ANNO Il· N. 38 - ROMA 17 SETTEMBRE1938-XVI Il PAGINE UNA LIRA I I PARIO! • MODA AUTUNNALE 1938 L'INEVITABILE <JU o>: C'f: FORZA al mondo che possa !J! comunque nmandare l'inevitabile: 1I riconoscimento del buon diritto dei tedeschi dei Sudet1 a dispoHe liberamente di se stessi La loro forza è m quei medesimi prmeìpi in nome dei quali fu combattuta la grande guerra e distrutto l'impero degli Absbnrgo. Fu loro promessa J'usoluta parità un regime capace d, lfarantirc il libero c~ercizio delle profe1,- sioni, della e ltura, dcli~ giustizia sulla ba,e dell'au'<Jnomia. Questi impegni solenni non furono mantem.Jtl, furono violentemente mJsconosciui e traditi all'indomani stesso della Conferenza della pace. Il nuovo Stato ceco• lovacco si me,.:trò p~ggipre dell'antica ml')narchia nell'oppn::n1one delle nazionaliti che !lOloJ'mq-anno a\·eva p,Jtuto riunire in una formazione 1mpr01•·1sata al Rrv1z10 dell"ep,-monia fran•·ese in fon z1onc antijl'ermanica. Vn simile paradosso, un "irnile ,;q1 ivoco, che ~r11una ..mentita pa-ente ad ogni principio g1urid1co, un'1rn-ione .;Ile idealità proclamate durante e dopo la guerra, poté sussistere fino a -1uandola Germania non riusci a spezzare ~e cater:e del trat tato di Vcrs:iiJlcs. Era QJindi incviubile, era fatale eh~ ,1 gin.rn•.>fòtcs•o in cui la Germania fos e ntorrat sul piano mon• diale con rutta l'efficienza delle sue armi e la dignità della sua storia, i tedeschi dei Sudeti trovassero nel terzo Reich il presidio e l'aiuto per tanti anni invocati e attesi. . Allo stato attuale delle cose, specie dopo i mas,acn cui si è abbandonata nei giorni scorsi la polizia di Praqa, non sembra più poss1b1le la soluzione vaghegf{iata alcune settimane fa sulla base degli otto punti di Carlsbad. Questi sono, oramai, un ricordo del recente passato, e stanno, più che altro, a testimoniare la moderazione di Henlein e del Cancelliere germanico. 0Rgi la soluzione non può essere che radicale, non può consistere che ncll'autodecis1one d1 una pop()fozione di oltre tre milioni di uomini, ansiosi di riunirsi alla madrepatria. :"lon sono più consent1t1 , compromessi, 1mezzi termini, le mezze misure. Componimenti di questo genere presuppongono la buona fede, una sincera volontà di accordo e di pace; ma chi nQn ·1edcche Benes e i suoi mJnist. non haono avuto, nei me11i t, oni, d11· una l'lola preoccupazione, quella d1 RUadagna re tempo, di promettc:re C()n l'evidente sottinteso di non mantenere? I ,· trattative, i laboriosi negoziati fra il governo di Praga il partito di Henlt:in dove :ano esdu,,ivamente ptrrnetteri alla coalizione antifagcista, ant1germanict e an1,talian:s d1prepar~re l'opinione p11bbl1ca m,,ndi1le aiie re menze che si anr.unz1;ino gà con le fuc-ilatc, di organizzare qur I fronte unico ideale, che da Parigi a Mosca e da Londra a New York. Questi disegni sono stati infranti da Hitler nel discorso di Norimberga, che ha posto Praga davanti a un dilemma che non consente inganni ed evasioni di nessun genere: o il governo di Benes rende la dovuta giustizia ai tedeschi dei Sudeti o questi si faranno giustizia da sé con l'aiuto, con l'assistenza, con la protezione, della nuova Germania, della grande Germania. Assistiamo ad una nuova fase della dissoluzione del trattato di Versailles e l'Europa non avrà vera pace, non patrà restaurare la sua unità politica, economica e morale se non il giorno in cui questo processo di revisione sarà definitivamente compiuto. La mentalità di Parigi, di Londra, di New York, di Ginevra, si muove ancora su un piano oramai superato dalla storia e dalla nuova coscienza morale, su un piano che presuppone la minorità della Germania e l'egemonia francese nel continente. ! incredibile la persistenza d1 questi e residui • psicologici, che la realtà smentisce ogni giorno più. Chi si attarda in simili pregiudiziali lavora inconsapevolmente contro la pace e prepara la guerra. La verità vera, ltt tragica verità• che i fnmces1 non voghono intendere, si riassume in una semplice proposizione: la Francia riusci ad ottenere una vittoria con l'aiuto di tutto il mondo, una vittoria che andava oltre le sue legittime aspirazioni. E~sa è incapace1 da ~111, venuta meno la coalizione del 1915, di mantenere le posizioni acquisite di fronte alla vita nuova che urge da ogni parte. Di qui il senso di malessere e di disagio che si diffonde dovunque e che cesserli solo quando essa si rassegnerà a rientrare nei limiti delle sue forze effettive e delle sue reali capacità. Come era facilmente prevedibile, la Francia non si rassegna a questa revisione che risponde alle ragioni della giustizia storica e dell'equilibrio politico e non lascia nulla di intentato per opporsi al corso fatale delle cose. Questa illu.sione può sortire degli effetti funesti, può determinare una crisi spaventevole dell'Europa. Si resta stupiti davanti a tanta incomprensione, davanti ad una cecità che assume, talvolta, delle proporzioni e degli aspetti allarmanti. Le note dell'lnformazione diplomatica hanno indicato i pericoli di quest'ora gravissima e suggerito i rimedi d'urgenza. Esse hanno indubbiamente giovato ad orientare l'opinione mondiale nonostante le forze avverse coalizzate in un programm.:\ di resistenza e di violenza che si identifica con l'assurdo e col fanatismo. Ma chi può dire se la ragione potrà prevalere contro le insidie che fanno capo a Mosca? Assistiamo ad una mostruosa alleanza del bolscevismo e dell'imperialismo, sotto il patrocinio dell'internazionale ebraica. Si muovono e si agitano forze sotterranee e oscure. Fu sempre così tutte le volte che la verità e la giustizia si annunziarono nel mondo. * * * SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE ~;'r~- U!\QUE, la Francia non ra- ~ tifica la sua parola 1 si sottrae al mantenimento degli impej?,ni a<isunti, tradisce coloro che han ripo,;to in ki l::l loro fiducia. Questa, la constatazione sgradevole che le popolazioni siriache stanno facendo in questo momento. Son pochi e;iorni che il presidente del Consiglio siriaco di Damasco, Cemil Mardam Bey, è arrivato in Francia., per avvicinare ~li ambienti responsabili pari~ini e abboccarsi direttamente col minic;tro de~ii Esteri Bonnet. Secondo le sue stc-.se dichiarazioni al momento di sbarcare in terra francese, e~li non \ iene soltanto a domandare che sia alfine ratificato quell'accordo del I o settembre 1936 col quale la Francia, riconoscendo che le finalità del ma'ndato erano state raggiunte, conferiva allo Stato siriaco una autonomia che lo poneva in grado di stipulare con la Francia stessa un trattato di alleanza; ma viene a chiedere qualcosa in più: viene a chiedere, cioè1 che, in un avvenire non lontano, l'indipendènza ..iriaca possa essere anche più integralmente riconoi.ciuta. Gcmil Mardam ha detto testualmente coi;;ì: e Io ve:1go in Francia per prendC're contatto col Governo france~ a proposito dell'applicazione del trattato di alleanza e di amicizia che ci lega alla nostra grande alleata. Dal momento in cui il trattato fu concluso, nouostante le gravi difficoltà in cui si dibatte il mondo, la Siria ha rea• lizzato tali progres.