Omnibus - anno II - n.38 - 17 settembre 1938

IL SOFM DELLE MUSE DEL l'ROFES908'E ~ E L'EDITORE, pubblicando le pro- ~ -.e di Augusto Guzzo, Ciro il gio-- t·mu, • schizzi e tèmpere, (Vallecchi, F'frenze), avesse curato sul retro' del f rontcspiz10 una essenziale bibliografia avremmo potuto disegnare meglio il ritratto del professore che scrive. Augusto Guzzo è insegnante di filosofia di università; ma il bagaglio della dottrina non lo impaccia; e, anzi, quasi l'abitudine al pensiero e alle categorie finisce col conferire qualche civetteria alla sua prosa. Alla sua prosa, s'intende, di bozzettista fra lirico e comico; secondo le indicazioni del suo \·olumetto dato in questi ul• timi tempi alle stampe. Non sono molti in I talia i professori che scrivono. Ci sono scrittori che per vivere insegnano, e i nomi si fanno presto: da quello di Ciani Stuparich a quelli di De Robertis, d'Ungaretti, di G. B. Angioletti, di Tecchi. Ma in costoro l'inse• gnamento è come un compito da assai- \ ere bene, senza mai impegnare tutta la vita. A noi ora invece interessano gli altri: gli ansegnanti che ogni tanto ardiscono una paginetta, sempre avari e guardmgh1. A seguire i ricordi, tutti ram• mentiamo qualche nostro insegnante a proposito del quale in classe si mormorava: • È autore di ottimi versi ... •· Neri• cord1amo uno che per anni portò bozze e bozze in classe. Le correggeva capricciosamente come se seguisse nella correzione un estro proveniente dal cielo. E forse si trattava d'un libro affidato a qualche tipografia provinciale: uno di quei poveri tomi che rimarranno a centinaia nella piccola libreria locale. Ne ricordiamo un altro, di quei professori: scrisse, costui, un romanzo fra rivoluzionario e sociale. Scandalizzò alunni e colleghi: e ottenute ue righe iromche d'un giornale romano, rappresentò il successo letterario della ciuà per lunghe stagioni. :\la 1 professori che 9crivono romanzi e poemi restano fra i pi\! dilettanti. :\teglia scoprire gli umori letterari della classe nelle piccole e avare prose. Carducci ispi• ra ed aiuta il professore che scrive, e ogni tanto anche D'Annunzio serve come moto d'ispirazione, lui che ha aperto fra l'altro la via a sottigliezze sensualmente morbose, alla portata di tutti. Leopardi ormai per niente serve ai professori nelle loro composizioni. Ci sentono la scuola: e sì !!lanciano su terreni dove l'animo del dilettante può trovare soddisfazioni mag~ g1ori. Augusto Guz.zo, tuttavia, che pure resta prosa ore d1 breve diletto, non rammenta Carducci e poco D'Annunzio. Forse eglt ha letto con amore Panzini, come svela certa mescolanza, in Ciro il giOtJa,ie., di temi casalinghi e di piccoli voli. Ma il suo autore non deve essere stato nemmeno il professore dt Sinigallia. Un professore che scrive, Panzini? Ci sembrerebbe, p1unosto, uno scrittore per tanti anni rinrnnato e nascosto fra I banchi. Ciro il gio1:ant, intanto, è come un tac• cu1no di ricordi torinesi. e Giunsi una sera di novembre. :\l'avevano detto: froverà la nebbia". Ma io avevo pro• testato: "La nebbia è a Milano"•. Questi i modi scherwsi e fin troppo disinvolti del professore che s:ende il suo giornale. Una nota ci avverte che questi scritti apparvero in gran parte su quotidiani di Torino come la Gazzetta dtl Popolo e il Rtgno. E si direbbero variazioni per la pagina della cronaca citta• dina, più che articoli da terza pagina; almeno, s'intende, per i capitoli della prima parte: quella dedicata a Torino vista dalla finestra. Dalla finestra il profes• sore guarda e osserva; e quasi lo immaginiamo, 11 nostro personaggio, pieno di noia