Omnibus - anno II - n.32 - 6 agosto 1938

FRANCESCO LERA, il \·ccch10 ~o,·ernatorc e in gran parte proprietario del paese di San Leo, .1vvenne una sera d1 febbraio un caso che lo turbò profondamente. A ve\ a appena finito d1 scri\'ere una lettera a un parente lontano per ricordargli un'clarg1z1one annuale che entrambi erano soht1 fare in quel mese, e a\'C\'a già sigillato la busta, quando, alzando Rii occhi dalla cartella, scorse dinanzi a sé sulla scrffama, appoggiata a un libro, un'altra lettera perfettamente identica, con il medesimo indirizzo, pure scritto di propria mano; perfino il piccolo S\'Olano iniziale dell'articolo Al, non differiva d1 un millimetr9. La prima perplessità si mutò presto in un senso di smarrimento e d1 orrore. Senza a,·er bisogno di aprire la busta appoggiata al libro, il go\'ematore si rese conto di a\'er scritto due volte, inconsape\·olmente, l'identica lettera; della prima, senna forse nello stesso pomeriggio, forse nella mattina (certo non prima, altrimenti il segretario l'avrebbe già avviata alla posta), egli SI era completamente dimenticato. Ansiosamente, desiderò trovare una spieg~zionc tranquillizzante. Una semplice d1straz1one? L'ipotesi suonava falsa: egli ben sapc\'a di non essere mai incorso nella \"lta in dimenticanze del genere, anzi l'esattezza e la ferrea memoria erano sempre state per lui, specialmente da quando era vecchio, motivo di orgoglio. Il dubbio, ben più plausibile. di avere perso 11perfetto controllo delle proprie azioni, dì essere onuna, un vecchio S\'anito, invase il suo arumo. Abbandonato sulla poltrona, ansimava, misurando il terribile peso della rivelazione, come se improvvisamente si fosse accorto d1 avere una malattia mortale. a lento ma• implacabile decorso. Peggio. anzi, perch~ non avrebbe potuto confidar-si con alcuno. La sua sventura, al contrar-io di una malattia, era adatta a causare piunosto il riso che la commiserazione. Ora per ora, pensò, egh avrebbe dovuto controllare I minimi atti per nascondere, fin ch'era possibile, al prossimo questo disfacimento mentale. Si prospet• l'ava dunque una ininterrotta serie d1 sotterfusci, di precauzioni. dt astuzie, continue lotte con l'incubo di potersi tradire, una nta di estenuante e quasi insopportabile:: peso. Erano Rià le no,·e, ora 1n cui era solito andare a dormire. Nella vasta biblioteca in cui si trovava - suo rifugio e regno da immemorahili ann, - era soltanto accesa la lampada dello scrittoio e c'era un grande silenzio, sottolineato dal battito deg h orologi. li Lera stracciò in minutissimi pezzi una delle due lettere, spense la luce, raggiunse per un lungo corridoio la stanza da ·eno, si spogliò, si coricò, fece buio e cercò d1 dormire. :\la il sonno non \'enne. Vn'invincibile agitazione, quale mai ave- \'a conosciuta, lo costrinse dopo una mez- ~·ora ad alzarsi e a camminare su e giù per la stanza. Ora egli pcrlustra\'a il ricordo degli ultimi giorni, per riconosccr\'i ahn enntuali sintomi del suo male. :'\ulla gli venne in mente di preoccupante o sospetto. :\la 11tenore si accrebbe: da molti mt•S1. forse da anni, non f;t'li era an·enuto d1 dO\'er richiamare I fatti appena a,·\·cnut1: m genere preferiva smarnrs1 in nostalgici ,·agabondagg1 attraverso i ncord, della g10\'mcua, Adesso, che gli accade\·a d1 