Omnibus - anno II - n.28 - 9 luglio 1938

"" - • • .J • u - -- ( PALCHETRTOI MAN) I ~ll~il~~ U I SONO delle facce che ispirano fi- '1 ducia. Alla signo1 a Titina Dc Filippo iffidcremmo il nostro libretto degli a._..,cgni, le nostre poliuc di as- ,.icur,\i:imw. i nostri beni mobili e quc-1li immobili; !)C li avc ..s.imo. li suo vbo largo e tranquillo,. la sua espressione ca ..alinga. il .,uo wrriso che viene fuori il malincuore come un lusw d1 cui una pcr ..o. n.l dabbene non deve abus.1rc, il suo !)g:uardo d.1 chioccia, lento e "ospetto,o, quel MIO aspettar pericoli d,t ogni pJ.rtc e quel suo c:>..,crc,;cmprc pronta ad ,1.ffrontarli, c~rcitano 'iU di noi una profonda -.uggtstionc. Questa attrice che pa,scggi,t sulla scena con la comPostcu.a di un pos..,idcntc che p.1,,<,•ggt.1 nel proprio orto, e ~tacca le foglioline morte. 'w<"llc le gramignc, raddriaa i r,tmicclli, a,volgc .\I :,0:,tcgno le "pire dei fagioli, c'i~pir.1 l.1 confidenza l' a,,it•mc l'indefinibile imbarauo delle pc::-,one che ci hanno vi:,to na.,ccre, che ci h,mno tenuti in braccio quando cra,.uno in fasce e le nolltrç l;;1bbra odoravano di l.tttè. Soli con lei non "aprl'mmo che dirci, come fra parenti ~trt•tti:,:,imi e con i quali vivi,\mo da quando siamo al mondo. Quale potere di cvocationc hanno i caratteri altrui wl no,.,tro pa,~.ato? L'a:,pctto della signora Titina Dc Filippo, il suo comportam(·nto, la sua voce, hanno l..1 o~cura facoltà di far rivivere, ora l'u• no ora l'altro, i fatti più memor,tbili dell.1 nostra infanzia. Lei prc--cnte sul-. la :,cena, ci ritroviamo nel corso delle nostre bron,hitcllc annuali, quando, purgati, e co:,tretti al digiuno, sognavamo la bistecca con le patatine come la più grande delle felicità. E pur nella pc-nombra di quel mondo remoto, vediamo la signora Dc Filippo che ora china la guancia sull'cmpiastrino fumante a fine di provarne il calorc 1 ora sforna trionfalmente un ciambcllone odoroso di zucchero vanigliato e dorato comr i pc.:zi del tesoro degli Atridi di,;;sepolti da Schlic:mann, ora C'i intrattiene interminabilmente e ci conduce piauo piano al sonno, alternando favole e lezioni di cose. Una sola stonatura nell'accordo perfetto di quellta attrice: 11 nome. Viziato oltre ,t tutto da una c.:anzonetta di triste memoria, il nome Titina non kga con lo stile di quc~tJ donna profondamente domestica e seria, alla quale convçrl"\.'bbc chiamars: Amali<t o Clementina. L'uomo somiglia al proprio nome, come la moglie al marito. il cane al cacciatore. Talvolta però le parti si in\'crtono ed è il nome che finisce col wmigliarc al padrone. Benché rari,!>imo, que,to ca- ~ avverrà alla signora Titina Oc Filippo. Quanti modi <:i sono di praticare la critica dram.m.i.ti(a? Lno llOlo: qucuo. Con quanto abbi,uno detto della signora Dc Filippo, una volta ancora ammirat.t t.·d applaudit;.t da noi ali,, \U.t ~rat.i d'onore nella parte di Emilia in Uri povero ragouo, abbiamo determinate le prrci,c qualità cli questa attrice, approfondito il ... uo car .,.ttcrc: e non 'iOlo di ki. m.t anche clt.•i ,uoi valoro,i fr.ttelli, Edo.1rdo <' P<·ppino. Gli attnri ddormati d,,I m<·,tit.·re ripu~n.1no romc fanta,mi non ,rncor,\ lltacrati dal c1davnc. Qu<·llc vcx:i tt·- nutr in .,nho nd na,o e tir.ne fuori a na-.tr i fil.tccio,i, quella baldanz~, inco- ~ci(·ntt· e inopportun,1, quelle fac:·e .,trutte d ...l. cerone ,ulle qu.tli l'« csprc,- ,ionl' dd pt.·r,on.iggio > !-ta. appitcK,tl,1 comt· un cTrotto pronto a cadere: quc- -..ti gli ,pHtacoli trÌ\ti"nni e pic:tmi eh(• d,.:t<'rn1in.tno ciù eh<' altri chiamano il n<htro pt·,,imi,mo. Quale '-0rprc,a f>l'• rù trovaH' attori clw di là d.:tll.t ribalta ,.n. h.1110 l.l d1·11,itù, la gr.,vità, L1 di- ~nit;'1 dl'lla CH'atura umana! Quc,tJ la qualit.:·, maggiore dei D,· Filippo. Edoardo è « un uomo >. Peppino è « un uomo>. Titiru è ..e un,t donn.t >. I quJ.