o doveva cs~crc il rimedio sonano contro il ritorno della guerra. A .\lon;,co è stata resa giunizia ai tedc'ichi dei Sudcti, ai polacchi, così violentemente fraudati nel 1919, agli unghcrc"i, che non pot1..1.nnomai dimenticare come .\[ussolini fo,;c;eil primo, in Europa, a lc\·are la voce in difci.a del loro diritto offeso, in difesa del loro diritto alla vita. Con l'accordo di _\,fonaco è crollato definitivamente il malaugurato tratwto di \"er"aillc~ e, con e,~o, sono cadute le po~izioni tJiplomatiche, siét pure barcollanti, che ne erano la diretta con,e~uc111a. Si è finalmrnte di~rticolata, nella forma oltre che nella ~O\tan1a, la Piccola Inte,a, vsiduo anacroni-.ti<"odt•ll'accerchiamcnto .~crmanico, f finita l'alleanza fra la C('<"O'-IO\'acchia e la Russia, è virtualmente decaduto, come riconoscono " ~fosca, il patto franco-sovietico, origine di tutti i guai dell'Europa attuale. Si è liberato il terreno da molte macerie, si sono dissipati molti equivoci politici, giuridici, morali, che traevano la loro ragione d'c)sere dalla sostanziale iniquità dei rapporti internazionali. :-.,fussolini è stato l'artefice di quest'opera di liberazione. :-;on è difficile scorgere, nelle dichiarazioni di Chamberlain e di Daladier, nellf' cspre~ioni di gratitudine dei governi dell'Inghilterra e della Francia \'erso il Duce, un'ammir.izione che va oltre i fatti compiuti, perché ~1ussolini è riuscito a fare quanto essi pure vaghe~gia\'ano nell'interesse dei loro stessi paesi1 ma non sarebbero mai riusciti a concretare per le imupcrahili difficoltà di una politica parlamentare esiziale. ;-J'c~sunuomo, oggi, è popolare quanto ,\(u,solini in Inghilterra e in Francia; e in Francia· ancora più che in J nghiltcrra, perché la Francia, pii', di quahiasi altro paese, ha sofferto dc• gli c1rori inespiabili del Fronte popolare organizzato e tenuto in vita da \.[mca. La ,·ittoria di Mussolini a ).lonaco ha ridato animo alle coi r<'nti na1.ionali francesi cd ha pcrmes\O a Dabdicr la \plcndida ,·ittoria dei giorni ~cof'-i. Anche quc3ta è una prcme,~a dell'Europa di domani. Si tratta solo di <"ontinuarc. A cia'icuno il compito suo. *** t~Wi'OX mi attendevo di cs<:crein- ~.~ vitato a pranzo da Pan Hlou- ' sek. Ricevetti l'invito improvvisamente e dapprima fui incerto se accettare o no. ~i trovavo da qualche tempo a Praga e la mia amicizia con Hlousek poteva dirsi ancora superficiale. Quando arrivammo il nostro ospite si dette molto da fare per mostrarci quanto ci accogliesse volentieri. Spalancava le porte e dava spiegazioni. Cercava poi d'eliminare l'ostacolo della sua persona dal campo della nostra vista, e ci invitava a seguirlo. Non si contcnta\'a poi di farci rilevare i pregi artistici dei vari ambienti, dei quadri e dei mobili, delle porte e magari delle serrature; ma ne faceva la stima in denaro ed è da notare che in fatto di stime e di prezzi si \'Olgeva sempre al signor consigliere, come se lo riguardassero personalmente .• Quando, finito il giro, potemmo adagiarci sulle poltrone del salotto, Pan IIlousek ci fece sapere che quelle poltrone erano costate ciascuna duemila corone. Tutte cose e lu,.,i, s'intçndc, della moglie: di suo in casa non ci aveva portato che i figli. E non lo nasconde,..a, anzi pareva che ci tenesse a farlo sapere; rivolgendosi per questo soprattutto al signor consigliere, che, per quanto potei capire, era un uomo disgraziatissimo, continuamente oppresso da guai e da strettezze familiari. Pan Hlousek discorrendo invece con Pan Horak, proprietario di due caffè e d'un palazzo, preferiva imistere sull'importanza dei titoli di studio i mentre col dottor Tarjan sosteneva i \'antaggi delle carri~ statali, le quali assicuravano uno stir.tenCliofisso e una pensione per la vecchi.aia. A mc non aveva da rinfacciare che le bellezze naturali del mio paese e volgendosi dalla mia parte premurosamente sosteneva che il mare va bene ma che d'estate ci fa troppo caldo e che le montagne sono belle ma faticose. Insomma affermava con convinzione che il paese più bello del mondo era la Boemia, coi suoi boschi freschi e romantici lungo i grandi fiumi, e i grandi fiumi dove si poteva· fare il ba{!no e nuotare come nel mare. Così, dopo avere stabilito i suoi confronti con gli ospiti, spenzolandosi dalla poltrona or verso l'uno or verso l'altro, Pan HIOusek rovesciò la testa sul gonfio schienale e cominciò a dimenticarsi di noi. Contemplava soddisfatto il suo salotto tutto fiorito per l'occasione, ma Si concentrava di preferenza sopra una c_ollc.zioncdi pesanti cristalli che splendevano in una vetrina. D'un tratto, parvç allarmato di qualche co• sa ; si rizzò, esplorò attento e preoccupato la stanza, poi chiamò Bojcnka, la cameriera. Gli mancava una coppa che aveva a,..uta in regalo per le nozze, una coppa preziosa. E Bojcnka diceva che l'aveva fatta cadere il gatto. Impo ..s.ibile che l'avesse fatta cadere il gatto; non si poteva ammettere. ~{a \·enne a confermarlo la signora Hlous.kova : proprio così, proprio nel giorno di Natale: non gli s'era detto niente per non fargli dispiacere. Pan Hlou,ck s'acca ..ciò sulla poltrona, si grattò la testa, e ri- \'Olto alla signora Hlouskova, collo ,guardo fi~,;oe il pallore di chi si decide a riprendere la propria libertà, manifestò con un rauco sospiro l'espressione della sua volontà : « Quel gatto deve sparire! >. 1{a a tavola poi tutto si raggiustò. Pan Hlousek parlò con entusia,;mo dei suoi progetti per l'avvenire elci figli: il primo destinato alla clinica, il !.Ccondo alla chirurgia perché potc(c;e giovarsi della clientela del primo, e la frmmina farmacista, ciò che a\'rebbe dato alh moglie anche un'ottima occa~ione d'ìm·c<;tire utilmente i suoi denari. Pan Hlou,ck, anzi, sta\'a per l'appunto magnificando alla moglie questa forma d'invc~timcnto, quando il gatto comparve sulla porta come ~e niente fo(c;c, Egli si rabbuiò, si mi\C ad agitare minaccio~amcnte il to\ agliolo; ma come quc-llo, già volto per ~uggirc, straluna,..a due tonde pupille interrogative e non rimciva a pcrsuader-.i che lo si volesse proprio mandar \'ia ~enza una ragione al mondo. Pan Hlousek, illuminato da un improvvi~ pcn~icro, cominciò a chiamarlo e a fargli mille moine. Poi, guardandoci negli occhi ad uno POSTAL< ad uno, disse: e Vedete? Abbiamo anche il gatto>. Chi fu dunque a portare fra noi la nera malinconia? Dopo il pranzo eravamo tornati nel salotto e la signora ci ave\'a lasciati col pretesto d'accompagnMc i ragazzi a fare un po' di chiasso in casa di certi amicì con altri ragazzi. Noi ci eravamo così cordiaJ. mente ambientati intorno alla tavola da pranzo, nel tepore ovatt:'.lto della birra e dei liquori bevuti, che il cambiamento di luogo e di temperatura ci disorientò, agghiacciandoci ogni estro. Sta\'amo scomodi e muti. E fu il signor consigliere che cercò d'intavolare una nuo,..a conversazione, ripren• dendo l'argomento delle marmellate interrotto dal le\'ar della mensa. L'argomento delle marmellate lo portò a quello della standardizzazione, questo alla concorrenza delle nazioni e dei