ANNO Il - N. 35 - ROMA 27 AGOSTO 1938-XVI fl L COMUNICATO conclusivo del- !!, la Conferenza di Bled ha annunziato il felice risultato dei negoziati eh<' duravano dall'anno scorso fra la Ungheria da una parte e i paesi della Piccola Intesa dall'altra. Così, dopo la revisione del trattato di .\'euilly in favore della Bulgaria, la abrogazione delle clausole militari del Trianon 1 che tenevano l'Ungheria inerme fra un mondo di armati, le dccisiom della Conferenza di Blcd le hanno restituito la sua piena sovranità cd hanno, contemporaneamente, autorizzato gli stati della Piccola Intesa a stipulare con essa, uti singuli, degli accordi commerciali e culturali, allo scopo evidente di iniziare una proficua collaborazione economica e di ri~olverc onorevolmente la dolorosa quc,tione delle minoranze ungheresi. Nrc.wn dubbio che i Balcani, già ritrnuti un pericolo per la pace curopt"a, oggi costituiscono un fattore di equilibrio e di pace. Conseguenza della rinata potenza germanica e dell'asse Roma-Berlino, che hanno sottratto la Piccola Intesa alle esiziali inHucnze franco-ginevrine? Certamente. Ma perché non assegnare la dovuta importan7.a anche alla trasfonnazione inte1na determinatasi in quegli Stati durante questi ultimi anni? L'improv\'i-.ato parlamentarismo di tipo occidentale aveva portato al predominio di alcune oligarchie, che si valevano della polizia contro i partiti avversari e delle complicità straniere contro la stessa Corona. E. storia recente. Nel giugno del 1928 le sedute della Scupcina di Belgrado si svolgevano fra le revolverate; ad Atene la divisione del Parlamento in cGè frazioni equivalenti. dopo le elezioni del 19361 faceva dei comunisti gli arbitri della <tituazionc; a Bucarest, durante le ultime elezioni, il partito di Maniu e di Titulescu si alleava con le Guardie di Frrro pur di tenere in iscacco 1 partigiani del re; a Sofia la monarchia non aveva pace fra le prepotenze degli agrari, il prctorianismo della Leg~ militare, l'arroganza dei profes- ~r untven1tari. La restaurazione dell'ordine interno fu opera di sovrani consapevoli dei loro do\'eri e di ministri coraggiosi. Nella Jugoslavia, Stojadinovic ha ripri<itinato l'ordine politico, economico e morale e può sorridere dei rinnovati tentativi di opposizione intorno a Macck, di cuj è fin troppo evidente la remota ispirazione; in Rumenia, re Carol ha messo a posto la demagogia di sinistra e di destra, Titulc,::u e Codreanu ; in Grecia, Giorgio I I ha liquidato un regime stra- \'ccchio, che durante undici anni a\'eva dilaniato il pae'5e con le sommo'5,c e coi pronunciamenti militari; a Sofia, re Bori<;ha ridato autorità e pre- ~tigio al!a volontà del paese, mettendo in mora dei partiti facinorosi, incapaci di governare, intolleranti di qual'iiasi disciplina costituzionale e di qual,.,asi autorità regale. La re!itaurazione dell'ordine interno ha promosc.o una felice collaborazione fra i governi e il potere monarchico nella politica estera, finalmente al riparo dalle insidie parlamentari e dalle illecite ingerenze straniere. Il trattato di amicizia perpetua fra la Jugo- ~lavia e la Bulgaria, l'accordo di Salonic,co, la decisione della Conferenza di Blcd, per tacere della ripristinata, attivhsima amicizia italo-jugoslava, ,ono mom("nti salienti di una evoluzione tuttora in atto e che avrà ripercus..,ioni e riferimenti lontani. JI sistema balcanico, originato all'indomani della guerra (.otto l'influen~ za fran(eC\C, era talmente paradosc.alr che, eliminata quell'influenza, gli aggruppamenti delle varie Potenze sono rima,;ti intatti, ma con orientamento del tutto divrrso in obbedienza alle forle spontanee e irresistibili della vita. La Piccola Inte'3. e la Lega balcanica, che, nel pcmiero dei loro antichi promotori, dovrvano co,;tituire drlle posizioni di guerra e di di,;cordia, ,i '-0no improvvi,;,amente trasformate in istrumenu di concordia e di pace. Per gli Stati hakanici l'autonomia è una condizione indedinabile di vita. ::Xonpm- ,;,ono illudrni e non si illudono. La Ru..,<iiaè ,,,Jrina e le democrazie occidentali "°"o lontane. lJna di ..~. razid ~ una fortuna. Solo l<L Crcoc.lovacchia s'iJ!u,.e di in- \'trtire qu,·,ti t("rmini. Con quali con- '-<'guc-ntc, \1 è visto nri giorni '-Cor,i ,l Blcd e più ancora ~i vedrà. * ,:,:. * ~, a,") IU' CHE al papa, più che al i!;3' capo della Chie,a scelto dal clero, il califfo era paragonabile ai lontani imperatori di Bisanzio ed ai più recenti zar della Russia. Sovrano temporale, sultano di Turchia, egli era e il condottiero dei credenti e il difen(.ore della fede:,, il capo religio!o di tutti i musulmani del mondo. Ogni venerdì, le preghiere di trecento milioni di mu,ulmani si levavano verso Allah in favore del loro protettore, detentore delle insegne del Califfato : il mantello di Maometto e lo stendardo verde del Profeta. Salito sul trono dei sultani all'inizio del secolo ventesimo, Abdut.Hamid regnava sul!'Asia minore, la Rumenia, l'Albania, la Macedonia, le isole dell'Egeo, la Siria e la Palestina, l'Iraq, i paesi del Golfo Persico, l'Heggiaz, lo Vemen e le coste del Mar Rosso e il suo potere spirituale andava dal Sudan alle rive del Danubio, passando per l'Africa del nord e le Indie. Se la Persia, una parte dell'Iraq, lo Yemen e una parte degli indù mu,ulmani, di rito sciita, ricusavano il principio del Califfato, la grandi,sima maggioranza del mondo musulmano, formante le quattro scuole ortodos~ sunnite, gli riconosçeva il diritto di < vegliare all'O<iç.ervanza delle prcscri7joni della legge >, nella sua qualità di « rifle~~ di Dio sulla terra :,. E se l'autorità temporale del califfo era andata rapidamente declinando col declinare dell'espansione dell'Islam e col distacco delle provincie balcaniche, tutti i musulmani rc,tavano pur sempre e terra ddl' Islam :, rd erano sottoposti alla sua autorità religio~. E fra le potestà del Califfato, comunemente ammesre nel numero di dicci, figurava, al ,i;estoposto, il diritto di procl,1mare la guerra ~anta e contro coloro che si ostinano a rinn("gare l'Islam dopo es~cme 'itati partecipi, e questo fino a quando non ritorneranno a profcs<iarr l'Islam o ad accettare la volontà dell'Alti~c.imo di dominar<' tutta la rt'ligione :,, La guerra santa. come ~i e.a, era la propaga7ionc della frdc- CO'iÌ come rra stata concepita dal Profeta, cui la ri- ,·elazionc divina aveva affidato la su:, 12 PAGINE UNA LIRA Il m I SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE PALESTINA - DONNE ARABE OHE PUNGONO I FIGLI 000181 IN UN OONFLITTO OOH LA POLIZIA INGLESE I . , missione religiosa mentre stava per iniziare la conquista dell'intera Arabia con la spada. Il Califfato ottomano, che gli orientalisti fanno incominciare col regno di Solimano nel I y20, doveva durare fino al 1924. A dire il vero1 i sultani non parvero mai, almeno nei primi tempi, attribuire un'eccessiva importanza a questa dignità. Fu solo più tardi, quando si iniziò il declino dell'Impero ottomano, che i sultani cercarono di rialzare il loro prestigio mediante l'esaltazione del potere