( IL·SORCNIOELVIOLINO) ~ij[!)[!:~~~ ~ EL t929, sulle ,;cene del Teatro DI Reale dell'Opera, vennero date tre recite dell'opera Fidelio di Beethoven, che da qu:uant'anni non si era più rappresentata a Roma. Le ragioni di questa lunghi~sima interruzione è logico attribuirle allo scarso successo ottenuto dall'opera. la quale ci apparve, anche nell'ultima edizione del Reale, troppo uguale e monotona nella sua fattura, e disseminata di pregi esclusivi e inerenti allo stile "infonico. Qui torna. acconcio riaffermare che l'opera è nata in Italia, dove ha trovato il ,;uo clima. Soltanto i musici-.ti italiani, dal Settecento ,;ino a ieri, hanno pos:.eduto il segreto della teatralità, e il genio cstcmpor;inco che ci vole\"a per creare un genere d'arte così \"Ìvo e straordinario. I tedeschi sono sempre stati grandi co~truttori che procedono dall'interno. Le loro architetture sono più razionali, ma meno artistiche delle nostre; cs<1i non sanno fare una facciata che \i animi nella luce della ribalta, scomparendo sui suoi tratti ogni traccia di lavoro. Beethoven ha tr:1sfcrito, dalla sinfonia nel teatro, la sua densa e vigoro<1a disciplina di musicista. ~Iovcndo i cantanti sulla scena allo stesso mod0 con cui muoveva gli istrumenti in orchestra, questo gran giuocatorc di contrappunto ha confuso palcoscenico e orchestra in uno stesso procedimento elaborato e sapiente. I ~uoi personaggi sono cantori da oratorio 1 non figure di vero teatro. .'.'lei Fide/io ogni romanza di\·cnta un adagio di sonata, un concertato di voci, un quartetto istrumentale, e se i cori si aggiungono ai solisti, il brano assume l'aria d'un tempo di sinfonia. Considerata musicalmente, l'opera contiene da cima a fondo pagine alte ! altissime: è sempre interessante. Tut- ~vi.1.. nel fuoco della ribalta, diventa compassata e grigia, perde rilievo e • calore. Non le giova la rappresentazione. Avevamo avuto l'imprudenza di scrivere in quell'occasione: e A proposito di Beethoven Ja fedeltà ci è diventata un peso; ogni giorno che passa cc la rende sempre pilt insopportabile. Yleglio dunque essere infedeli e riconoscenti. t con questa riconoscenza che noi prendiamo congedo da lui. Un congedo forse provvisorio>. Quand'ecco che l'altra sera, invece, nei locali della Radio di Roma, poter ..no constatare de visu di quanto splend~re rifulga questa partitura del Fidelio in una esecuzione prettamente accademica. La sala dell'EIAR er:t insolitamente affollata, divisa in due campi: cento esecutori da un lato, e cento ascoltatori dall'altro. L'or8ano, con la ~erarchia delle sue canne mute, dom1iva avvolto in un barlume d'argento e faceva fronte al pubblico che, di minut.o in minuto, s'andava accumulando in fondo nlla sala, fitto profumato e soffice come una valanga. Quando scoccarono le nove si chiusero tutte le porte, e Gil'\o ~larinuzzi salì domesticamente sul breve podio direttoriale e attaccò la sinfonia, seduto su uno scrannino. Gli artisti, fenni in piedi e attaccati al loro leggio, si misero a cantare, scn- 'l za gesti, senza abbandonani alla solita tentazione di primeggiare e di esibir- ~i. L'unico lusso che essi si permettono è un eccesso di disciplina e di devozione, immergendosi al punto di scom- i parire nelle profondità musicali del "\r Fide/io. E l'orchestra? Chi le a"·eva dato quel suono vivente, castigato e perfetto? Ci sono giornate così. Il barometro segn~va: tendenza musicale, e l'orchestra aveva trovato il tono ,;acro,;anto, il tempo della giustizia divina, la le~- ge iniziale dell'annonia, il la originale intorno