e di languore, nella sua camera mob1hata. C'è un'aria da Voyag~ autour de ma cliamb,~, in molte pagine di questi bozzetti torinesi. Tutto è visto dalla fine• stra, e anche le spedizioni per le vie e le piazze della città restano guardinghe: d'uno che va in ricognizione 1n territorio minato. Il professore deve avere amato la sua stanza, come a ogni insegnante accade, e anche deve averne sentito, per 11 lungo soggiorno, la ristrettezza tremen• da. Se, poi, questi raccontini di Augusto Guzzo hanno un merito particolare, sta tutto nel portare i segni d'una vita molto modesta. C'è veramente l'aria delle camere mobiliate degli studenti nei capitoli di Ciro il gio,;ane.; e veramente per gli insegnanti delle scuole moltt e lunghi sono gli anni dopo la laurea che continuano a passare con quell'andamento blan~o e msieme avventuroso dei tempi d'unt\·er• sità. La neve, quest'anno, non c'è stata; ma una domemca, il primo di febbraio, apro la finestra e non vedo nulla. Son di• ventato cieco? Xo, perché vedo la luce ... E la piazza non c'è più? E il mio patrono, Emanuele Filiberto a cavallo?,. L'occhio ~• spinge avanti m attesa di novità. Que• ste le pagtne torinesi, che ci paiono con le altre dell'infanzia (specialmente nel racconto • Ciro il giovane•) le migliori del libro. Le rimanenti, che descrivono \·iagi:{1e soggiorni nell'Italia meridionale e scttentnonale, quasi mostrano I difetti <.11qucsu dilettanti d1 letteratura. Scrittori che s1 affidano spesso a frHi se non comuni tuttavia restate nell'orecchio, trovano qualche rilievo soltanto per un liev~ umore. Come un lie\"lt0. Ma qui I grandi pericoli, le grandi insidie! !.,'efficacia sta tutta nella misura con cui questo sale , iene lasciato cadere fra descrizione e des1,;nz1one e tante volte è proprio la m1• ,ura che' manca. Temendo di apparire !lerios1, quc::sti letterati si mettono a fare ult1 e \CZZt. E allora, la loro letteratura qua~• .,, 1mpo\ensce. CARLO OAOOJ I \. ? ... ~ " • ' -"'~ . . l "Ti rioordl, Karlta, il color T$rdt ~11tN del prati TtNIO li trs.1Don\0'1Come pctrti eblamarlo1 11 11 Oolor. del faglol111lIeul" B. BBIAMO già presentato Erskinc ~ Caldwell ai nostri lettori in un « Corriere americano > del mar• zo sco~o. Abbiamo pubblicato traduzioni di varie sue novelle. Pubblichiamo ora le sue risposte ad alcune domande che gli abbiamo rivolte. 1. - Siete contento dell'inttrtsse che si ha iri Italia per la vostra opera? Io non so fino a qual punto arrivi quest'interc(.sc, ma ne sono molto contento. 1'\on mi aspettavo che si potesse scoprire la mia esistenza, di scrittore non troppo in vista e non chias• soso, proprio dall'Italia. Debbo confe~~are che, come molti~simi oggi in America, avevo una falsa opinione della vostra curiosità culturale. Vi credc\"O immersi nel culto dc~li antenati. 2 .• Finora, dunque, l'Italia non siinificaua nulla per voi? Significava moltissimo. :'\ella presentazione che sul vostro ~fornaie avete fatto di me mesi or sono, siete ricorsi al nome di Boccaccio per spie~are certi aspetti della mia opera. Ebbene, io sono un ammiratore di Boccaccio e di tutti gli altri vostri \"Cechi pagani. Ho letto tradotte anche l'autobiografia del Cellini e le commedie del ~!achiavclli. Questo, finora, significava per me l'Italia. E non credo che fosse poco. 3. - Come mai ui siete fermalo al Ci11quectnto ntlla conosctnt.a dtll'ltalra .