spirituale che conferiva loro il Califfato. Questo darebbe ragione al compianto Nallino, che mostrò, in un modo che i competenti dicono inoppugnabile, come il CalifTato non possedesse affatto, nella tradizione e nella vita dell'Islam, quel rilievo teorico e quella efficienza pratica, che Abdul-Hamid, nel suo borioso e sfortunato sogno panislamico, avrebbe voluto che gli fossero attribuiti. Comunque sia, la tesi del ~fallino può spiegare a .sufficienra la soppressione del Califfato da parte della repubblica turca senza eh<>ne sia derivata una qualsiasi rivolta nel vasto mondo islamico. Si ricordino i momenti successivi attraver~o i quali si giunse alla sua soppressione. li primo novembre 1922, in se~uito a un di'icorso che smcitò nel mondo musulmano enonne impr<'c.'lione, Mustaf à Kcmal invitava la Grande Assemblea di Angora a votare la decadenza del sultano 11chmed \'I, l'aboli1.ione del Sultanato e la reintegrazione del Califfato elettivo. Quest'ultima rio:oluzionc era formulata in questi termini: e Il Califfato è un attributo della casa di Osman. Spetta alla Grande Assemblea nazionale di sceglirre in qucst\ dinastia la persona più dr~na dal punto di vista intellettuale e morale. Lo Stato turco rapprc(rnta il ~~tegno del Califfato>. Il 2 novembre, con la rapidità caratteri- 'ltica dt'lle prime decisioni rivoluzionarie di Angora, la mozione era ratificata dall'A-.c;cml,lea alla unanimità. Evidentemente Kemal voleva procedrre pc-r gradi, e qucna prima dichiarazione voleva essere un modo di saggiare le disposizioni del mondo musulmano. Non mancarono le reazioni. Non appena le decisioni della Grande Assemblea furono conosciute, i musulmani delle Indie e dell'Egitto protestarono. Destituendo il califfo, essi osservavano, l'Assemblea nazionale della Turchia 1veva indebitamente usurpato un diritto spettante esclusivamente all'autorità religiosa. Le circostanze giunsero in buon punto a semplificare il problema e ad a\'- valorarc la decisione di Angora. Il 12 novembre, alle sci del mattino, il sultano decaduto, Mehmed VI, fino a pochi giorni prima capo spirituale di trecento milioni di mu,;ulmani, fuggiva per una porta di ,;ervizio del suo palazzo sultanale di Yldiz e si rifugiava poco regalmente e poco pontificalmente su una corazzata britannica, che lo trasportava in esilio. Il governo kernalista profittava di questa propizia circostanza per procedere più decisamente verso l'attua• z.ione integrale del suo programma. Senza perdere tempo, l'Assemblea di Angora nominava come califfo il principe Abdul-Megid 1 che veniva investito della sua dignità a Istanbul il 27 novembre. Ma la cerimonia fu mantenuta in una cornice modestissima e d si guardò bene dal far cingere al nuovo califfo quella famosa scimitarra di Osman, che, in pa-;sato, non aveva mai mancato di figurare nelle incoronazioni sultanali. Frattanto la gloria militare e diplomatica di Muc.tafà Kcmal continuava a salire. li trattato di Lo<tanna, firmato il 24 luglio 1923, restituiva alla Turchia !' Asia Minore e i territori che il trattato di Sèvres, con la leggerezza che caratterizzò tutti i trattati di pace, aveva stabilito di organizzare in Stati indipendenti. Forte di tali suc- <:essi, Kemal precipitava gli avvenimenti e il 29 ottobre 1923 la Repubblica turca era proclamata. La <iCparazione del potere temporale dal potere \pirituale, dcfiniuvamcntc consacrata. avrebbe su~citato delle reazioni? E in quale mi'lura? Kcmal attese. Il mondo musulmano parve dic;orientato e guardò con curiosità mista a sorpresa il costituirsi di quello Stato turco areligioso, che costituiva, nella tradizione coranica, una novità addirittura senza precedenti. Era il laicismo dell'Occidente che entrava per la prima volta nel mondo dei sultani. Kemal si sentì rassicurato e aspettò il momento opportuno per procedere oltre. Questo non doveva tardare. Due mesi dopo, nel dicembre 1923, l'Agha Kan, e il figlio del più pari~ino fra i sovrani dell'India > e l'emiro Alì, nella loro qualità di dignitari del mondo reli~ioc;o islamico, pubblicavano in tre giornali di Costantinopoli un messaggio al Primo Ministro reclamando per il califfo tutta la sua <effettiva potenza tradizionale>, Per tutta risposta, Kemal convocava la Grande Assemblea, dove biasimava aspramente la condotta di quelli che definiva e nemici della Repubblica > e inviava a Costantinopoli il cosiddetto e tribunale dell'indipendenza ». La destituzione del califfo e la soppressione del Califfato erano ormai decise. Il 1 ° marzo 1924 Kemal sottoponeva alla Grande Assemblea una serie di provvedimenti radicali intesi alla totale laicizzazione dello Stato, che comprendevano, fra l'altro, l'abolizione del Califfato e l'espulsione dei principi del sangue. Tre giorni dopo tali leggi venivano approvate all'unanimità e la sera dello stesso ~forno erano comunicate ad Abdul-Megid ad Istanbul. All'alba del giorno seguente, una automobile conduceva l'ultimo califfo lontano da Costantinopoli, fino al treno più vicino, che doveva portarlo in esilio. Ancora una volta le circostanze si mO'itravano propizie a Kemal. Il re dell'Heggiaz, Hussein, protettore dei Luoghi Santi dell'Islam, che, in risposta alle decisioni iconoclaste di Angora, si proclamava c2liffo1 doveva prendere la fuga al cospetto degli eserciti wahabiti, vittoriosi quattro me'li dopo la sua sconsiderata audacia. La rivoluzione operata da Kemal era di portata incalcolabile. Per quanto decaduto, nessuno immaginava che il Califfato potesse essere abolito cosi rapidamente e c.enza destare rivolte nel mondo dell'Islam. La soppressione del Califfato significava la violenta presa di posizione del più forte Stato musulmano nella modernità.. Nel prossimo ottobre la Repubblica turca celebrerà solennemente i primi quindici fortunosi anni della sua csi~ stenza. Dovrà registrare qualche vel• leità di restaurazione califfale? Non ~ da escludere. PareJ da molti segni, che al Califfato aspiri il giova• ne re d'Egitto, Faruk I. Ogni vencrdl i giornali del Cairo indicano la moschea dove egli si recherà a pregare, proprio come usava fare a Costantinopoli il califfo ottomano. E, non diversamente dal sultano-califfo, il giovane Faruk si reca in grande pompa alla moschea, dove ~ solito distribuire ricchi doni al clero. e Viva Faruk ! Viva il re pio! Viva il difensore della fede! >: sono queste le esclamazioni che lo salutano al suo passaggio per le vie del Cairo. Non è tutto. Pochi mesi fa il giovane re ha rimesso in onore un'antica usanza: l'invio alla Mecca della Kisu1ah1 cioè del sacro velo dC!tinato alla K aabah. Le dodici casse contenenti il sacro velo erano accompagnate da due vasi di bronzo pieni di :..equa di rose e dalla borsa (surrah) delle elemosine, rigurgitante di monete d'argento e d'oro. Per que• sta missione il re aveva scelto un generale di divisione, cui aveva conferito il tradizionale titolo di « capo del pellegrinaggio». L'ispiratore di FaruK in questi disegni è un personaggio autorevolissimo in tutto il mondo egiziano, lo sceicco El Mar.ighi, rettore dell'università di El-Azar. Questo personaggio è il direttore spirituale de,I giovane sovra-.. no, al disopra di ogni critica. Nel mar• zo scorso il giornale wafdista Al Misri 5j permise di usare, nei suoi confronti, un linguag-gio poco risoettoso. Fu una sollevazione. Professori, studenti, is_tit~ti r~l!giosi del Cairo ~ delle provincie v1cme furono un.animi ncll'indiriz7.are una protesta collettiva al Consiglio dei ministri. Il governo veniva invitato a prendere delle misure per far cessare l'lrriverenza nei confronti di un uomo che - diceva la protesta - e occupa un posto riconosciuto dalla legge come la più alta carica religiosa dell'Egitto e gode la universale estimazione di tutto il mondo musulmano>. E, per rendere più energica la protesta, gli studenti organizzavano una dimostrnzionc sotto la presidenza del Consiglio gridando : e \'ìva il difensore della religione! Vi-
