Omnibus - anno II - n.34 - 20 agosto 1938

IL SOFM DELLE RIUSE U OL TI gli scrittori che dopo i primi m libri si trovano a raccontare, a rapprc~ntare fatti e ~ntimc11ti quasi con l'animo di chi tenta una nuova carta. Piero G&dda dopo Afou.o, che se non il primo libro suo è almeno l'operetta cht: ancor oggi meglio lo raffigura e lo diitinguc fra gli altri narra1ori it:i.liani, ci pare che abbia pcrcor\O ~tradc più difficili ma non più felici. Nel racconto fra marinaro e paesano, egli ebbe a dire lt" cost' che meglio gli stavano a cuore_ Il racconto era semplice, bonario, cordiale fino a qualche sentimentalismo, e, storia di piccoli fatti, sct\'iva all'autore quasi prr dir le cose che più gli piacc,ano. \ t:,nti scrittori accade, ogsi, di mettersi a narrare pili che per seguire l'intrico dcdi a,\cnimcn1i o per disegnare i carattni, pn wguire le inclinazioni della propria mentt:·: da derivarnt' una letteratura che corn· \tmprc il pericolo di ripetere e ripcterc gli .stcni accenti fino alla consuma:r.ione dei secoli. Per quel che riguarda Piero Gadda, in Mouo egli disse i suoi gusti, s"clò i suoi rantumi; mentre nei racconti \ cnuti dopo, e anche nei romanzi come Gagliarda o F~sta da ballo, cercò, diremmo, di contraddirli, ora complicandoli secondo formule correnti, ora addirittura voltando-- e:li le spalle. Percorse urade difficili, e ogni 1anto, in momenti di rilascio mentale, se ~li capita\•a di raffigurare un ~nonaggio o di dipin'(ere un paese secondo le più siture disposi1.ioni del suo animo, parC\"a farlo quasi per stanchezza. Quui uno che, IR('SSO~i a vivere come mai si sarebbe crt'du. to, O'(ni tanto torna per pigrit.ia ai suoi modi usu.ali t' na1ivi, Lo \criv('re novelle piacevoli, mondane, ,,Ila, milant'S(', e anche il comporre racconti C'on '(atbo intdleuuale, con le acutezze che lluxln· imcv;na ai \uoi lettori, part' che ,d,hia d1stultu C..:.ldd:'.d'Ialla sua 5lrada. Una ~tr.1d.t <;.hc C'Cfl('\non lo ,1>.rcb~ condotto lontano. ma che purt' poteva esst:re quella d'uno scrittore distinguibile fra gli altri. Se p(li il ira, iamento sia occasionale è altro conto. Alla cronaca letteraria preme acccnnan- come Piero C:i.dda col teno volume di novelle sti.i ,1.ncora inct:rto fra il seguire le mc inclinazioni di narratore cordiale e bonario, e il tt'ntare il racconto mondano ora, il racconto ironico e d"analisi poi Che è poi, quf'sto andare ora ver,o Fu- (ini ora veno Huxlt'y, una medesima strada pt'r Piero Cadda. Quando la mente resiste, si arriva nelle vicinanze dell'inglese, quando la mano corrt: di più, ci si ferma nei preMi del toscano di provincia a quel modo che solo i lombardi, dopo Man2:oni, 1anno fare. Nel «-Ccntc volume di racconti N-wuola (Ccschina, 1938), di racconti rt:st.iui al bozzetto Ct' ne sono non pochi. Racconci come e Diciotto candele > stanno bene in questo genere. Un impicgatuccio dai gomiti lisi va con la moglie (dopo gran da fare) a portar la wrta del compleanno .al figlio cht: sulla riviera ~i è fatto amico di gente d'altra rau:a. Il ~I Corrado sta con e ragau:i ricchi>: di quelli che vivono fra la Spezia e Viareggio nuotando, correndo, ballando. E due si dirigono in barchetta verso la costa dove il figlio con gli amici sta adeguandosi sempre più a una manicu di vita lontana dai suoi. Né sanno la delusione in attt:s.a ! Corrado si Jpaventa vedendo l'arrivo dei genitori buffi e goffi. Nuotando, Jj raggiunge, li svia. E quelli se ne ritornano, con una amarena consolata dalla bcllcua del figlio restatagli negli occhi. Racconto di dclu1ioni, s-ccondo un canovaccio molto comune nella novcllisticà bonaria e familiare, cui in e Diciotto candele > C}.dda pare adcs-uarsi. 