- li l'."ontiuu.:mo .,ulJa. ,rrna la fatalità ddla vit,t, e che '-f'lll,l r.i,.,chiaturc né ripulinwnti p<>'-,iamo ritrovare fuori df'lla .,cc:na. Edoardo come c:apitano di mJn•. o agente di cambio, o direttore d'c,n lw~1ra; Pt•ppino comf' ,rmalc di automobili o ~uonatore di fl.luto; Ti~ tina come- inkrmicra della Croc.t.· Ro•.• sa o diC'nt1· di ~1ontccatini. Con ne'>- """ altro t·ome (On i Dc .Filippo, i rapp<>rti fr.i attori e ,p<-ttatori :-ono altrettanto famili~tri. L.1 pureaa di qur.,ti .attori. JJ loro naturalc.na contra..,tano eon l'a, \'i1✓.im1•nto e l'artificio dcg"li altri, conu· I<' i;uanc-t· ro"cc <' paffute dc-I hirnho c-onlra,.,t,mo con le gote cave 1• gli zi~omi ,porgenti ddl'uomo di,-.ug,1to dai vili. .\ dH· ci.,fri\;fW qut•<,t;i purL·tza dt'i Dc· Filippo, questa naturakna? All.1 loro qualità di napokt.mi. La òviltà rnt·C'Gu11r.t -.i -.ta affani.mdo ,,ppc·n:1 ,ui Campi Flt·Krci, non ha fatto in tempo anc:o,a ~1 bruciare l'autenticità. !·: «m ,·i\'(> allamll' dunque· fhC noi vediamo i Dc· filippo dare anche loro nel « ;\ovcccnto », ~e non come recit4zionr ancora, come .tbiti e come dccorazion(' di ..cena: quel « ).l'o\'CCcnto > eh<", come- Attila, là ove pa,.,.,a l'c•rba nc:n !ipunta più. ALBERTO SAVlNlO I (l l SIAMO TROVATI a dover passa~ ILJ re qualche giorno in una città di mare, non molto grande, ma abbastanu perché un certo numero di persone vi abbia traffici e occupazioni: uomini d1marma, per lo più, naviganti, armatori e cosl via. Tutta gente che, per varie e compii~ cate ragioni di opportunità, di pesca, di stagioni, non vive tutto l'anno in questa città, ma ci passa solo un certo numero d1 mesi, e, anche in quel periodo, non sta mai ferma a lungo. Succede cosi che le loro mogh, quando li accompagnano, restano per lo più sole, ma non ne soffrono troppo, si conoscono tutte fra loro e, come si suol dire, si fanno • buona compagnia •. 'E nata cosi la Pensione Bellavista•, particolarmente mdicata, dicono le cartoline-riclom~, per signore sole: bellissime cartoline, che riproducono il tetto della pensione, o, meglio, 11 roof-garden, con tavolini, ombrelloni, e numerosi camerieri in giacca bianca. Eravamo proprio convinti dt a\'Cr scoperto un posticino delizioso, e c1 andammo pieni di fiducia: spera\·amo una ridente villetta, e fummo leggermente delusi quando ci tro\·ammo di fronte a un casone d1 otto piani, e la Pensione Bcllaùsta • s.tava proprio in cima (centesimi 40 al portiere, per uso dcli' ascensore). :\la di sopra, in un'an11camera arredata con panoplie orientah e vasi tipo Savona, ci venne incontro il signor barone•, uomo veramente elegante, con gilé bianco e barba grigia, il quale ci baciò la mano assicurandoci dì essere onorato. Poi, con pa<1socfa.stico e giovanile, che doveva rivelare chiaramente l'antico ufficiale di cavalleria, e solo ragiont familiari gh avevano impedito di dedicarsi a questa carriera, ci precedette lungo il corridoio, stretto, a svolte, con numerose porte: ogni tanto se ne apriva una, e si affacciava una donna, generalmente spcttmata ed in vestaglia; il barone le afferrava rapidamente una mano, baciandola con dnozione, lei gh lancian due parolette scherzose, poi s'ingolfava in un'altra stanza, da cui subito partivano piccoli gridi e risate. Arrivammo così alla camera a noi dei.tinata: un vero nido•. C'era per esempio una teletta infiocchettata, con il gonnellino bianco, un po' sgualcito, ma or~ nato di nastn rosa, un armadione lltilc