va il re! Viva El Maraghi ! Viva il Corano! >, Vien fatto di domandani come interpreta, El Maraghi, la mi'isione religiosa dell'Egitto? Ad un redattore della Bourse Egyptirnne, che di recente lo interrogava, l'illustre reuorr, a parte le proposizioni pietistiche, rispondeva in quc~ti termini : e t necessario che l'hlam domini la vita. nazionale in un Egitto diventato indipendente e sovrano >. E ancora: e Gli stranieri hanno conqui~tato le terre dell'Islam e le hanno sfruttate. Il loro interesse è di mantenere i musulmani in uno stato di torpore per meglio conservare quanto hanno conquistato. Nessun dubbio che il risveglio dell'Islam è destinato a indebolire il potere degli stranieri e a ridurre i vantaggi che essi traggono dalle loro conquiste. Ma il nostro dovere è quello di tenere ben svegli i musulmani nell'intento di ,alvaguardare la loro vita religiosa, politica e nazionale>. Ma questo riweglio non potrà portare a dei conflitti? A questa domanda El ~faraghi diede questa risposta : • Sì, sé gli stranieri -.i faranno essi medesimi istigatori di violenze di cui vogliano poi trarre profitto. Diver-.amcnte, no. L'Islam prescrive ai popoli mun1lmani cli praticare fra di loro la fratellanza. Che gli altri popoli diano il medesimo esempio! C'è stata un'autorità cristiana che ~tbbia levato la propria voce per impedire agli italiani e agli abissini di dilaniarsi? L'Egitto, invece, ha protestato. Non dovete scorgere del fanatismo là dove non c'è altro che dignità, legittima ficrcz-za di una naz.ione, unicamente desiderosa di affermare la sua propria esistenza>. Come si pre~nta, oggi, la questione del Califfato? Si dice che il Califfato è stato abolito; ma è facile rispondere che è stato abolito solo in Turchia. Dal punto di vista teorico, nulla vieta che un sovrano musulmano possa presentare la propria candidatura. Ma quali vantaggi potrebbe trarre un sovrano musulmano proclamando~i califfo e a quali inconvenienti si troverebbe esposto? Può valere il parere di Kcmal. Nel luglio del 1923, ad Angora, a Maurice Pernot, chi- lo interrogava in argomento, rispondeva: < Nelle presenti condizioni del mondo, '"' un califfo che volesse davvero esercitare il suo mandato, cioè governare e amministrare tutte le nazioni musulmane, come potrebbe farlo? Vi confesso francaml"nte che se mi avessero eletto califfo, avrei immediatamente fas.segnato le mie dimissioni ! >. D'altra parte, oggi che aJla solidarietà religiosa si è sostituita, anche nel mondo islamico, la solidarietà nazionale, sarebbe mai possibile la ricostituzione di un blocco pani-.lamico, rct• to dalla autorità di un capo religioso comune? Non pare. Un tale blocco non è più possibile. La Turchia ha proclamato l'abolizione del Califfato. Quindi è fuori causa. li Marocco non ha mai riconosciuto la potestà spirituale dei califfi ottomani. L'Iran è '(:Hta. Ibn Saud giudica eretici tutti i mwulmani che non sono sottoposti all'osservanza wahabita. I musulmani dell'India non avvertono alcun bisogno di un Califfato. Rimangono !'Afganistan e gli Stati staccati dall'antico Impero turco : Siria, Palestina, Iraq e Transgiordania. Questi pae9i traevano dal Califfato certi vantaggi materiali. Potrebbero e5sere contenti di tornare a goderne, ma vale la pena di pagare uno scotto così cospicuo? Una sola cosa, sicura, Faruk potrebbe guadagnare da una ripristinata dignità califfale : un maggiore prcnigio all'interflo. L'Egitto non ha dimenticato neppure che più tardi, dal 126o al 1517, diciassette califfi abassidi si sono succeduti al Cairo. Sempre, anche nelle età più glorio,c dell'Impero turco, il cuore dell'Islam non ha mai cessato di battere nella università di El-Azar. Si possono distruggere questi insigni ricordi? R ·,uscitando il Califfato, Faruk I renderebbe all'Egitto un lustro di cui la violenta conquista turca l'aveva spogliato. In un momento in cui l'indipendenza alfine ritrovala porta al più alto livello immaginabile l'orgoglio nazionale del popolo egiziano, una considerazione di questo genere potrebbe avere il suo valore. Senza dubbio. Ma se questo è, perché re Faruk non ha ri'iposto agli arabi che si battoro nella Palestina? O medita, forse, Ja restaurazione del Califfato per conto dell'Inghilterra? GUIDO ZORZI Il I_ !!111011- N, 9~ • 27 AGOSTO199S.XVI OIINIBU! SETTIMANALDEIATTUALITÀ I POLITIOA E LETTERARIA I EBOE IL SABATO IN U-16 PAGINE ABBOIIAMEIITI Italia e lmpen'I~ano L, 42, remeltrt L, 22 Ettero I auo L, 70, •~metu-•L, 36 0111 1uia1ao VI& LIR& Kno,orit.tl, dlugni e fotogr-aflea,nche u 1101. p11bb1Joatl, 11011 rntltultcouo, Dlru1ou: Boma- Plana della Piloti., 3 TelefonoN, 66,470 .l.nuafabtra:doae: lfilaoo • Piwa Culo Erba, 8 TelefonoN, 24.,808 hnUdtl: 11 11; ii1!~! 1;i!1:~!1:i;' t8,eT:\:r?11·0 B~e 0 ~ Per milllmett0dl altcna, bue uaaoolounai I Parigi, 06, Ru dtt raabourg Salllt-HonoN j ..,1 I tAFIERI Ora che le luminarie dei festeggiamenti i-Ono spente r gli echi dei trionfi di M. Carton, gran maesiro ddla cucina classica francese e dei \'entiquattro cuochi suoi di. pendenti, si 10no smorzati, è pos~ibilc rian• dare la e piccola storia :t della memorabile visita delle Loro Maestà britanniche alla ft'delc città di Parigi. Si sa, ogni vi,ita di sovrani o di grandi pcr10naggi a un paese amico ha una storia ufficiale, spesso alquanto romanzata, e una piccola. storia. La prima è fatta di ricevimenti, di serate d1 gala, di disconi, di brindisi e di entu- ~iasmo dei nativi. La teconda è fotta di penegoleni e di indiscrezioni: sli errori :~,1~cr~:~/~:'~;c,g\ie •;oa!