> Puché non siete andato auanh? Sono andato avanti ma ne55uno dei vostri scrittori d1 dopo il Cinquecento mi ha più interessato molto. I_n_ncs: suno ho più ritrovato quello spmto di tolleranza verso tutta la vita, quel santo rispetto per tutto il comico e per tutto il tragico delle C(he umane che rendono ancora oggi moderni i vo• stri scrittori come Boccaccio, l'Aretino o :\fachiavelli. Mi sembra che dopo il Cinquecento il vO'itro senso della \'Ìta si o::iasempre più assottigliato e limi• tato che vi siate messi a sbrigare af• fari' vostri privati, non di tutti gli u.:>- mini. M:a so naturalmente che posso ~baglianni. 4. - Voi riconoscete che gli scrittori italian: dal Tre al Cù1qutctnto hanno ar.:uto parte esplicita nella formo• t.ione del !'Ostro ingegno. Quali altri scnttori di quali altri paesi credete che u1 abbiano avuto parte? Molti altri. Tutti gli altri, francesi, • angioo::assoni_o ru-.si? eh~ pos.~no ~ia: marsi i contmuaton de1 vostn antichi. t inutile che ve ne ripeta i nomi. Sono i soliti che ogni uomo di media cultura conosce. Ma vi prego di non pen~arc che ioi chiamandoli continuatori dei vostri antichi, li veda come continuatori e perciò depositari di qualche speciale ~radi7;ionc. lo. consi• clero in essi cosi ch1amandolt, solo quello spirito 1 pieno di rispetto per l'int<'grità della vita cui ho già accennato e senza del quale mi .sembra che la cultura la civiltà, la vita stc~~a finiscano di ~,sere cultura, civiltà, vita e diventino polemica priva di scopo. Non una tr,1di1:ione, ripeto, considero in cs-.i • ma una condizione, una mimra; I~ misura dell'univet"lale. 5. - Quale cultura credete che possegga, oggi, questa misura dell'uni· uusale? \"oi intendete dire: quale cultura credo che sia oggi l'espressione _ultima drlla civiltà um.:ina... Ebbene, 10 credo che nessuna cultura particolare lo sia. Non la francese, non l'italiana, non l'americana ... Credo interrotto, e non so spiegarvi per quale ragione, il tempo in cui la cultura di una dctenninat:i. n:i.zione era la cultura per eccellcnz:i., la cultura espressione ultima della civiltà umana. Oggi vi sono uomini di una cultura tale quasi in ogni paese e in ogni lingua del mondo. E quasi in ogni paese vi è lotta tra questi uomini e la pseudo-cultura locale di colore. Quasi in ogni paese, insomma, vi è conflitto tra uomini civili e uomini barbari. Ri~ultato di quc!>tO conflitto potrebbe es~re un incivilimento generale come anche un imhubarimento generale. Ma suppongo, punroppo, più probabile che, ancora una volta, solo una parte dell'umanità, un popolo o un gruppo di popoli, assuma in proprio la misura dell'universale e dia al mondo un'ultima espressione di cultura, di civiltà umana, ~tto forma di cultura sua particolare. 6. - Dove crtdtte che questo posso avuenire più facilmente? Non so. lo non conosco tutti i paesi della terra. ~la sono, ad ogni modo sicuro che il :-.J'ord America è tra i Paesi che camminano verso l'incivilimento. E non dico o::oltanto gli Stati Uniti. Dico anche il Messico. li numero degli uomini animati da volontà civile. degli uomini che posseggono la misura dcll'univer(ale, è tra noi in continuo aumento. 1 coloniali, 1 localisti, i fautori del pittoresco, insomm:i. i barbari, cedono sempre più :~~:~~~-N~~~~t~~n;e f.Ì:v:iii~~ 1 :e 3 ~dt~ cultura non potrà non prpcedere di pari pas~o con l'evoluzione sociale. 7. - Ritenete di possedere qutJta mi• sura dell'unit-ersalei voi come scrit• tore? Ecco una domanda cruda alla quale non amerei ri,pondere. Vi dirò che io, ~crivendo, non mi preoccupo di dimostrare. :\li preoccupo semmai del con• trario : non dimostrare 1 non polemiz• zare. Fatti che poi risultano comici, fatti che poi ri,ultano tragici, per mc non 5000, mentre ne scrivo, né l'uno né l'altro. lo non sottintendo mai una approvazione o una disapprovazione per le cose di cui tratto. 