11 povero padre, di nome Aroldo, è uscito da una raccolta di bottctti dcll'a'n· 29 luglio ... 'tt PALIZZI furono quattro: Filippo, il J più conoaciuto. Nato a Vasto nel 1818, morto a Napoli nel 1899. Franceu:o Paolo, fratello di Filippo e pittore di frut• ta e di uccelli. Giuseppe, del quale è il quadro che m'interessa, Egli nacque negli Abruzzi, a Vasto. Nel 1845 si trasferl a Parigi. E questa è forse la ragione perché egli è meno noto, in Italia, d.i suo fratello Filippo; mentre si sa il discredito con cui la vecchia Parigi del tempo di Manct e di Baudt:laire tene,sc gli artisti italiani Cli artisti italiani - attratti a Parigi, sia dalla buona libt:ra arte che Il si pott:va produrre e sia dalla prospeuiva di poter guadagnare qualche soldo, cd anzi metterne da parte per la vecchiaia dipingendo quadri - emigrati che però là erano, vennero brillante• mente scansati e tenuti in conto di ciarlatani: lo dice Baudt:laire nei suoi ineffabili Salons. A Parigi, Giuseppe Paliz-zi dipinse fra gli altri quadri i seguenti: Una prauna, la foresta di Fonlaintbltou, La lerrauo Espose in Roma - ma non ho potuto rintracciare in quale anno - un quadro dal titolo Pastore sotto la bufera. Del quadro esposto in Cremona, non ho trovato mcn- :r.ionc in ncuuna stampa. Il quarto PalizU, di nome Nicola, e anch'cuo fratello dei precedenti, dipinse scene romantiche e di paesaggio. Filippo sembrò, ai suoi tempi, un disdegnoso d'accademia. Strano. Noi lo si considefa tre volte accademico, invece, Cli l che, ai suoi tt:mpi, l'accademia era iusoluta ricetta. Si diJegnava dal gesso, si ombreg• "Dimmi qul ebe leggi, • ti d!r6 ebl ael 11 "Benel lo leggo Sbeke.pea:-e, Cioerone, Nletu0be, D111i.,.. " "Allora 111n bugierdol" tegucrra. Ha la e cravattina lisa>, porta i polsi di celluloide, la moglie lo chiama c. bestia>, come gli ufficiali chiamavano gli at1cndenti delle farse. Qu:ui Piero Gadda ha rischiato di tratteggiare una stampa d'un tempo preciso nella nostra mente. ~fa egli fon<" in segreto mirava al piccolo dramma di ~entimenti: da una parie i poveri padri, dall'altra i figli. Le novelle di Nuuola spesso si avvicinano al bozzetto. Quando non sono quelle scritte da un leuerato di ritorno dai viaggi europei. c. Caucasica> è un racconto come Liuba {di quattordici anni fa) dcscri11entc co-- stumi della Russia asia1ica che Gadda conobbe in un ,-iaggio, come e Corrida >, < Spoii all'Alhambra >, e Roma-Varsavia>, sono varietà d'altri viaggi. Eppure la mano corre sempre rapida e facile al quadretto, al racconto acritto per il gusto facile dei lettori. Anche quando Piero Gadda quasi raccogliendo ancora una volta gli appunti di Ca1lia,da (romanzo della rivoluzione napoletana) scri11c dei bonetti storici, ln e Candido> s'intravede pt:rfino Napoleone a Portoferraio. Piero Gadda forse in questi ultimi anni 1i è dimostrato, più che scrittore, novelliere di mestiere. Quasi ha lasciato da parte i suoi guui. La sua prosa una volt.:t. sorvegliata, ~nché fiorita da aggettivi piacevolmente evocativi, per poco non l andat.a pena· se se ne tolgano alcuni racconti: quello di e Vecchio capitano> e di e Magnoli.a >, co1l prossimo a Mau.o e a] meglio di Ga1liarda. L'l prosa di Piero Cadda è