~~c;~•:;;~l~n::~n:~ ricra, la 1a.i~ del tal ministro. Noi siamo riconoscenti agli ebdomadart france.si che que:r.ta seconda ci offrono. Lo zelo di ma.dame Bonnet La persona a cui la visita diede più da fare e procurò le maggiori preoccupazioni fu u•n7.a dubbio madame Gcorges Bonnct, moglie del ministro degli Esecri c. per l'oc• c:uionc, padrona di casa. Dire che questa bene inum:ionata signora prendesse la sua parte di padrona di ca.sa molto sul ~rio è poca cosa Bisogna dire che di ogni minuzia fece un dramma L'uffici('I del protocollo avc\'a deciso che le tende dt'lla ca.mera di S. M Giorgio VI do\Cuero t'\•rre rosse. Le tende furono or~ dinate e mrs«' a posto. Ma quando madame Georgcs BonMt, padrona di casa, le vide, ebhe uno SCilttOdi indignaz.iont". e t orribile •• disse, e è di peuimo 3us10. lo voglio qualche co~a di più legçero, di meno sontuoso, che convenga meglio a un sovrano giovane >. I tappezzieri si appdlarono al ministro. ~1. Crorges Bonnet, padrone di casa, eiaminò i ridtaux con cura. Poi disse: e Non mi d1spìacciono. Può darsi che non ~iano di una brillante originalità, ma s'accordano con lo atile della camera ; e poì, è troppo tardi per fabbricarne altri >. e lo insi\to nella mia opinione>, rispo1e la •ignora con t"strcma risoluteua. e Credo di avere la mia parola da dire e il re non vedrà queui orrori. lo domando l'arbitralo della p;ù alta p("rsonalità francese. Voglio il part"re del presidente ddla Repubblica. Co1l parlò madame Gcorgcs 8onnet, sul tono delle eroine di Corneille alla Comédie-Française. E, fu un caso o fu perché la solennità della si1uazione lo imponeva? Le parole fluirono dalle sue labbra in alessandrini: Jr ,,,.;.,;,., •11• ,,.,,',; il, 1t1•f ,,lu,,,,,,,,,l/n/ Il ministro capi che, a.e la moglie parlava in aleuandrini, un dio la ispirava Ma su questa considerazione di ordine trascendentale prcvahe l'altra, banalissima e volgare, che mancava il tempo per far fare del~ le tende nuove. Cosl, il ministro accettò l'idea dell'arbitrato; ma non ritenne che rientrasse nelle funzioni del presidente della Repubblica una questione cc»iffatta. e C'è un uomo». disse, e competente a ri. ,olvere la questione, cd è M. Camille Chau. tcmps, il vicepresidente del Con.siglio. Non è egli incaric;.to dei serviti di coordinazione? :a,, « Una donna capirebbe meglio>, ri1posc madame Bonnet e Vada pure per Chautemps, ma a condizione che si preghi l'ambasciatrice d'Inghilterra di venire a vedere e a giudicare>. Cosl fu ratto. Lady Eric Phipps, con la miglior grazia del mondo, consend a recani al Quai d'Orsay insieme con M Chautemps, e tutti e due furono d'accordo nel giudicare che le tende rosse non fossero un oltraggio al buon gusto francese. Madame .Bonilct dis~e drammaticamen1e: e Mi arrtndo :t. Le tende rosse rimasero. La storia non dice chf' Giorgio VI le notasse. Ansie asc.a.ipiù ,,avi procurb alla zelante signora un bello spirito, il quale, all'ultima ora, fec" sapere che a Buckin{!:ham Palace si suole disporre ccr1a carta pie!fandola a ventaglio. Noi non • oseremmo parlare di un argomento simile se l'ebdomadario francese Aux Ecou,,1 non avesse già uc-con- . tato l'incft'dibilc aneddoto, con quanto rispeltO per la moJlir- del mini~tro degli Eur-ri non è chi non veda P:1rc, dunqur, che la notizia ge11a,se la $ignora Bonnct nella più crudele perplcssi1à Che fare? A chi rivolgersi? Evidcntcmcntc non si po1eva pen1are a far capo a oc-~onalità francesi, le quali, oltre a tutto: rnrebbcro state ahrettanto ignoranti quanto ]l"i stessa degli usi di Buckin11:ham Palacc ; e ancor meno si poteva pensare a intc-rpellare l'ambasciatore d'Inghilterra ~u una questione cosl 1hockin1. Alla fine, madame Bonnct ebbe un'idea: tcldonb alla baront'ssa Lionella Ro1hschild a Londra, con la quale pare che sia in sufficiente familiarità: e Ditc-mi, amica mia, ve ne prego, è c5atto che a Bud.ingham Palace si usi piegare I.a carta igienica a Hntaglio? :t. I sovrani di notte Ancora d"ll'ebdomadario Aux Ecoutn, ~i rono appresi particolari circa la biancheria di cui facevano uso, di nott<', le Loro :'1-faestà. Una cameriera avrebbe fornito questi ralJ!il;Uagli. e La biancheria della regina è tutta rosa pallido. La regina non porta mai biancheria di altro colore >. Un cameriere del Quai d'Or-say avrebbe fornito queste ahre notizie· e Il re porta\'a, la nottf', un pigiama a righe blu ciclo e verde tiglio. Dovevano averne meno uno solo nei suoi bagaq:li, per. ché ogni mattina lo stiravano, per farglielo tro,·are pulito e ben piegato. Questo fatto mi sembrò abbastanza bizzarro, e lo feci notare al mio collega ingle,c-. Ma qucsti mi rispose con alterigia: " t Sua Maestà che vuole cosi•·. Bisogna rendere giustizia agli inglesi: $ebbene abbiano ricevuto, a Londra, sovrani e ministri di tutto il mondo, non ~i sono mai informati del colore dei pisiama o della biancheri.i intima dei loro ospi1i, né la loro stampa è mai andata a in1errogarc camer:eri 1u questi par1i~olari. Solo in Francia il giornalis1a e il cameriere si 1ca.mbiano co~ì facilmente i mestif'ri. A. G • o•NIBIIS LA VENERE DI IULO Ili ABITO DA SERA RAZZA :E OARATTERI AOQUISITI m EL per.ultimo numero di questo gior- ~ nale, in un articolo circa l'_cvolutione delle idee e delle dottrme sulle razze, ricordammo che 1i è a lungo discus-- so se esistano caratteri razziali assolutamen• te fu1i o u anche tu quelli ri1enuti fitSi a~isca quel complesso di condizioni che si designa col nome generico di < ambiente >. Per «ambiente> si intende non solo l'insieme delle condizioni naturali (clima, sole, umidità, ecc.), ma tutte le condizioni e.tcr• ne: quindi, innanzi tutto, l'alimentazione; poi, lo sviluppo di date attitudini per cff etto dell'cscrdt.io continualo di una certa attività, le mala1tie acquisite, ecc. In una parola, tutto quello che non è riferibile al• l'eredità. Dicemmo pure che per lungo 1empo i e me10logisti > avevano seguito una via errata, in quanto avevano ritenuto che i fattori e1terni agisscro direttamente sulla forma e sulla struttura del corpo; ma che og. gi, invece, si 1111dt ad ammettere che l'c am. bicntc > agisca sul chimismo dell'el.Sere e chf' le modificaiioni chimiche possano poi determinare mutamenti di forma e di strut. tura del corpo. E concludemmo dicendo che si deve ammettere un concetto evolutilt'o di razu, in contrapposto a quello rigido e statico di un tempo: e la rana è in continuo divenire M>tto l'a:tione di quegli neni fattori che la hanno creata rcreditl. e l'ambiente>. Riteniamo che queSte idee siano perfettamente conformi a quelle alle quali è ispirata l'azione del Re(Pme per il miglioramento della razza. Già il solo fatto che •i spe· ra di promuovere il miglioramento della razza dimostra che li accoglie un concetto e\.'Oluti\·o di essa. Migliorare è variare; e, I invece, se si ammette che la razza. sia invariabile, diventa una contradizione in termini pensare che po,s.a migliorare. Per con. to nostro, siamo fermamente convinti che la razza i1aliana in quf'st'ultimo ventennio 1ia andata migliorando e che migliorerà ancora in avvenire per varie ragioni, fra le quali primeggiano la migliore alimentazione, H più elevato terore di vita, le condi• :tioni i~icnichc, l'esercizio degli sport, ccc. Una conferma staremmo per dire ufficiale di tutto ciò si è avuta in queni giorni nel comunicalo col quale è uato annunziato che la statura media degli italiani, secondo gli ultimi dati atatistici, si ~ elevata; e tutti i giornali hanno affermato che questa varia.