8. - Pure ci è parso di notare qua e là una tendenza polemica nellt vostre opere. Ci siamo ingarinoti? Non vi siete ingannati. La tender~za palemica di cui parlate è polemica sociale. Questa polemica si è sempre fatta e si farà sçmpre sino a che vi sarà storia, evoh.tzione civile, e, nella civiltà limitazione dclb vita. E la polemic; contro la polemica. Non si può e(serc tolleranti verso l'intolleranza. Non si può accettare come vita _..quello che la limita e impo\·crisce. Qu"~ta polemica si fa naturalmente. Per generosità m1.turale della fantasia. Anche i vostri vecchi pagani la facevano. E forse più di molti altri \'enuti dopo. Certo più di me, e più felicemente. g.. A.fa non ui è nelle vostre opere un'intent.ione polemica particolare che riguarda I problemi sociali del Mtt.zogiorno americalio? Non credo. La questione è che io scrivo articoli e anche libri sui problemi sociali drl nostro Mezzogiorno, perciò riesce facile vedere nei miei romanzi e rJcconti delle pc7..zed'appog· 1 ___,,t;,... \ gio, dei documentari, per quegli arti• coli e libri. 10. - Quali solut.ioni propugnate nei vostri scritti non letterari per i problemi sociali del Met.t.ogiorno ame• ricano? lo non propugno soluzioni. Mi limito ad accusare le cause di questi problemi. Ma si capisce che eliminate le cause i problemi saranno ri.solti. In ogni Stato del nostro Mezzogiorno, in Georgia, nelle Caroline, nel Tennessee o nel!' Alabama abbiamo ancora larghi residui della grande proprietà terriera qual era all'epoca schiavista. Abbia.mo poi la media proprietà che i proprietari dànno in affitto a _dei ricchi fittavoli. E infine la piccola proprietà. I due primi tipi di proprietà esigono l'esistenza del bracciantato. Questo bracciantato è in parte fisso, vi\"Ccioè sul suolo delle piantagioni al• le dipendenze dirette del proprietario; in parte è mobile, vive cioè dove può, e lavorai girando di piantagione in piantagione, dovunque trovi lavoro. In entrambi i casi non riceve compenso in denaro. Lo riceve in raccolto. Da qui il suo nome pomposo di share• cropper che è come dire comproprietario del raccolto, e la sua grande miseria. Ma il contadino piccolo proprietario non è meno miserabile del bracciante. La piccola proprietà, se vera• mente è piccola proprietà, ossia tale da non richiedere in nessun momento aiuti di mano d'opera estranea, rende sempre meno di qu;mto non occorra al proprietario per i suoi bisogni. Vi sembra che si potrebbero propugnare delle soluzioni particolari per questi problemi? Le ..ause loro, anche se un po' speciali, ri(algono tutte a una causa generale che è la madre di tutte le cause di tutti gli odierni problemi sociali del mondo. , r. - E dtl problema ntgro che ne pensate? Non penso che il problema negro del nostro Mezzogiorno sia un problc• ma a sé stante. e un sottoproblcma del problema sociale. Quandoi dopo ~:tf 1 1~~~ic~1 1 ~bi~:!r~;:;e~~o } 1 d~ji~: to al voto, i grandi proprietari sobillarono contro di essi l'odio della plebe bianca. Il partito progressista loro avverso minaccia\·a di guadagnarsi le simpatie della plebe negra e della plebe bianca insieme. Sobfllando contro i negri l'odiq della plebe bianca, i grandi propriétari si assicurarono au• tomaticamento quest'ultima alla loro causa, e col terrore immobilizzarono, neutralizzarono i primi. A questo scopo appunto nacque l'associazione terrori~tica del Ku KJux Klan che, come ,;apete, inquadrò la persecuzione dei negri in una sua mistica dcll'ame• ricanismo con la quale condannava a priori tutto quello che avrebbe potuto in qualche modo cambiare- la mentalità del meridionale e recare pregiudi.1io allo stalu quo della situazione sociale. Non meno che sui negri es,;o esercitava infatti le sue per~cuzioni sui lavoratori bianchi che, dopo la vittoria dei federali e la fine dello ~hiavismo, continuamente arrivavano dal Settentrione nel Meu:ogiorno. 