dei nar-ratori di cose di provincia, spesso ravvivata da alcune sostcnute:r.ze che rammentano Baccheili. e Donne erano: donnissimc, per carattere ora languido ora ardente, e sempre irrequiete; impulsive, facili ad entu1iasmi im. prevvisi e a melanconie melodiose; e s-cmpre estrose e piene di slancio, genialmente ... >, Aggettivi, avverbi secondo i calcoli di chi mira a rialzar la poveMà dell'invenzione con modi .aulici. Cosi in e Nuvola >, il racconto principale del volume: quello su cui Piero Cadda par puntare di più. t la giava con la teoria delle ombre, si dipingeva con la ricetta. In tal senso, infatti, Filippo Paliui, pittore dal vero, ebbe ben diritto di chiamarsi aniiaccademico. Certo è che fra i due i quali dominarono la pittura napoletana nel secondo Ottocento, e cioè fra lui e il Morelli, molto più mi intercua il Palizzi. Il quale Palizzi non fu un misconoscente cd una vittima dei suoi tempi ; .ani.i rammenterò che godt:ttc d'ogni beneficio accademico. Fu commendatore vuoi della Corona d'Italia vuoi di Francesco Giuseppe, socio di gran numero d'accadcmie italiane e uranicrc, presidente della Promotrice e dt:I Circolo Artistico E camJW fino ad ottanta anni Vita b<-ata t canonica, spesa tutta a strofinare con ~ll'arte il pt:nncllo j<>pra la tela E giacché siamo a parlare di Fj)jppo, diremo che la sua arte consiste nt:1 dipingere papaveri, fieno e somarelli. Asinelli col basto, e senta ba.sto. Di rado, o quasi ma.i, cavalli. Qualche mulo, sì. Capre, pecore, c.:t.ni. Un'arca di Noè ridotta ai minimi termini. Una trattazione tecnica virtuosa, scolanic.:1.. Scmplic.t:. Non profonda, spesso. Abile, della semplice manualità, del semplice occhio esperto ad afferrare le immagini e a tradurre, i11 colori, sopra la tela, traduzione in colori che cominciava dall'angolo di sinistra, in alto, per terminare in quello di deJtra, in basso. Pittura del filo d'erba, Compiacente pittura. Pittura paga di se stessa. Piacente agli acquirenti ; che pagavano poco e non erano grand'uomini. Erano i napoletani - ma i moderni non se ne offendano - delle e carte Ranic. ri > di Giacomo Leopardi. li loro desiderio storia di tre ragauc, fighe d'un dottor Axel Vh-ono in una ,·illa della riviera, hanno per loro la stanza deUa torre e- con leziosagfj:inc fcmminilc la chiamano « pagaja •· Ogr1Una ha un modo di lraJCorrNe i propri giorni nelle finzioni dcll'immaginuione. La più g-randc ha il e principt: • obbediente alle sue fantasie: l'altra, pensa a regni imma1i:inari, di<egn,:rndoli sulla carta; la tena predilige un albero, con trepido mistero. Dove è ,I segno della nativa inclinuione di Piero Gadda a cogliere bt-nc le lievi infatuazioni giovanili. Con modi piani egli ci raffigura la vi1a delle tre ragazze dncri- \'endo con pacatezza i luoghi della loro fervida e noiosa ,illeg~iatura. Si vedevano e oltre i muri della cint:1 del giardino, le prime case di Pic"e, i lecci della piazza, i pennoni imbandierati del piccolo stabilimento lungo la spiaggia ... >. Ma il racconto non è trattcmuo in questi termini dcscritti\'i e patetici. « Nu,·ola > sarebbe stato fra i migliori racconti di Gadda se scritto con maggiore moderatC'ZU.. Bastava che le tre ra.gauc fossero state lucia1e li~rc nell'intrico torbido e candido del loro immaginare. Gadda invece ha inteso definire con irorjia da s.aggisia all'inglese i contorni. Cc le descrive figlie d'un dilettante, il dottor Axel, che le osserva lieto di veder