continenti, la concorrenza al problema delle barriere doganali, il prol5lema delle barriere doganali alla crisi mondiale; e dalla crisi pao:sò direttamente alla decadenza morale, sociale, religiosa, artistica del mondo. Pareva che, per consolarsi di una nera prospettiva, cercasse colla fantasia una prospettiva ancora più nera; e come il salotto era freddo e il cielo diventava plumbeo e l'acqua batteva ~inistramente sui vetri, non era facile trovare nel mondo qualche cosa che inducesse a più consolanti opinioni. Fu il dottor Tarjan quello che fece per primo lo sforzo di salvare il mondo i e siccome aveva una inclinazione ereditaria al panslavismo, la sua ma• niera di salvare il mondo consisteva nel mettere assieme tutti gli slavi e di schiacciarlo sotto il pew della loro massa riunita. Anche Jan Kollar aveva avuto, ai suoi tempi, la fissazione che, per essere stati tanto tempo schiavi degli altri, gli slavi avessero ora il diritto di redimerli da tutte le ingiustizie, da tutte le cattiverie, di liberarli dall'essere padroni per farla poi loro finalmente da padroni. Ma a queste vcc• chie idee già consacrate dalla storia, il dottor Tarjan ne aggiungeva una nuova : che a questa missione umani taria dell'imperialismo slavo avrebbe giovato formidabilmente il comunismo, sia come mezzo per superare le barriere che si venivano alzando e ogni giomo più consolidando fra le stesse nazioni slave, sia per penetrare impu• nemcntc nel campo degli avversari. Il dottor T arjan correva troppo : Pan Horak, che possedeva un palazzo e due caffè, non poteva seguirlo, e Pan Hlavacek, che come membro ormai delu,;o del partito di Kramàr era geloso dell'individualità nazionale cèca, si mise a citare certi campioni del panslavismo e del risorgimento cèco come Palacky e Havlicek. « Se dobbiamo cessare di essere cèchi >, aveva detto Palacky, e poco importa che diventia• mo tede~chi invece che russi>. E Ha,..Jicck diceva addirittura che, per c~;ere slavi, i cèchi non dovevano di- \'Cntare russi, perché i ru,si non erano i loro fratelli, ma i loro nemici più pericolosi. « Lasciarr.o da parte >, aveva detto Ha\"licck, « ogni idea di parentela con loro; se no, tutto andrà male :t. li dottor Tarjan finì col chiamare in aiuto delle ma!.SCsla"e quelle innu- • merc,·oli dcll'Ac;ia. Fu a questo punto che il Pericolo Giallo cominciò a bat• tcrc alla porta del villino di Smìchov. Anche Pan Hlousck si S\'cgliò. Fino a quel momento egli aveva a\coltato i nostri dbcorsi con un bonario sorriso di compatìmento, occupato a sor- ,·cgliare il fuoco della ~ua pipa. ~fa quando sentì la minaccia del Pericolo Giallo, non potè trattenersi dall'intervenire. P<'r tenerci tr:rnquilli. naturalmente: lui non credeva al Pericolo Giallo. Che coc;a dovevano vrnire a fare i gialli quaggiù, do\'C' non c'era pìù posto neanche per noi? Le più gro,!.e corbellerie pmsçno diventare accessibili alla comprcmione e alla buona fede di tutti; b;,1sta metterle in termini scientifici. li dottor Tarjan, non più col tono di prima, ma coll'impi.l~sibilità di chi non è c;olitnlasciaN:i ,·incere dalla f,:ata,ia, mi~c allora il Pericolo Giallo in te1mini economici, lo riduso;e, cifre alla mano al pc:icolo di una spietata concorre~za, cui non avrebbe potuto rc,;i,;tcre né l'America né l'Europa. In que,ti termini, il Pericolo Giallo la~cia,·a dC'l
tutto indjfTerente Pan Hlousck, che a\•eva uno stipendio fisso e il diritto alla pensione; ma il dottor Tarjan voleva fan.i bello, quale campione dei cè:chi e della loro missione storica. di tutta l'A~ia schierata alle sue spallé. E vantava come un onore e un privilegio la parte assegnata, secondo lui, dal destino al suo popolo e alla sua patria ; quella di essere la pattuglia di punta della Russia e dell'Asia in marcia nel Cuore dell'Europa, la testa di ponte dell'Oriente in Occidente, il punto del primo contatto, il primo campo di battaglia nel grande conflitto. Pan Hlousek, che s'era messo ad ascoltare attentamente, fece subito una os,ervazione : che in caso di guerra i più sfortunati sarebbero stati gli abitanti delle villette alla periferia di Praga, perché non avevano né cantine profonde per salvarsi dalle esplosioni, né tetti abbastanza alti per difendersi dall'allagamento dei gas. E aggiunse che i padri. di famiglia commettevano un vero delitto a stabilirsi come aveva fatto lui nelle grandi città, dove si risentono più tragicamente le scosse dei granW cataclismi storici. « Oh, se è per questo:,, diceva ridendo con cordiale spavalderia il dottor Tarjan, « i cataclismi storici son proprio quelli che meno interessano la salute degli individui. Voi conoscevate il colonnello Malicek? >. Il colonnello Malicek era stato legionario in Russia col generale Gayda : aveva combattuto contro gli austriaci e poi con:ro i bolscevichi, aveva attra• ver~ato la Siberia, era andato a finire sul fronte francese, poi s'era battuto cogli ungheresi, e come era morto? Era morto qualche gi,orno prima:, in seguito a una pacifica opera.zionc d'appendicite. Pan Hlousek lo conosceva infatti, e appunto voleva chiedere che cosa poteva essere quella pesantezza che avvertiva da qualche tempo al basso ventre, dalla parte destra. E si premeva il ventre con ambe le mani, nel punto della pesantezza. Il dottor Tarjan di fronte alle serie preoccupazioni degli altri, alzava le spalle e rideva come se si trattasse di sciocchezze. « Come, avete paura dell'appendicite? Un taglietto, e pas5a la paura: un tagliettino da niente, che oramai ~an fare perfino gli infermieri :,. « E il colonnello ~1alicck, allora? :,. « Ma quello aveva il diabete! :,. Queste chiacchiere inutili furono interrotte da Pan Hlavacek, che era imp3ziente di trovare una successione all'insopportabile predominio dei Gialli: e la trovava nell'avvenire della razza negra, sulla quale stava appunto leggendo un libro impressionante, o con maggiore probabilità, come sosteneva ,;na rivista americana, in una nuova razza la quale si starcQbe formando proprio in questi tempi nel!'America centrale. ~,fa il dottor Tarjan non voleva farsi dei nemici per la razza gialla : dopo la tesi viene l'antitesi, e poi viene il bisogno di tornare amici un'altra volta sul nuovo piano della sintesi. Egli accettava la liquidazione della raz1.agialla, ma prendendo la rivincita anche sulla razza nera e ~ull'altra che non $'era ancora formata arriva.va al momento in cui l'uomo, bianco, giallo o nero, avrebbe dovuto cedere il dominio del mondo a un'altra specie di viventi, che, secondo certe riviste ingle- ,;i, sarebbe stata quella dei topi o comunque di animali piccoli,;\imi e innumerevoli, fone anche di in<;etti. Le riviste inglei;i ch'e~li citava facevano anzi una gran prop.:ig:rnda prr l'allc- ,·amento dei gatti. « Scmate ~. interruppe Pan Hlouf\ • ~1-« ~· ,, '-' \ (j L I '~ I ; ,r_ ': I • - :. t !1 .. ~ 1 l. _·_-;<"'' ,.Jr' SPAGNA • ISORIZIONI IN UN PAESE lLIOONQUJ8TATO DAI LEGIONARI sck, « il diabete non sarebbe per caso quella malattia per la quale le ferite non si chiudono? Perché ho notato che, se ~i faccio un taglio oppure un graffio... :>. , li signor consigliere invece si rivai• geva a Kreici, studente di scienze, per sapere se si potesse ritenere la oom• parsa dell'uomo sulla terra anteriore all'ultima glaciazione o se invece fosse da escludere che l'uomo avesse veduta la famosa discesa dei ghiacci. Questa, per Kreici, era un'ipotesi da scartare senz'altro, la presenza dell'uomo sulla terra essendo limitata, secondo lui, all'intcr\"allo fra due glaciazioni, e precisamente fra l'ultima avvenuta e quella da venire. « Allora >, disse preoccupato Pan Horak, «ci dobbiamo aspettare la prossima_glaciazione come la nostra fine! :,. « Del rc~to la vita », diceva intanto il dottor Tarjan, . 