-.i nella via della sua inditwndcnza, da poter 1,pcrare che al tcnninc della dilazione preveduta dallo ste-.so trattato franco-siriano, vale a cfirf' per ir-. fhe dell'an•· . ., 15:\9, e~a potrà godere interamente della sua au. tcnomia 1 pur mantenendo le relazioni più strette con la sua alleata, della quale sa bene apprezzare le insigni qualità, sapendo come la Siria può ri- \'Ole;L"rsialla. Francia per tutto quel che riguarda la sua tecnica 1 la sua !.CÌC'.n. 7 'l. cd il suo progre,;~ >. ).fa a Parigi sembra si nutrano tutt'altre intenzioni. Non solamente la• ~iano cadere le richieste del presidente del Consi~lio siriaco, ma revocano ,\prrtamcntc in dubbio la po,;.sibilità e la convenicn1..a di una ratifica parlamentare del trattato del 1936. giornali politici più accreditati, trattando dell'argomento, hanno cominciato con l'obiettare che la sca• <lenza del 1939 non è affatto definitiva e che il considerarla tale si~nifica, né più né meno, mettere a repentaglio la ratifica del parlamento francese: ratifica 1 soggiungono i1rmcdiatamente, cbc non è per nulla cosa fatta e che non ha alcuna sicurezza di giungere in porto. Sta di fatto che i relatori del progetto, così al c;cnato come alla Carr.cra, gli onorevoli Henri Haye e Gaston Riou1 sono entrambi palesemente contrari all'omologazione di uno ,;trumcnto diplomatico che giudica.no s:cnz'altro nefasto alla Francia. È una bella patente di incompetenza ai negoziatori francesi del 1936. l mcde'Simi giornali non mancano di ~cgnalare l'incongruenza di una tale ratific.1, proprio all'indomani dell'accordo franco-turco e -alla vigilia d<·I viaggio dì amicizia, che il mini~tro degli ~:~tcri francc~e si accinge a compiere in Turchia. Come .-.arrbb<:po,;si• bile e lo.~ico. in un momento comr questo, dar forza di legge a un trattato come quello franco-'Siriaco, la cui stcs,a base è in contra<,to aperto con l'atto diplomatico che la Francia ha testé ,tipulato con Ank:1ra? J giornali francc~i più autorevoli in fatto di politica oricnt:tle riconr,<;cono. oramai, che la politica filosiriaca, persc-guita dalla Francia nel primo periodo dC'I suo mandato in Levante, è reci-.amcntc incompatibile con la pilt recente politica filoturca. Ed a quc• sta politica filoturca la Francia, rimorchiata dall'Inghilterra, vuol c.-.'lere, in questo momento soprattutto, fedele. Già il solo annuhcio dd trattato franco-'Siriaco aveva scatenato quella controvcrc;ia per il Sangiaccato di Ales'Sandrctta, che solo di recente è c;tata appianata, se così si può dire, mediante la ce~sione del Sangiaccato ste<sso alla Turthia, che non ha tardato a far proclamare dal parlamento di Ankara il pieno e indipendente carattere turco della regione di Hatay. La ~tampa francc<seha finto di non accorger<;("nc.Ora proprio nel momento in cui il presidente del Consi~lio siriaco ~barca in Francia per chiedere il ricono~cimento ufficiale del trattato del 136, gli organi del Quai d'Orsay proclamano in tutte lettere che ratificar<' quell'accordo si~nifichcrcbbe « dare il segnale all'assa.ssinio organizzato, in un paese nel quale non si fa alcun mistero di un panislamisnw ..pinto al misticismo piì1 settario >. Si dice ancora che anche da un punto di vi)ta navale il. riconoscimento • completo dell' indipendenza siriaca, e, quindi, il ritiro definitivo della Francia contemplato dal trattato stesso, priverebbe la Francia di una serie di basi, il valore militare delle quali è incontc!itabilc. Questo si chiama parlar chiaro! Se ne deduce che il mandato dovC'va servire unicamente ad assicurare alla Francia le basi navali neces- "aric al ,;uo imperialismo levantino . Ne ~a.ranno c;tupiti, a Ginevra. E nella loro incauta e disinvolta sin• ccrità i giornali in questione non na- ,condono un'altra delle ragioni per cui è reputata e~faiale la ratifica di un accordo, cht· fu pure parafato due anni fa con un certo clamore. E la ragione è questa. La ratìfica dell'accordo del '36 farebbe sfuggire alla Francia il controllo di quel minuscolo, ma capitale 1 porto di Tripoli in Siria, dove viene a mettere capo uno degli oleodotti dei petroli del!' lraq. Ma a Pa• rigi si guarda anche più lontano e si pcma che, una volta ratificato l'accorc!o, gli e!nncnti nazionalisti ,ir.i.... i non tarderebbero a fare della Siria uno Stato pur.1mcnte arabo, df"CiSI) a par• tecipare, quando che fosse, a quell'eventuale Confederazione panislamica, che per la Franoa potrebbe significare la perdita dcli' Africa del Nord. Per dare una parvenn di giustificazione a questa tardiva H.:vata di scudi contro un trattato che la Francia ha sotto~critto, sia pure con firma provvisoria, i giornali parigini che vanno per la maggiore si fanno forti di alcune dichiarazioni della minoranza musulmana di Beirut (si può facilmente immaginare come alimentata', che ha, di recente, ic;pìrato al giornalf' musulmano locale, il Chaab, dichiarazioni di questo calibro : e li nostro Corano ci impone di dire la verità, anche con nostro danno. E noi la dire:- mo. La Fra1J,.Ciaha accordato a questo paese siriaco la sua indipendenza cd un regime parlamentare. Ora noi .-.iamopienamente convinti di M!rvirc il nostro amato paese dichiarando che la Francia si è troppo affrettata innalzando la nostra nazione al livello delle nazioni più progrC'dite. Basta.1 per rendersene conto, vedere come il g'ruppo che si dice costituzionale si è c;crvito della libertà di voto per violare- le leggi cd eccitare il popolo all'insurrezione. Se il nuovo regime deve essere semplicemente un mezzo a di,;posizione di questi individui per tiranneggiare il popolo, preferiamo rinunciarvi >. Quale edificante concordanza fra queste parole del minuscolo gruppo di~~idcnte di Beirut e le attuali vedute della politica levantina di Parigi! La ,·crità è che in questo momento per ragioni più che comprensihili, pct chi abbia seguito la politica meditcr• ranca franco-inglese dalle c;anzioni i,. poi, Inghilterra e Francia fanno a ga• ra nel ,;cdurrc la Turchia e nel favo rime i piani nel Mediterraneo orientale. Gli accordi finanziari e commer• ciali stipulati fra la Turchia e l'Inghilterra il 27 maggio scorso, e il trat• tato di amicizia concluso dalla Turchia. con la Francia il 4 luglio, sono la do• cumcntazione palmare di questo improvviso atteggiamento franco-inglese. Tutto questo pone la Turchia in una posizione di grande rilievo nello sviluppo prossimo della politica orientale. La politica estera turca oggi ha per fondamento due patti: il Patto di Saadabad, che dal luglio 1937 la unisc~ strettamente alla Persia, all'Iraq, e aJ_ l1 Afgani'ìtan; e il Patto balcanico, che l'ha coi;;tituita 'ìolidale con la Jugoslavia. con la Grecia e con la Rumenia