farlo, si rendeva conto che delle ultime giornate ben poco gli era rimasto nella memoria; non avrebbe potuto rispondere con esattezza neppure se gh avessero domandato che cosa aveva fotto 1I giorno prima. Ciò gh confermava che 11suo cervello era sfinito e insensibile. A poco a poco, immaginò, anche I ricordi più 1mportant1 e cari lo avrebbero abbandonato. Tutti 1 legami con 11 passato, che da\·ano senso e nobiltà alla sua vita, si sarebbero roui cd eqh sarebbe finalmente rimuto nella più desolante solitudine. Tentò di leggere un libro, ma tutto gli parc\.·a noioso e gratuito, provò ancora a spc~ncre e a tentare il sonno, indos.•ò po1 una pesante veste da camera e ritornò nella biblioteca, cammmò a lunj{O su e giù per il corridoio, col desiderio d1 stanci.rs1, ma invano. Ogni tanto g1unRc\'a da un campanile il suono delle ore. L~ colse a un certo punto il sospetto d, non ricordarsi più nemmeno l'aspetto del paese, quale appariva dalle sue finestre. Pro\'Ò a pensare: prima c'e 11 pal3zzo Poj;fnmi c:on il tetto ripido, poi quella stretta ca"a bianca, poi una fetta di g1ardmo. poi .:\la che stupidaj{gini: ne~suno - pensò, per tro\·ar cora~gio - e capace di nco..,tr-u1re a memoria un pae11augio. anche 1>elo vede ogni giorno; e poi lui, Lcra. che cosa poteva ricordarsi se da anni cd anni non usciva di ca<1a né si affacciava alle finestre? Comunque, lo prese la curin11ità e, nono1tante 11freddo della notte, apri la vetrata e le imposte di una finestra della camera. Il paese era addormentato; ran e fiochi lumi 11cgnauno le strade piU centrali; quelle pcnfenchc erano mvecc 1mmer<1cnel buio. Stan per nch1udere i \'etri quando il ~un 'l~uardo an·i!ttÒ, veni.o la pcnferia, in un ca<1one ah1tato da suoi c,,ntadm1, tre o quattro finestre illuminate. Chi è quel cane •. sì domandò ad alta \'OCe, che tiene acceso a quest'ora?•. Ave,·a mfatti ordinato che m tutte le case del paese, abitate qun1 esduswamente da contadini e operai suoi dipendenti, tutti dovessero spegnere la luce dopo le nove; solo in caso di malame era ammessa una deroga. :--:aturalmentc la proibizione non riguardava le poche ca,e dei '-ignori; ma queste erano m genere disabitate Con una collera che certo non sarebbe nata senza la trnna d1sposiz1one d1 spinto, il j,::o,·ernatore tirò ,•iolentemcntc un cordone e un vago tintinnio rispose da incalcolabili lontananze del palazzo. Qualche minuto dopo giunse uno scalpiccio affrettato, si aprì la porta e comparve. in tenuta molto sommaria, Gioacchino 1I ma~g•ordomo, mezzo istupidtto dal sonno. Chi è che tiene la luce accesa a quest'ora>, urlò 11 vecchio m,·estendolo. Scommetto che sono quei porci d1 Stazzano, scomn tto 1 •. Chiuda la finestra, Eccellenza! Vuol prendersi un malanno? foce il magi;t1ordomo per parare l'incomprensibile sfuriata. E s1 affrettò a riaccostare i \·etri. Poi disse: Quale luce. Eccellenza> Quale luce? Xon hai occhi? C'è tutto 11 paese illuminato! :\la non vedi> LagRIÌ.Ialla Corte. Danno un ballo, alle \·ohe) S1ss1gnore •• nspo~c Gioacchino. Come, sinignore? Che coc;a, sic;signnre' Se, mcrcunito? •. Lo ave\'a detto lei, Eccellenza•, replicò 11maS,l'.g1orùomocome se la cosa fos,_c nawraliss1ma, Sono gli Stanann; stanotte ballano • Ballano? \'uoi dire sul 4-erio che stanotte ballano? • S1~sij;t'nore•. E pareva