Omnibus - anno II - n.34 - 20 agosto 1938

~/~ S FATTO di incendi mcmorabi- ~ li, il Teatro alla Scala - se memoria e storia non ci ingannano - conta wlo quello che determinò la sua costruzione. Si sa infatti che, una \"Olta distrutto dalle fiamme il Tcatio Ducale in una sola vampata che dal 25 febbraio , 776 durò dieci giorni, si pensò subito a fabbricare un sontuoso edificio che perpetuasse l'alta tradizione teatrale di cui i milanesi erano tanto fieri, e fu così che per opera del Piermarini, nel breve periodo di trenta mesi circa, Milano fu arricchita del nuovo teatro che tutti sanno, il quale già nell'agosto 1 778, finito e rifinito nei minimi particolari, apriva i suoi battenti al pubblico. E sempre ricordando il grande disastro, il Picrmarini stesso aveva fatto piazzare nel cortile uno strano ordigno e sopra carro a quattro ruote con assa grande formata di legno di rovere, tutta foderata di lastre grosse di rame, con due pistoni cd emboli, con cugnoli di due manere forate. Longa asta che serviva a cacciare l'acqua, tutta ferrata, con alla testa li ferri grossi per rinchiudervi due altre piccole ,;tanghe ove si appigliano gli uomini per farla azionare>. Vi erano ancora tre grandi recipienti situati sotto al tetto, due dei quali della capacità di sricentose5santa brente sopra l' ingtts~o, e gli altri, capaci di circa dieci brente di acqua ognuno, ai lati del pro,cenio, nonché numerosi secchioni sparsi un po' dappertutto. Inoltre, severe ordinanze erano diramate al pubblico, a scopo precauzionale, e non ultima quella di non tenere fornelli accesi dentro i palchi, <' di spegnere bene tutti i lumi prima di andarsene. Perché dopo tutto avrebbero dovuto i signori palchettisti accendere il fuoco proprio accanto a loro, se si era provveduto, con singolare raffinatezza, a corredare il teatro di una « sala dei fornelli >, dove tutti avevano il diritto di farsi scaldare la cioccolata o la cena? Ossi di pollo ed altri residui volavano quando sulla platea, quando dai finestrini che davano sulla strada : se un incauto passava di sera ra- ,ente i muri del Piermarini, riKhiava di ricevere sul capo bucce di frutta, rifiuti di ogni genere, e acque di dubbia qualità, forse provenienti da tredici grandi secchi a cornice di legno, disseminati lungo i corridoi della quinta fila di palchi per comodità degh spettatori. Ma presto si provvide. pt•r la dignità del luogo e la salvaguardia dei passanti, a munire di apposite grate le finestrette. Se in teatro si cenava, non era questa la sola occupazione cui si dedicas5ero nel corso della serata gli spettatori e in particolare i palchettisti, i <Juali, padroni come erano. dei pochi metri quadrati acquistati, si consideravano in casa propria. Nei palchi dunque, come nei ridotti, si giuocava anche, giuochi considerati di azzardo come il faraone, il biribisso, l'arbore imperiale, la pirla, il bissotto e il lanzinetto, e mentre questi giuochi erano severamente proibiti in qualsiasi altro locale cittadino, alla Scala invece erano tollerati e ammessi. Quindi si organizzavano partite regolari, senza alcun riguardo per lo spettacolo che int~nto si andava svolgendo, e visite anche, con grandi chiacchierate e risa e discussioni ad alta voce. E mentre Berlioz si scandalizzava perché dai palchi veniva rumore di piatti, di bicchieri e di posate, Stendhal, Ugo Foscolo, poi più tardi Byron, osservavano le belle dame dell'aristocrazia e del demimonde, i loro cavalieri serventi, e Baitac rilevava come nel corso di una p:utita avveniva il più delle volte di giocare con e gente che non si riceverebbe in casa propria ». Una tenda di seta a forma di baldacchino poteva cs5ere abbassata a volontà sul davanti di ogni palco se si desiderava isolarsi per cenare o per altri scopi; così i palchi della Scala furono i lussuosi e muti testimoni delle avventure piccanti della graziosa marchesa Brusati Corio, della contessa Massimiliana Litta, bella quanto stupida, al dire