Si potrebbe dire che la cerniera fra i due M~tcmi sia rappresentata dall'alleanza turco-sovietica, il cui valore non r..i è mostrato sempre efficiente allo -.te!isomodo, ma che, non pertanto, sarf'bbe imprudente trascurare. • cl corso degli ultimi anni il governo di Ankara ha provato il bisogno dì 'itringerc ancor più i vincoli che l'uni- <:cono all'Europa e di cercare appog- ~i al di là dei Balcani presso le Potenze occidentali. Proprio nel medesimo tempo queste Potenze estremo-occidentali, Francia e Inghilterra, si mo- ,travano particolarmente zelanti nel favorire lo 'ifon.o della Turchia ver~ l'incremento delle sue forze militari r della sua attrezzatura economica. t:n,1 prima ,i0tomatica rivelazione di que- ,ta tendenza si ebbe a Montreux nel 1936, quando la diplomazia britannica ,piegò tutto il suo potere per far accettare le rivendicazioni turche circa il riarmo dei Dardanelli e la revi11ione dd regime degli Stretti. Si vide allora, non senza qualche sorpre-.a, l'Inghilterra confidare alla Turchia la chiave di una delle tre porte che aprono e chiudofw il Mediterraneo. Dalb metà dell'anno successivo, ;1 ministero degli Esteri e l'ammira~liat6 inglese si preoccuparono di assicurare alla Turchia i mezzi necessari per <:ondurre a termine i divisati armamenti navali. E le trattative, intrapre- •c in proposito, si sono conclu~e il 27 maggio sco~con la firma di un accordo. che apre al governo di Ankara un credito di 16 milioni di sterline, di cui sci per la flotta da guerra e 10 per l'attrezzatura economica. Questo accor-' do è fi:rnchcggiato da due codicilli, di cui l'uno mira ad agevolàrc le rclaiioni commerciali fra i due paesi, e l'altro ad a~-.ociare più largamente i capitali e l'indu\tria britannici al pro- -~rc~~odella Turchia. :\'on occorre una grande accortezza per divinare le ragioni di tale politica. A.utorcvoli scrittori francesi di politita estera le denunciano chiaramente. Per l'Inghilterra, come per la Turchia, possono riac;sumersi in un solo e identico sentimento: il timore di vedere l'Italia prendere nd Mediterraneo orientale una .n,'tuaàone preponderante. Non per nulla il nuovo atteggiamento di Londra di fronte ad Ankara ri,alc al momento della conquista etiopica. Dal canto loro, gli esperti inglesi non hanno mancato di segnalare, con insi- ,tenza, il pericolo al quale l'isola di Leros può esporre Cipro, Caifa e perfino Porto Said, mentre Atene ed Ankara non hanno trascurato di misurare meticolosamente la distanza che separa l'isola italiana da Creta e dalle cos,c dcli' Asia minore. Come era nell'ordine delle cose, la Francia ha seguito pedissequamente le orme del1' 1nghilterra, e la sua politica verso la Turchia si è andata, in questi ultimi tempi, sempre più conformando a quella britannica. Il !.olo ostacolo all'instaurazione di una vera amicizia fra la Turchia e la Francia appariva, come del resto il presidente Ataturk aveva formalmente dichiarato il 1° novembre 1936, in un discorso ali' assemblea nazionale, la questione del Sangiaccato di Alcssandretta. Noi sappiamo che tale questio• ne è stata brillantemente risolta tradendo in pieno gli interessi siriaci. Il tradimento sta per essere definitivamente consumato mediante ìl ripudio reci~, formale e confessato di una qual~iasi ratifica a quel trattato siriaco <lei 1936, cui i siriaci ebbero il torto di attribuire on valore spropon.ionato alla effettiva lealtà francese. Oggi la mancata ratifica è la conseguenza indeclinabile- del trattato di amicizia franG9-turco stipulato ad Ankara il -1, luglio scorso. Come pensare che il parlamento ed il mini,;;tero francesi si acconcino a ratificare il trattato franco-siriaco del 9 -.ettembrc 1936, mentre pendono trattative considerevoli per far partecipare la Francia al concorso finanziario ~he l'Inghilterra ha conces.50, con calcolata generosità, agli armamenti na- ,-ali cd agli impianti industriali della Turchia. di Ataturk? Anche la. Francia si accinge ad aprire alla Turchia ncditi considerevoli che dovranno servire all'acquisto di mercanzie e di macchinari contro un rimborso scaglionato su di un lungo periodo di anni. Opl·razioni di questo genere non sono di •Metta natura economica e bancaria. Sono, piuttosto, operazioni nelle quali l'interesse politico è nettamente preponderante. I pubblicisti filoturchi di Londra e di Parigi non mancano di esaltare lo -.forzo compiuto d~lla Turchia nel pcnodo più recente. La Turchia, second<"' quanto accertano costoro, sta ef. frttivamcnte riuscendo nel disegno di mdu ..tri:i.lizure intensamente il paese r di mettere in pieno valore le sue ri- -.orse naturali. 'Questa celebrazione, lo ,j capisce agevolmente, mira ad ispirare fiducia e confidenza nell'alta finanza di Londra e di Parigi, sollecitolta dai ri,;pettivi governi. I crediti sono ~tati e saranno concessi, e c'è solo da augurare che l'avvenire economico della Turchia sia vcralPente coronato da quella prosperità che preannunziano i corrispondenti bene informati e meglio acclimatati, come il Réville, che scioglieva di recente un inno di così calda ammirazione all'e!Jort d'indust1ialisation de la T urqui,. Comunque sia, la situazione del vicino O~iente è molto più complicata di quanto non vorrebbero far credere gli esaltatori faciloni dei trattati economici o politici, che Inghilterra e Francia vengono così sollecitamente stipulando. Non è da escludere che la mancata ratifica del Patto del '36 renda il problema siriaco ancor più grave e minaccioso. Prossimo al prohlema siriaco, e, probabilmente, stretto ad es. so più di quanto comunemente non ti creda, è il problema palestinese. E, al di là del problema palestine<:c, intimamente collegato con esso, quel problema panarabo, che la Francia diplomatica di oggi crede di poter scongiur.1r,e stringendo vicppiù i suoi legami con la Turchia, e c:h(• rischia, invece, proprio per questo, di rendere più grave e più urgente. Fino a poco tempo fa la Francia deplorava di avere perduto, anche a causa del difficile giuoco del clearinx, la ~ua clientela turca. Deplorava la decadenza del suo prestigio in Le\'ante. Può darsi benissimo che il recente trattato franco-turco, con le successive convenzjoni di natura economica, serva alla Francia a recuperare una clientela commc:-rciale che le andava ,;fuggendo. ~,fa il tradimento coc;ì freddamente perpetrato ai danni delle genti siriache per compiacere alla Turchia, lungi dal far recuperare alla Francia il suo prestigio morale in Levante, lo compromette in maniera che potrebbe anche essere definitiva. La sudditanza all'Inghilterra non potrà e~sere invocata come una scusa. Sarà, piutto~to, un nuovo motivo di debolezza e di abbandono. GIULIO VENTURI RIFORME MILITARI RUMENE Data la sua popolazione, la Rumenia ha un c~crcito molto numeroso - circa quindicimila ufficiali e circa duecentomila tra sottufficiali e soldati in tempo di pace - e il re, che è un •Hohenzollern, dedica ad esso le sue più attente cure, cercando non solo di accre. sceme l'efficienza bellica, ma anche di mip;liorarne l'aspetto esteriore e di promuoverne l'clep;anza, come dimostrano alcune recenti riforme, che sono state introdotte per sua ispirazione. La prima e più importante di queste riforme riguarda la lun~hezza dei capelli: questione che, per chi i;i;uardi a fondo nelle coscj può avere conse• guenze di notevole portata per il valore militare di un esercito. Pare dunque che, finora, nell'esercito rumeno si usasse radere la testa ai coscritti e che anche ~li ufficiali, forse per imitazione dep;li ufficiali tedeschi e special. mente prussiani, usassero radersela. D'ora in poi, niente più teste pelate. Caro I I I, non si sa se perché detesti ~li usi e le mode militari prussiane, o se perché, memore del caso di San• sene, ritenga che una buona parte della fon.a di un-esercito sia nei capelli, ha ordinato che i caµelli dei suoi ,;o). dati debbano essere lunghi, eccetto che per la parte della testa visibile fuori del berretto o dell'elmetto. Sono per. messe le barbe, e i .