12. - Vot parlate del K. K. K. come di una cosa del passato. Nori è ancora oggi potente in lutto il ,\.ftuogiorno? Riesce ancora oggi a far del male, ma la ~ua potenza è da un p<'zzo in declino. La sua rettorica non ha più presa sulle masse. Si comincia a riderne. E i suoi delitti non vengono più applauditi. Non sono più considerati atti di santa giustizia. Qualche volta suscitano anzi violente reazioni di piazza. 13. - Raccontateci un po• di uoi. Viuete umpre nel Afet.~ogiorno? Ci sono nato, trentacinque anni fa, e ci vivo. 1'1a non sto mai fermo troppo a lungo in un posto. Da quand?, a diciott'anni, lasciai la famiglia ho g1• r:i.to continuamente. Sono stato quasi in ogni luogo della Georgia, ~cl.le. Ca_- rolinc del Tennessee e del Mm1ss1pp1, ma ~no stato anche in molti luoghi del Settentrione, e anche in California. Dapprima giravo per _gua_dagnar~1i la vita, ora giro per abitudine. Voi sapete che ho bvorato nelle piantagi~- ni, ho zappato la terra, h~ raccolto_ 11 cotone, e sono stato operaio, camer~cre, giocatore di calcio. Ora sono ~ontento di aver zappato la terra e d1 C'sserc stato operaio, ma debbo confessa• re che non per questo lasciai la famiglia. La lasciai per fare lo scrittore. Fortunatamente per me nessuno vole• va saperne delle mie cose di allora, così ebbi modo di conoscere da conta• <lino la vita drl contadino, e da operaio quella dell'operaio. 14. - Viuete facendo lo scrittore ora? Guadagnale abbastant.a coi libri? Dal 1933 non faccio altro che lo scrittore. E guadagno abbastanza per vivere sebbene non pubblichi che un libro ogni due o tre anni. Più che coi libri guadagno coi racconti che pubblico sulle riviste. Coronet mi dà 500 dollari per un racconto breve, Esquire mc ne dà. 2000 per un racconto lungo. E io pos~o vivere un anno con '2000 dollari. Ma non sono un autore da grande pubblico. Non mi preoccupo di quello che il pubblico vuole e sono deciso a non concedergli nulla. Del resto sono gli editori, i cattivi scrittori e la critica dei giornali a rendere convenzionale il gusto del pubblico. Io ho pur avuto 50.000 lettori per il primo dei miei romanzi, T obacco road, e 150.000 per il secondo, God's little acre. 15.• Gu_ada(n~no tutt_i obba.stant.a i buoni scrrttori 1n America? Coi libri, non tutti. Faulknel, p~r escmpio1 ha venduto solo 8000 copie del suo ultimo romanzo Absalom, Absalom e 10.000 della sua raccolta di novelle The U,wanquished. Ma con le riviste guadagnano tutti abbastan~a. Abbiamo rivi(te diretti' da prrsone in: telligenti che pagano il buon nome d1 un Andcrson, di un Faulkner, di un Hemingwayi di un Saroyan, . di un Wolfc il triplo o il quadruplo d, quanto pa~hino $lì autori da gra_nde pub: blico, i quali, peraltro, cambiano ogni stagione e hanno dunque un nome sempre troppo recente al confro~to di quello d'un qualunque vero scrittore. 16. - Quali scrittor'i america11i considerate buoni? Tutti gli scrittori che hanno un valore di novità letteraria, ossia umana ... \"e ne ho già nominati cinqut. Altri sono: Albcrt Halper, James T. Farrell, Morley Callaghan, John Steinbcck la Cathcr ... E tra quelli chli: finora' hanno dato un solo libro: Millcn Brand William Brown Mcloney, il negro Turpin ... 