4' tutta la vita ... >. Eravamo arrivati a parlare della \'Ìta. In fondo il dottor Tarjan voleva consolare la compagnia visibilmente accasciata sotto il peso di tutte quelle sciagure, dimostrare col solito sorriso di superiorità che le loro preoccupazioni erano tutte sciocchezze; ma anche l'idea della vita non riusciva a sorridergli, se non nel punto in cui sarebbe irrimediabilmente cessata. E.gli parlava della degradazione dell'energia : era veramente un uomo che non poteva danii per vinto. Ormai, dopo la degradazione del• l'energia, non c'era nulla da distrug• gcre nel congelato mondo buio e muto; tacevano assorti nell'ombra della sera precoce che ingrandiva malinconicamente quella fredda stanza. Allora parlò Pan Klousek, e la sua voce era un lamento. Parlò dello stipendio e della pensione che non potevano poi ritenersi tanto sicuri se non era sicuro, in quella situazione geografica e politica, lo Stato che :wrebbc dovuto garantirli; parlò della villa che non era al sicuro coi tempi che si preparavano, proprio là alla periferia di Praga; parlò anche lui della vita, ma della vita dell'uomo, che è così poco sicura. legata a un impercettibile filo di !.eta, alla mercè di un graffio e di un bacillo, e dell'avvenire dei figli, che un uomo può lasciare da un momento all'altro a chi sa quale destino, come poveri cagnolini. « Come cagnolini », gemeva. « dei poveri cagnolini >. Poi tacque anche lui. Fuori non piove\"a pili. Di tanto in tanto si diffon• deva un brivido fra gli alberi (chcletriti del giardino, e i vetri allora tremavano leggermente. La ~era già cancellava di là dai vetri gli a,;pctti del panorama: briilava wlo qualche lu• mc. A un tratto s'accese una lunga fila di lumi e face'"a pensare alla malinconia delle "trade do\"C non pa(,;;a nessuno. Il dottor Tarjan guardò l'orologio; erano le quattro e mrz10. « Se non mi sbaglio», dis\C il signor çonsiglirre, « alle cinque cl-,vetc tro- \"arvi al Fenix >. « Oh, per mc... piuttosto Pan Hlousek non doveva andare a prendere i bambini e la signora per condurli al cinematografo?>. « Già :., ,;oi.pirò Pan Hlousek. « è vero. Del rc,;;to ci po~,ono andare anche da (l')Ji». E a~giun~e: « Bi\ogna accendere la luce :>. ).fa non ,i mos~e. E noi ,;;eguitammo a \'edcr biancheggiare. nel buio dell'angolo do\"e ~edeva, la pallida piaz1:a dd ,;;uo\'olto, fermo come quelh d'un morto, e Jr mani che pendevano inerti dai braccioli della poltrona. CORRADO TESTA GLI INNOCENTI A Hyde PaT"k le trincee si ritmpiono d'acqua e di fango. Il parco è quasi deserto e solo qualche raro prc<!icatOTe attira un pubblico di signori seri che ascoltano con I' ombrello apcno. Non si parla più della guerra; ma del resto i londinesi hanno parlato ben poco della guerra. Parlavano di gas venefici e distruttori, di aeroplani fanta.sma che sarebbero giunti a coprire di metallo incandescente la città. Tutti i lettori di Wclls hanno ritrovato il brivido che già avevano avuto leggendo le stragi e le sventure del mondo futuro. Ogni sera Londra•pcr pi1:, d'una settimana ha sentito la min:u:cia di fantasmi tremendi. Insieme ai ricordi delle letture di Wclls sono tornati quelli dei romanzi polizieschi e dei racconti di streghe uditi da ragani. :Ma ora che non si sono avute le .stragi e le rovine, gli inglesi si trovano di fronte a grandi problemi che angustieranno il loro avvenire. La popolazione londinese canina è enorme: fonc nel mondo canino Londra è la città più grande del mondo. Più grande di . 'cw York. Per alcune stttimane i cani londinesi sono rimasti sotto la minaccia dei gas: la scitnza non ha s:iputo soccorrerli; la tecnica moderna non si è mostrata adatta alla situazione. I fabbricanti di maschere avevano si pensato alla speculazione delle maschere per i ca[\i, ma l'affare è fallito. Il cane è ancora indifeso contro le minacce del ciclo. La maschera antigas, infatti, si è mosirata inadatta al mondo canino. Come si sa i cani hanno sempre il naso umido, cd è in ciò la loro salute. La maschera, udugando questa umidità, finisce col produrre la soffocazione. Si aggiunge poi la bava della btstia sofftrcnte; trcm~ndo il destino dei uttus, dei bulldogs, dei ,o,J.ers, dei pechinesi in tempo di guerra. Le vecchie inglesi hanno pianto, si sono disperate: hanno implorato Chambcrlain ; forse si sono inginocchiale d:wanti all'arcivt"scovo di Canterbury. Mai ad esse la guerra era apparsa tanto orrenda come sotto quella minaccia di cani soffocati. Si sono visle donne baciare le loro piccole bes1ie come per prt'pararsi a un supremo addio; poi, una vera campagna per la sah'czza dei cani si è iniziata decisamente. I fat1ori di ville disabitate hanno ricevuto dispacci misteriosi, dove si annunciava l'arrivo di ospi• ti che avrcb~ro dovuto trovare nei campi e ncJle foreste la loro salvezza. L'idea di un grandt: conc~n1ramen10 di cani ha ar• riso a molti inglc5i. Agenzie si sono improvvisate per dare ai proprietari tutte quelle garanzie ncccqaric a chi vuole affidare ad estranei un cuerc tanto caro. Poi, all'improvviso, rc~odo dei cani è cominciato: ,i sono viste lunghe file di pechinesi e di levrieri avviarsi HnO la campagna. ~fa chi accompagnava gli animali non a\Cva l'aspcuo di chi si ripromeuc una bella passt~~iata o addirittura una p:utita di caccia. Dimenando la coda fcstevolmcntc, i cani non facevano che accrescere l'amba• scia delle vecchie signore ; le quali si tro- • va\ ano le lacrime agli occhi nello scoprire quanto mai grande era l'innocenza dei pro• pri cari. Era un ben meno corteo. Ciun1i al principio della campagna, i cani hanno tentalo invano di sfuggire al guinzaglio, poi compresero che non si tra1t3\ a d'un consueto viaggio all'aria aperta: cosi cani e padroni si sono avviati mesta· mtntc \·crso le prime fattorie. ~la. r improvviso sopraggiungere della tranquillità, ddla pace là dove l'animo era ormai inclina10 alla disperazione della guerra ci impedisce ora di descrivere quello che ~arebbc stato il piano per la difesa dei cani. Il paese ha trepidato lunghe «:ttimanc pèr il ftdt:lc amico dell'uomo. Si atttndtva la nuova strage degli innocenti e l'anima si riempiva di orrore. Le vecchie ingltsi hanno pianto pensando che per un capriccio degli uomini i loro pechinesi, i loro cot:ktrJ potevano morire in questo piovoso autunno londinese. STORIE BREVI Un signore inglese fu avvertito che, in seguito alla esplosione di una caldaia, il suo segretario era stato fatto a pelli. e Andate>, disse a qualcuno con voce commossa, e andatt a cercarmi quel pezzo del suo abito dov'è la chiave della mia automobile >. ti vtcchio Samuele stava per morire. A1torno al Ictio si trano raccolti i familiari per sentire le ultime parole del moribondo. /,d occhi chiusi, il vecchio sillabò con \"O• ce fievole: e Sara, moglie mia, dove sci? >. < Qui, Samuele, vita mia >, rispose Sara tra i singhiozzi. < Rebecca, figlia mia, ci sci anche tu? >. < Sl, padre mio >. < E anche tu, '.