di ognuno; e le tappezzerie di broccato, le morbide tende e i soffici sedili seppero gli amori di Antonietta Fagnani, che falciava le sue clamorose conquiste fra gli ussari, e quelli della celebre Samoiloff, idolo anch'essa di tutti gli ufficiali austriaci. e: Insomma>, scriveva Stendhal, e il teatro alla Scala è il salotto della cit~ tà; soltanto qui s'incontra la società : non una casa è aperta : " Ci rivedremo alla Scala ", dicono per ogni genere di affari >. Salotto indubbiamente, il cui tono variava secondo i palchi, nei (Juali se non si cenava, se non si giocava di azzardo, si faceva all'amore o si discuteva di arte e di politica. E in fatto per esempio di letteratura, la scuola classica e la romantica mettevano capo rispettivamente la prima nel palco di donna Bia Londonio, detta madama Bibin, l'altra in quello dell'abate Di Breme, marchese di Gattinara, fervido ammiratore di Madame de StaCl, e redattore dell'italico Conciliatore. Ma si faceva soprattutto della politica, alla Scala, e fra la scena e il pub• blico corsero assai spesso correnti allusive, solidali o ostili : gli applausi a una ballerina nascondevano un'affermazione di partito, le parole di un coro assumevano significati politici, e il grido di e Viva Verdi> voleva dire e Viva Vittorio Emanuele Re D' [talia ». Quando il governo austriaco assunse l'esercizio del teatro, si può dire che il pubblico fosse costituito unicamente dagli ufficiali, i quali a cau. sa delle loro giubbe bianche erano chiamati e sacchi di farina>, poiché tutti gli altri avevano disertato gli spettacoli. Del resto, cambiata la gestione, le susseguenti imprese dovettero riservare, ~pre per gli ufficiali, alcune file di poltrone, perché si era visto più di una volta vuotarsene una intera solo che un austriaco fosse venuto a sedercisi. E la sera del 129gennaio 1859, a] prorompere del coro della Norma: «Guerra! Guerra! >, il pubblico era scattato in piedi ripetendo il grido finché iJ governatore che si trovava in un palco, non sapendo più qual contegno assumere, si era ritirato. Fu del resto un sentimento patriottico che a un certo momento decretò la fine per Milano della celebre danzatrice viennese Fanny Elssler fino allora poco meno che idolatrata dal pubblico, e il segnale di questo suo tramonto fu dato da tutte le allieve della Imperia! Regia Accademia di ballo della Scala, le quali una sera di carOMNIBUS SCUOLA DI BALLO DELLA 8OALJ. nevale del '48 vennero in scena portando sul petto la medaglia di Pio JX, il papa lìberale. Furente, la grande danzatrice rientrò in camerino dichiarando che considerava il gesto del corpo di ballo come una sfida alla sua per• sonalità di austriaca, e che non avrebbe ripreso a danzare se le medaglie non fossero immediatamente scomparse. Si racconta che per evitare scandali e disordini fu giocoforza ottemperare all'ingiunzione, ma il fatto essendo penetrato con la rapidità di un lampo nel pubblico, appena la celebre silfide ricomparve, una tempesta di fischi si sollevò in teatro malgrado la presenza di un buon centinaio di ufficiali. Da quella sera non ebbe più pace, agli occhi dei milanesi divenne simbolo dell'oppressione austriaca, e tutti gli odi repressi si sfogarono contro di lei. Al caffè Martini fu fatto circolare il seguente biglietto: e Disprezzo, fischi, lapidazione all'inf amc meretrice tedesca Elssler, turpe strumento d'uno fra gli infiniti viliS!imi delitti dell'Austria esecrata : del lento assassinio del figlio del gran Napoleone! Sia chiuso il teatro, vii luogo delle vili sensuali illusioni! Unione, concordia, fatti ! >. E il meno che si possa dire è che i termini non erano misurati. Di queste danzatrici, che nel secolo scorso diedero fama e celebrità al balletto classico italiano, e lustro agli spettacoli della Scala, noi ne abbiamo sempre sentito parlare, e sempre rimanemmo perplessi a guardare le incisioni dove sono raffigurate con la vita strettissima e il petto gonfio, le gambe dai