al quale le altre note si muovono a di.stanze misurate e composte. E la musica girava astronomicamente come una notte stellata intorno all'asse dell'opera. Marinuzzi stesso sembrava caduto in questo ,;tato di tra,ise. Mai udimmo voci sì tenere e clo- ~ quenti, mai udimmo quiete più arcana. Che compostezza d'c,;ccuzionc, in- : tcn\ità della beatitudine, chiarc1,za I grave e serafìça: l'orchestra d'archi <;0migliava a un respirar leggero e in. nocente dietro il velo di una culla. BRUNO BARlLLI ,Q_ \'EVA:\1O sempre saputo che il nostro !! amico :vtamno, giovane impiegato statale di grande avvenire, desiderava fare un matrimonio d'interesse: egli stesso lo ammetteva \'Olentieri, con un sorriso tra scettico e scrupoloso, dicendo suo do- \·ere dare una ricca madre ai figli che gli nascerebbero: lo Stato paga male, le spese di rappresentanza sono necessarie. Avrebbe anche fatto una eccezione, è vero, in favore di qualche ragazza molto nobile, che, se anche po\'era, avesse parenti altolocati ed autorc\'oli: o anche per la figliola d'un superiore, che potesse direttamente giovare alla sua carriera. Così una stagione vedemmo ~.fartino sospirare per un'ereditiera, la stagione dopo per hl nipote di un'Eccellenza, poi per una marchesa di Perugia, vedova non giovane, né bella, né ricca ma in compenso imparentata con principi e cardinali. Tuttavia. sebbene Martino mettesse un grandissimo e quasi sincero impegno nel corteggiare queste signore, non ar:rivava a sposarsi, probabilmente perché, dopo molte astuzie, imprudentemente rivelava con un gesto o con una parola la sua avidità di fortuna. Nel frattempo noi avevamo lasciato M., e solo attraverso lettere quasi trionfali sapemmo che :'vlartino finalmente era riuscito nel suo scopo, fidanzandosi, e poi sposandosi, con Nancy, un'altra conoscente nostra, bruttina e figliola di un albergatore, che aveva una dote molto importante. E poiché la settimana scorsa ci trovammo a passar per :\1., Martino ci pregò vivamente di andare a trovare lui e la sposa, fosse pure per mezz'ora, se dovevamo prendere il treno della notte: ma dovevamo, sl, assolutamente dovevamo, vedere il delizioso appartamentino che i suoceri avevan destinato loro nella stessa villa dove abitava tutta la fam.igha di Kancy. Cosi, verso le nove, ci andammo, e ci fu abbastanza facile scoprire la grossa villa bianca, ,lluminata con tondi globi di luce, in un quartiere isolato, e ancora quasi deserto. Martino stesso, con indosso una giacca di lino, che stando tra lo smoking estivo e la giubba da casa, doveva rappresentare contemporaneamente il suo I VELI DELLA SPOSA nuovo lusso e le sue comodità coniugali, ci aspettava al cancello. Ingrassato, con la pelle lustra e ben tesa, era più che mai bello, amabile, e soavemente falso. Qualcuno gli aveva trovato, anni or sono, una somiglianza con gli ufficialetti austriaci della tradizione, c '.\fortino si era immedesimato al suo personaggio, affettando una birichineria, una tenerezza, ed una nobiltà lontanissime, in fondo, dal suo modo di pensare, ma che lo rendevano _il cocco delle vecchie signore. Ad esempio, tutte le sue .possibili suocere lo avevan sempre adorato. Ora, atteggiando la bocca a cuore e mostrando con strizzatine e tappe sulle nostre spalle tutta l'infinita g101a che provava nel rivederci, ci faceva strada nel giardino della villa, scegliendo, come capimmo poi, i vialetti che ci obbligavano ad un giro più lungo, per darci un'idea della vastità di questi beni quasi suoi. Ad un certo punto, seduto in una specie di bersò sotto un