\iosé, gcntro mio, sci qui?>. e SI, padre >. Allora gli occhi del moribondo si aprirono improvvisamente: e E chi bada al negozio?>. Una ricchissima americana malata di snobismo aveva invitato recentemente in una sua proprietà, presso New York, un conferenziere inglese di passaggio. Gentiluomo impeccabile, di modi perfetti, l'inglese aveva una urana mania: presentava il suo cameriere a tutti gli ospiti della padrona di casa. Offesa, qucsia infine protes1ò: e Non siamo poi tanto democratici, in America, sapete! Sono cuta che non presentereste quell'uomo ai vostri amici, in Inghilterra! >. e No, cerio, signora >, fu la risposta del conftrtnziere, e ma il mio cameriere è una persona simpaticissima e io lo conoscevo bene prima della crisi, in Ingh.iltcrra. Sono stato al suo servizio per tre anni>. Un ~spcttore va a visitare un manicomio ultimo modello: fra l'altro vede una piscina ove i ricoverati si esercitano ai tuffi dal trampolino. L'ispettore che assìslc da lontano all'esibizione dei matti nella piscina sì congratula con il direttore: e t vcr'amcntc lodevole >, dice, e che i malati facciano i bagni e si divertano nei tuffi>. e Vedrà domani >, interloquisce un assistente, e quando vi sarà l'inaugurazione e vi metteremo l'acqua per davvero! >. CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla naru•tone d1un ratto qualslast, realmente accaduto a chi acrtve. La narrazione non deve superare le tre colonne del giornale, e deve e11er$ invia.La. scritta a roaccbtna, da una. aola part.e del toruo. Orni narradone pubbltea.t.a., secondo l'ordine di arrivo e d'accettaztone, verrà compensata con Lire 600 (cinquecento). - I da.ttUoscrttti non accet.- t&t.l non 11rut.1tui1eono. - Per la va.ll- :h~n~~u:t::e:;~o:: 1 :g~~~i!::i1~~ sulla buata. CONCORSO PERMANENTE Alla Direzione di OMNJ-BUS Piazza della Pilotta, 3 ROMA PERCHÉFU PER SCOPPIARE LA GUERRA? f.'fl El pochi giorni che intcrcorstro fra il 8J 12 e il 29 settembre la pace fu salvata due volte. La prima quando Chamberlain si recò, e messaggero volante di pace>, a Bcrchtcsgaden. Egli stesso, nel discorso che pronunziò ai Comuni il 28, parlando di quel suo primo viaggio, diuc: e lo non ho alcun dubbio, ora, guardando indietro, che solo la mia visita impedl una i~vasionc, per fa quale tulto era pronto>. Dopo Bcrchtcsgadcn fu rcdatlo un e piano anglo-franccst > e il governo di Praga fu persuaso ad acctttarlo. Per alcuni giorni l'accordo sembrò raggiunto. ~fa il 23, a Godcsbcrg, sopravvenne la rottura. Per sei giorni il mondo fu sull'orlo dell'abisso, finché iL, 29 la pace fu salvata una ~conda volta e definitivamente a Monaco, grazie al provvidenziale inttrvcnto di ~fossolini. Qui, ci proponiamo soltanto il seguente problema: in che cosa il piano di Hitler differiva dal piano anglo-francese? Ossia perché nei giorni dal 23 al 29 settembre fu pe1 scoppiare la guerra? BEROHTESGADEN fl.\ CRISI entrò nella fase acuta il 12 setl.!:J tcmbrc, col discono di Norimberga. Fin allora si era discusso sempre sulla base del cosiddetto programma di Carlsbad, il quale (giova ricordarlo) avrebbe )asciato del tuuo illesa l'intcgri1à territoriale dello Staio cccoslo,,acco. Quel giorno, per la pri• ma volta, Hitler domandò per i tedèschi sudctici il diritto di au1odc1crminazionc; il che equivaleva a domandare la secessione. Il problt'ma, quindi, da quel momento mu• tò radicalmente. Due giorni dopo, il 14, Chambcrlain telegrafò a Hitler, il 15 par1ì in aereo, conferi con Hillcr a Bcrchtesgadcn e il 16 tornò a Londra. I risultati del convtgno furono, per il momcn10, tenuti scgrtti. Due giorni dopo, il 18, Daladicr e Bonnct giun,cro a Londra e Chambcrlain li informò. In sostanza, Hitler aveva domandato l'immc~iata incorporazione dei Sudcti al Reich ; altrimen1i avrebbe marci.ato. e In termini cortesi, ma perfettamente definiti >, raccontò poi Chamberlain ai Comuni, e Hitler mi dichia~ò di avtr deciso che i tedeschi sudctici dovessero avere il dirì1to di autodcttrminat.ionc e di tornare, se lo dcsidera\•ano, al Rcich. Se essi non a,,csscro potuto ottenere questo con le loro forze, egli li avrebbe assistiti ; e dichiarò categoricamente che era preparato a correre il rischio di una guerra mondiale, piuttosto che aspettare >. Si disse pure che Hitler avesse fissato un termine per la risposta anglo-francese: mercoledl 2 1. Si era al 18. Quando udi questo, Daladicr scattò: e Voi parlale di un piano tedesco>, disse a Chambcrlain. e Io lo chiamo un ultimatum>. Piano o ulti-iatum che fosse, il giorno dopo (19 settembre) i governi di Londra e di Parigi lo trasmisero a Praga. Praga rispost il 20, proponendo l'arbitrato. ~fa nella notte dal 20 al 21, alle 2, i ministri d'Inghilterra e di Francia si recarono dal presidente Bencs. E il giorno dopo (il 21), il governo di Praga accettò incondizionatamente. E il ministro britannico a Praga co• municò a Bcncs che e il governo di Sua Maestà britannica era profondamente consapevole degli immensi sacrifici, che il governo cecoilovacco aveva accc11ati, e del grande spirito pubblico, che aveva dimostrato>. GODESBERG fl L 22 il Primo Ministro britannico partì U di nuovo in aereo per la Germania e si incontrò con Hitler a Godcsbcrg sul Reno. Discussero dapprima della garam.ia. Poi passarono alle altre proposte. Subito Hillcr disse che non poteva accettarle perché troppo dilatorie e insistette per una solutione immediata, in considerazione del 1crrorismo cèco. Le con\•crsazioni furano in1crrotte. Cham. ~rlair riuc a Hitler una lettera, che è ora pubblicala nel Libro bian&o inglese sono il n, 3. Hitler rispose con la lettera n. 4 del Libro bian,o. Chambcrlain scrisse una nuova lc1tcra (n. 5 del Libro bian&o) domandando un memorandum. E il memorandum, insieme con la carta geografica allcga1a, gli fu consegnato la sera, alle 10 e mezzo, quando si recò da Hitler per il colloquio finale. e Per la prima volta>, ha raccontato il 28 settembre Chambcrlain ai Comuni, e trovai nel memorandum un 1crminc >. E poi• ché la rottura era già avvenu1a la mattina, è cviden1e che non era a\!venuta per il termine. e Allora>, rifcrl ancora Chambcrlain, e io parlai con grande franchezza ... Dichiarai che il linguaggio e lo stile del documento, che definii un ultimalum piutt0SI0 che un memorandum, avrebbero profondamente urtalo la pubblica opinione nei pac!i neutrali e rimproverai amaramente ,1I Cancrllicrc di non corrispondere in alcun modo agli slor7i che avevo fatti per assicurare la pace >. Cosl riferì Chambcrlain ai Comuni. ~t:i. Hitler, nel