~errieri senza barba sono invitati a radersi quanto più spesso sia possibile. Il nuovo regolamçnto è stato accompagnato da alcune spiegazioni ufficiali, che ne hanno chiarito in modo assai efficace le alte finalità estetiche e mi. litari. Secondo queste spiegazioni, dunque, l'aspetto della truppa, in passato, quando i soldati avevano la testa rasa, era « anticstetiCo e spiacevole >; invece, continuano le dette spiegazioni ufficiali, e i rumeni, ora che hanno raggiunto un avanzato stato di civiltà, sono in irado di avere per i propri capelli quella curn che è una delle regole elementari dell'igiene del corpo>. Un'altra rifonna non meno importante è stata quella relativa all'uso del monocolo. Pare che molti ufficiali rumeni usassero portare il monocolo; ed è superfluo aggiungere e senza averne biso- ~no », perché in tutti i paesi del mondo il monocolo lo porta sempre gente che non ne ha affatto bisogno. 11 nuovo regolamento 1 dunque, ha proibito agli ufficiali rumeni di portare d'ora in avanti il monocolo, salvo nei casi di necessità; ma la necessità deve essere comprovata per mezzo di certificato medico rilasciato da una commissione di ufficiali medici e contro. firmato dal comando generale dell'esercito. 'A\IH1TEMANSLAV[... ... \ l'AM·FDR·SALE -, I N L( .~ T.. HAVE WURtt ~RSTARV[ I HAVE\,'RITTEN ~BDDl('S' SPOl(E DvtRWBAL l I e . YouR.!N,tUÌf\Y APPRECiATED 011; (ioTHOtto. aa<:IUI per le~• di Beldmora (0, 8, A,) OODappe10 alle lfalle qae~UI cartello: "Uo 11omo bianco 1cbluo, ... 1ono ID'fet1,d1taal maggior ofere-ot.e.., Ho eorlno da.e hbrl, dno une luoro ahrimenti morirb di fame", Qualche periodico inR"lcseha voluto vedere in questa ordinanza un carattere antip;crmanico. e:Niente dà tanto fastidio al re quanto il fatto che i suoi ufficiali adottino maniere militari prussiane. E recentemente la sua mano si è abbattuta pesantemente su quegli ufficiali che p;uardano arrogantemente attraverso monocoli e ostentano un taglio di capelli strettamente teutonico :.. In fondo, attraverso queste considerazioni, il periodico crede di riconoscere indizi dell'orientamento della politica rumena attuale o futura. Indizi assai discutibili. La saggezza degli auguri d'oggi non è minore, né maggiore di quella dep;li antichi. Questi interrogavano, per esempio, i visceri di animali uccisi ; e i moderni i0tcrrogano il ta. glio dei capelli dei soldati rumeni. E si potrebbero fare altre considerazioni su questi gravi argomenti. Per esempio questa : che il monocolo è di marca più inglese, che tedesca : e, da Disraeli a sir Austin Chamberlain, non c'è che l'imbarazzo della scelta, se si vogliono ricordare personalità britanniche che lo portarono. O anche quest'altra: che gli ufficiali rumeni, i quali fino a ieri usavano radersi poco, tanto che l'ordinanza li ha invitati a « radCrsi quanto· più spesso sia possibile», dovevano aver~ uno strano aspetto con la barba lunga e con la caramella. Perché il monocolo può essere to11erabile quando sia il coronamento di un quadro di perfetta cle~anza. Ma diventa un ornamento ben strano quan. do sia portato da uomini che si radono la barba raramente. Infine, a dimostrare anche mcp;lio la cura che re Caro! si prende perché i suoi ufficiali facciano sempre, come ,;i suol dire, bella figura in patria e all'c5tero, sta H provvedimento che ha preso recentemente per la rieducazione di alcuni di essi che dovranno accompagnarlo in Inghilterra. ~ noto che da parecchio tempo Caro! deve fare una visita a Londra. Sono intervenuti vari rinvii, ma ora pare che il ~'iorno della partenza. non sia lontano. Naturalmente .il re avrà al suo seguito vari ufficiali; e per costoro egli ha istituito un corso speciale. Secondo notizie che ricaviamo da un giornale inglese, un istruttore (naturalmente, inglese) insegna ai detti ufficiali tre cose: 1) a non gesticolare; 2) a non par. lare ad alta voce; '.1)a non far rumore mangiando; « come usa sul Continen• t~ >, aggiunge il giornale. Far precedere la visita di un sovrano straniero da un trafiletto di questo ~enere è veramente un delicato pensiero. A. G. EDEN SORIVE ,l'l QUESTI ultimi mesi, Lloyd Ceorgc ll ha pubblicato le sue memorie della Conferenta di Versailles e Winston Churchill il quarto volume della sua opera sul suo grande antenato, il duca di Marlborough, il vincitore di Oudenarde e di M:1.lplaquet ; e penino il vecchio Lansbury ha dato alle stampe: un libro, in cui ha riassunto i risultati - ahimè! molto modesti - del suo girovagare per l'Europa in missione di pace. Fra tanto fervore letterario, solo il maggiore Anice, capo del gruppo p:t.rlamentare laburista, e l'ex-ministro Eden, fra i personaggi dell'opposizione uf. ficiale o non ufficiale, continuavano a mostrare le ancor ~iovani fron1i nude di alloro. Per quanto riguarda il maggiore Attlee, 1pirito sordo ai richiami di tutte le Muse, ~ altro mai ve ne fu, non c·è d::i. sperare gran cosa. Ma, dall'ex-ministro Eden, in fatto di lettuatura, i suoi ammiratori si aspetlavano molto. Egli proviene da una famiglia di grandi tradizioni artistiche, in 9.uanto il padre dipingeva all'acquerello. Lui, nellt. prima gioventù, scrine articolucci di critica letteraria ed ~rtittica, s1udiò a O>,.ford, e imparò il pers:ano. Se la politica non lo avessc _fuorviato, avrebbe po1uto dare alle lettere inglesi una nuova traduzione di OmSr Khayyim. Invece ha preferito scrivere di politica e h:,. deluso le speranz.c dei suoi migliori amici. Cli allori di Milziade non facevano dormire Temistocle. J succe"i giornalistici di Lloyd George e di Winston Churchill hanno indotto l'orientalista Eden a scrìvcre di politica. L'articolo è apparso su un giornale domcnicale, e la News Reuiew, che pure ha sempre m~ntenuto un atteggiamenlo amichevole verso· l'autore, non esita a dc• finirlo e flaccido>. E, in prova, ne riporta alcune sentente, che qui di scguito tradu• ciamo. Alcune sono luoghi comuni democratici: per esempio, che i paesi democratici sostengono un lungo sfon:o meglio dei totalitari ; che le nazioni, malgrado le delusioni di questi ultimi anni, sono convinte della nece»ità di Ginevra, ccc. Altre sono luoghi comuni di tutto il mondo: che ; trattali di pace furono considerati dalle nazioni vinte come duri cd ingiusti, che alla. L,cga QOCque la posizione di guardia- "" dei detti trauati, ecc. Qucuc cose abbiamo lette e sentite migliaia e migliaia di volte, per anni e anni. Occorre uno 1pirito molto mediocre per ripeterle ancora con tanta solenni1à. E occorre una fanta• <ia molto arida per non tro"are da dire niente d1 più originale sui problemi politici attuali. t. tristc conSlatarc quanto spesso i ~randi della terra - o quelli ritenuti tali - osservino