polpacci corti e grossi nelle più assurde posizioni, il piede girato dove meno si penserebbe e tutta la snellezza della figura affidata alle braccia collo di cigno. Questa tecnica, che salvo lievi modifiche è ancor quella di oggi, risaliva al Noverre, ali' Angelini, danzatori e maestri di ballo del Settecento, a Salvatore Viganò che Stendhal chiamò ~enio della danza e doveva essere una specie di Serge Lifar del primo dttocento, e attraverso altri bravissimi maestri fu seguitata dal Cecchetti che a un certo momento se ne era andato a eietroburgo a formare j più famosi ballerini russi dell'epoca moderna. Veramente si può dire che se il pubblico della Scala amava la musica, più ancora amava la danza : tre quarti dei programmi contenevano spettacoli di ballo, e si vide perfino il Mefistofele di Boito diviso in due rappresentazioni, propinato fra allettanti balletti. Così si fece per altri melodrammi di incerto esito: il ballo faceva tutto accettare e perdonare, e alle piccole e vispe ballerine va accreditato più di un successo di opera, a queste ballerinette indisciplinate quanto brave, che tra un atto e l'altro sgattaiolavano nelle loro garze bianche e vaporose fra la penombra dei palchi, e ricevevano nei camerini gli lclegantissimi lions. Era da questi ultimi che poi partivano le dispute per le prime ballerine, per quelle che si staccavano a un certo momento dalla massa del corpo di ballo e andavano per il mondo a raccogliere applausi, amori e ricchezze. Già nel 1837, a Parigi, la presenza di Maria Taglioni e di Fanny Elssler aveva creato il partito dei taglionisti e degli elssleristi, indi era sorto l'astro di Fanny Cerrito, che minacciava di oscurare le due rivali, e detcrrrùnò il partito dei cerntisti. Poi in una memorabile serata del 1843, alla Scala, avvenne per cosi dire lo scontro della Taglioni e della Cerrito, in un grandioso spettacolo di ballo, e mentre ognuno degli spettatori si domandava perplesso quale delle due silfidi avrebbe vinto nel singolare duc11o, si dovettero onestamente Lributare a tutte due gli stessi omaggi di fiori, doni, canzonette e poesie. Era stata la volta poi della Ehsler, reduce da una clamorosa tournée in America. che aveva comolidata la sua fama co,1 mille manifestazioni: a Richmond il suo arrivo era Mato ~lutato da colpi di cannone, e a New York oltre centomila persone l'avevano accolta con un saluto « alla voce>. A Milano era presto div<'nuta « la divma El-.slcr >, 1 deliri del pubblico aumentarono ogni sera, e questo durò, con tutti i fanatismi immaginabili, dal 1844 fino alla famO'ta serata del '4,8 di cui parlammo. E alla sua definitiva partenza i milanesi non misero il lutto, altri prodigi della danza Ji rivelavano ogni giorno venuti fuori da quel vivaio pullulante della scuola di danza: vi fu Amina Boschetti, dalla danza piena di fuoco e ardita, che trionfò nel famoso balletto Flilc e Flok, poi la sua rivale Caterina Bcretta, dallo stile puro e cla~ico derivato d:'llla Tag]ioni, e la rivale di tutte due infine, Carolina Pochini, che fra le ballerine possedeva il pregio di saper sorridere come mai nessun'altra. Poi vennero diramate ordinanze assai severe che regolarono il comporta.mento delle danzatrici nd teatro, il gusto dP) balletto decadde, fu proibito alle allieve della Scala di ricevere gli amici o di andarli a trovar<.' in teatro, sicché la scuola di ballo divenne una scuola come tutte le- altre, molto seria e c;cnza ~toria. Ma altri personaggi che fecero versare fiumi di inchiostro furono i soprani uomini, che alla Scala, ancora al principio dell'Ottoanto, sostennero le principali parti femminili nei melodrammi. Del resto gli spettacoli del grande teatro milanese nacquero addirittura sotto il <.egno di que,;to e.sscre mo~truo'IO, poiché quando il 3 ago~to 1 778 si iniziò la prima stagione, il cartellone annunciava la rapprescntaz.ionc dell'Europa riconosciuta di Salieri e Troia distrutta di Mortellari, menzioz.ionando