- zionc della raua è senza dubbio dovuta alla mi9liorc alimen1az.ione e alla pratica degli esercizi fisici. (Anche in altri paesi, per escmpio in Scandinavia, la statura è aumentata negli ultimi decenni). La dot1rina opposta, invece, ritiene, giu• sta l'antica formulazione del Weismann, che e le modificazioni imposte all'organismo da inffucnzc eueriori restino limitate all'organi1mo nel quale si riproducono > e e non siano trasmis\ibili alla generazione successiva > ; oss:a, come si legge in un articolo recente, che citiamo non per polemiz.:zare, ma per precisare le idee: e l'alimentazione, ::::~:~~:e,fi~i 1 cam~~ ~~n:;er:lc~~ c;;;;: to tulla quali1à della raua o su un dcsidera10 miglioramento raz:z.iale ereditario ». Il do11 A. B. T, a"istente di ioologia in una t:ni\·crs.itl. del Regno, ci ha scritto una lettera in cui deplora gli errori in cui saremmo ìnconi, e ci comunica: r) che e come genetista teorico egli non sa chi siano i citati Millot, Sallcr e von Eickstcdt, ma pub perb affermare che essi sono male informati, a meno che le citate frasi non riialgano ad almeno una tttntina d'anni fa>. i) che e non esiste rcssuna ereditarietl. dc,i caraucri acquisiti > e che e non esiste in natura nc11un fattore conosciuto che sia in grado di alterare il plasma germinale. Quindi, niente ammettere che l'ambiente ag:sca sul chimismo dell'cs~ere e niente e questo t certo, che una i::-ran parte delle inRucnze ambientali, che agiscono lentamcn1e, si fissa nel piuma ereditario e divema co,ì tra1missibilc >. La I ,a si chiude con l'esclamazione: e Il darwinismo è più ,,i\·o che mai :a,, Cominciamo dalla conclusione. D'accordo il darwinismo è più vivo che mai. Ma ci permet1a il nostro critico di ricordare che Darwin s1es,o nel 1876 Kriveva a 11 Wagncr: e A mio parere, il più grave errore che io abbia commesso è di non aver dato abbastanza peso ali' azione dcli' ambiente, cioè al nu1rimcnto, al clima, ecc. :t. E, &econdo \'On Eid:nedt, Darwin e non rifiutava affa110 l'idea fondamcntale delta trumiuibilità di caratteri acquisiti o meglio delle m~taz.ioni per effe110 dell'ambiente ; ma, anti, queste mutationi potrebbero esse~ re considerale come l'ultima causa dell'ori• g~ne della specie anche in senso darwiniano>. Ciò premesso, rispondiamo alle due obiezioni centrali. 1) Il do11. A. B. T. e come genetista teo. :ic: 0 :oii:s~:dt ~~no i citati Millot, Saller Rispondiamo: Il Millot è profeuorc alla Facoltà di sciem:e dell'Università di Parigi cd è, insieme col Lcstcr, autore del volumeuo Le1 racu humaine1, edito dal Colin, da cui il pauo citato è stato riportato. li Sallcr è autore dello studio Genolypu1 und Phanotypus, Konstitution und Raue in ihrt.r D~finition und in ihren 1eten1•itittn Bt{lthunttn, apparso in Anotomiuher Anui.ter, Anna1a LXXXI. (Avvertiamo che i pa'I.Sicitati ci pervengono di seconda mano). Il von Eickstcdt è autore del 1ra1tato Rasunkundt und Rauen,~uhichte der .\{enschhtit, che è univer~almente con~iderato come l'opera più importante e più completa che sia stata scritta fino ad oggi sulle rane, (La \'OCC e Rana> nell'Enriclop~dill italiana ! un riassunto delle teorie del von Eickstcdt). li dott. A. B. T. sospetta che i passi citati rimontino < ad almeno una trentina d'anni fa>. Ri~pondiamo: li volumetto del Mìltot è del 1 936, Lo studio del Saller è del 1 931. Il trattato di von Eiclutedt è del 1934 Pensare, poi, che un maestro, ~ome il von Eickstedt, poua cucre e male informato > è ipotesi a dir poco temeraria. ~) La questione della trasmiuibilitl ~ meno dei caratteri acquisiti è vecchia d1 quui 130 anni. W R. Brooks la chiamò e la discussione interminabile >, E non è qui pouibile ricord.ue neanche una minima parte dei libri che si sono scritti sull'argomento e delle l"Spcricnzc che si sono fatte: da quelle di Guycr e Smith su1Jli occhi dei conigli a qutlle di Brown•Scqu_ard 1ull'epi: leuia procurata artificialmente, da quf'llf" d1 Bcntlcy e Grìffith sui disturbi di lorornozione che 1iano provocati nf'Ì topi facendoli vivere in gabbie giranti a quellt- di R. Stockard su animali alcooliu.ati ecc. Ma fino a ieri la teoria. della trasmi1sibilitl. presentava una fondamentale dcbolez... za, e cioè non era in _grado di formulare un'ipotesi che spicgu~ in modo ,od.disfacente il meccanismo della trasmiuione. Un notevolt" pauo innanzi fu fatto da J. T. Cunningham, il quale, nel 1 908, propose l'ipotesi che l'influenza dell'ambiente e le conseguenti modificazioni potessero liberare ormoni spedfici, i quali a3iuero sul• le Cf'llule germinali e, quindi, 1ulla prole. Questa teoria fu poi completata e svilup• pata dallo stesso Cunningham nel libro Hu~ditJ tJnd hormontJ del 19~1 Lo studio ddle ghiandole endocrine è, si pub dire, asli inirl, ma sembra sicuro che es.se comandi1,o la crescita, la torma e le proponioni del corpo. Si è pensato, conscgutntementc-, che eue costituiscano il vero fattore fondamentale delle differenze fra le razze e che l'ambicntc ag:aca appunto per mezzo di euc. Stockard ha fatto cspcrienztestrcma.mcnte in1crcuanti sui cani cd ha concluso che gli ormoni determinano le varietl. canine: dal San Bernardo al pechine1t. Questa concezione è 11a1a applicata all'uomo da sir Arthur Keith: egli pensa che ciascuno dei grandi tipi umani debba le sue caraneristiche alla deficienza o alla preponderanza delruna o dell'altra ghiandola. Cosi p. es. i mongoloidi sarebbero ipotiroidei; gli australo-melanesiani e una parte dei bianchi iperpituitarl ; i negri iperpituitarl e iposurrenalici. t un fatto che soggetti di rana bianca per effetto di alterazioni della tiroide assumono alcuni caratteri mongolici e per effetto di malattie alle capsule surrenali prendono una tin1a bronua ,.. ...lto accentuata. Pertanto, quella che Brooks chiamava e l'interminabile discussione :a, non si imposta più nei termini di una volta, e c:ioè, (per ricordare gli esempi di Lamarck) se alla giraffa il collo si sia allungato a forza di atirarlo e 5e alla talpa gli occhi si siano rimpiccioliti a forza di non usarli. ti pro- ' blema è del tutto diverso dall'antico, e, se non incorriamo in errore, pub essere enunciato cod· 1) è possibile che l'ambiente (alimentaz.ione, clim~, raggi, reazioni chimiche, ccc.) agiKa su dcterminatc ghiandole a secrezione interna e che queste, sotto quella uione, dctt-rminino mutazioni di caratteri fisici? 2) è possibile che le mu1az.ioni cosl ot• tenute si trasmettano? Risponde il Fischer: e L'indagine sulle raue è ancora molto difficilt perché caraueri che prima si ritenevano costanti si sono dimostrati variabili. Cosi gli ormoni dell'ipofisi itmbrano avere un'inAuenu. grandissima sulla formazione del cranio >, e aggiunge che oggi bisogna accettare come l'ipotesi più probabile· che l'influenza sui t•nidi (tradut. italiana proposta, se non erriamo, dall'Enriques, del termine internu?ona)e 1en) si compia attraverso gli ormoni. Risponde \On Eickstcdt: e Resta sempre insolu10 un ultimo problema, quello della causa determinante delle mutazioni... Non rimane, come ultima causa, che l'ipotesi di una predisposizione a reazioni fisico-chimiche dtl plasnia, la quale pub essere definita mf'glio appunto ... come la possibilità di noluzionc della specie. e l'unica ipotesi logicamente acceuabile >, Chi ,ia von Eickstedt abbiamo deuo, e il suo libro, ripetiamo, è del 1934 Chi sia il Fischer diremo subito: è uno dei maggiori biologi \·i\"cnti, e le c<.'nclusioni sopra riferite furono da lui presentate al Con• grc1,o della Società tedesca per la medicina interna, che si tenne nel 1934 a Wiesbaden. Ripetiamo. non trent'anni fa, ma nel 1934. Crcdiamo, infine, opportuno av ...crtirc che da quanto siamo venuti es'>Onendo deriva non già un indebolimento,· ma, se così si può dire, un rafforzamento o una confer• rna dcllc tc-orie razziali contemporanee, e cib per le seguenti considerazioni. 