Novecento, ed una specie di divano basso, coperto d1 uno scialle di Ternò, che permetten d1 riccYere le amiche•. :--:oici guardavamo intorno disorientati j i prospetti promettevano infatti hl camera col bagno, in\'ece il bagno mancava, ma li barone reagì subito, bonario e quasi scandalizzato: Cosa Jice mai, questa non è una pensione, ma una grande famiglia, il bagno serve per tutti; venga a vedere, tutto è sistemato splendidamente!,. Ci riportò nel corridoio, dove 111• contrammo un'altra signora, in pigiama • ~ i ~~ • ' ·, , .,.,... ._ . I . I -•"' .,_ \ ,.-,.. , .. --~ .~ .• ,. .(· ~-<~ r ~ ~ l w ' .. . " BOK.l . 81 1ptt1 eh qa.HU 1plndida q11ia.ta1aiteoe11tuca, IDVia dei 0.rehl, non nnga ahbutcta cinese, con cappotto lllport sulle spalle, ed il barone le baciò con una certa galanteria il polso sinistro. Entrammo nel bagno: c'erano forse trenta ganci che reggevano gli asciugamani, cd ogni gancio era incoronato da un biglietto da visita: cosi si sapeva subito che il macramt rosa apparteneva alla signora Porchcddu, e quello macchiato di rossetto alla • signora del comm. Giuliani»; anche le saponette erano ben distinte, e c'era perfino una lavagna su cui stava scritto il turno dei bagni. Il barone, accennando i flaconcini e le scatolette di crema negligentemente schic~ ratt nel vano della finestra, diceva com• mosso che tutto qui era prova dell'unione fraterna. Avevamo appena cominciato a disfare la valigia, rammaricandoci di non possedere niente d, cinese, quando la porta si aprì, e comparve una donna giovane tn babbucce dorate, ed un fazzoletto legato intorno al capo. Si può? Si può?• disse con tono ingem,10 ed affettuoso, e ci offd il suo aiuto. La signora sedette sul letto, incrociò le gambe, chiese una sigaretta, inarcò le sopracciglia quando seppe che non fumiamo, e; cominciò a raccontarci.di essere, in fondo, un'incompresa, un'infelice, di nascondere, sotto un'apparenza gaia ed eternamente amabile, dei dolori quali poche donne conoscono, :\·1entre ci guarda\·a tirare fuori le nostre scarpe piatte, e le nostre giacche maschili, sorridendoci con dolce compassione, alterm,va i consigli di guardaroba alle confidenze intime, spiegandoci i difetti d1 suo marito e la necessità di comperarci un cappellino di nlo. ~oi ci vergognavamo, in un certo senso, avremmo voluto far sparire le nostre cose in un profondissimo cassetto, e anche saperci c-omrnuovere su una narrazione cosi interes.sante: la fiducia della nostra nuova amica ci pareva cosa rara e preziosa. Venne intanto l'ora del pranzo, diversi gong cominciarono a suonare, e la signora ci condusse verso il salottino, dove la marchesa ci aspettava. Donna impo• nente, certo la marchesa doveva aver cantato Tosti, cd esser stata modernissima; ora vestiva di stoffe stampate e svolazzanu e portava al collo numerose collane di perle montate su un filo un poco sporco, Lei e il barone s1 trattavano con molte 1 cerimomc, r mio caro barone•, r amica mia•· A tavola si parlava d1mondanità, et• ncmatografo, viaggi, e ~dndo uno dei piatti appariva p~o;tico.larmente perfido, la marchesa, con l'ana d1 una t11/ont terriblt, diceva: Caro barone, abbiate pazienza, ma questa purea proprio non mi piace I•. Allora 11barone, chiamandoci con gli oc• chi a testimoni della dolce stravaganza della rnarchesa, le rispondeva: • Ma cara d~nna Clelia, io la trovo squtiital Prendetene un altro pochetto I . E celiando graziosamente si superò purea, bistecchine, e perfino le pallide ciliege, che pa• recchie signore si appesero, con alte risatine, alle orecchie mentre la nostra amica se ne faceva una specie di ghirlandina. Finito il pranzo, si passò sul terrazzo, che veramente