i numero~i interpreti tenori_ bassi, e grotteschi, e distinguendo i soprani dalle soprane. Quella sera il personaggio femminile delle due opere era interpretato da Gaspare Pachiarotti. il celebre soprano applaudito già dal pubblico italiano e degli altri tea• tri d'Europa, ma ancora nella stagione seguente un altro falso maschio, Luigi Marchesi, provocava i più entu• siastici applausi del pubblico. Compiuta verso i dicci anni l'operazione che tutti sanno, sotto l'amorevole premur .i. del padre, egli aveva preso lezioni di canto da un altro celebre castrato del· l'epoca, il Caironi, poi era passato di trionfo in trionfo, fino a quelli della Scala, ove cantò l'Armida di Mysliwcczek, l'Olimpiade di Metastasio e altre opere il più delle volte scritte appositamente per lui. Una sera del r 7961 essendosi rifiutato di cantare a Milano davanti a Napoleone Bonaparte, e avendo espresso la sua ostinazione per iscritto in una insolente quanto sgrammaticata lettera, fu imprigionato, e questo episodio è raccontato da quelli eh<' vogliono dimostrare come nonostantt' la mutilazione egli fosse ancora C."..,"lredi scatti e propositi virili. I parigini che udirono Girolamo Crescentini, altro applauditissimo sopranista della Scala, nell'opera Giulietta e Romeo di Zingarelli, dissero che mai la sublimità del canto e dell'arte drammatica fu portata più in alto. Ma il più celebre soprano italiano, l'ultimo del resto, fu Giovanni Battista Velluti, nato nella provincia di Ancona nel 1 781. Pare che da lui abbia avuto o•rigine l'espressione « voce di velluto », tanta era la dolcezza del suo canto, e la grazia con cui infiorettava di trilli e variazioni le parti che gli venivano affidate. Era già celebre quando nel 18o8 cantò alla Scala neJl'opera di genere scrio Coriolano, di Nicolini, poi nell'Ifigenia in Aulide di Federici e nelt'Orcamo di Lavigna, e le opere da lui interpretate e portate alla notorietà furono numerosissime, fra altre l'Aureliano in Palmira di Gioacchino Rossini. Questo cantante di cui Napoleone disse: e: Bisogna non essere affatto uomini per cantare così>, seguitò a mietere trionfi fino a oltre i quarantacinque ai:ini, ep<><:ain cui a Londra, per esempio, gli s1 pagava una stagione 12300sterline, somma. equivalente a più di mezzo milio:1e di lire attuali. Esseri come questi, avevano le vanità e i ca• pricci delle grandi attrici, profonde malinconie, sbalzi repentini di umore. Molti di essi, come il Marchesi per esempio, scatenarono tra le frequentatrici della Scala passioni folli e senza speranza, destinate a morire già all'atto di schiudersi, e in qualche segreto archivio della nobiltà milanese si conservarono a lungo corrispondenze rive~ latrici di questi disperati amori. Del resto (sono parole di Beniamino Gutierrez), « questa fu Ja stona di tutti gli ecceJ,i soprani monchi d'amore, giacché l'orrenda beffa del "!~"<> non annulla la facoltà della tenerezza e del dc.,id..·rio amoroso, coc.ì da spingere anche alle più parossististe gelosie>. Oggi, se ancora intere)~no gli spettacoli della Scala {ballo, canto. opera), poco o niente si parla degli artJ,;ti. E.. -.i non c.u~itano più 'icanditli n<:I gran mondo, non subi'-COno perdite damoro!,(' al gioco né furti di gioielli tali da fermare l'attenzione, e non ~i p.trla neppure- dei loro amori, dei divor-.ti o di altre avventure curio~. Veramente la vita delle grosse soprano e dei tozzi tenori con la catena d'oro al gilè non interessa più, forse perché il teatro ha per..c le magnifiche dorature di un tempo e il pubblico ha capito che gli attori ~no persone come tutte le altre. Ce ne ha parlato a\53.i diffusamente, ribadendo questa convinzione, una dclre persone più importanti della Scala, nelle cui mani - è il caso di dirlo - è affidata la sorte degli 1ipcttacoli; si tratta del capo della claque, per50nalità tenuta in grande considerazione, temuta se voghamo, ad ogni modo rispettata, da attori cd impre~- ri. Voleva assicurarci