1) Ammettere cht" le razze si evolvano non significa affatto ammettere che si muovano in senso con\'Crgt'nte ossia che si vadano a\'vicinando. Vi sono fondate ragioni, anzi, per credere che 1i muo\'ano in senso dhergente, ossia che si "adano sempre più allontanando l'una dall'altra ; o, per parlare in termini di progresso e di regresso, sembra probabile che lc raue decadenti con1inuino a decadere e le razze ascendenti continuino ad asccndere. 2) In JCcondo luogo, riconoscere che alcuni caratteri fisici ritenuti fino a ieri fi,si - sono, invece, variabili non ,ignifica affatto escluder<" che ponano c5iJterc fra ~:i r~~: ~~t~~ :~:e~~~e~ c:~!u:;t;n~e,101~ s1eno variare non si~no che i ri8e)si esteriori. Cerchiamo di chiarire il nostro pensiero. Si ri1encva che duc razze difTerisJero per l'indice cefalico. OgRi si ricono~ce che l'indice cefalico varìa. Si ammette che gli ormoni di una data ghiandola abbiano una inRuenta grandiuima sulla fonna del cranio. Se ne deduce non già che la difTf'renza non cs:sta; bcmì, che è da cercare non nella forma dc,I cranio, ma nella ghiandola o, per dir meglio, nella diversità degli equilibri ormonici. Un immenso campo di ricerche nuO\'C e affa~cinanti si apre, dunque, alla scienza RICCIARDETTO
LCUNE settimane fa, un comuni- i cato annunziò che il governo francese era venuto nella determinazione di abolire la colonia penitenziaria della Guiana, 1 giornali francesi aggiunsero alcune notizie di carattere storico o geografico. Raccontarono quando fu impiantata la colonia penitenziaria. Descrissero il paese, in modo che 11lettore si rendesse conto del perché le evasioni - soggetti dì tanti film terribili - fossero cosl difficili. Non mancarono d1 accennare all'Isola del Diavolo, che è, per dir cosi, una dipendance della Guiana e che gode d1 una particolare fama per avere ospitato per qualche tempo il capitano Dreyfus. ~1a, per quanto riguarda le ragioni del provvedimento, furono di una insolita discrezione. René Belbenoit fu per quindici anni alla Guiana e soffrì l'inenarrabile. E, durante quei quindici anni, prese nota di tutto quel che soffriva e di tutto quello che sotfnvano, ,intorno a lui, i suoi compagni d1 sventura. Per giunta, per un ceno tempo, un governatore gli affidò l'incarico di mettere in ordine gli archjvi della colonia, Egli ne profittò per pr-endere nota d1 dau e di fatti per potere più tardi documentare la corruzione di quell'inferno•. Tentò più volte di evadere, ma invano, e ogni volta fu severamente puntto. L'ultima. nel maggio 1935, finì, insieme con altri cinque, nelle mani delle autontà mglesi dell'Isola di Trinidad. L'ufficiale d1 porto, dopo avere ascoltato la loro storia, prese il caratteristico atteggiamento sportivo dcgh inglesi•. Disse: • ~on consegnerò questi disgraziati al console francese. La Guiana francese è una vergogna della civiltà•; e li lasciò andare. Belbeno1t era risoluto ad arrivare negli Stati Umti. Vi nusci, attraverso ventidue mesi di avventure, d1 stenti e di fatiche sovrumane, sempre ponando con sé il prezioso manoscritto. li ltbro è stato pubblicato quest'anno, dall'eduore E. P. Nutton e Co. (300, Founh Avenue, :--:. Y.), col titolo Dry Cuillotint - Fiftun Ytars amorig tht lit'ing Dtod• (Ghigliottina secca - Quindici anni fra i cadaveri viventi). Alcune settimane dopo la pubblicazione del libm, il governo francese annunziava la soppressione della colonia penale. Il viaggio ~cl 1920 •• racconta Belbcno1t, quando a,cvo ventun anni, fui condannato per furto a otto annt di lavoro duro nella colonia penale della Guiana francese. 11 piroscafo, sul quale fui imbarcato, porta,,a 68o forzati, chiusi in grandi gabbie d1 ferro, In ogni gabbia cc n'erano da So a 90: appena un yard quadrato d1 ~paz,o per ogni due piedi. Per impedire ribclltoni in massa, nel soffitto delle gabbie c'erano aperture, attra,·erso le quali s1 potevano immettere grnndl gem d1 vapore bollente. I nottosi erano chiusi nelle celle calde, cubicoli a par-et, d1 ferro presso le caldaie. troppo piccoli perché un uomo potesse tenervisi ritto. Ben presto si formarono dei gruppi. C'er un gruppo a parte, composto dei più foni Uoru-ò-bras) della compagnia. uomini abbondantemente tatuati, che avevano trucorso molti anni nelle png1on1 militari in Africa e conoscevano tutte le malizie del gioco. Fin dal pnnc1p10, costoro ebbero tabacco e altn conforti, e orgamzzarono g1uochi, ai quali bara,·ano. Essi erano i despoti della gabbia. D1 notte rubavano tutto quello che potevano e vendevano la refurtiva ai marina,, in cambio di tabacco. L"n J,l'iornodue forzati, da lungo tempo nem1c1, vennero a combattimento, con coltelli fatu di manichi d1 cucch1a1 affilati sul panmento di cemento, Subito 001 ci disponemmo lungo le sbanc perimpedire alle guardie d1 vedere quel che succedeva. mentre i Jorts-à-bra.s si mettevano a cantare per copr-ire i gnd1 dei combattenti. A un tratto, uno dei due fece un passo falso e cadde; l'altro stava per finirlo. quando le guar-d1e, insospetme. entrarono nella gabbia, con le nvoltellc in pu~no. Lo sconfitto, tutto inzuppato d1 •angue, fu mandato all'infermeria; il suo avvl"'r~ario fu messo nella cella calda per 11 resto del viaggio. • Quando i;pun~emmo a1 trop1c1, il caldn e );1 mancanza d1 aria nelle gabbie d1\.tntarono terribili. Tre quarti de:gh uomini non avevano che un uc1ugamano alla cintola. L'acqua diventò infetta, 1 manna1 vi mettevano del per-manganato per- renderla bcv1b1le.. • ..\ppena g1unt1, fummo mandati al camp<l d1 San Lor-enzo e chiusi ,n barac- "he, IO Jlrupp1 d1 6o. Subito vennero de, Hnd1tori ad otlnrc la loro merce attra- ,eu,, le "iarre d1 ferro delle fine ,tre: 'Tabacco? Caffè! Banane!•. "\1a come pago''' domandai. ,on ho un soldo". ·con j ve1t1t1'', r'Ì'iJ)O~ero. E stab1hrono i preni. l_;n paio di pantaloni quaranta "òOld1;una blusa, trenta 1old1; una coperta, cinque franchi. • t:n forzato vendette i pantaloni, un altro la bluu ... E quella notte ognuno ebbe le: i,ue siJ,l'arettc e qualche banana, 11 ie:condo J;porno, il comandante del pemtenz1ario cnminale ci d1!>.se: "Qui. nella Cu1ana, godete d1 una grande hhertà r potete tentare d1 fup-g,re, sempr-e che volete . .,\,la noi abbiamo ~empre due -'fuardiani; la _'l'.1unglea il mare. lo so che 11, mc:no d1 qu1ndic1 giorni. molu d1 voi fu~g1ranno nella Jil'lungla, ma •o c-he pure I I I ..-.