era un poco più piccolo di quel che appariva sulla cartolina-ric/ar,u, e anche i camerieri mancavano; in compenso c'erano gli ombrelloni. Si aspettavano, per l'indomani, tre o quattro mariti, e si parlava di loro in un tono collettivo cd affettuoso, da far supporre che anche in questo le signore fossero affiatate e generose. Ma la nostra amica, fumando nervosamente, disse che per lei tutto era triste e vano. La marchesa le fece coraggio, una grossa bruna con baffetti mormorò: • Ti capisco•, e cominciò a raccontarci della delusione provata quando, sposina sedicenne ... Faceva molto caldo, sul terrazzo; il cielo nero era annuvolato e greve, il ba• rone fumava il suo sigaro, e le signore, chi giocando con i riccioli, chi sedendo alla turca, raccontavano i casi loro: noi \'eramentc ne cravdmo un poco addolorati perché nel po1neriggio quelle confidenze c1 eran parse belle e rare, ora vedevamo che qui davano 11 tono alla casa, e poi proprio oavanti a tante tragedie sentimentali e coniugali la nO!ttra vita ci pareva scialba e piatta, e, posto che trovassimo il coraggio di aprir bocca, non aHemmo proprio saputo cosa dire. Ci fu perfino chi si mise a piangere; il baro• ne paternamente mormorava: • Bambine, bambine! -e la marchesa propose d1 far venire i coni gelati dal gelatiere del pianterreno. Infine, una signora giovanis~ima, magra magra, con le occhiaia profonde, cominciò a smaniare, che suo marito non ave\'a delicatezza, era un rude. un grande fanciullo, e strappava il fazzoletto con 1 denti, si torceva le mani. La marchesa l'accompagnò di là, e dopo poco si senti in aria l'odor della melissa, Ci dissero poi che questa signora aveva una crisi ogni sera. Comunque, si decise d1 andare a dormire. Allora cominciò la passeggiata per il corridoio, chi and:n·a in bagno a lavarsi I denu, e ritompariva con spazzolino m mani e sbaffo di dentifricio sul mento, chi chiamava un'amica per farsi appuntare I diavoletti net capelli, chi continuava il massaggio facciale chiacch1e~ rando sull'uscio. Si faceva un gran par• lare di calze da lavare, da rammendare, di biancheria e di turni settimanali per il bagno: ma con una certa boria ed eleganza, di donne abituate all'esistenza cosmopoltta, a1viaggi, ai soggiorni nei grandi alberght. E nello stesso tr.mpo, tutte SI abbandonavano, brutte, affiosciate, senza busto né rossetto, ma con creme e maschere che dovcvan preparare loro una bellezza per l'indomani, per l'arrivo dei Durante la notte, venne 11temporale, e le signore strillavano: Che paura, che paura I•· Poi, per farsi coraggio, dormi• rono a tre a tre in ogni letto, e g1ud1• carono molto male noi, che eravamo ri• masti nella nostra stanza; cosl, all'indo• mani, Cl parve meglio partire, IRENE BRIN (fot, Om11ibu) ~~<'.:Ùa DEL VANTAGGIO FRA palau_o .Madama e la Sapienca, sorzeva fino o un anno fa il pola«o Carpeina t:he, ollre ad essere di bellissime propor{.ioni oll'eslemo, ero all'interno ma1nificamente a6rut:alo; diviso dal Senato e dall'Università da due vicoletti. Un bel 1iorno pala«o Carpegna fu abbattuto, non Ji Ja per quale ra1ione ,· e solo allord t:i si oct:orse t:he lo spa{io zuoda• znato da quella demoli,eione verJo la pia{• {.ella di Sant'Eustachio, restava szrat.itJta• mente o imbuto. Ozgi t:i si act:ortt t:ht l'edificio abbattuto era un piccolo capolavoro, t:ome s'usa dire, urbani.stico; infotll mumava con molta elezan{.a quello tpaòo a lrapetio. Ma purtroppo i capi della nostra edili(.ia a1iuono cal metodo Jperimentale. Sono pronti ad abbattere un palauo solo per scoprire se il terreno Ju t:ui tra costruito è seruibile. Di/alti, passando da piat.t.a Sant'Eustacltio, i facil~ vedere una