17.. Non vi è nessuno scrittore italo-america,io che vi sembri buono? Vi è qualche giovane che mi sembra prometta molto. Così Jerry Mangione e Salvatore Attanasio, entrambi drlla W. P. A. Ma finora non ho potuto leggere che due racconti del primo e uno del secondo. Un terzo invece, Joe Pagano, del quale ho letto anche u!' romanzo, è1 a mio giudizio, troppo grigio. Ma ho una grande fiduci_a n~gli italo-americani in genere. Scntton_ o no essi avranno certo una parte viva ncha nostra lotta per la cultura. Sono vivi e ~anno da che parte è la vita. Non ho sentito nessuno, di tutti quelli che ho conosciuti, ragionare da reazionario. Il mio più grande amico è un italo-americano. Lo ebbi compagno di lavoro, nel '31, quando ero inserviente di cucina al r:storante della Stazione Nord di Louisville. 18.. Crtdete ancht uoi cht la lette• ratura america,ia sia oggi la migliore del mondo? Fuori dall'americana io non conosco che la letteratura inglese e la francese. E l'americana è certo migliore di queste due. Ha un maggior numero di scrittori buoni, di scrittori che po~seggono la misura dell'universale... Ma naturalmente vi sono scrittori buoni in ogni paese. 19. - Auete mai lauorato per il ci• riemalogra/o? Sono Mato invitato, ma ho rifiutato. Lavorare per Hollywood significa, di solito, perdersi per la letteratura. La vostra fantasia si abitua a concepire le cose nelle dimensioni del cinemato· gr:ifo, non sa più concepire nelle dimensioni della prosa. Quasi tutti i buoni scrittori hanno sempre smesso di bvorare per Hollywood dopo sci mesi di esperienza. L'unico che ancora resista è Faulkner. Quanto vi dico, naturalmente, non ha impedito che si stia ora ricavando un film dalle trame riunile dei miei due romanzi. A l11ra di ELIO VITTORINI lij@)~~~,J[! I nm 1oi-N:n·a,A 1 I l('l OL SUO ultimo. libro lo e Miledi, ~ edito dai Fratelli Treves, C. _;\I. Fra~- zero ha inteso scrivere quasi una gut- I da del carattere e dei costumi degli inglesi d'oggi. Molti sostengono che l'indole e le abitudini dei •figli d'Albione• I appaiono misteriose e forse impenetrabili all'occhio dello straniero. Fran7..ero non smentisce questa asser.tione, né tenta I di cercarvi quel tanto di vero che pub contenere. li suo libro del resto non è un saggio, ma una raccolta d'impressioni familiari, scritte con bonaria disim·oltura e che hanno la loro morale nel breve commiato posto dall'autore in fondo al volume. • ...Quando si è girato il mondo per lungo e per largo, si giunge alla conclusione che ogni popolo e ogni paese hanno qùalcosa da apprendere e qualcosa da insegnare,. Una tale conclusione potrebbe essere soltanto apparente in un malizioso letterato, ed è ingenua invl!Ce se chi vi giunge non vuole assumere re• sponsabilità di giudizi, come nel caso del giornalista Franzero. Eppure una certa aspirazione all'ironia, ossia a una maniera signorile di esprimere giudizi, non manca in F!anzero. La finzione della Miledi, che lo guida per le strade di Londra, gli dà consigli e schiarimenti, è ironica nell'in• tenzione, sentimentale nel fatto. Si tratta di una vecchia trovata, che avrebbe potuto reggere se presa come pretesto letterario per un dialogo acuto e brillante. Il dialogo invece non c'è, e Franzero s'accontenta di ricorrere a Miledi solo nei momenti di maggiore incertezza. Per Gladstone il modo migliore di vedere Londra era quello ch'egli aveva consigliato a una principessa stranier11.,ossia di vederla dall'imperiale d1 un om• nibus. Certo, la Londra di Franzero resta aneddotica, vista con l'occhio della consuetudine e con l'aiuto di una sem• plicc cultura piuttosto che dell'immagi• nazione o d'una curiosità per così dire critica. li carattere di una città è quello che è; nondimeno, finisce sempre col rimanere affidato allo stile di chi lo descrive; bastano alcune immagini a precisare il punto d'osservazilne. E come lo stile di Fraru:ero non sempre è preciso, co!