il precetto della po\ertà evan- ~elica nelle cose dello 1piri10. Dice, dunque, l'ex.ministro Eden: < Alcune pcnone, forse non dotate di molto spirito di osservazione, sono giunle a pcn• sare che un popolo libero, che laYori vo• lontariamente, non possa raggiungere quella misura di uni1à nazionale, che esiste imece negli Stali autocratici. Noi cominciamo a sentir dire che una democrazia, come quella britannica, non possa compiere nel campo degli armamenti lo stupendo sforzo di cui gli Sta1i autocratici si sono dimostrati cap,1ci, Se l'argomento signifiCA che noi non possiamo, sotto la democruia, ottenere i risultali che ottengono le dittature, allora io dissento profondamente. Durante la Crandc Cuerra foro• no proprio le nazioni che er~no state educate nella tradiiione democratica, quelle che sostennero meglio lo sforzo >. Così ~.len. E non gli balen.a alla mente !"idea che lo sforzo fu enormemente disuguale: e cioè molto meno grave per le potenze democra1ichc e molto più gra"•e per gli imperi cen1rali. Del che è prova il fauo che né in Inghilterra, né in Francia, né in Italia, per tutta la durata della guerra, fino all'ultimo giorno, ci fu vera e propria mancanza di qualsivoglia derrata alimentare; mentre in Germania cì fu scar. S('l.7.adi tutti i viveri fin dal primo anno e, in ultimo, vera carestia. Or~, sc due uo• mini - l'uno ben nutrito e sazio, l'altro strem;,.to da anni di stcnti e di digiuni - si sottopongono allo steuo sfono, è molto probabile che il primo resista e il secondo ceda. A questo punto, noi riterremo, con borghese buon senso, che il primo resista perché ben nutrito e il secondo ceda per• ché digiuno. M.a l'ex-ministro Eden e-dissente profondamente> - come dice lui - e sostiene che il primo resista perché è stato e educato nella tradizione democ:rati• ca>, e che il secondo ceda perché di ,cntimenti antidemocratici. La gente, che suole fare abuso di eufemismi cortesi, chiama questo modo di pensare idealiuico. Dice iilncora Eden: e Non può essere dubbio che l'ideale dell,1 Lega abbia sofferto in conseguenza del fauo che nello spinto delle nazioni vinte nella Grande Guerra, esso era associato a trauati di pace, che esse consideravano come punitivi e duri >. Opinione di cui non è chi non veda l'alta originalità. "UN JOUR VIENDRA ... " ~ ANCORA~ e-Conseguentemente, CiL!) nevra fini con l'essere considerata dal• le dette nazioni come l'indurita custode di certe clausole dei trattati di pace, anziché come il mezzo per l'applicazione del metodo dell'arbitrato e delle negoziazioni alla soluzione pacifica delle contese internazionali. Malgrado tutto il disappunto e tuua la delusione, la grande maggiorania di esJC sono ancora convinte che, fino a quando una regola di diritto non sarà generalmente accettata, non ci uri sicurezta duratura per i loro figli, né per i figli dei loro figli. Finché non sarà stabilita una regola di diritto, le nazioni non raggiungeranno quella misura di prosperità, che altrimenti sarebbe alla loro porlata. Giorno verrà in cui un ordine internazionale sarà stabilito. Farà esso (sic) parte della nostra a1tu::i.le civiltà o aJtre generazioni dovranno ricostruirlo sulle dev:utatc (rie) rovine del mondo moderno? :t. L'autore di queste plo.titudes ha diretto, in un'ora decisiva della 11oria, la politica em~ra dell'impero britannico e ha fatto quel che poteva per fare scoppiare una conflagrazione europea Evidentementr è più facile diventare ministro degli Esteri del Regno Unito, che scrivere un buon articolo. L'ANTENATO E IL NIPOTE 1'\ BBIAMO•ricordato il libro di Winston ls'.,l Churchill sul •uo antenato, il duca di Marlborough (Marlborou1h, his l1/e and times - Harrap, 25 s.). t.. un'opera ponderosa: quattro volumi di circa 700 pagine ciascuno, e Churchill ha impiegato dieci anni a scriverla. Perché l'ha scritta? Come mai l'ambìiiosiuimo Churchill, il quale non sogna che il po1erc e non pensa. che a ordire congiure ed intrighi nella speranza di tornare al potere, ha potuto dedicare tanto studio e tanto tempo d suo remoto antenato? La ragione è semplice. Il duca di Marlborougl, il vincitore di Blcnhcim, di Ramillies, di Oudenarde e di Malplaquet, fu - s1 - un grandi"imo soldato, ma fu :anche un grandissimo e \·oltagabbana > e il più insigne mancatore di parola dei suoi tf'mpi. Difr·ndendo il duca di Marlborough, Churchill ha difeso se stesso. Nell'Encyclopaedia Britannica si legge: e Non c'è dubbio che Marlborough fu in stretle relazioni col re esiliato a St. r umain > (Giacomo). E nel Dictionar1 o/ Jla• tional Bio1raph1: e Certo è una di1grazi:a, benché non sia una sorpresa, che Marlborough aiutasse Gi:-como, mentre serviva Guglielmo in una posizione di fiducia ... La sua sinceri1à fu sempre sospettata>. La moglie, Sarah, fu la fayorita della regina Anna; ma quando Abigail Masham la scalzò, la stella di Marlborough tramontò r~pidamente. I tories fecero e la pace a tutti i costi>: Marlborough fu esiliato e la intrigante Sa• rah fu scacciata dalla Corte. Churchill dimostra che la pace fu un errore e un tradimento e che, per essa, l'Inghillerra si meritè. l'appellativo di e perfida Albione >. E forse ha ragione. Ma in nessun punto riesce a purgare la memoria del suo antenato dalle gravi accuse morali clic ne macchiano il nome. La storia ha pro• nunziato da tempo la sua sentenza su Mari• borough, e quet1a biografia non varrà certo a promuo"ere la revisione drl giudizio. Marlborough abbandonò Giacomo per Cuglielmo, aiutò Giacomo mentre serviva Guglielmo, mancò di fede verw tutti secondo le occasioni e secondo il suo tornaconto. Dice Churchill: e Fortunato lo Stato o il sovrano che trova un simile servitore in anni di pericolo! >. e. l'opinione di Chur. chili, il quale è stato successivamente tor1, libcr~le, liberale coalizionista, poi di nuo- \O to,y e or-.:. è 10,1 dissidente. Al tempo della crisi della Corona, egli fu il più st~- nuo sos1enitorc di Edoardo VI Il contro Baldwin ; e si pensò, per un momento, che voleuc fondare un e partito del Re > contro il governo. e Fortunato il sovrano c.hc trova un simile servitore!... >, Certo, non si trova ogni giorno un vincitore di Oudenarde e di Mal. plaquet. Ma di gente che tradisca se ne 1ro\ a quanta se ne vuole, in tutti i tempi e in tutti i paesi ; ma non è stata mai una for1una trovarne. E la differenza fra Churchill e il suo illustre antenato è questa: che Marlborough intrigò e tradì, ma vinse alcune delle più grandi battaglie del suo tempo; e Churchin ha vinto nessuna battaglia. RICCIAROETTO Il~ Am Il • H.38 • 17 Bou,mbn 1938-m 1111 OMNIBU!~ SETT!l,[Al!ALEDIATTUALITÀ POLITIOA E LETTERARIA E80E tL SABATO IN 12- lfl PAOINE ABBO!I AME!ITI Itali•• Impero:•u-ooL. -4.2, MDl&atrLe. 22 F.at.ero 1 •nno L. 70, umelt~ L. 38 0011 1fUKl&O VIA LIRA llluuflr!Ul 1 diHgnl e fougn.fie1 anche H ncD pabbllcaU, non 1\ rt.1tit-0l1ocno, Dlrnloae: Roma• Piana della Pilotta, 3 Teletono N. 88,470 Ammillhtr.uione: lfila-oo• Piana Carie Erba, 8 Telefono N, 24.808 hnlldtt: Per mUllmetrodi alt.tua, bue una oolonna: L. 3. Rl1'01gerel all'Agnda O, Buschi llllt.no1 Via 8ahini, 10, Telefono ~907 Parigi, 681 Rned• P1aboug 8aint--Honori