discorso allo Sportpalast del 26, illustrò il suo piano in modo ben diverso: e io ho ora trasmesso al governo britannico un memorandum con la mia ultim:i e dcfinith•a propos1a. Questo memorandum non contiene altro che la realiuazionc di quello che il signor Bcncs ha già accettato >. Come si vcdc, la con1raddizionc fra Cham. bcrlain e Hitler non poteva essere più completa. Per l'uno il memorandum conte• ne\"a proposte del tutto nuove; per l'altro non conteneva che propos1c per la realiuazionc di quanto era stato gi3. convenuto. Quid ul vuilaJ? IL PIANO HITLER fl L memorandum di Hitler proponeva l'imU mediato distacco dalla Cecoslovacchia della 70na segnata in rosso sulla carta. Questa rona comprendeva tutti i tcrri1ori nei quali, secondo Hitler, i tedeschi sudctici sono più del 50 per cen10 della popolazionr, e alcuni territori addizionali. Qucsta zona doveva essere completamente evacuata dai funzionari e dai mili1ari cèchi cn. tro il ,• ottobre e, ntllo stesso termine, doveva essere occupata dalle truppe tede• schc. Un plebiscito si sarebbe do,•uto fare in novt=mbrc e, secondo i risultati di esso, sarebbe staia tracciata la frontiera definitiva. Un'altra zona, sulla caria, era segnata in verde: il e 1crri1orio dubbio >. Qui sarcbbt'ro rimaste le truppe cèchc. Poi vi si sa• rcbbc fatto il plebiscito. Al momento del plebiscito, così le truppe tedesche come le cèchc sarebbero siate ri1ira1c dai ltrritori contesi. Queste, all'incirca, le proposte del memorandum. Posto che il principio così detto dcll"autodctcrminuionc de 11 e popolazioni era siato cost accollo, il problema da esaminare è se le propostt' fossero un'applicazione del detto principio o una violazione di esso. LA NOTA O.!:OA f1 \ CRITICA più ampia del memoran• l!!) d1,m di Godcsbcrg fu fatta in una nota cèca del 26 settembre. In c~sa si rilevava che, se il piano di Hitler fosse stato accolto, il futuro Stato cccoslo,·acco sarebbe rimasto prh·o di difese, povero di indus1ric t di materie prime, ccc. Que\te obiezioni non ci riguardano perché il principio dcll'autodett:rminazionc può portare a queste conseguenze. La parte per noi più importante della critica cèca era quella che ora esporremo. Hitler aveva distinto un e ttrritorio rosso>, che doveva cucrgli con. segnato il ,• 01tobrc, e un < territorio verde >. La nota cèca obiettava: A} che il e territorio rosso> sorpassava largamente le conccs'5ioni anglo-francesi, perché, mentre queste facevano passare al Rcich 382.000 cèchi, Hitler st ne prendeva fin dal ,• ottobre 836.000; B) che nel e territorio verde > c'erano 144.000 tedeschi e 1.116.000 cèchi; e poi• ché il plcbisci10 si sarebbe do\•uto fare in tutt·c due le rone insicm,., i voti cèchi della zona verde sarebbero stati sopraffatti dai voli 1edcschi della zona rossa e, quindi, il e tenitorio verde>, benché quasi interamente cèco, sarebbe stato attribuito al Rtich. Meniamo, per un momento, da f'' rtc l'obiezione sub A; cc ne occuperemo in ultimo. Quella JUb B appare indubbiamente lo. gica cd equa e il tt"sto dd memoiandum in: duceva a credere che Hitler vcramcr.te intendesse fare il plebisci10 nel modo sopra dcscri1to. ~,fa quel giorno stesso, 26 srttcmb1<', nel discorso allo SportpalaJt, Hitler rispos(': e Io sono cd ero disposto a che si factuc un plebiscito in tutto il territorio; ma a ciò si opposero il signor Bcnes e i suoi amici ; essi volevano che il plebiscito si fa.. ccssc sohanto in alcune puti. Bene, io ho ceduto>. E allora? Allora che cosa del memorandum di Hitler era incompatibile col principio dtlrautode1erminazionc? E per che cosa si sarebbe dovuto fare la guerra? OONOLUSIONE f.'(10~ per il termine. Noi sappiamo che UJ la rottura avvtnnc al mauino, mentre la pretesa del termine spuntò I.i sera. Oltre di che ripugnerebbe al più elementare buon senso ammettere ohe Hitler e Chambcrlain, essendo perfettamente d'accordo l'uno ntl prendere, l'altro nel ccderc un certo territorio cèco, stt"5scro per scatenare una gucrr.a mondiale solo perché l'uno volc, 1a prendere il 1° ottobre e l'ahro voleva cedere entro alcuni giorni. La divergenza vera, dunque, era sul quan• tum. Chambcrlain e Hitler erano d'accordo sul principio: trasferimento del territorio prevalentemente tedesco. Ma per l'uno era e prevalentemente 1cdcsco > un cerio territorio, t: per l'altro un territorio molto rnag• giare. Fu detta una questione di procedura. La semplificazione era eccessiva. Una questione di procedura che imolgcva la sorte di mezzo milione di cèchi e, fonc, di altrct• tanti tedeschi. La nota cèca sollevava, come abbiamo vi. sto, la qu~stionc, ma non forni,•a clementi per risolverla, Diceva: nel e territoT"io rosso> ci sono 836 mila cèchi. Ma quan1i tt"· deschi? Perché se c'era un solo 1tdcsco di più, avc\a ragione llitler di dire che le sue richieste erano !"applicazione del principio dell'autodetcrminationc ; e se erano più numt'rosi i cèchi, aveva ragione Cham• berlain. :Ma, su questo punto, Praga taceva. Dunque aveva torto. RICCIARDETTO Ano li . N. ,U - 8 Otlobre 1938-:nr :1 MNIBUS. SETTIMANALEDIATTUALITÀ POLITIOA E LETTERARIA ESCE IL SABATO IN l'l-16 PAGINE ABBONAMENTI Itallae Impero: anno L, 42, umutre L. 22 E.tef(II anno L. 70, 1tmutre L. 36 OGNI NUMERO UNA LIRA ?1h.nnorittl, dhegtil , fotografie, t.nt1be H non pubhlluti, DOU 11 rutitDIICQDQ, Dtrulou,: Roma • Pin11. dellt. Pllt1tta, 3 TeitfcDO N',66.470 Amm.1Dlltrulon1: Milano• Piant. Culo Erba, 6 Telefono N, 24,808 Pubblicità: Per ml.111metrodl t.ltu11, bue ona colonnt.1 L. 3. Rlnlgeul all'A1eiui1 O, Breaobl Mil1no 1 Vla Sal•inl, 10, Telefono20-907 Parigi1 661 Ruedo FanbonrgSaint-Honc~ I!
l\•IERICA, caldo umido. Passata la barriera afosa del G11lfStream si entra in un'atmosfera di bagno di vapore e si sente subito, per reazione, una violenta nostalgia d'asciutto, di tronchi d'olivi toscani ed anche di sigari toscani; questi ultimi poi si desiderano tanto più che tutto il piroscafo ~ impregnato di quell'odore antipatico di tabacco anglosassone che sa di miele e di fichi secchi. Un mio compagno di bordo che si recava in California, ove dirigeva una importante ditta per la fabbricazione del falso Chianti e del falso Barolo, aveva più volte parlato dello spettacolo veramente eccezionale che si presenta al viaggiatore quando la nave giunge in vista della città di Nuova York, cd aggiungeva ogni volta: • Purché non ci sia la nebbia!,. È strano, pensavo, io, come le persone comuni e di cui il pensiero non è sovente occupato da questioni artistiche, poetiche, spirituali o, comunque, intellettuali, parlino spesso e volentieri delle bellezze della natura o delle città, dei panorami, ecc.; spesso in pensioni cd alberghi che si trovano in luoghi di villeg~iacura si vede scritto: • magni.fico panorama, splendida vista sul lago,, ecc. Io, per conto mio, tanto in campagna quanto in città, non ho mai desiderato, aprendo la mia finestra, di trovarmi davanti ad un • magnifico panorama• o di godermi una • splendida vista• sopra un lago o altra cosa. Per la gran gioia del mio compagno, quando si