le figlie prese dal e senso del miracolo >, Il dottor Axcl è coscicnte anche troppo dei sensi di quel giovanile fantasticare. La sua morte poi quasi vuole essere un simbolo, che II sperde agli occhi dei lettori nel disegno d'un arabesco. Cadda diremmo che ha volu10 trarre da un motivo a lui caro, come quello delle giova• nili fantasie, un quadro di costume moderno. Ha lavorato d'ironia, lui più forte nei lavori di sentimento. Co,1 in e Nuvola >, cosi in genere nei racconti del volume. Lo si direbbe uno scrittore che sperimenta terreni a lui nuovi. Che volge le spalle con dispetto alle sue predilezioni. Trovato di istinto un tema conraccntc al suo temperamento, non ha uputo resistere, fino a complicarlo, a impoverirlo. ARRIGO BENEDETTI era la pittura co' la pom.mar-ola n'coppa. Il loro andare in visibilio consisteva nel e finito >. Per e finito > s'intendeva, però, non il composto né il profondo, e tanto meno lo ispirato, cavato fuori di petto dall'anima pregna cd ebbra; s'intendeva toltanto i punti sugli i. I tocchettini, di pcn• nello, miniatureggianti. L'asinello doveva essere dipinto in modo tale che gli si aves. scro a contare i pt:li. li fascio del fieno freschissimo verde (verde cinabro schietto) doveva esser in modo tale dipinto che si avessero a contare gli steli d'erba uno per uno E il buon Filippo li contò uno per uno T.:t.lvoha aguuò, a guisa di punta di stilo, anche il manico del pennello cd abilmente, con cua punta di legno tracciò sopra il già sparso urato di vernice ad olio uno per uno &li steli dei fieni. Si sia però giu,ti e si riconosca che, qu1alchc volt.a, se non sempre, Filippo Paliui seppe giungere al pelo dell'uovo senu dimenticarsi dell'uovo del cosmos, ossia della grande genesi della pittura; compresa la scicn:ta dt:ll'accadt'mia: le masse, le forme, i \'Olumi. E, cosicché, se la sua pittura poté apparire e idiota> agli affrettati iconoclasti {leggi, pei, non fraintendere, Boccioni) dell'inizio del nostro bel secolo {secolo rotto a tutte le improntitudini), a mc, invece, essa appare degniuima ncll'c"erc stata quale fu. E, certo, vorrei saperlo dipingt:rc io un somarello di quelli. dipinti da Filippo Palizzi. E specie quello che guarda di fronte al pittore: rermato,i 1ull'acciottolato uradello, l'uino, fra due siepi di alte edere, JOgguarda il pittore. Ncuuno ha mai l i (Di,. ,1, IJ,,..1;1 RACCONTI GINO DE SANCTIS: La mia Africa (Mondadori, Milano, 1938. L. 10). Se i racconti di Alessandro Pavolini, di Paolo Ct'<arini, di Indro Montanelli ci prcsen1ano della campagna etiopica gli a.,pt'tti più crudi, altri, come questo di Cino Dc Sanctis, appartenenti a una diq:rsa tradizione letteraria italiana, quasi fanno trascorrere sulle cose vì~te e sugli av,·enimenti vissuti come un ombra sentimentale La mia Africa è ti1olo intimista, secondo il gusto d'una letteratura borghese c'.1c ebbe fortuna prima della guerra europea, Dopo il pretc.n?..ioso/o 1n Africa di Sem Be. nelli, questa La mia Africa è l'o~retta di stile ~onaniano sulla \'ÌU di guerra e di pace dei soldati italiani in Etiopia, « Tra lt: mi" righe vorrei che ascoltaste i motivi d'un gra.nc1c.poema sinfonie-o: La Sinfonia d'Africa che io scriverei ~ fossi un mus.icista •, scrive Oc Sanctis, come un tempo i romanzieri esclamarono prima. d'accingerci alla dcscri?..ionc d'un paesaggio: e Oh, se avessi il pennello dtl divino Raffaello! >. [ capitoli del ,·olume s'intitolano poi e I fioretti