~EL 1871 l'lnghiltC'rra ,;i impos- ~~j sessò del Griqualand West, la ..._ • più ricca regione diamantifera del Sud-Africa. Posto il la\'oro sotto la protezione di un gO\t~rno, tutelati i diritti dalle autorità, l'emigrazione verso qurlla nuova terra promcs,;a aumentò considerevolmente. I nuovi venuti ,;j diressero in gran parte a Outoitsp:rn, solo nome che aveva raggiunto, oltre i confini, una ccrt.1 notorietà, ma, all'interno, Kimberlcy, soru da poco sopra una collinetta. acquistava di più in più l'import.mz:.1 di un centro. Diecimila bianchi già vi -.i trovavano e i prodotti dei ~iaciml'nti aumentavano ogni mese. Numerosi agenti compravano ,;ul po- ,;to, a contanti, i diam.rnti che immediatamente venivano spediti in Europa e in America. Fu dunque una ben pcno~a ~rprcsa, per quc-i pionieri, allorché, nell'autunno del 18731 i mercanti, ad ~n tratto, ce~~arono di fare ogni .1cqu1sto. Alle ansio<;e domande dei diggers, i commercianti locali rispondevano chc lc grandi ditte di Amsterdam di Londm, di New York rifiutavano' le pietre :i.nc~e a metà prezzo. Il paese parcv:i. colpito da un malefizio. I diggers conobbero la cau<.a della loro disgrazia P?Ch~ mesi più tardi, quando un tale, d1 ntomo _da Londra, raccontò dei crac/es fonmdabili verificati~i alle Borse di Londra, di Parigi, di Berlino, di ~ew York. I cercatori si persero di cora'{gio. :\1olti gettarono le vanghe e .1~bando!1arono i giacimenti; gli operai negri tornarono in massa ,ti loro \·1llaggi. La mi,;cria, lo squallore, l'abbandono (!ravavano ,;ui giacimenti del Sud-Afri. ca quando vi arrivò Barney Barnato. . Barnato _proveniva da \\'hitechapcl. 11 ghetto d1 Londra. Attirato in un primo tempo dal tcatto, aveva fatto la comparsa per finire, assieme al fratello Ha.rry1 clown in un tcatruccio di varietà. L'ex-clou:n arrivò dunque a Dutoit- ,;pan, dove il fratello lo aveva preceduto, quando la tremenda crisi infieriva nella regione. Ma quello stato di co~ non scoraggiò affatto Barnato che si era giurato di non far ritorno a Londra se non dopo aver fatto fortu· na. A Kimberley si fa 5critturare da un circo equestre e torna a fare il clou.n. Per pochi giorni, ché gli spettatori vengono presto a mancare e il circo equestre è costretto a chiudere. Con le poche cterlinc guadagnate, Barnato compra da un merciaio ambul.,n• te una ca,;setta di spee<:hictti, lacci da scarpe, taccuini, !api,;, temperini. Corre ia un giacimento all'altro, ma anche questo piccolo commercio è difficile fra quegli uomini ridotti alla mi- ~cria più nera. Barnato ha un'idea: ,i reca da quei cercatori che indolenti-mente continuavano a dar qu.ilchc l·olpo di zappa nei loro c/aims e propone di offrir loro un temperino, qualrhc lapi,;1 se gli la~ceranno stacciare la trrra che essi pac;sano al vaglio una ~ola volta. ::\-(olti accl'ttano il patto a condizione che egli non tocchi la loro provvista d'acqua per lavare i residui della terra stacciata. Bamato si mette al lavoro e riesce a risolvere anche il problema dell'acqua promettendo in regalo un lapi,; e un taccuino a un ne- ~ro se gliene porterà qualche \ecchio. 11 nC'gro, naturalmente, non c;a 'iCrivcrc, ma è tutto felice di potere imitare i bianchi che fanno quegli strani :icgni sulla carta, e porta l'acqua. Barnato staccia, Ja..,-ai residui e, la ~era, li porta a un mercante il quale, dopo un'occhi,ua, gli dice che ormai 1;li intNC"'iano poco ani hc i diamanti, fi~urar'ìi i ,;assi... Cn altro gli chiede quanto \-uole del suo te'ioro. Barnato ,i crede già al trionfo e rischia: « Tren. ta 'itCrliue >. ~(a non ha finito di pronunciar la richic,;ta che si trova in mezzo alla strada, proiettato fuori dalla haracca da un poder~ calcio del mrrcantr. t;n terzo scruta attentamente le pietruz1e con la lente, vi 'icorge qualche diamantino e offre una sterlina. Barnato dissimula a 5tento la sua gioia <' pronuncia un indifferente e Ali right > da uomo d'affari che onnai vuole concludere un mercato. L'indomani ricomincia l'c,pr-rimento e offre ric;olutamente a un d1gger cinque <;Celliniper poter far(" quella strana spigola tura. Il padrone del c/arm {un canadese che qualche tempo prima guadagnava le 'iue cento ~tcrline la 'ìCttimana) accetta la mocte-,ta remunerazione, for<;e più divertito che intcrcs~ato dalla strana propmta. I ri,;ultati sono dei più magri, tutt~1via in poche 'iCttimanc Barnato rie<.ee a metter da parte qualche ,tcrlina. .:\fa la crisi continua e Barnato non riesce a vendere i pochi piccoli diamanti che di quando in quando trova vagliando i residui della prima stacciatura. Per procurani un tozzo di pane-, adc<i'iO,deve accettare ogni lavoro: porta i ,archi al mercato, fa il semale, compra e rivende tutto quel che càpita, dalle patate ai cappelli di paglia. Pas~ato il primo e più violento attacco della crisi e placatosi un po' il pànico dei compratori, Barnato si dedica di nuovo inticramcnte ai diamanti e si ac;socia a un tale incontrato per çaso in una taverna. Imponendosi duri sacrifici i due soci riescono ad affittare ~1a baracca tanto per dare una sede alla ditta. Magnificando le doti della costruzione, il proprietario consiglia i nuovi inquilini di non appoggiarsi troppo alle pareti, perchl,, non garanti,;ce la resistenza dell'edificio a tale prova. ~1a nonostante la costituzione della s'immischiava nella discussione. S'era fatto un'opinione empirica: i diama,,- ti vengono dal basso, dalle profondità del terreno; bi<:ognava perciò scavare, ,;cavare il suolo a due, trecento metri. Allora soltanto si sarebbero trov.1ti i grandi diamanti 1 i pili preziosi. ~1a come fare questi profondi scavi coi rudimentali arnesi e le attrezzature di fortuna a disposizione dei cercatori? I diggers lavoravano già sotto la continua minaccia delle frane e il suolo che incontravano, man mano che scavavano, era sempre più duro. I picconi si spuntavano contro quel tere commercio > assai in uso a quell'epoca a Kimbcrlcy: e illicit diamond buying >, « compra illecita di diamanti • o, per dirla con parole più franche, compra di diamanti rubati. Per lottare contro i furti e il contrabbando dei diamanti, era stato istituito un tribunale speciale che colpiva gli autori del reato con pene severissime. Ma i diggers ricorrevano di rado al tribunale e facevano giustizia linciando il colpevole. Nessuno osava denunciare apertamente Barnato, ma non mancavano le continue allusioni e neppure le minacce anonime. Barnato si sentì fcco delle due Americhe, della Cina, del Giappone, dell'Arcipelago Malese e, come se non bastasse, .dell'intiera Africa. Nonostante la sua vita spensicrat...'