enorme quinta di 1esso appo1zia1a alla /i.finerua. Pare una zrtrn /ella di panettone zessoJo. Stgno tutto questo t:ht zli architetti, ant:ora incerti, m,nno facendo le p,oue per la sistemat.1one di Roma comt se Ji tralloJSe di uno suna• 110 di film Per quel che ,izuorda palau.o Corpe1na, tli art:h11tlli non sanno t:omt risolvere i danni che tui Jtessi hanno po,- lato al luogo, e ptr non ,icost,uire ciò che hanno abbattuto, lenlano varianti che sempre fini.scono col mostrarsi n·dicoli ripitlhi Da qualt:he anno, a Roma, è invalso l'uso df c. fare lt prove edili{.ie >. Di tanto in tanto s'incontra una colonna o una quinta o un arco o un t:ornicione di gesso nà luothi più diversi della <illà (ad esempio, nel e vuoto> Jell'Au1usteo, nei pressi di San Pietro, in piat.{a {anardelli .). Non sono che la prova dell'inceru«a, dtll'iznoran{.a, dtlla uarsa u1pacità artistica, dtlla neuuna fantau'a dei nostri architetti, i quali hanno bisozno di vedere, in una quinta teatrale, t:iò cht non riescono a t:oncepire con la mtnlt. Il pezzi o è che non si vedono prove d, architttture fantaJtiehe alla Bibìena, ma mistri tltmenti che zià sullo 1:0110mOslrano lo loro povtrtd ,\fa la uarso fantasia che conduce i ,10• Jtri art:hitetti a /ore la brutlacopia prima di t:ostru1re una caJa, rivela Jocilmtntt la poca sicureuo del mestiere t dell'animo. Non che essi abbiano uno stile da irnporrt, ma l'hanno ancoro da uoprire durante il loro lavoro. E poiché non lo trovano, ri- <orrono o compromessi dell'antico col modnno, dell' '800 t:ol 1900, del Liberty 1:oi raàonale, dtfl'archeologìt:o 1:olrutilitonsmo. IL VE.1/1 O che si ltva Ju Roma, nellt prime ore del pomerixgio, è una delle risone dttla città. Ma tli abitanti d'uno 1;1uta zona delta àttà, t:omp,esa fra piauo Ra.fuuulana e piauo Ven<{.1a, fra piau_a Vtne{Ìo e il Gianicolo, lo attendono con apprensione. Appena il t:tnto leva, uno strano ltt.l.O pert:orre le vie, entra nelle <ate. Un odore acuto di putrefoòont. Deu~ tractorri sicuram~nte di qualche marrano, di qual, h, concia, di qualche induJtria oltaria Non dovrtbb'essere difficile t:ondurrt un'indagine per uop,ire {'Qri11ne di questo diJtu,bo cillad1no; a noi interessa JOltanto rilevare come una parte non eJigua della città sia percorsa ozni sera, fino a tarda ora, da ques,o Jltanissimo leuo. MASSIMINO ( ILSORCNIOELVIOLINO 1! 1t1tà~~!~ IDl:I VB.N'i"lMl-tA i))OCHI anni fa, a Parigi, c'era un sarto I" it:1liano d'una bravura straord.inaria, conosciuto da tutti: giovane, ricco, e d'una eleganza sbarazzina, Era un sarto eccezionale. Kon prendeva misure, non portava il metro a fouucci.1 m tasca o sulla manicu come gli altn suoi colleghi, non lo vede,·i mai lavorare col gesso in mano e il mazzetto degli spilli fra le labbra. Ave\'a il colpo d'occhio: guar<la\'a il soggetto per la stradu, al caffo, e tagliava il vestito a memoria. Taglia\·a con un giro di forbice lungo e continuo, a occhi chiusi, come ispirato. Amico di tutti gli artisti di :\lontparnasse, e specialmente dei pittori gio\·ani e sconosciuti, li rivestiva da capo a piedi come nababbi, in cambio di qualche teluccia o schizzo fresco che essi firmavano lì per lì col pennello. Cosl U\'C\'a messo insieme una curiosa galleria di più di duecento quadri, di diverso valore e interesse. Non contento della sua superba galleria, un bel giorno gli saltò in mente d1 fondare una rivista teatrale. L'n ghiribizzo da mecenate quale era. Mi chiese un articolo per il primo numero, contro un , completQ, da passeggio .. Andai per la prova da lui in sartoria. Tirò fuori dagli scaffiillt una bella pezza scura e leggera, e mc la buttò di volo sulla testa, come il prestigiatore