del Fante d'Africa >, « Guoiatana Nabèi Tcaith? >, e Laudalo si' mi signott J)4'"rsor Acqua ... >, e Ben venga maggio> e eosl via ; nuova tcs1imonianza di come il giovane Dc Sanctis appartenga alla scuo-- la degli ,criuori abili a descriverci, pi~ che la guerra, gli aspetti casalinghi dcUa vita militare e coloniale. Dc Sanctis infine è evidentemente un francc.scano, un francescano moderno che ama forse troppo il medio evo delle palau.inc della. città suburbana In appendice, poi, una e Cronaca del Mare Nostro: Nostro, ora e in altri tempi >, dove si parla di Pisani e di mori e nel giorno di San Sisto dell'annodomini 1063 •· SISTO considerato quant~ sia difficile disegnare e dipingere una figura di fronte. Ma, per avere il senso delle difficoltà da dover •upenre, tu se sci un poco pittore, provati, ripeto, a farlo. Provatici tu. E io mi ci sono provato e so che le difficoltà sono immcn,c. E c'è caso che ne sorta fuori un asino peggiore di quelli di carta.pesta dei giocattoli da. bambini ; o c'è ca.so che ne sorta fuori un eagnettino, di gesso, giocattolo duro, per i contenutisti della Pittura. Come un cagncttino di eioccolatto. Ma, tiriamo avanti. lo nc:-n. ho mai detto che per lodare la pittura dell'Ottocento occorra dir male di quella che si fa oggi. 30 luglio ... Oggi, andando a spasso in campagna, per le solitarie sponde dell'Adige di Merano ho trovato, per strada, uno scarabeo. Anzi, euo ronzava per l'aria, suonava come un mi11uscolissimo aeroplano dinanzi ai miei passi. Col bastone sono riuscito ad abbatterlo. L'ho raccolto e guardavo a lungo con gli occhi di Michelet, di FiguiN, di Brehm. Poi ci ho giocato -:ome quando ero ragazzo. E ciò m'ha fatto 1ornare in mente mio padre che, buon uomo, era solito, quan. d'io ero ragano, andare a pas~eggio, ogni s-cra, pf':r le campagne con un suo amico letterato. Prendevano una strada o l'ahra; certe volte arrivavano fino alla Torre dei Chisilieri verso Jesi ; certe altre fino a Santa Rosa, all'edicola fra le ginestre e le lucertole. Certe altre prendevano la strada del conventi dei Frati Neri o del Romitorio dei Frati Bianchi e giungevano in vista del candido E.rimonte fra forre sdirupatc dal monte San vicino. Erano le piccole passeggiate dei buoni uomini; le pacifiche sortite da paese che facevano gli uomìni d'una volta: qu.ando l'amicizia era ver.a cordiale, tutt'altro che basata sopra l'ipocrisia. Oggi gli uomini, parlandosi, tutt'altro dicono di quello ohe pensano. Non si dice la vt:rità nemmeno fra amìco cd amico. Ma cui d'una volta erano uomini migliori. Buoni uomini venuti li: N UOMO politico che si accoua alla ?!J uoria letteraria non per ragioni di puro diletto, sarà sempre mono necessariamente dal desiderio di rintracciarvi i segni 1radizionali del pensiero o dei principali atteggiamenti della politica attuale. Nei poeti e negli scriuori, le inclinazioni politiche o si manifestano al di fuori della loro arte, qul\Si in forma privata, oppure renano vaghe apparizioni fra le immagini della prosa e delle cadcnu poetiche. Nelle opere Jet. teraric, la politica, secondo una frase di Stt"ndhal, è come un colpo di pistola tirato in piena orchestra Ma è forse bt'ne pr('cisarc che Stendhal si rireriva alle intrusioni di una politica che serviva solamente a definire il carattere di un ambiente romanzesco. Non a queuo genere di politica Gius-cppe Bottai intende :i.wicinarsi col suo libro Incontri (Monda.dori), parlando ci~ di poe1i come Virgilio e ~iamt:Li, o di scrittori co• me Verga e ~{azzini, Piu1to1to è il loro carattere civile e la loro fede politica, che gli preme di os~rvare, sopranutto rispetto a certi principi Jui quali si è formata la vita dell'Italia d'o,;gi, Bastano certi titoli, come L'Italia di Vir1ilio ~ fltalia d'otti, Vtrta politico, L' oalta:io,u dd lauo,o in Virgilio, a metterci sull'av\"iso. E bisognerà dire anche che Donai non vuol fare opera di critico o di storico, appagandosi invece d'una curiosità o d'uno studio offerti da occuioni magari celebrative. e In verità, tra quel lontano Virgilio della mia adolescen- ,a di u:olaro e questo, cui ritorno nel pieno vigore degli anni, quanto dh•ersa t'Spericn23 di vita t >. Cosi inizia il suo discorso su Vir~ilio. E, riprendendo una frase del Man. 1oni1 do\'e a proposito dt:I poeta si parla di e certe congiunture di tempi e di cose e di linct;uaggio che più non ritornano >, Bottai dichiara: « Ritornare in quelle con- ~·iunture, dico io, pt'T ricercarne e rilevarne gli aspNti <'lt"rni e universali, ceco che cosa può l'uomo di oggi tentare, con duplice ,:m1aggio: di saggiare, nel tempo, aspetti della ,·ita attu:ile, politica e civile, M>ciale ed t"conomica, e di commirnr:i.re la sua arione con i più durevoli insegnamenti dl•ll'anuca saggeu.i e conoscenu •· Questo, in E:,enerale, il senso dei saggi contenuti nel volume. Bon.ai li ha chiamati Incontri, non seguendo i capricci di una certa moda letteraria; la sua prosa, del re. sro, non ha inclinazioni e vellt:ilà di tale specie. Fin dal titolo, Bottai ha inteso opportunamente distinguersi da tutti coloro che si dilettano di spolverare la storia alla rice1ça di qualche e precursore>. Troppi ne sono usciti in questi anni: quasi c'è da credere cht' la storia non sia stata scritta çon altri scopi. e A tal punto si è giunti, in questa specie di inania, che, quando ,i scrive o si parla di precursori del fascismo, l'ironia aleggia, intorno a chi scrive o parla, a eh.i legge o ascolta >. e Mi avvt:nnc, una ,·oha, di sfogliare un opuscolo intitolato St1n Poolo fauista •· Cosi Bottai non vuole certo indicare Murini come un precursore del fascismo, ma soltanto scoprire Ml suo ~nsiero sociale e politico, e nelle discordanze col socialismo e col liberalismo del suo tempo, i caratteri di affinità con le idee fondamentali e gli indiriui sindacali della politica dell'Italia d'oggi. Che il Risorgimento trovi nel fa. scismo il prolungarsi del proprio df':stino, non è che una constatazione ormai più che O\'via, come lo svolgersi naturale della sto• ria i e Mazz.ini indubbiamente fu, tra CO• loro che louarono per un'Italia unita e forte, forse il più appassionato. Tuttavia quella sua 1pecie di giansenismo politico, quella 1u conoscendosi, volendosi ~ne, o per lo meno imparando a cono.sc.crsi da fanciulli; cd ebbero a passare il tempo della loro giovincua in pace, studiando, lavorando, La pace, nell'ultimo periodo dell'Ottocento si reputava., da tutti, per un beneficio stabile, fra uomini civiliuati. E, ripeto, giunti che si era alla. quarantina d'.anni, ogni sera, dopo avere lavorato molte ore del giorno negli urfici, si sortiva, NI far del tramonto (montagne celesti e dietro nuvole vermiglie), dal paese per dani alla gioia nella rampagna. Il M>r Giovanni voleva la sua ragione e mio padre non sempre cedeva. Parlavano, per quel che rammento, giacché io, .allora, ero un tenero fanciullo, di