\ 1 Barnato appariva, in affari, più solido di Rhodes e, quando si delineò la lotta tra i due uomini, tutti opinarono che la vittoria avrebbe arriso all'ex-down. Si ricordava la tenacia di Oarnato rimasto a lottare per anni sullo stesso terreno, mentre Rhodes ,wcva cambiato pili volte di claim. Ma Rhodes aveva sul rivale l'enorme vantaggio di una concezione più moderna della potenza del capitale e sin dall'esordio negli afPER INOANNAB.E OLI AEREI GIAPPONESI I CINESI COSTRUISCONO FALSE STAZIONI FEB.ROVIAB.IE, LONTANE DAI CENTRI ABITATI, CON LOCOMOTIVE DI LEONO società e l'attività dei due c;oci, gli affari continuano a languire. Un giorno Barnato, entrato di corsa nella sede della ditta, grida che è indispensabile l'acc1uisto di un cavallo) e :,piega di aver conosciuto un mercante di diamanti che ~i avventurava fino ai giacimenti più lontani e più nascosti sfruttati dai boeri, dove, a detta di tutti, faceva acquisti particolannente vantaggiosi. Il giro del mercante durava abitualmente tre giorni ; .seguirlo a piedi era dunque impossibile; ma Barnato aveva notato che il cavallo del mercante si avviava regolarmente 'iClll· pre sugli stessi sentieri senza: e~5ere guidato dal cavaliere. Era evidente che la bestia cono~ceva pcrfcttam('nte la pista da seguire. Convinto il c;ocio, Barnato riuscì a comprare il ronzino investendo metà del capitale della ditta, ossia ventotto sterline. Le previsioni dell'accorto Barnato erano giuste: la brava bestia lo portò infatti, senza che egli toccas$e le redini, ai lontani giacimenti dove i cercatori boeri cedevano i loro diamanti a prezzi irri'ìOri. Bastarono poche spedizioni per reintegrare il capitale investito nel ronzino. A quel tempo l'ignoranza dei di2e,ers e dei commercianti del Sud-Africa nel saper valutare i diamanti, era assai grande; B:i.rnato si distingueva dai suoi concorrenti nel saper di.seerncrc ,a colpo d'occhio le qualità richieste ai diamanti: la regolarità della forma, la purezza dei riAc~5ie la mancanza di ogni ve11atura. Sc-paratmi dal socio, Barnato si unì al fratello e alla nuov:i. ditta fu dato, come ragione sociale, il nome dei due clou·ns al loro esordio sulle <;ecne: e Barnoto Brothtrs •, « Fratelli Barnato >. l minc-ralogisti giunti da ogni parte del mondo nel Sud-Africa continuavano a smtenere, sen7..a volerc;i inchinare alJ'evidenza, che i di,1manti potevano trovarsi soltanto nei terreni alluvionali, che era stata una mera combina7ione trovarli altrove e che .-.arebbcro scompar.-.i c1uando f~ero stati scavati i primi strati del terreno, e terra gialla>, come la chiamano i cercatori. Barnato ascoltava tutto quello che sull'ocig.ine delle pietre prczio~e dicrvano gli scic-nziati e i profani; ma non reno duro come la roccia, la « terra blu> come onnai la chiamavano i cercatori. Molti, scoraggiati, abbandona• rono di nuovo i c/aims. Ora Barnato non .si decideva c;oltanto all'acquisto dei diamant.i; trascorreva intiere giornate nei c/aims, osserv.tva la terra, s'in. formava delle difficoltà del lavoro. La sun deci-,ìone era presa: bisognava comprare dei giacimenti, diventar produttori e strappare alla terra i tesori che na,;condeva. Suo fr:uello esitava ,'ld investire in quella incognita le economie di tanti penosi anni, ma Barncy lo convinse e nel '76 la « Bart1ato Brothus > comprò per tremila sterline quattro cloims situati nel centro dei giacimenti di Kimbcrlcy. Se lo sfruttalnC!)lO di quel terreno non dava immediatamente i risultati sperati, era la rovina dei due fratelli. Barnato non abbandonava per un minuto i ,;uoi claims, dove i negri ,;cavavano 'iCnza po,;a in profondità, vi\endo le amie dell'inventore che nel laOOratorio aspc.tta i risultati di un esperimento. Stacciava lui 'itcsso la terra, lavava i re,;idui, esaminava ogni pietra. Finalmente, un giorno, ecco che da un cumulo di pietra appaiono alcuni diamanti dai dieci ai dodici carati e, poco do1>0,un diamante che d:i. solo rappresentava una fortuna. La lotta contro la « terra blu> era vinta. Harry Barnato ,:1Vrcb?Cvoluto contentMSi dc-I rapido ,;ucce~so e vendere i claims, ma Barncy raddoppiò invece lr ,;quadre- di operai. La ricchezza si moltiplicava ogni giorno; vi furono delle settimane in cui i quattro claims, che coprivano una ,;upcrficie di 400 metri quadrati app<·na, fruttarono tremila \terline. Cli anni che seguirono la scoprrta della « terra blu >, furono i più felici che Kimbcrley abbia conosciuto i ogni claim d~l\'a ai cercatori la ricompensa da t:i.nto a,;pettata. Barnato si vantava di ricavare dai 'iuoi quattro piccoli giacimenti una media di duemila sterline alla ~ttimana"."Si cominciò, naturalmente, a mormorare: estrarre da quattro claims tutta quc!lla ricchezza? lmpossib1lc. Apertamente i Barnato non comprano più dai diggus, ma chi dice che non ricorrano :i. delle fonti segrete? Forse l' I.D.8. Con queste tre ltttere ,;i abbreviava la d<>nominazione di una fonna di rito da que,;te accuse e decise di abbandonare il Sud-Africa. Nel 188o tornò a Londra e fondò nella City la ditta per il commercio dei diamanti « Bar• nato /Jrotlurs >. Ma dopo 'ìCtte anni di vita nel Sud-Africa non seppe più adattarsi all'e,;i<;tCnza europea. « Mi par d'àvC're la camicia di forza >, badava a dire ai 'iuoi che lo supplicavano di rest,tre. E ripartì per l'Africa promettendo di mandare a Londra il fratello per a,;surnere la direzione dell'azienda. Al suo ritorno a Kimbcrley gli amici dettero a Barnato un:\ notizia sen(,azionale: Cccii Rhode,; aveva formato una forte ~cic- \ che ~tava per impossef;sar,;idi un grandt: numero di claims di Kimbcrlcy. Barnato dovette concentrar,i per ritrovare il ricordo di costui. Infatti Barnato e Rhodcs avevano vis- 'iUto per anni, si può dire, a gomito a gomito sen1.a a\'cr contatti o rapporti di affari. C<'cil John Rhodes 1 che aveva pre~,;•a poco l'età di Barnato, si era recato nel Sud-Africa all'età di sedici anni, non come tanti altri per far fortuna, ma per cercare sollievo alla malferma salute nel caldo clima del Nata!. Suo p:i.- dre, vicario anglicano di Bishop Stortford, lo aveva mandato presso un fratello nel lont:i.no pac~e, seguendo il con<:iglio dei mc-dici che, a,;coltando i polmoni del giovinetto, scrollavano la testa e diagno'iticavano che, al mac;simo, ne aveva per <;eimesi. Barnato e Rhodes diffcriv,mo in tutto e per tutto. Barnato, ba~so e rotondetto e tuttavia agile e dedito allo sport, era uno di quei tipi che paiono destinati a rc,;tar eternamente giovani. Rhodcs, lungo, magro, lc-ggermc-ntc curvo, le gu~mcc affos<iate, pareva già un ,·ccchìo. Barnato, dal temperamento esuberante, amava le gaie compagnie, le taverne, i luoghi animati; Rhodes rifuggiva la gente. Barnato 1 positivo, reali~ta, ricercava la vita; Rhodes, <;,pecubtore immaginoso e utopistico, 'ie ne creava una. In Afr-ica cercava i diamanti fra una lettura e l'altra di Vir- ,~ilio e di Omero; a Oxford, la vecchia dttà universitaria, dove di anno in anno tornava per prepararsi agli esami, pc-n~:i.va:1lle più audaci ,;pccula7ioni sui terreni diamantiferi. All'età di ventiquattro anni scriveva un e te- ~tamento politico > in cui prtconinava l'a,;'ìùggettamento allo scettro britannifari dei diamanti, le sue operazioni ~i basarono sul credito, mentre Barnato non faceva nessuna transazione che non rientrasse nel limite del suo orizzonte. Il capitale era per lui qualcosa di palpabile: i diamanti che raccoglieva o le sterline che intascava. Ver- ..o. l' 'Bo li,lrnato era un grande capitalista, ma se gli avessero domandato come ,;i fa una emissione di azioni, non avrebbe saputo CO'iarispondere. :\1cntre venivano create a Kimbcrlcy le prime società per azioni, Barnato ,;i trovava in Inghilterra é al suo ritorno il più era fatto. Fra gli altri, Rhodes aveva riunito in società i proprietari dei cloims del giacimento dei Dc Bccrs e fondava, il primo aprile 1880, la « De Burs Diamond Mini,1g Ca. >. \'crso la fine dello stesso anno, Bamato si vide circuito da molte società dai capitali fortis-,imi e si deci'ìC, forse più per prestigio che per calcolo - non voleva essere considerato un tipo d'uomo sorpa~,ato - a trnsformare la sua ditta in società per azioni : la « Barnata Diamand Atfi11i11g Co.