Ì la sua Londr~ e i suoi inglesi a volte appaiono un j,o' vaghi e stilizzati. Eppure non mancano certe immagini felici, che improvvisamente mettono in rilievo un particolare. • C'è un'aria calda, che ha un odore di canna di fucile•, dice a pro-- posito della ferrovia sotterranea, e quasi ne abbiamo la sensazione. D'altra pane /o e Miltdi non vuole es• sere che una guida dei costumi londinesi, scritta da un gior1lalista con scopi non pretensiosi o troppo impegnativi. Il mestiere del giornalista abitua a una maniera rapida e lieve di osservare, e Franzero lo fa con una sua efficace secchezza. e Si ode una musica lugubre. Poi la monodia tace e succede un ritmo di tambu• relii. Poi si alza un canto funerario, cantato con quelle voci di testa che sono la specialità delle donne inglesi ... Squadro~ ni di affiliate con bandiera al vento ... L:. gente guarda e sorride,. i:: una processione domenicale della Salvation Army, che passa per Oxford Street nella malin. conia del • giorno del Signore,. ln In-•. ghilterra non vi sono meno di duecento religioni, cui gli inglesi sono devoti ma senza troppo scomporsi; e si badi al loro modo d'inginocchiarsi:• Si seggono; poi, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il busto reclinato in avanti e il volto sepolto nelle mani, dànno, visti da lontano, l'impressione· di essere inginocch1at1•· A Londra vi è anche un tempio per signore sole; si chiama • il Santuario•· l.,c funzioni si svolgono a porte ermeticamente chiuse. • Per entrare nel Santuario occorre la parola d'ordine, e, una volta dentro, non potete più uscire. L'inventofe di questa nuova fede si è circondato soltanto di donne. Non sono tutte belle e neppure tutte giovani; ma sono tutte e le• ganti ,. Dopo il sermone, il prete risponde sempre a domande scritte. Strane, ma forse non troppo, sono le risposte di questo profeta, che rimprovera all'islamismo di considerare la donna come proprietà del marito. •''Personalmente''• disse il sacerdote, "io penso che è una cosa dc• liziosa per una donna sapere di apparte• nere completamente al proprio padrone ... E che profondo mistero voi donne siete! Io am~ le donne! ~1a non ne sposerei alcuna ... , e cosi v1a. Venuto aprill; gli inglesi vanno fuori di Londra, in cerca di una •natura• che avrebbe il compito di purificare i loro sentimenti e rendere •poetiche, le loro merende sportive. Franzero allora pensa all'Italia, alle t.rattorie all'aperto, alle pas• seggiate fuori porta, che, viste da un paese tanto grave e convenzionale, gli sembrano liberi piaceri di un paese felice. La cam• pagna inglese ha una dolcezza e tenuità troppo costante, ordinata e senza metamorfosi, e i coloni inglesi curano la campagna come se si trattasse di un parco, finendo col dare al forestiero un certo impaccio. Cosi la gente che si reca in campagna sembra correr dietro a una vecchia abitudine piuttosto che a un estro sincero e impulsivo.• Si direbbe che tutta questa gente manchi del senso della gaiezza. Sorride, ma pare che ridere le sia fatica troppo grave•. L'occhio di Franzero appare tuttavia più sicuro dove osserva fatti e caratteri della vita sociale; i capitoli sulla e Staso11 ,, sul e)fatale campestre•, sul • Femminismo, si leggono con un interesse non privo di quel divertimento che dàn~ no le osservazioni dette con arguzia. GINO VISENTI

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