stupir,1 d1 tanta meraviRlia. • ~ carnevale, Eccellenza La parola • carne\'ale • non disse al Lera anolutamente nulla. Strano vocabolo, pn- \"O d1 sigmficato. E lu, stava per chiedere spiegazione quand'ecco lo spanntoso dubbio che quella fo1-se un1 parola noussima, ma che lui ne avesse d1mcnucato 11senso: nuovo più grave smtonv, d1 disfacimento e vecch1e1za. • Carncu1.lc ... , carnevale•, provò a ripetere nella n,•·nte, per vedere se la memoria risponde1J'-e~ ma nulla. • \'- tnrna a dormire, ,1:1. d1 qui! ~fidò alla fine per un 1mpro\.·" ·-to bi~jlnO d1 rcMar 1-olo.E Gioacchino, 11emacapire ancora 1I mouvo della collera, ind1ctreS,?"g1ò spaurito fino alla porta, ~srusciandf) fuon nd corridoio. ATENE, AGOSTO COLLOQUIO DI TURISTI cot PARTENONE Il Lera lasciò passare qùalche istante, finché fu sirnro che Gioacchino era lontano. Poi raggiunse la biblioteca, traue da uno scaffale un \"OCabolano. sfogliò le pagine con mani tremanti, a cercare la \·oce carnevale•. l....cs,e: Carriet:al~. carn01:al~. corna.sciai~ (costume ant. e mod.). Quel tempo di godimento e dt particolare sollano che cominciando dal ~porno dopo l'Epifania, ci<>e ai sette d1 gennaio, dura fino alla men,1.notte del ~1orno che prende alle Cenen Lo rilesse due tre volte e la paura si accrebbe poiché anche la definiz.1one gli torna,·a assolutamente nuova. Evidentemente la disgrc-"'az1one della memoria non s1 limitava più alla superficie, alla forma, alle parole, ma a\.·eva intaccato le idee stesse, le CO<i;Ct.:.na vaga rimembranza del dcscntto costume cmcr<i;cper un arnmo nella coscienza come eco remota di visione fanciullesca, ma non gli riusci di fermarla m preciso concetto: poco più di nulla. fn ,cr1d1, 11Lera non ave\'a dimenticato. :-.:ella sua ,·ua monotona e chiusa d1 misantropo mai Rii era giunta notizia che in un certo periodo dell'anno gh uomini facevano festa, mai quelle notti egli a\'e\'a ~ardato il paese (d1 solito dormiva mmtcrrottamente dalle nove alle sette del m3ttmo), mai quella parola era arrivata aJ\e sue orecchie, né era mai ricorsa nei se,·eri libri g1ur1dici a cui aveva dedicato la \'Ìta Quanti lo praticavano per ragioni di carica o di dipendenza avevano del re1to e\'itato <i;cmpre d1 toccare, alla ,;ua presenza. arcigno com'era, qualsiasi argomento anche lontanamente frivolo. Ogni allu.s1one al carne,·ale era stata co.si auto~ maucamente tenuta lontana. Perduta ogni ~peranza d1 sonno, tornò alla camera da letto, rimestando funesti pensieri. Che più gh rimaneva se non aspettare la morte, ora che il suo cer\'cllo si era guastato, come ingranaggio a cui i denti saltmo \'la a uno a uno? Ogg, 11 era d1ment1cato il ca.rnevalc, domani si sarebbe magari dimenticato le leggi, il latino, 11 suo ste5M) nome. Arri\'Ò al punto d1 fare una prorn, ripetendo ad alta voce, nella <,tanza t1lem:io!'la;• Francc~co Lcra ... Francesco Lcra •. Gli \'enne l'idt11 che il buio lo potesse calmare, ma, appena spenta la luce, !'