~I ._i l ·1 I I I I I b! I ' I S.AlNT-)(ARTIN-D&-Rt1IOARCO PEB LA GUIANA, I FORZATISAI.OONOSUL BATTELLO"LA.BORDÈRE" PER RAOOIONEREIL PIROSCAFO"LA .IIIIARTINli:RE u torneranno e andranno a .finire in cella o all'ospedale, meno quelli che resteranno lungo 11cammino e che le formiche ridurranno a scheletri puhtt'' ,. Il lavoro ( for-zau non sono sorvegliati da guardie. Ciascuno è libero d1 abbattere quanti alberi può. Le guardie vengono, alle tre del pomengg10, al posto do,·e gli alberi devono essere ammucchiati, e controllano se ognuno ha fatto 11suo lavoro. Ch1 non lo ha fiotto per quell'or-a, resta digiuno, • Bisogna vedere queUe creature cenciose andarsene nella giungla portando a fatica l'accetta sulla spalla, con solo una mezza pinta d1 caffé nello stomaco, per capire la profondità della loro disperazione. Bisogna vederli versare fiumi di sudore e affaucarsi con tutte le loro forze ad abbattere alberi (spesso sono cosl dun da smussare la scure) gemendo e bestemmiando!... Bisogna vederli, a mezzogiorno, lavorare senza sosta, al sole scottante o nell'u.mJdità, all'ombra dei grandi alberi; 11sudore scorre loro da ogni poro, e I mosquitos li pungono in ognt ccnumetro d1 carne che sia scoperto. E lavorano freneticamente per finire in tempo, per avere qualche cosa da mangiare ... Vedono i compagni cadere ammalati o mor-t1 intorno a loro. Spesso, al mattino, quando si svegliano, si trovano i piedi inzuppati di sangue: nella notte un vampiro 1t ha dissanguati. E se già tiravano a,·anti a fatica, ora, cosi anemizzat1, non si reggono più. Pochi giorni dopo l'arrtvo al campo, sono pieni di chiquts, piccoli 1nsett1 simili a pulci che penetrano nella carne sotto le unghie, e vi depositano sacchi di uova, e quando si bucano i sacchi o si aprono da sé, ne seguono infezioni e av- ,·elenamenti del sangue. L:n mese dopo l'arrivo del carico umano, l'ospedale ~ pieno, e ogni notte cinque o ~e1 cadaveri partono per i "Bambù"· il c1m1tero senza nomi di SamtLaurcnt ... • La conseguenza è che dei 700 forzati che arrivano ogni anno, 400 muoiono nel pnmo anno. Perciò 11numero totale det forzati è costante Quando ne arriva un carico, il totale sale a 3500: l'ospedale s1 nemp1e, alcuni spariscono nella giungla, e, IO dodici mcst, prima che un,·1 l'altro carico, 11 totale torna a 28oo. La politica dell'ammm1strazione non è di corre~gere ma d1 ucc,due . Tentativo di evasione Bclbenoit tentò di evadere una prima volta, insieme con un altro forzato; riu~ scirnno a puMre 11confine, ma le autorità olandesi li nconsegnar-ono alle francesi. Belbeno1t tentò d1 nuovo d1 evadere: questa volta. con altn otto forzati. E il racconto di questa fuga ~ la parte più paventosa dd libro. Rajlgiunsero il fiume ;\faront, si misero in una canoa, seguirono la corrente. t:no di loro, • 1I Buco•• aveva fatto credere di essere un vecchio marinaio, per ottt·nere d1 ventre via con loro. Jùggiun- ._ero l'Atlantico, e rrus~ro la vela; ma, ad un tratto, sentirono un rumore come di tuono. S1 avvicinavano i frangenti !1 '.\1anijjtliesc sco,-.,e il Basco e i;tndò, tutto eccitato: " Siamo in pencolo. Basco!". :\1a 11 llnco ~i mili.e a piagnucolare e a domandare perdono,. Sopravvenne una prima ondata, poi una seconda e una tcr1'1315 • TRECENTO FORZATI PARTONO PER LA GUIANA za. Quando, per- miracolo, riuscirono a portare la canoa sconquassata alla costa, avevano perduto tutu I viveri e l'acqua. Racconta Belbeno1t: • Avevamo appena messo piede a terra, che 11 :\1ars1glicse dtsse al Basco: "Vattene, prima che sia troppo tardi!" e tirò fuori 11 suo lungo coltello. Io credo che noi altri avremmo perdonato al Basco e gli avremmo permesso d, venire con noi; ma ci mettemmo tristemente in circolo e tacemmo. Il Basco guardò il coltello minaccioso, e, senza dire una parola, s1 a'"·viòlentamente, scuotendo la testa, verso la giungla. :,.;oi non commentammo e tornammo ai casi nostri ... .\la l'indomani matuna il Basco tornò al nostro campo ~ridando· "t tutto sott'acqua, non pouo pa--~are" . .'.'\elio sguudo del :'\tars1glte~c lessi la sua condanna d1 morte. In un ammo, gli balzò addosso e lo colpi. S, udi un grido lacerante e il Bac;co cadde a terra. Il '.\tarsighe!!c, calmo come se nulla fosse accaduto, trascinò 11cada\'ere fino all'acqua: la marca lo avrebbe portato via più tardi,. Errarono tre suorni nel fango e fra viluppi di liane. I viveri erano quasi euuntl. t Big '.\1arcel e 1I '.\-1ars1gl1eseer-ano in testa e aprivano un passaggio coi coltelli. Poi venivo io con altn tre, e a breve distanza da noi G1psy e Roberto. G1psy aveva una gamba d1 lei;rno e questo lo faceva ritardare; sp~s10 inciampane cade\'a, Roberto e Gipsy erano atau a )ungo compagni al campo e, ora, marciando alta retroguardia, si aiutavano l'un l'altro. Alla .fine del secondo J,l'iorno, affamati, m1serab1li. affaucau, facemmo 11 campo. Subito c1 raggiunse G1psy. En solo. • ''Dov'è Rober-to?" gli chiese il :\larsighesc. • C,psy rispose che Roberto era rimasto indietro perché ammalato. Sarebbe arr-ivato più tardi. Pas~ò un'ora. Roberto non compariva. Il .\.hrsighe~e decise di andare a cercarlo. Fece un miglio indietro. Stava per rinunziare alla ricerca, quando ,icopd 11 cadavere di Roberto ancora caldo, sotto un mucchio d1 r-ami, di lato al !lcnuer-o che, passando, avevano tracciato. Il cranio, nella parte posteriore, gli era stato sfondato da un colpo terribile. Stretto in mano, aveva ancora 11 pacchetto d1 viveri. Il pacchetto era vuoto. G1psy aveva ucciso il •mo piccolo amico per un boccone di tapioca e un po' d1 latte condensato! Il :\lars1gliese tornò al campo e ci disse che non aveva trovato traccia di Roberto. :\[a, m segreto, disse a 81g :\larcel che cosa aveva tro\.·ato, G1psy si protestò innocente di quel che ti .\.farsigliese pensa'"·a: ''Era il mio amico!" gridava, "il mio burm amico!". :\la 11\larsigliese non nspose. Era occupato a pulire 1I campo, a tagliare foglie d1 palma con la sua marhttt; e, intanto, si avviéinava sempre più a Gipsy, Improvvisamente gli passò dietro e G1psy, :\ospettando 11pei;tf;ti0,volse la testa per tenerlo d'occhio. In quell'istante Big ?\1arcel gli saltò addosso e gli piantò un lunROcoltello giusto nel cuore. G1psy cadde a terra. Ricordo ancora oggi, dopo tanti anni, ogni particolare dcll'ornbile scena che seguì. Fu Oedé, il fratello di Big Mar-ccl. che lo propose. Disse: "Potremmo arrostire una gamba". Il Marsigliese acconsentì: "Non era che una bestia, e le bestie si possono mangiare". , Cli altn approvarono. Mezz'ora dopo, quello che era stato G1psy vivo, bruciava, infilato ad un bastone che faceva da spiedo. li fuoco - non senza ironia - vemva attizzato con la sua gamba di legno. "Lo si pr-enderebbe per cinghiale", disse Oik ,1arcd, c.h,: fu il primo ad assaggiarne. E man~iarono ... • In una s1tua'Zione come quella, con uommi d1 quel tipo, si arnschia la vtta se si rifiuta d1 essere come loro. Sebbene 10 non fossi tormentato quanto loro dalla fame, forse per la mia esigua costituzione fisica, pure non volevo espormi al loro odio. ):essupo di noi sapeva che cosa c1 risernsse il domani ed io non volevo correre il rischio d1 diventare un "fuori casta'' del gruppo e, quindi, la vittima designata per la prossima volta. Cosi, spmto anche da una certa cunosuà, assa'{g1ai anch'io un picco'" pezzo di carne umana, Ed ebbi anche un po' d1 tapioca e di latte. fl Marsigliese aveva staccato la gamba buona d1 G1psy. 11corpo lo lasciarono a qualche metro di distanza dal fuoco. ~la Dcdé, che cm un bruto e un degenerato, v1 tor-nò da presso, dicendo che volr-va squartarlo. Si accoccolò accanto al fuoco e preparò due latune da latte, vuote. ..Che vuoi fare?" gli domandò 81g .