lumino che gli permetteva di leggere il giornale, vedemmo un vecchio uomo con i baffi, e subito Martino gli si avvicinò con una civetteria quasi femrrunile, chiamandolo teneramente• babbino caro•• e spiegandogli che noi eravamo quegli amici di passaggio che si era permesso d'invitare per il caffè. Il suocero lo guardò fisso senza rispondergli, ci dedicò un cenno del capo ed un grugnito, e riprese a leggere il giornale. Martino, con una risatina incerta, c1 condusse via, e, appena fummo lontani dal bersò, si mise a ridere forte, quasi per una burla riuscitissima. Disse anzi che suo suocero era un tipo straordinario, il vero gentiluomo all'antica. L'appartamento degli sposi si componeva di due stanze al pianterreno, proprio accanto al biliardo, e, come ci spiegò Martino, era veramente cosa comodissima, il bagno si trovava al primo piano, e, per i pasti, li prendevano in comune con i suoceri. Cosl restavano indipendenti, avevano una casa propria, tutti i conforti moderni, e spendevanot poco o niente. La suocera, poi, l'avremmo vista; era un angelo, un tesoro, sempre preoccupata dei piattini per lu,, dei suoi pull•ovtr, e le tre cognat1oe, tre grazie, 1 cmque cognati, cinque amiconi, msomma, la perfezione! A questo punto, si fece avanti Nancy, anche lei con un abbigliamento per metà da casa e per metà da sera, ed un considerevole numero di gioielli indosso. Pare,•a timida, e continuamente preoccupata di quel che ~1artino avrebbe detto o fatto, ogni tanto gli .. :cennava furtivamente di star zitto, di fermarsi, e lui scrollava le spalle impazientito. Difatti, entrati che fummo nel salottino degli sposi, una specie di frenesia aveva colto :'\,[artino. Con il pretesto di farci sedere, di farci bere qualcosa, di mostrarci le ultime riviste inglesi o di girare gli ultimi dischi, cercava di mostrarci tutta la sua recente opulenza. Aveva un bar automatico, che ci disse esser costato lire diecimila, regalo dello zio Adolfo; ed un radio-grammofono che caricava i dischi da solo, valore lire ventimila, regalo della madrina di Nancy, proprietaria di un famoso albergo parigino. Quanto al suo u·hisky, era \·ero Johnny \Valker, speditogli di contrabbando da Londra, e perché Nancy non faceva portare il caffè? Eh, th, il caffè, ma mi raccomando le tazzine: voi berrete il caffè in tazzine per così dire uniche al mondo, porcellana rarissima, dono della zia Lottie. Eravamo leggermente abbrutiti, 1\fartino parlava forte, i quindici dischi della pila passavano ad uno ad uno, automaticamente, sul grammofono, avevamo il grembo ingombro dalle riviste estere, il bicchiere di t1.:hisky in una mano, un dolce di cioccolata nell'altra, e ad ogni momento la porta s1 apriva per lasciar passare una testa di bambino o di bambina, che poi con grosse smorfie spariva, e :\lartino, fingendosi divertito, diceva • i miei cognatini, le mie cognatinc, che angeli!•. C'erano e\•identemente dei cognati di tutte le età: ne entrò una, sui diciassette anni, eccessivamente dipinta, che, dopo averci distrattamente salutati, si mise a ballare il tap secondo il ritmo del disco che stava girando. Buttava il capo all'indietro, si accarezzava i fianchi, dondol::i.va le spalle, insomma rappresentava la Malafemmina secondo le tradizioni del cinema alla Dolores del Rio, ma :'\1artino la guardava rapito, e diceva: • Che chic, che chic!