!Corse attr:werso I vetri (gli scuri erano $tati dimenticati aperti da Gioacchino) non più tre o quattro fin•:stre illuminate, ma decine e decme. S1 appressò allora al da\·anzal~. p~rlu11trò con .Q'lip;guard11 suoi possessi. ebbe l'impressione che un confuso brusio si levasse dal paese, un opaco rombo che si allarga\·a progressivamente, fatto d1 una miriade d1 \"OCÌ. La popolaztone dunque si ~,-cgliava per d1vert1rs1? Era questo il carnevale? E nessuno lo aveva mai avvertito, approfittando del suo duro sonno? Oh, li avrebbe fatti '\altare il mattino dopo, il capo dei ,-:::endarm1e tutti gli altri! Più restava affacciato a guardare, sempre nuove finestre si acccnde\·ano da ogni parte, strani lumi (che poi capi es.sere fiaccole) cominciarono a vagolare qua e lb., sagome umane finalmente ruppero la solitudine delle strade e proprio sotto la sua finestra, prei,,so un lampione, il governatore scorse un mcomprcnsibile festone d1 lunghe strisce policrome, probabilmente di carta, che ondeggiavano al vento e poco prima non c'erano. Tirò per la seconda volta il cordone e, come ricomparve G1oacchmo. gli ordmò d1 chiamare immediatamente il capo dei gendarmi, deciso a spegnere magari con la forza l'maudito fermento. Se anche negli anni precedenti era successo lo stesso, non importava. Tradizione o no, il padrone era lui. Tutta quella gente, 11 mattmo dopo, avrebbe dovuto lavorare e non doveva perdere in feste le ore del sonno. Fra poco sarebbe suonata mezz3notte. Il brusio si era fatto più intenso; voci staccate ormai si distinguevano: risate, canti, musiche lontane. O Lera tornò alla finestra e vide le strade febbrilmente animarsi, b1ziarre figure, con insolite \'e5ti, ondeggiare per le vie; uomini e donne con trombe e c.h1tarre. Sui tetti s1 accendevano lanterne, perfino un fuoco anific,ale brillò ai confini del paese, seguito da un lacerant'e sparo. t:n gruppo di persone ,n festa s1 aggirava ora ai piedi del palazzo. Il Lcra cercò facce conosciute, ma non ne riconobbe nessuna. Erano tutti singolari tipi, con teste grosse, colorite e per lo più ghignanti. Solo dopo parecchi minuti 11governatore s, accorse che tutti ponavano, anche le donne, grottesche ma,chcre sul volto. E 1 vestiti? Dove a,,c\.a mai visto, se non m qualche quadro antico, abiti così assurdi? .,\-1astodontici colletti di pizzo, giustacuori dorati, immense piume sui cappelli, manti cand1d1 da anuch1 romani, lunghissime calze smai;:lianti, tabarri a drai;:o. Intanto, dagli estremi cornicioni delle vccchi~s1me ca'l.e si rovc1-cia.vano sinuòsamente m1l11in1di colorate strisce, Rosee come bavt, una specie di pcl'lantc tnpudio che si propagava per forza di fermentazione. E benché non facesse gran freddo, dal ciclo cominciava a nevicare, neve strana e lcnt1ss1ma. Anche sul da\'anzale del Lcra se ne fermò un po', e lui constatò che non era propriamente neve, bcnsl tanti pezzettini d1 carta, di forma circolare e d1 \'arie tmte. Carne\·ale •. pensò il governatore nella stanza quieta e protetta. • Che strana cosa!,. Egli se n'era del tutto dimenticato (così credeva) e sebbene non potesse fidarsi più della propria ml!moria a\'eva l'impresi.ione di non averlo mai \·isto da vicino. C:n'intcra vita, si può dire, chiuso nel palazzo fra I hbn, nemico degli altri uomini e delle loro gioie. Ora il carnevale s1 vendicava di lui, smemorato vecchio, e dilagava senza più freno. Per anni dunque la rivolta aveva covato nelle tetre case d1 San Leo, i contadini. gli operai, gli uomini che lo salutavano con pavida sottomissione a\'evano tramato dunque in silenzio, lavorando nei sottoscala a preparare maschere e lumi. Senti il passo di Gioacchino