\,larcel. ''Il suo sangue'', nspose Dedé. "Credo che possiamo raccoglierlo e panarlo via. Domani avremo di nuovo fame". Tardi, quella notte, ci stendemmo a terra, esaunt1 dalle fauche della giornata, per tentare d1 prendere un po' d1 sonno. Nes~uno parlò'. neanche 1I più cinico di noi poteva d1ment1care gli or-ribili avvenimenti della giornata. A\'evamo lasciato tre cadaver-i lungo 11nostro cammino. Passarono due giorni. '.\1arcianmo ancora nella gÌ\lngla tenendo il sole sulla destra. Er-avamo feriti, sangumant1, e le fcnte suppma\"anO. Il '.\1arsighcse zoppicava malamente. Aveumo tagliato la coscia di Gipsy e ognuno d1 noi porta\"a un pezzo di carne umana nel suo sacco a spalla. Al calor-e umido della giungla la carne cominciava a decomporsi e, a \'Ohe, alle nostre narici, g1ungcnmo zaffate d1 puzzo nauseabondo dat compagni che andavano avanu. ~ la nessuno osava proporre d1 get1ar via quel che a\'e,·amo con noi, per-ché- la paum ternbile della fame ci rende,·a disperati e feroci. A un tratto vedemmo delle orme umane, nel fan~o• ,. La ghigliottina secca Infatti, poco dopo, raggiunsero un villaggio indiano, sulla riva del fiume ,1aroni. La ottennero dei viveri. ~1a, mentre dormi,·ano, gli indiani li tradirono. Quattro soldati olandesi, con pistole in pugno, li ~orpr-e~ero e li condussero \·ia. Alcuni giorni dopo erano d, nuovo nelte mani delle autorità france~i. Belbcnou fu punuo severamente. Tentò d1 nuovo di t\'adcrc. Fu punito ancora Ritentò. Fu mandato alla • Case rouge,, la h ,_ r-acca insanguinata. « Ogni mattina le guardie davano un'occhiata alla latrina, per- vedere se ci fosse qualche cadavere, Centinaia di assassini vi sono acc;1.duti: per- vendetta, per furto. Spesso, recandomi alla latrina di notte, inciampai in un corpo immobile e poi dovetti pulire i miei piedi nudi del sangue rappreso. E non si trova mai un testimone•· Fu mandato all'isola di Saint-Joseph, dove sono i più incorreggibili di tutta la colonia. I forzati chiamano quella reclusione • la ghigliottina secca•; donde il nome del libro. Per- 23 ore su 24 il prigioniero giace in fondo a una fossa senza sole, senz'altro arredo che uno scanno e un secchio: letteralmente sepolto vivo, Niente da far-e, niente con cui occuparsi; e altro non si ode che gli urh dei dementi e il rombo monotono del mare, che si frange contro gli scogli . Racconta Dclbcnoit: • Quando ero a Saint-Joseph, c'erano più di quaranta de-- menti nella "Casa degli urli": ed erano trattati come mucchi di carne guasta. In essi, la mente era stata uccisa, ma il corpo ancora reggeva: forse per pochi mesi, forse per anni.. Relitti umani, chiusi in gabbie, come animali fer-oci, sudici e seminudi ... essi dovevano bere l'acqua guasta dal secchio che 11carce• riere riempiva quando se ne ricordava. Un forzato si era messo IO mente di aprirsi la ,,ia grattando le mura: le dita erano letteralmente consumate fino alle oasa, ma sembrava che non se ne accorgesse. Alla fine, sanguinò, sanguinò tanto. che morì,. Cayenne Nel novembre 1927, Belbenoit fu, per la prima volta, trasferito a Cayenne. Or• mai er-a un vecchio for-zato e conosceva tutti i retroscena della colonia. • Avevo visto funzionari senza scrupoli vendere vcsmi e coperte, mentre i forzati, per mesi, non avevano uno straccio per coprirsi. Avevo visto le guardie fare ricatti incredibili ai detenuti, E tutto questo mi rivoltava ancora più della abiezione dei forzati. Per-chi era orribile che si abusasse di uomini privi di og-01 aiuto, senza un amico e che non avevano a chi ricorrere. « Vedere Cayenne è vedere le profondità della degenerazione umana. Essa è la degna capitale di una colonia che, dopo trecent'anni, da quando è sotto il dominio francese, alla Esposizione coloniale di Parigi del 1931 non ha avuto altro da mandare che ali di farfalle e scimmie impagliate. E, sebbene sia la città principale di uno dei più antichi possédimentl francesi, è la capitale di una colonia scn~ za colonizzator-i. • Al tempo di NRpoleonc III, quando fu 1mp1antata la colonia penale, si pensava che se i forzati fossero rimasti laa,giù dopo ~vcr espiato la pena, si sarebbero ammogliati, avrebbero avuto figli e avrebbero, a lungo andare, popolato la colonia. Di qui l'accessorio della pena, o, come si suol dire, 11 doublage: il condannato, dopo a\'ere espiato la pena, resta come libbi IO colonia per altret1anti A'lni quanti quelli della pena. :via nessuno vuole aver niente da fare con i forzatt hberatt e neanche le negre acconsentono a marttars1 con loro. Il nome sinistro della colonia' scoraggia le iniziative dei cittadini francesi e cosi, a poco a poco. la colonia è caduta a un tal grado di illegalit~, di degenerazione. d1 po,·ertà, dt miseria, che nessuna altra colonia al mondo può esserle paragonata. Questo paese rovinato è il campo delle fuuluà. Vi sono meno d1 so miglia di strade. :\1eno d1 un miglio d1 selciato. ),;"on c'è un'industria, non un'offic10a, non una fattoria, Una volta al mese arn,·a un piroscafo che porta merci e torna indietro vuoto. :-,,:onc'è che una cosa: la colonia penale. E la Guiana olandese, la Guiana inglese, che sono vicm1ss1me, sono prospere e fiorenti. La Francia, da lungo temp9, ha CllpltO che 11 piano è fallito. Ogni nuovo governatore tenta qualche cosa di nuovo: l'uno tenta 11caffè, l'altro 1I bestiame, un altro ancora 11cacao. Ma non c'è la popolazione per sostenere questi sforza· e tutto fallisce"· Crediamo che basti. Vn settimanale inglese ha detto che se la metà degh orr.:,ri dc,critti da Belbeno1t sono veri, la Francia deve nascondere la faccia per la vergogna. Come abbiamo detto in principio, Belbenoit, IO un ulumo disperato tentativo, nel maggio 1935, riuscì a evadere. Ora ha trentotto anni· emaciato, sem1cieco, !':enza denti, di\'orato dalla febbre, non ha che poco da vivere. Per ora, ha un permesso di soggiorno ne~li Stati Uniti che scade 11 1 5 settembre. E il governo francese ha osato domandare l'cstrad1z1one! Quando 'li pubblicò 1I ltbro, Belbeno1t disse che aveva una sola s.peranza; di indurre 11governo francese a sopprimere la colonia penale della Guiana. Vi è riui,cito. Appena apparso, il libro destò una così profonda impressione di orrore in tutto 11 mondo civile, che 11 governo francese è stato costretto a provvedere. Quello che non erano riusc1t1 a ottenere pubblici,ti, g1urist1, uomini polmci in decenni di discussioni e di proteste, ha ottenuto in poche settimane il libro dio;adorno d1 un forzato. MARIO MATTEUCCI
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