giunse la nebbia non c'era, e le bianche regolari e geometriche costruzioni di Nuova York apparvero così come le avevo viste tante volte al cinematografo, prima lontane poi più vicine sull'Oceano tranquillo e liscio, simile ad un immenso stagno. Visione di città antichissima, abitata da uomini giunti già lontano in fatto di progresso meccanico. Delle nuvolette di vapore, delle spirali di fumo uscivano dalla cima e dai fianchi dei grattacieli; mi pareva che qualcosa cuocesse o bollisse laggiù, mi pareva come di sentire un ronl'.:ioa traverso un vetro, dei rumori vaghi, come un lontano picchiare con bastoni su materassi. La mancanza di secco in America sta in rutto, non solo nell'aria; non si ode mai un rumore, un colpo secco; ovunque vi è qualcosa d'imbottito. Pare come se anche i metalli ed i corpi più duri siano diventati morbidì, tepidi ed umidicci e, cascando per terra, debbano fare un rumore come d'un corpo molle che urta una superficie molle; le strade, infatti, ed i marciapiedi non sono duri, ed anche gli autobus sono morbidi e le rivoltelle nere dei poliziotti scmbran fatte di gomma; conseguentemente, per associazione di idee, si finisce col vedere tutto un po' deformato e storto poiché si ha sempre l'impress.ione che qualunque cosa si tocchi, la porta d'un ascensore, il muro d'un grattacielo, la seggiola metallica d'un ristor,·1te automatico, si debba infallantemente creare dei buchi, delle prominenze, lasciare l'impronta della propria mano; se un veicolo si ferma e poi riparte si ha J'impressione che il terreno, là ove è stato fermo, si sia un po' sprofondato; quando, in seguito agli ingorghi dovuti all'intensissima circolazione, si sciolgono dense agglomerazioni di veicoli e di pedoni, si ha l'impressione che automobili, tranvai, ecc .. e uomini. donne e bambini, tornino•a circolare e se ne vadano di nuovo per i fatti loro, chi con una gobba, chi con una cavità nella schiena, chi con una tibia raddoppiata. cl;ii con un fianco scavato, ed anche i veicoli sembrano uscire da quella calca deformati con ruote più grosse da una parte che dell'altra, sportelli che rientrano, oppure convessi come i fianchi d'una bombola. E allora tu odi un appena percettibile rumore, un vago rumore sordo, molle, come di immense mani d'un fornaio gigante che lavorasse, mestasse e rimestasse senza posa una pasta morbida, umida cd attaccaticcia. Tutco ciò concorreva a darmi, sin dal pnmo giorno del mio arri\·o, l'impressione del sogno cd anche d1 essere un po' mono. Per uscire da questo sogno, da questa mezzanotte, per svegliarmi, pensa\'0, devo andare dall'altra parte, de\·O di nuovo yarcare la lunga e calda barriera del G11lf. Stuam. ;\la capita che anche nel sogno talvolta noi sappiamo che so- ~niamo e ciò ci dà una certa sicurezza ed una gran libertà di mo\'imento {tutt0 è permesso, pensiamo). Facciamo tante cose. partiamo e torniamo, e quanto non possiamo fare imma~miamo di farlo con più forza che allo stato di veglia. Passe$(giando per le \·ie di ;\Tuo\·a York m'immaginavo di sollevarmi a volo, di nuotare nell'aria, come si fa m sogno sino ad una certa età, ché più tardi è una facoltà che si perde. :'\l'immaginavo di nuotare per aria a ranocchio, alla marinara, coricato sul dorso con 11volto riguardante il cielo, l'azzurro e le nubi di i;porno, le stelle di notte, come l'Uomo d1 cui parla Ovidio. :'\l'innalzavo così .fino a certi balconi romantici e verti~inosi che sporgevano paurosamente dal fianco d'un edificio all'altt:zza d'un venticinquesimo piano. Là mi sarei meuo a spiare attraverso 1 vetri sprovvisti di tende e d1 cortine. Bisogna notare che m America vi è una avnrsione per le pen,iane, le tende, le cortine, i vetri colorati, insomma tutto SOUTHCHICAGO(U, 8, A,)· OPERAIOLEOOERMENTEFERITO IN ONOSCONTROOONLA POLIZIAESIBITO A SCOPODl PROPAGANDADA ON AOJ'JATORE ciò che può conferire dell'intimità ad un ambiente e far sl che chi ci si trova abbia l'impressione di sentirsi riparato da ogni sguardo indiscreto, da ogni incomodo che potesse venirgli dal difuori. Cosi spesso di notte gli appartainenti, le camere rischiarate sembrano, viste dalla strada, grandi vetrine di negozi e di bazars. Non ho mai capito perché gli americani e gli anglosassoni in genere, che tanto parlano del home, non sentono questo primordiale bisogno insito nel più umile contadino italiano, di sprangare le porte, chiudere le persiane e tirare le tende quando rientra in casa. La notte, dunque, i grandi appartamenti delle vie del centro, luminosi sul fondo cupo della notte, sembrano vetrine con dentro esposti personaggi eleganti, immobili e sorridenti, ma con i quali tu non potrai parlare mai, né mai loro potranno udire la tua voce e rispondere alle tue domande. Essi vivono di qua e di là del tempo, ma non nel tempo, ed il loro sguardo ed il loro sorriso e tutta l'espressione del loro volto di fantasmi è l'espressione di coloro d,e sanno cl:e 110,i c'è nulla da sapere. Non hanno mai uduo parlare degli ultimi giorni d1 Pompei né della notte dì San Bartnlomeo; non sanno che cosa sia una colonna dorica, una macchina a \·apore, un campo arato, un ponte dì ferro. >J'on sanno ove essi si trovano né donde tu vieni; non ti possono far capire, parlandoti della prospettiva, le vanazioni prospettiche che tu avresti seguendo questa piuttosto che quell'altra regola; essi non possono o, meglio ancora, non det·ono meditare su tutto quello che h circonda cercando di trarne il remoto hnguags;io; sembra che ti dicano senza muovere le labbra né battere ciglio: Quando avrete imparato ad ascoltare la voce delle cose, allora voi comù1urete a saper disegnare•. E sembra che ti dicano ancora: Ricordati che alla bruna parola natura morta, con la quale oggi classifichiamo in pittura la raffigurazione degli animali morti e delle cose inanimate, corrisponde_. in un'altra lingua, una parola ben più profonda e vera e ben più gentile e pervasa di poesia: t:ita silente. Ascoltare, intendere, imparare a esprimere la voce remota delle cose, questa è la strada e la mèta dell'arte•. E quando questo muto discorso è finno allora tu lf vedi sorridere ineffabilmente guardando le tue tempie, i tuoi zigomi, l'angolo delle tue spalle, le tasche laterali della tua giacca, insomma ti guardano con quello sguardo indeciso che non imbrocca mai 11 centro dell'essere o dell'oggetto e che oggi s1 può osservare in molti di quelli che si occupano di pittura, specialmente quando si tratta di pmura moderna, ogniqualvolta essi si trovano di fronte ad un quadro. A :'\uova York il soffio di metafisica più potente si sprigiona dall'architettura; questa è la cosa più sorprendente e, non fosse che per questo, vale la pena di traversare l'Oceano e di soffnre il mal di mare. Negli edi.fici, nelle case di Kuova York ho trovato ciò che io stesso ho sentito ed espresso in una parte della mia opera di pittore: l'omogeneità e la monumentalità armonica formata da elementi disparati ed eterogenei. Come nei miei Afanichini ud11t1 salgono e s'abbarbicano lungo il tronco dei personaggi sprofondati nelle