che si avvicmava. Adesso gli darò io una dura lezione a questa gente,, pensò il Lera con rabbia, per un riflusso dell'anuco vigore. E s1 voltò verso la pC1rta. Eccellenza,, annunciò Gioacchmo ansimando, il capitano non l'ho trovato; non c'era nessuno, alla caserma; tutti fuori, non si capisce più niente•· 11 Lera divenne di porpora in volto: E dove sono andati, perdio?,. Dappertutto, li ho cercati,, rispose 11 maggiordomo, • ma non si capisce più mente. Le uniformi le hanno lasciate in caserma, anche i fucili erano al loro pnsto appesi, per le strade non si può quasi più passare, sono tutti diventati matti•· Il governatore si senti invadere da una folle paura. • Bisogna chiamare qualcuno. bisogna!, balbettò. 11 Va a chiamare 1IForni, il ;\-lontagna, chiama I guardacaccia, fatti aiutare dagli altri, sveRliali ! :\fuov111, ti dico, muoviti!,. I I maggiordomo fissava la faccia convulsa del governatore, ma non pareva gran che impressionato. , Sarà fatto, Eccellenza•, disse e si ritirò dalla stanza. 11 Lera fu nuovamente solo mentre le voci dalla strada crescevano sempre più d1 tono. 11 paese risplendeva tutto di luci, le facciate delle ca~e quasi non si distingunano più sotto le cortine di nastri e festoni, il terreno era biancastro per la stranis,1ma neve, turbe caotic:he d1 gente si accavallavano sotto il palazzo, parevano tutti ubriachi, cantavano e suona\"ano chitarroni con grande perizia, c'erano anche molte donne in chiassosi e inver("Cond1costumi, Qualcuno batteva con un oggetto metallico, si sarebbe detto una pignatta, contro il portone d'ingresso. Sgomento, il Leia uscì dalla camera, si avviò a passi precipitosi verso l'altro lato del palazzo, dove dormivano i servi.« Luit.:i! Carlo!- chiamava. • Presto! Luigi!•· Le sue rauche grida risuonavano con vasta squallida eco per le stanze deserte. E nessuno gh rispondeva, Apri finalmente la porta della camera di Luigi e Carlo, i due cocchieri, cercò la chiavetta d_ella luce, accese; ma i letti erano \UOtl . Ora le grida disperate del vecchio si facevano a poco a poco più stanche, divennero un affannoso brontol10, poi tacquero. Tutti lo ave,·ano abbandonato, il palazzo era nmuto vuoto e indifeso, Per un istante egli pensò di scendere a controllare se il portone fosse bene sprangato, non ebbe però il coraggio e si ritirò ancora nella camera da letto. Affiorava, adesso, la speranza che l'alba non fosse ' lontana; gli pareva che atla luce del giorno quell'incubo si sarebbe. dissolto. Jmpro\'visamentc udì. in una sala vicina, uno scoppio di voci. • Sono qoi ,, pensò con orrore, • fra poco entreranno,. ~follo stesso tempo si ricordò di non avere chiuso a chia\'e le porte della camera. Jnvinc1bdc tentazione di guardare lo colse mentre già aveva la mano sulla chiave. In fin dei conti, anche se si fossero accorti di lui, l!:\'rcbbe fatto sempre in tempo arichiudere, e I battenti erano ben robusti, Infatti schiuse lentamente la porta. Vide, nel salone dorato, distese sui divani, qualcuna anche per terra, maneggianti bottiglie grandi e nere, varie persone con abiti insensati e maschere 1n volto; vide pure una piccola donna ch'era, o gli parve, seminuda e aveva scoperta la bocca rossa. BCnché le facce fossero nascoste e le proporzioni dei corpi deformate dai costumi, tutti esprimevano una brutale e festosa scelleratezza, Fece per richiudere, ma gli occhi di una maschera in quell'attimo raggiunsero i suoi e brillarono, come ammiccando. Col cuore in tumulto allora egli serrò il battente e restò con l'orecchio incollato ad ascoltare. « Il vecchio i• sentì esclamare (doveva essere la maschera che lo aveva avvistato). • Un vecchio? Strano!