cose belle e no• bili, spesso di qudle delle arti e di quelle della poesia. Mio padre, mi rammento che si infervorava di meno del sor Giov.anni, ragionando; ma mi sembra che le sue ragioni aveucro maggiore consistenta di quelle dt:I sor Giovanni stesso, che, discutendo, si sc:almanava e con \'oce ora roca ora stridente, soffermandosi ad osni dicci passi, obbligava anthe mio padre a ferma.rii per starlo ad udire. O declamando, qualche volta, veni del Carducci o del Pascoli, alla fine della declamazione roteava in alto il bastone con aria di trionfo. Buoni uomini che si contentavano di quel che avevano. Paghi delle declamazioni, e del potere, cioè, dar~ largo fiato ai loro polmoni. Le siepi, allora, non udivano cd essi libcramentt: grida\'ano e, ripeto, si scalmanavano eppoi giungevano stanchi, ma ancora vocianti, al Colle del Beato Giovanni. 11 Colte del Beato Ciovann: era quello, cd anzi dirò (giacché esiste ancora e la natura è eterna): t quello in C. no10 e caro ai cacciatori perché è in tale altura che p-auano le palombc di maggio e di settembre. < A ohi 'E palomme! >. gridano i ranc:iulli posti nell'altro vicino colle, dai cacciatori, a fare le scolte. E fra poco, infatti, si vede nel ciclo il nastro nero, lontano, lentamente serpeggiante, lentamente avanzante, delle alte pa.lombe. Ma mio padre e il suo amico letterato, che non erano affatto Gacciatori, si accontentavano, giunti come fossero in cima al sua filosofia non ben precisa e quasi mistica, dànno un certo impaccio. Così il 1uo culto per l'azione ha qualche cosa di r<Jmantico come un vagheggiamento della fantasia. Ma, certo, molti punti in comune col fascismo l'agilatorc genovese li aveva. e M'importa poco>, egli dice infatti, e che l'Italia mangi il suo pane o i suoi cavoli a miglior mercato. M'importa che l'ltalia sia grande, grande e buona, morale, vir• tuosa, m'importa che eua compia una missione nel mondo >. E ancora: « La libcMl politica è menzogna per chi, mancando di educazione e di istruzione, non può esercitarne i diritti •· Tali le coincidcnu, gli incontri, che Giuseppe Bottai vuol mettere in maggior«- evidenza ncgli uomini della vecchia Italia. Segni di una moralità e di uno stile che potrebbero esserci contemporanei. Si veda il passo che Bottai rirerìsce di Goffredo Mameli: e Fanno pochi anni, d'lt.a\ia gli 1tranicri parlavano come di un monumento di archeologia. L'Europa le aveva fatto l'onore di porla nel 11.10musco, con le mummie egiziane. Vero è che i potenti se la disputaw,no come una cosa rara, e di quando in quando se la giocavano a sortt: ... Insomma, volevano ad ogni costo che ci rane• gnass.imo ad essere vecchi, perché cosi avevano deciso nella loro infallibilità le accademie, i poeti arcadi e i professori uni- ,•crsitari >. Fra questi uomini ('minentemcntc politici e d'at.ionc, come infatti li considera anche l.1i nostra storia letteraria, il Verga, cosi a primo impulso, fa, nel libro, un curioso effetto d'uomo sperduto e timido. Le pagine che Bottai ha dedicato a lui hanno un andamento più cauto, seb~nc non si possa parla.rt' di incertezza. Bottai vede ìn V<"rga una concisione e seccheua di stile che potrebbe corri1pondcrc ad un idt:ale stile realistico dt:lla nostra \'ita e dei nostri co<tumi contemporanei. I pt:rsonaggi di Verga e hanno una loro maniera di soffri~ e di godere con umiltà e disinvoltura, tale da essere paragonata, anzi identificata, con quella della nostra csis~c.nza