poltrone o riposanti sopra i plinti e gli sgabelli, marosi immobili, turchini cd incappucciati di schiuma solidificata, acquedotti rovinati, templi chiusi ad ogni liturgia, frammenti di colonne antichissime accoppiati come amici inseparabili in mezzo a terreni spazzati da tanti e poi tantì eventi storici che l'auriga Destino ha guidati con polso fermo ed a briglia tesa, pini marittimi m uno salubri e malefici, alte ogh·e di tristissimi ospizi e figure araldiche, custodi inesorabili di vecchie fedeltà e di vecchie nostalgie; come nella chiesa d1 San :'\larco, a \'enezia, tu trovi le screziature, i colori, le curve, le spirali. gh archi ed i circoli di tutti gli suh che insieme formano un blocco compatto ed altamente suggestivo, cosi nelle costruz1on1 di :S-uova York tu ritrovi il dramma di tutte le costruzioni a traverso gli anni, e c'è la torre medievale ed il cottage inglese, c'è il tempio greco e la chiesa bizantina, c'è l'arco romano cd il castello della Loira, c'è il palazzo fiorentino ed il palazzo \·encziano, e tutto ciò attaccato pezzo a pezzo con somma maestria, tirato su, levigato, sfumato, velato, fuso. amalgamato, insomma presentato benissimo che non c'è propno nulla da dire. Questo è un lato dell'architettura di :\'uova York; c'è poi l'altro lato, quello dcll'arch1tettura dei grattacieli o di que~li edifici enorm.i che, pur non essendo dei veri i;<rattac,eli, impressionano per le loro eccezionali proporzioni. f.: soprattutto su questo secondo lato che passa Il soffio enigmatico del pomeriggio d'autunno; la serenità nostalgica e nietzcheana delle costruzioni raschiar:ne dal sole dell'autunno, soffuse di quel chiarore di convalescenza che ciclo e terra hanno dopo il febbrone dell'estate. Là tu puoi vogare con lo spirito sino alle p1l1alte sfere, sino a quelle sfere ove non sono mai giumi nemmeno qut.i personag({1 poderosi che la stona, ormai e da tempo, ha claM1ficat1 come giganti del pensiero e di cui tu trovi l'effigie, unitamente ad un pezzo più o meno lungo d1 biografia, nella parte storica dei dizionari illustrati. L'albergo Pierre nella Quinta Avenue, m quella larga ed elegantissima strada che segna la frontiera tra la parte est e la parte ovest di ~uova York, è il protoupo di queste costruzioni altamente liriche e metafisiche. Delle vaste terrazze ornate di_statue, ~elle orifiamme dai colori tcncn o ardenti e che in cima all'edificio sventolano ai soffi dell'Oceano, conferiscono a quest'albergo tutta l'immensa nostalgia di certe vaste pitture della scuola• veneziana, Tintore1·0 e Veronese; cieli alti ed orizzonti lontani, e l'altra parte del cielo. l'altra parte del mondo che si scorge o si presenta attraverso gli archi o il vuoto degli intercolunnì, a traverso le finestre aperte sull'acre sereno, a traverso le finestre che si trovano sul lato dell'edificio nascosto al tuo sguardo, ma per le quali tu puoi \federe ìl cielo e le nubi fuggenti poiché esse stanno sulla linea visuale della finestra posta sul lato che ti sta di fronte. Parti di mondo che si presentano dietro i muri alti, E dentro tu sai che l'albergo è pieno di cose belle ed eleganti; tu sai le opere d'arte, le scolture polite, i quadri nelle larghe e belle cornici dorate che ornano e decorano superbamente i vasti saloni e gli ambulacri carichi di stoffe e di grevi tappeti. Nei pomeriggi di settembre queste nostalgie giungono a tale dolcezza che diventano consolazioni ineffabili, ed allora finalmente riesci a capire i I canto solenne ed ermetico dei circoli (intendo dire i clubs) ove schiere di gentiluomint saggi, seduti in splendide poltrone di cuoio, attendono col biglietto in tasca, nei saloni del pianterreno. presso le grandi finestre prosp1c1enti sulle,;;strade brulicanti dì veicoli e di pedoni, l'ora della partenza del piroscafo per l'Europa. Già muniti di tutto e con le valige pronte, e~si sanno che possono essere tranquilli e felici. Sanno che poco prima, nella farmacia tedesca che sta nel quartiere basso, presso il porto, hanno acquistato tutti i tubetti e le scatole e le scatolette contenenti compresse e pillole contro ogni male, dischetti di sostanze medicinali che rappresentano una garanzia per il viaggio nella densa selva del Futuro sempre piena di mali d'ogni genere e d'ogni sorta. Nelle cartolerie essi hanno acquistato taccuini e lapis col sakapunte, ai;t:endt'e penne stilografiche di lunga durata. I [anno esaminato il loro orologio per vedere se funziona bene e s1 sentono perfettamente felici, muniti d'ogni cosa, solidi e leggeri. Del resto, quando tutto è pronto e si sa che non si è dimenticato nulla; quando ci sentiamo completamente tranquilli e felici, proviamo più profondamente la ~ioia della partenza e la nosialgia del distacco. Andiamo a spasso, entriamo nei ristoranti, ci fermiamo davanti alle vetrine dei librai, degli armaioli, dei mercanti di anunali imbalsamati. Tutto è pretesto a punssima gioia ed a profondo divertimento; e tutto si fa col sentimento di essere diminuiti d1 peso; ci sentiamo come de1 :'\lercuri pteroped1 a cui ogni passo non costa fatica, che sfiorano il suolo in isuuo d'impercettibile levitazione, che fuggono rett,lineamente come le lepri meccaniche nelle corse dì veltri. Tn simJli momenti, m sunih pomeriggi quando si sente che si è buttato dietro il sacco gre\•e, la temperatura dell'estate, con i sudori acri e gli odori acidi, con le bucce di cocomero di\'oratc dalle mosche ed il tubetto del termometro dimenticato sul tavolmo da notte, e che davanti a noi si aprono le belle prospettive, le speranze delle giornate brevi e delle camere imbottite di tappeti, di quadri, di mobili e di tanti oggetti e tanti ricordi che ci legano al passato e ci empiono l'animo d'ineffabile consolazione, l'alta metafisica di ì\:uoYaYork ci appare in tutto il suo splendore i ed allora vediamo l'Uomo vestito di pura lana ritto davanti alle vetrine ove dormono stanchi i Dioscuri inseparabili, presso i loro cavalli sfiniti; vediamo l'Uomo Yestito di pura lana, calzato con scarpe munite di duplice, triplice e persino quadruplice suolatura, fermo da\'anti ai muri dietro i quali s'aprono i mari che portano agli altri continenti; vediamo l'Uomo \'estito di pura lana, munito di soprabito, d'impermeabile, di berretto a prova di vento, di paracqua e di guanti,carnminare, senza speranza e senza paura, tra il Diavolo e la :'\lorte, verso le banchine, là ove fumano i grossi piroscafi nen e donde il richiamo insistente delle sirene sale e sale senza posa sotto il cielo terso più chiaro all'orizzonte e nel quale, simili ad ictbergs alla deriva, vogano lente le grandi nubi bianche. Quando tu guardi la natura in questo strano paese il senso del sogno appare più forte. La differenza con la natura europea non è grande e definita come lo è nell'America del Sud, in certe part\ dell'Africa o dell'Asia. Le foglie, gli alberi, le erbe, le.:piante non hanno quell'aspetto mostruoso, ritorto. gon.fio, ipertrofico, tossico, tentacolare, come nel Brasile ad esempio, ma, cionondimeno, sono differenti da quelli dell'Europa, però