• fece un altro con meraviglia. e Un bellissimo vecchio I • confermò la prima \"OCe.• Non ho mai visto un \'CC• chio cosi bello!,. ~ Facciamolo venire qui I, gridò la donna con entusiasmo, , Non viene•, djsse la prima voce. • Li conosco, io, questi tipi di vecchi; sono pieni d1 ritegno•· • Bene•, propose la donna,• se non viene lui, andiamo noi a vedere•. Il Lcra indietreggiò tremando. Venivano ad sunmnzarlo, pensò, ma perché quella stupida commedia? Poi gli venne in mente di aver dimenticato, nell'agitazione, di far Rlrare la chiave; e non faceva più ìn tempo. La maniglia girò, la porta dolcemente si apri; e a passi gentili si fece avanti la donna, d1 una bellezza laida e sfrenata, poi gli allri, una decina in tutto, sempre con le bottiglie in mano. penetrarono nella stanza. Buona sera!• fece uno, il più alto di tutti, che aveva un costume rosso attillato, un gigantesco colletto bianco, un mostruoso nasone candido come neve. Buona sera! buona sera!• fecero gli altri cortei;ementc m coro. • Via di qui!• gridò il vecchio con le ult1me forze. • Qui è la casa del governatore! Immediatamente fuori da questa casa!,. Bravo!• gl~ rispose senza csitazicne la ma,chera in rosso con sincero elogio. Bravo governatore! L'ho detto•, aggiunse rivolto ai compagni, •è più in gamba di tutti noi,. Il Lera si senti perduto e si accasciò d1 schianto su una poltrona. I suoi occhi cerCa\·ano le mani delle maschere, se stringesscrr., pistole oppure pugnali. Ma per ora le armi entno tenute nascoste. Signor vecchio, amico nostro carissimo, o eccellenza. se preferite•• disse una maschera grassissima travestita dn gufo, io propongo d1 passare tutti d1 là che c'è più posto e p11'.1luce•. Voi mi usate maudita violenza!• rispose 11Lera, • e io sono debole e vecchio! :\la fr.i. poco, se Dio vuole, sarà giorno e VOI. .. •. Sarà giorno?• interruppe stupito 11caporione vesrno 1n rosso. Che cosa vuoi dire>•. Questa p:i.n·c al Lcra una allusione a.Ila sua smemoratezza senile. • Tu ti prendi beffe dt mc e sci un vigliacco I, fece, irrigidendosi sulla poltro~ na. (Ma come aveva potuto capire, quell'abb,et!O figuro, si domandò, che la sua memoria avc\'a cominciato a svanire? Che fosse Gioacchino travestito? Eppure la voce non era la sua). T1 do parola,, ribattè la maschera con inatteso tono remissivo. • Mai mi è venuto il pensiero di offenderti. Ti giuro che non lo so proprio•· N'on lo sai che cosa?,. Il giorno. Hai detto che fra poco sarà giorno, no? Ma che cosa vuol dire giorno, nobile vecchio?•· 11 Lcra tacque, chiuso nel superstite orgoglio. :\la perché le maschere s1 erano di colpo ammutolite, come per l'ombra tristé' d1 un pensiero? Chi era dunque quella ma~nada? Da quale ignota terra era giunta, da quali abissi? • T1 giuro•, npet~ la maschera ostinata. lo non voglio provocarti, o vecchio ma che cosa intendevi dire?,. ' Pareva che la parola giorno, avesse

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