quotidiana>. Ma una osservazione senz'altro precisa è queua: e La sua prassi realiua compiutamente il romanticiJmo, cd è insieme la più tipica e assol111a negazione di ciò che ru detto romanticismo, poiché ogni Cosa per• fetta è sostanzialmente cl.usica >. ln og;i modo non è rn questi partico-- lari che Bottai ferma la propria attenzione e curiosità. C'l un Verga non letterario ~ non aitrattamentc civile, un Verga anti1ici• liano nel senso di antiscparatista, un Vcrra insomma nazionalista, e continc.ntalc >, come si diceva a qu('i tempi in Sicilia. e Il suo antircgionalismo giunge a forme cosi in. transigenti da renderlo inviso ad una buona parte dei siciliani >. Questa fisionomia di Verga, certo assai minore, rispetto a quella del romanziere, di Verga cioè delle lettere e degli articoli di giornale, può dirci e.on certezza quale fo "era.mente l'atteggiamento politico del grande scrittore. Bottai lo spiega nel capitolo V erta e il socialirmo: e Si è attribuita al Verga una fede socialista, che non è mai stata la ma fede, ché anzi dai documenti in nostro possesso appare evidente e pacifico che non soltanto il grand( scrittore catanese non ha mai aderito al socialismo, ma ha reagito, in tempi in cui tutti face• vano prorcssione di rociali1mo, contro le opinioni correnti, e ha reagito (il che è importantiuimo} in nome del popolo fra cui egli viveva e a Cui si è ispirato ... >. GINO VISENTINI colle, dove c'è una chiesetta e, mi pare, una croce di legno di fuori della chiesa (un.a croce di legno con scolpiti, (n le brae,.. eia, i segni della Panione), si accontentava. no di scdeni al rcuo del querceto. Mio padre poneva, prima, sopra la umida ter• ra, il fazzoletto e il giornale: mentre il sor Giovanni, che era uomo grasso, schic• ricalo e ricciuto, biondo di pelo, 1i cavava il e.appello bianco di panama, e siccome egli aveva vociato tanto da sgolarsi, si asciu. gava ì1 sudore, si cavava il razzoletto, so(. fiava, sbuffava e si metteva finalmente a sedere. Non era raro che mio padre desse a mc un paio di soldi per andare Il vicino da un contadino a comprare una e.appellata di ciliege o di buone prugne. Ed intanto i dut: amici si rimettevano a declamare o a tenzonare. Una sera, mentre che maggiormente essi \·ociavano e che io li seguivo a di1tanta badando ai. faui di fanciullo di cogliere, dalle siepi, more o corbcuoli rossi, o a corrert: dietro a. nere farfalle cavolaie, oppure a maggiolini dalle a.li sonanti, oppure che cercassi sotto i teneri odorosi ombrelli dei Jambuchi cetonie dorate, o che mi fossi fermato presso a una polla d'acqua, al margine dell'erboso viottolo, io inginocchiato a tentare di pescare notonette acquatiche o ditischi margunati; una Jcra, dico, raccolsi da terra, dove all'improvviso era venuto a battere piovendo dal ciclo, un grande, lucido, color mogano, cervo volante. lo non avevo mai visto cervo volante, e mi sembrò che foMc caduto dal cielo un rt:galo di oro, Lo raccolsi, lo guardai con curiosità e prima ancora che mi fossi potuto penuaderc di quanta forza fos1ero armate le sue feroci mandibole, cd ingenuamente, anzi, supponendo c.he le avrei potute racilmente staccare da dove non so quale maligna tentazione mi indicb di dover andare ad appoggiarle, le attacc.ai, camminando ba.l. zcllo balu:Uo dietro a.i due uomini che disc:utcvano, nel dito pollice del sor Gio• vanni. LUIGI BARTOLINI

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