d1 poco; sono e IJ0n sono quelli; c'è tra loro la differenza e la somiglianza che si nota tra due fratelli o tra l'immagine d'una persona che si vede in sogno e la stessa persona nella realtà. Per esempio, tu guardi un al~cro e ti dicono c.he è una quercia; mfatt1 per terra tu trovi quel frutto tanto suggestivo che è la ghianda, oliva dura incastrata perfettamente nel piccolo ditale di legno tenero, tu trovi, dico, quella ghianda che sin dalla nostra più lontana infanzia ci è sempre stata simpatica come un giocattolo gentile e poetico che si può avere senza rischio né fatica, che non costa nulla e che risveglia in noi biblici ricordi di figliuoli laceri e pentiti che !ji gettan, soffocati dai singhiozzi, tra le braccia paterne aperte nel gran gesto del perdono. i\la quando alzi lo sguardo e vedi quelle fronde e l'anatomia di quei rami, e quando guardi quel tronco tu senti subito che c'è q11alcosache non va. Allora ti ricordi che sei in un altro mondo e la tristezza scende in te. Le albe ed i tramonti sono come in Europa, eppure tu senti che i raggi di quel sole, che è sempre lo stesso, passano a traverso un'atmosfera diversa, cd ogni giorno sei pervaso da uno strano timore, qualcosa come la paura che un giorno il sole non dovesse tramontare più, che si dovesse arrestare sulla linea fumante dell'orizzonte, disco rosso immobile in mezzo ai vapori salenti dall'acqua e dalla terra. Le nubi anch'esse sono le stesse eppure tu senti che per essere vere dovrebbero essere altrimenti. Insomma, succede lo stesso fenomeno che si osserva al cinematografo quando si rappresentano film storici. Quando gli attori in costume si muovono in mezzo a veri paesaggi, l'albero, il campo, il monte, qualsiasi pezzo di vera natura sembra falso accanto al personaggio in costume; e più il personaggio è antico più la vera natura vicino a lui ~embra falsa. Se si tratta d'un uomo del secolo scorso, di sessanta o settant'anni addietro, il contrasto non è cosi forte; un personaggio di cent'anni fa accentua già parecchio il fenomeno, che aumenta quando si tratta di personaggi del Sei o del Settecento; con i personaggi del medio evo è peggio ancora e con i greci ed i romani succede un vero disastro. Ho osservato che in questi casi la discordanza tra personaggio e natura è più forte quando si vedono delle erbe, delle piante e specialmente delle fronde mosse dal vento; si pensa che prima, nei secoli passati, le foglie non si d01.1evanonwooere in qu~l modo. Tutto cambia invece quando si tratta di paesaggi dipinti, di scenogra.fìe; allora tutto sembra vero e 1wt11rale. Pertanto io consiglio, tanto ai registi di casa nostra quanto a quelli di fuori, se non vogliono fare cose stonate e poco intelligenti, di non usare nei film storici che scenografie e di evitare più che sia possibile la natura vera. Quello strano senso di sogno e di inquietudine che alita sopra la natura in America mi spingeva sempre a ricercare gli ambienti chiusi, coperti e riccamente ammobiliati ed addobbati. Cosi, a Nuova York, mi sentivo molto più al sic•.uo nelle sale da pranzo del \Valdorf Astoria, tra gli stucchi barocchi ed i pannelli ps~udotiepoleschi, che per i viali e sotto gli alberi del Centrai Park o sulle spiagge e gli scogli di Long lsland. Su questa netura strana, in quest'aria rarefatta, in questa luce di serra e d'acquario, passano O.cigiorni di festa i suoni delle campane di Nuova York; interi concerti, melodie protestantemente dolci, che invitano alla bontà, alla meditazione, alla preghiera. E nei giardini pubblici, durante i pomeriggi di bel tempo, degli strani scoiattoli dal pelo rado e dalla coda anemica saltano come impazziti tra i piedi dei passanti, con una tal fiducia negli uomini che 11 per Il si potrebbe pensare eh~ Nuova York e tutta l'America sia abitata da milioni di San Franceschi; scoiattoli vengono a mangiare nelle mani dei bambini, si lasciano accarezzare, tirare la coda; le mamme hanno gli occhi umidi di tenerezza vedendo questi gentili spettacoli. E pure tu sai che se c'è que ... sto c'è anche altro e ti ricordi che poco prima passando accanto ad un'edicola hai visto una magnifica fotografia sutt. eo-":' pertina di un settimanale. illustrato, che rappresentava una strada davanti a una banca; dei cadaveri di banditi, ucci1i dalla mitraglia della polizia, giacevano co,.. peni con un pezzo di tela chiazzata di sangue, tra le vetture tranviarie e le auu,. mobili ferme tutt'intorno, e dei passann, dei fanciulli ~imìli a quelli che offrono le nocciuole agli scoiattoli, guardavano sorridenti cd incuriositi quei corpi inerti, come avrebbero guardato dei balenotti arenati sopra la spiaggia d'un luogo di villeggiatura. A ~uova York i cani ed i bambini sono onnipotenti. A forza di essere amati, accarezzati, adulati, pregati, curati, protetti, perdonati, 1opportatì, ammirati, in tutti i modi e tutte le maniere, i canì hanno cambiato completamente aspetto; hanno persino un'altra espressione; sono indifferenti, sprezzanti, prepotenti. Se vuoi accarezzare un cane quello brontola e s 'al- i lontana e ti puoi considerare fortunato se ' non ti dà un morso; se il padrone lo chiama quello Tfon viene; se lo invita a giocare con lui, se gli lancia una palla per- ; ché la pigli, il cane si siede comodamente 1 1 per terra, mette il muso tra le zampe anteriori e non si muove più. Anche lo sguardo di quest'animale, tradìzionaJ. mente amico dell'uomo, è differente in America; ha qualcosa di annoiato e di distante. I bambini calzano i pattini a rotelle e via come pazzi, con un chia~-.o infernale, in mezzo ai marciapiedi, pc-r le vii! del centro, là ove la folla dei passa·1ti è più densa: passano in volata, a risctHo di mandare a gambe per aria un pac-iJ:,o pedone i delle persont" anziane, delle , 1-ç. chic signore che deambulano con dei bastoni, rabbrividiscono di spannt., al passaggio di quei diavoletti di cui akuni raggiungono un metro e ottanta di lunghezza, ma tutti però si scansano con rispetto e premura, <' sorridono con an ..,- rosa indulgenza, In autunno ci sono i periodi delle pio~- ge torrenziali. Il paracqua più resistente, e persino l'impermeabile col cappuccio, non servono a nulla. :--l'uova York è lavata da capo a fondo; le vie dritte che scendono al fiume si tramutano in torrenti rettilinei, ed 11 vecchio lludson si tinge di ~rigio e sotto le raffiche di vento violentissimo sembra come se entrasse in ebollizione per effetto d'una caldaia sotterranea. :\la dopo questi nubifragi, che portano la notte a ml:ZZogiorno, tornano nel ciclo lavato i canti profondi dell'autunno. Di nuovo sulle alte terrazze dell'l-i6tel Pierre le onfiamme dai colori ardenti o teneri sventolano ai soffi dell'Oceano ed allora tu puoi ascoltare il ri• chiamo della città lontana, della città vo- : gante, della città tranquilla, della cittàfantasma, ove giungono, come ~tanchi uccelli migratori, i ricordi di quel mondo lasciato laggiù, il ricordo di quel vecchio mondo, di là dal vasto mare. GIORGIO DE CHIRICO
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