> dal capitale di centocinquantamila sterline. Egli aveva già ricavato dai suoi clazms diamanti per duecentomila st('rline; quanto potevano valere ancora quei due piccoli appezzamenti di terreno? Barnato credeva di annunciare una cifra enorme fissando il capitale della nuova socic-tà, ma non appena messe in vendita le a7ioni il capitale fu coperto e le :i.zioni raggiunsero in pochi giorni cifre incredibili. Barnato creò nuovt società, ne accaparrò in pochi mesi una mcz;,a dozzina, comprò nuovi c/ainu. Nel 1881 la catastrofe inevitabile si abbattè su Kimbc1 ley: la fittizia -,uprrvalutazionc delle azioni e dei terreni fu ~c-guitada un tremendo crack. Ma quc- \ta volta la crisi non proveniva dall'C'~terno come quella del '73; la gente di Kirnberley l'aveva provocata da se He,;,;a. La ruota della ,;peculazione si era consumata a forza di girare vertiginosamente e non funzionava più. Barnato, uno dei pochi che la cri,;i non :wcva sommersi, si recò a Londra per prender conoscenza del e mondo finaniiario > e visto c,he l'orizzonte economico mondiale, anche ,;e non brillante, non giustifiçava le tenebre abbattutesi ,;u Kimbcrlry, deci~e, al ,;uo ritorno, di .~iuocare di audacia. Acquistò nuovi daimr pc-r cc-ntottantamila sterline pa. gandoli in contanti. L'effetto del suo gesto fu immediato e immenso. Barn~: to compra di nuovo? Ma allora la cns1 è finit.1. E ovunque il lavoro rip1ese, la fiducia e l'emulazione rinacquero, le società rifiorirono. Cccii Rhode5 che, misantropo e puritano, forse non regalò mai un diamante ad una donna, aveva fatto uno strano calcolo: nel mondo civile si celebrano in media quattro milioni di matrimoni all'anno; ciò vuol dire che, annualmente, almeno tre milioni di giovanotti comprano degli anelli con un diamante. Per ogni anello si può calcolarr, in media, un diamante di un carato; ogni carato è venduto dalle società diamantifere a una sterlina. Dunque, finché vi sarà l'uc;anza di offrire un anello di fidanzamento, tre milioni di sterline affluiranno ai giacimenti del Sud-Africa. Se il prezzo dei diamanti aumenta, diminuirà il numero dei fidan7,ati che comprano l'anello col diamante e viceversa. Siccome i bilanci stabiliti per la compera degli anelli da offrire alle fidanzate restano pre~s.appoco costanti, era compito d~i produttori - secondo Rhodes - di organizzare il mercato in modo da ricavare il maggior beneficio possibile dai tre milioni di sterline destmati, nel mondo intiero, all'acquisto degli anelli di fidan1amcnto. . . Questa strana opinione, che il commercio dei diamanti si fondasse, per ccsì dire, sull'istituzione del matrimonio, poteva sembrare ai più l'assutdo di un filosofo, ma l'idea generale aveva qualcosa in sé che fon:ava l'attenzione. In sostanza Rhodes sosteneva che la superproduzione o il ribasso dei prezzi avrebbero significato la condanna del commercio dei diamanti il cui valore è in funzione della loro rarità. Tutti furono costretti a riconoscere la logica di questo discorso, compreso Barnato, ma quando Rhodcs sostenne che non <;0ltanto i pos.sessori dei giacimenti dovevano lavorare seguendo gli stC''-Spi rincipi, ma dovevano anche unir- ,;j in una unica grande impresa, Barnato rispose che non avrebbe mai permesso nessuna ingerenza nei suoi giacimenti, Ma Rhodes si era prefisso di diventare il capo dell'industria diamantif cra, il signore di Kirnberley, non per avidità della ricchezza in se stessa, ma perché questa era il sicuro mezzo per giungere al potere e mettere così in pratica il vasto piano, da lui sostenuto per anni senza successo al Parlamento del Capo, di unificare l'Africa del Sud s0tto la dominazione della Corona britannica. Per dirigere tutta l'industria diamantifera del Sud-Africa non era indispcnc;abile possedere tutti i giacimenti; bastava diminuire l'importanza della pili forte impresa, quella di Barnato. Questo non fu facile. L'attacco di frontr che Rhodes mosse nel!' '87 tentando di acquistare tutti i claims in pros~imità dei giacimenti di Barnato, fallì per i'intcrvcnto di un ter.-;o, sir Donald Currie. Il secondo attacco sferrato da Rhodcs mirava a impossessani dei giacimenti di proprietà di una società franrec;c, ma Barnato riuscì a mandare a monte l'affare proprio mentre stava per es.sere conclusb. Rhodes cambiò tattica e, favorendo la fu~ione del1,1 ~ietà francese con quella di Barnato, riu-,cì ad impossc!\sarsi di qualche azione del nuovo gruppo. Ora Rhodes era sulla soglia della roccaforte; se <'<ipugnarla era impossibile, bisognava farla capitolare con l'astuzia, le blandizie e le lusinghe. Rhodcs aveva capito che il punto debole di Barnato era una certa vanità, l'ambizione di non essere più <:omiderato un digger arricchito e· di far dimenticare le sue umili ori~ini. Dopo averlo fatto ammettere al Kimberley Club, i cui soci non avevano mai voluto saperne d'aver fra loro Barnato, gli fece balenare la ,;pcranza che la fusione dei loro due gruppi lo avrebbe portato alla nomina di < Governatore a vita • del più grande consorzio diamantifero dr! mondo e che, infinei al Parlamc-nto del Capo ci ,;arcbbc ~lato un (e~gio per lui. Que- ~to miraggio ebbe il suo effetto e, in linea di massima, l'accordo per la fusione delle due sncictà fu raggiunto. Bisogna\·•• ora abbo1dare il punto che pi1'1stava a cuote a Cccii Rhode~, ossia l'espansione del grande sodalizio, non solo nell'Africa australe, ma sino ai grandi laghi dell'Africa centrale con la libertà di assoldare, se necessario, un esercite; fare, insomma, del sodalizio uno strumento per i fini cui Rhode'i aveva sempre mirato: la creazione di una grandi: potenza africana. La divergc1w,a fra i due uomini, circa gli scopi del consor.t10, cia enorn1e, ma Rhodes era riwluto a non cedere di un pollice su questo punto. L'incontro definitivo fra Barnato e Rhodes avvenne, alla prrscnza di quattro amici, in una deserta casa di campagna, Rhodes posò immediatamente la questione essenziale. Stese sul tavolo una carta geografica, prospettò le sue idee, sostenne il suo ambizioso piano con una dialettica che Barnato neppur so~pettava in quel misantropo di poche parole. Ma Barnato ,;crollava la tc,;ta: utopie. Erano diciotto ore che quegli uomini si erar.o riuniti e Rhodes parlava ancora trovando argomenti su argomenti. L'alba del nuovo giorno spuntava, quando Barnato cedette e firmò l'atto di fusione delle due ~ocictà. Era la resa a di,;crezione a una potenza che, da allora, poteva decidere della sua vita t dc-Ila sua morte. PIERLUIGI MELAN'l
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