che nel mondo teatrale vi sono ancora storie e miste• ri, ma forse avevamo in mente cose diverse. Questo capo della claqut che porta il nome - vedi i segni del destino! - di uno dei più vccchj teatri milanesi, vestito con l'eleganza di un tenore non bolJimien, o di un barbiere, con molti anelli alle dita delle grandi mani e i baffi grigi impomatati volti all'io su, sente la sua importanza e la sottolinea con colpetti di benevolenza sulla spalla dC'i conoscenti quando passa nella Galleria, il suo quartiere generale, tutto vestito in grigio perla dal cappello alle ghette. Ha al -.uo servizio un esercito intero ch'egli recluta (econdo suoi criteri particolari di numero e di qualità, e ripartisce intelligentemente m tutto il teatro. I da• queurs che possiedono il /rak e lo smoking, vanno nei palchi o in platea, altrimenti trovano posto in loggione, e tutti stanno attenti più che allo spettacolo agli ordini del capo, pronti a ~cattare al suo segnale. Quando il teatro è chiuso, il capo-claque è richir .o nei concerti in cui ~i esibisce la de. buttante desiderosa di far carriera, nelle audizioni dei licei musicali e dei con- !C'ivatori, e perfino - non si crederebbe - nelle conferenze ... Il suo potere è grandissimo, e pare che nessun pub• blico, per ostile che sia, sappia resistere all'invito all'applauso che parte dalle sue grandi mani un poco rosse. E dato il suo còmpito, pur essendo egli popolarissimo, è pure un personaggio ufficioso <' segreto: la sua professione riposa sul segreto più assoluto, e questo è comprensibile; perciò, aiutati dal nostro candore ingenuo, non siamo riusciti a s.1.percper chi precisamente lavori, se per la Scala o per gli attori ... Del r<:stotutto quanto si riferisce alla Scala annega da gran tempo nel più rigoroso segreto, e tanto più rifulse l'abilità del « Cavaliere degli specchi », ossia di Francesco Tonolli, il critico musicale della Sua, che in occasione delle prove del FalstaO nel 18931 riuscì a rompere tutte le consegne, a penetrare in palcoscenico, a parlare con gli attori, a leggersi da cima a fondo lo spartito che ancora non era uscito dalla casa Ricordi c;c non per gli interpreti, e questo senza che nessuno mai potesse coglierlo in flagrante. Eppure le più meticolose precauzioni erano state prc~e per conservare il segreto assoluto sull'opera fino al giorno della rappresentazione: pone consegnate, operai frugati all'uscita dello stabilimento Ricordi, Verdi divenuto invisibile per chicchessia. E tutta la letteratura poliziesca e il teatro giallo non avevano peraltro insegnato ancora a forzare le serrature, a vedere attraverso i muri, e di microfoni abilmente dissimulati non se ne parlava certamente. Tuttavia « Il Cavaliere degli specchi > riuscì a fare tutto questo, o quasi, e il suo giornale ebbe il vantaggio di poter pubblicare le più gustose primizie. Fu anche querelata, La Sera, dall'impresa della Scala, dalla ditta Ricordi, e da quanti erano interessati alla rappresentazione, ma infine, dopo il formidabile successo ottenuto da quest'ultima opera verdiana, ogni indiscrezione fu dimenticata, perdonata, e la querela messa in archivio. Ferma restando però la tradizione di estrema segretezza, poiché oggi ancora, in fatto di progetti, di cartelloni, di autori e di interpreti, tutti i dirigenti sono abbottonatissimi. Si comincia a sentire odor di Scala nella Galleria, dove comparse, coristi e attori dei due sessi si ritrovano, sbirciano il reclutamento e parlano amari di una carriera immaginaria ingiustamente boicottataJ o dei loro presunti mezzi scenici e vocali ingiustamente ignorati; poi nel mezzo della piazza, Leonardo da Vinci sta pensieroso di fronte all'edificio dei Piennarini. E il teatro alla Scala, in questi giorni caldi di estate, sembra dormire come uno che non ne può più delle fatiche passate, vecchio dei centosses.sant'anni che non vuol dimostrare. L'ADDETTO ALLE SCHEDE

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