•. Poi arrivò un cognato sui venticinque, grasso e molle; anche quello salutò appena, disse che la sua radio era guasta, e voleva sentire non so quali notizie con la radio di Martino. Martino, felice, ci spiegò che lui aveva anche una piccola radio, dono di un amico di casa, uomo ricchissimo, che • veramente poteva regalar di più, ma insomma, non lamentiamoci, è una gran buona radietta •· Era infatti buona, e con voce potentissima cominciò a comunicarci dei campionati di ciclismo, mentre il grammofono seguitava a suonare, e la vampira ballava, e la porta, socchiusa e richiusa, ci faceva sussultare violentemente. Un domestico, con vaga livrea e guanti sporchi, venne a portare il caffè e le preziose tazzine. Anche a lui Martino rivolse parole allegre cd affettuose, chiamandolo •vecchio mio•, ma anche lui parve distratto ed altero. Martino, servito che ebbe il caffè, prese a tirar fuori da certe vetrine le argenterie, i cristalli, le maioliche che aveva ricevuto, facendoci inoltre notart il tappeto persiano ed il lampadario. Quando gli pan·e di non aver più nulla da mostrare, e, dalle nostre furtive occhiate all'orologio, capi che stavamo per prender con• gedo, òisse che vole,·a presentarci alla suocera, a quel tesoro. Incaricò perciò una cognatina di anni dodici (una monelluccia1 un amore! canta come la Durbin e balla come la Powell !), di chiedere alla mamma se poteva riCe\•erci. La ragazzina tornò quasi subito, e, guardandoci dispettosa, disse che • mammà stava in negligé, e non teneva voglia di \'estirsi •· Nancy apparve seccata, anche ì\lartino non era più così allegro. La Dolores del Rio metteva altri quindici dischi sul piatto, il grasso giovanotto stuzzicava la radio, il caffè si raffreddava nelle tazze, e avevamo tutti le mani sporche di cioccolata. li congedo da Nancy e dalla sua famiglia fu rapido, poi Martino ci riaccompagnò al cancello: t!lceva, ora, non somigliava più ad un ufficialetto austriaco, ma solo ad un impiegato statale, che ha fatto un ricco matrimonio. Al cancello, però, cercò di riprendersi e, poiché anche noi siamo sposati da poco, decise di segnar bene la sua superiorità su di noi. • Si ha un bel dire•, esclamò, • un cuore ed una capanna! ì\.Ja intanto voi mica ce l'avete il grammofono, il bar, le ri"iste, le porcellane; e poi l'avvenire, l'avvenire!•· Ci sentivamo umili e felici: • No, no•, rispondemmo, • noi siamo molto poveri•· Ci parve, in qualche modo, di averlo offeso, perché, stringendoci appena la mano, chiuse il cancello alle nostre spalle, e spari. Mentre ci allontavamo sulla strada, sentivamo ancora il grammofono e la radio, vedevamo biancheggiare i globi di luce della gente ricca. IRENE BQIN ~~&>a DEL VANTAGGIO PER principio, siamo contrari 01/i sve11tramtnti, come siamo contrar: che lt nostrt mo1lì si dtpifìno sotto le aJcelle e si radano le wproaìtlia, ma u uno wen• trame,1to, o un abbatt:mento, si dovtua fare, tra cutamenle qutllo dtl retro del Parlamento, costndo dall'architetto Basile circa trent'anni fa. /J modesto e stupido edificio, in quel particolare liberty viennese che decorò le birrerie Pilsen, si al{a sulla glorioso schiei1a di PalnT(OMonteeiiorio con insofen(a, ma la sua scala, che doveva portare • de.1Jutot1dell'oncor giovane Regno afta gloria dr1li seanni parlamentari, qua1i mai è stata toccala ria l'liede umano Ripida e d1 }reddo m~nno, spauentò subito chi uolle avventurarvisi. I t1iedi cal- {oti dalle scarpe di vernice scivo/;i;ano nell'ascesa; tonto che .IJresto,chiuso,i il gran• 1:o!o 0 ~r~;~n~71o";:~:it~:~li:ai~O~!c::1:::tt distraiti. La JOrte i;olle che i parlamentari italiani izuorauero per sem.tJre la pia{{a, la facciata, la scala che era Jtata concepita .fur la loro gloria. Piac,{adel Parie.men• to, cosi, è rimasta del tulto Jt1ucata da Montecitorio; rii il forestiero u! si soOtr• ma, quaJi adu1giato da un pala{{O che ha le consuete apparenze del cattivo .(usto burocratico della terza Italia. Il rosso dei mattoni e il bianco de: marm'. non ba1to a suggrstionare nemmeno il turista biù candido. Edifici di .t1essimogusto, costruih agli imò del 1uolo, a Roma ve ne sono moltissimi. La mat,ioran{a dei Ministeri, da quello detltJ Marina all'altro dell'Educa{ione, o furono costruiti in quel lempo o in quel tempo concepiti; ma i più di cui ormai quasi .tJassano inoJJtrfJati. Il tempo ha tol• to loro ogni aspetto ui•toso. Sono come uecchi mobili, casalinghi e cari n,:lla loro ingenua preten,tiosità, che con l'andare de• gli anni abbiano acquistato una loro grazia particolare. Non stonano più col resto d~lla città, confusi con tanti altri esempi d1 architetture mediocremente borghesi. Ma la facciata del Parlamento cost111ita dall'a ,~hitetto Ba1ile è invee,; una macchia in una delle '.One della città metlio' armoni{{ate. E in un momento in cui, seguendosi una falsa idea di decoro ciuico, non si ha alcun ritegno ad abbattere ,di/i.ci che Jpesso Jono esempi di stile (Ira quelli destinati al piccone ricordiamo ancora il bel poloc.• l.O BalrstrtJ di Piaua Santi Apostoli) ci domanditJmo perchi si esiti dai;anti ad eumpi di pcuima architettura che abbas1ano quello che potremmo chiamare il decoro della Roma contemporanetJ, IN una chiesa romana abbiamo visto e letto due cartelli con le seguenti scritte: Non si fa11no raccomanda{ioni (o "passate") a chi non è conosciuto in Parrocchia>. e Non si fanno raccomandadoni (o "posiate ") a eh.i non ma11da i figli al Catechismo Parrocchiale». MASSIMINO (PALCHEFTITOIREN) TI Wt!~@t[!ij(.!. Firenze, settembre. ~ ONTINU:\NDO la nos1ra ispezione ùe1 tD teatri italiani, siamo scesi dall'I 1alia ~<"ttcntrionale in quella centrale. Liete notizie ci erano s1a1e date su l'eccc7ionalc attività teatrale che in questo periodo traversa Firenze. Per il giorno del no• stro arrivo, era annunciato un concorso di Filodrammatiche al tea1ro Niccolini, il debu11o al teatro Verdi della Compagnia Co• mica Toscana Attori Riuniti, e la reci1a diurna, allo stesso teatro Verdi, delle Burle del pìei;ano Arlotto, rappresentate pochi giorni avanti, e con grandissimo successo, al teatro romano di f'ieso!C'. Chi ha de110 che, negli spettacoli all'aperto, il quadro si deve .adattare alla cornice? Le Burle del pievano Arlotto al teatro romano di Fiesole costituiscono una felice in• novazione, e nulla vir-ta ormai che si porti la Vedova alletra alle Terme di Caracalla, e la Dame de che.e, Maxim al teatro di Siracusa. Arri,·amroo l\ Firen:ie a notte fatta, e prima di sboccare in Porta a Prato dovemmo fermarci per la.sciare il pasro a un corteo di uomini incappucciati e ~almodianti, i qm\li con alte e fomose torce in mano accompagnavano un'automobile mortuaria. Questo spettacolo non era il più indicato a predisporrt giocondamente il nostro animo, ma, come capimmo più tardi, costituiva per noi una curiosa pregusta:iionc. Tra il concorso dcli'" Filodrammatiche e il debutto della Compagnia Comica Toscana Attori Riuniti, la scelta era difficile. In ultimo, e rinunciando per ora a esaminare le giovani speranze, per accentrare la nostra anenzione sulle forze già mature del teatro fiorentino, andammo a sentire Casa mia, ca10 mia... commedia comico-senti• mentale in tre atti, e in fiorentino, di Augusto Novelli, li teatro \'crdi è un teatro enorme e antichissimo, una vecchia galera che ha solcato i mari della tragedia e del dramma, della commedia e della farsa, e oggi, meno qualche bre\'e interme:izo teatrale, si è arenata anche lei sulle secche del cinematografo. Prima di chiamarsi col nome del cigno di Bus!Cto,questo c.uermone della lirica e del,. la prosa si chiamava teatro Pagliano, dal nome del suo primo proprietario, chimico farmacista, e inventore di uno scìroppo purgativo molto apprez:r.ato dai nostri nonni. Del teatro Verdi o Pagliano serbavamo u.n ricordo unico e triste. Erano gli anni in cui Leopoldo Frcgoli continuava a. dare il suo addio aUc .scene. Nella pensione di fa. miglia neUa quale abitavamo a Firenze, ci era toccato più volte di violentemente confutare le opinioni di alcuni forestieri, i quali ci volevano persuadere della superiorità del teatro russo e tedesco su quello italiano. Un giorno rummo lieti di annunciare a 1avola: < Ecco la prova che oggi pure il nostro teatro vale quello dei vostri Reinha~t e dei vostri Tairov. Venite stasera a\ teatro Verdi. Vedrete Leopoldo Fregoli, un attore straordinario che non solo perpetua la tradi7.ionc della Commedia dcli' Arte, ma riassume in sé tutti i personaggi, e riporta il teatro a quella fonna primitiva dell'attore unico, che gli spa.gnoli chiamavano Bululù >. Il nostro invito fu accettato, e la sera stessa, dopo una cena anemica e consumata in un silen:iio da clinica per malati nervosi, ci recammo in coro al teatro Verdi. Ma Frcgoli era vecchio. La sua molla trasformativa à\·cva perduto ogni elasticnà. S'impappinava. La scena rimaneva vuota. S'imbroglia,a nelle 1ruccature. Dopo aver durato oer dieci minuti a biascicare con la bocca sdentata dietro la quinta, si presenti> vestito da carabiniere e con la parrucca della scjantosa in testa. Fu un disastro. E alla tris1ezza dello spettacolo si aggiungeva la tristena del teatro: di quella vecchia carca.ua che scricchiola\'a da ogni parte cd esalava un forte odore di latrina, Oggi, e a simiglianza dei conf ratelii dr Ila '.'vfisericordia, che con cappucci e torce accompagnano il morto in automobile, il teatro Verdi mescola in sé, per opportuni abbellimenti, l'antico e il moderno. Sulle pareti dell'atrio dipinte di bianco spiccano listelli cilestrini a zig-zag, e sui parapetti dei palchi brillano a due a due le lampade tubolari. Invano! Malgrado questo disperato ten1a1i"o di noveccntizza:iiont, il vecchio Pa- • gliano non ha dimesso il suo aspetto di galera, non ha spento il lezzo delle sue antiche e gloriose latrine. Quanto a Casa mia, casa mia... è una commedia a tesi, e inS('gna che un garzone di macellaio- di Fircn:ie non deve andare a ~,filano, ciul tJ:ntacolare, per lanciarsi ne• gli affari. Oi"ersamente però da lbscn, che poneva la tesi ma non la risolve"a, Augusto Novelli risolve la sua, e nel terzo atto (a \edere Peppino, il gar2one macellaio, che dopo l'infruttuoso tentati,o milanese toma nella sua bella Firenze e nella macelleri;,. avita. Agli attori, tutti bravissimi, mandiamo una lode cumulati\'a, vietandoci la mancan:ia di programma, e degli stessi nomi dcgli inter. pre1i sul mani(euo, le lodi individuali. All'autore diremo che la fon.:. della sua tesi ci ha colpiti, e che a imi1azione del suo Peppino, gar-1.onemacellaio, anche noi, dop~ ~n folle tentativo fiorentino, ci siamo messi 1n treno per tornare a casa. ALBERTO SAVINlO LEO LONGANCSl - nJrettore re.sponsabllc , RIZZOI.I & C.· i\n, ?('r l'.\n~ ddia ._tampa . \lilano Rll'ROl>U7.10:,il E:SEC.UITE: CO;>. \lAlERl,\Lh J,'010C.RAFICO • l"ERRANIA •.
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