dinanzi al p'ubblico quando fo sparire il compare nel trabocchetto. I,,a stoffa mi cadde addosso, a larghe pieghe, fino sui piedi. Stavo lì sotto, immobile, nascosto come la Sibilla sotto i veli, sul punto di far la profezia, ma :ion parlavo un corno, non vedevo più niente, annusavo l'odore gradevole del mio futuro vestito. Lui, invece, l'uomo prodigio, mi vedeva a traverso il tessuto, mi m.iwrava in lungo e in largo, giacca, gild e pantaloni, indovinava la linea e la foggia comoda e attillata dell'abito con un colpo d'occhio infallibile. Insomma, era l'• intuizione• in persona. Se insisto tanto a descrivere questo sarto benefattore e indovino, è perché sono convinto che, per risolvere caso per caso il nuovo problema del teatro all'aperto, ci vuole un tipo di questa fatta, una specie di taumaturgo che riveli d'acchito il luo~ go adatto, con tutte le sue condizioni favorevoli: un tipo che senza bisoano d.i sopraluoghi, di misure e d1 assaggi, semplicemente con un dito sulla carta geogr.tfica, sceglie e ci mostra il punto acustico e vittorioso, come se si trattasse di scegliere il campo di battaglia. Soltanto con l'intuizione si trova il giusto collocamento d'un teatro all'aperto, fra le rovine, in campagn.t, sulle acque di un lago o d'un fiume; insomma non importa do\'e. Bisogna coprir la località con uno sguar• do che traversa la realtà, e vi sovrappone un palcoscenico, e tutta la sfera fantastica di luci, di voci e di suoni, che ferve intorno a un teatro pubblico. t;n teatro di masse. Alle Tenne d1 Caracalla, forse. Se non si è ancora raggiunta la formula definitiva di questo teatro all'aperto, si è trovato qualcosa d1 nascosto, insospettato e magnifico, nel sistemare il terreno, nel \'Uotare sotto la scena, per fare la cassa armonica: le quattro i;:allcrie parallele delle antiche tenne e quella circolare, che erano sepolte da un terrapieno da quasi diciotto secoli. Sgombrate di ventimila metri cubi di terra, restaurate e 1llummate in modo adatto, aperte al pubblico e alk automob1li, questi passaggi romani cosrnuiscono l'accesso ·sotterraneo del teatro all'aperto, la sorpresa più sbalorditiva che I romani, accorsi in \'Cnt1mila, pote5scro aspettaui. Poi, lungo due capi di scale, :,i usciva fuori, fim come le formiche, a ri\'eder le stelle. Se que!tte terme ai Caracalla siano 11 po:,to ideale per glt spettacoli all'aperto, non sapremmo ancora dire. In queste faccende dell'Opera linea all'aria aperta, tutto dipende dal \'ento, come nella na\'igazione a vela. S, possono avere recite ventilate, serate limpide e una acustica perfetta, delie Gi<Jcondc sotto vento, dei Pllgliacci al riparo, per così dire, co~ me si può avere un Ahfistoftle squassato dal ciclone, o un Lohcngn·,r alla deriva come uno straccio, lai;sù nt.•11,, !ltratosfcra. C'è diffcrcna d1 clima e di tempo da un giorno all'altro, e il ri!>ultato musicale cambia da sera a sera. Ogni esperienza dd genere subisce oscillazioni prima d, cen• tra1si e di affermarsi del tutto. Esempio: la basilica d1 Massenzio, che ormai si e conquistata stabilmente la sua a1.;ust1calocale propria, un'acustica delicata e rnirabilr. Non "'ha dubbio che un luogo simile, le tenne di Carncalla, esige delle archi• tenure. Accettiamo quelle ventnnila sedie e gli scenari d1 carta, senza parlarne, "isto che non c'è modo di far meglio di cosi. Ma fin d'ora si può dire che questo immenso e sfolgorante teatro sarà la calamua, la gemma delle notti romane. In questa ultima settimaila, hanno già rappre5entato la Gioconda, e il .\./tfistufele, dirette rispettivamente dai mai.:stri Bcllena e dc Fabritiis, con un succes1;.o continuo e clamoroso. BRUNO BARILLI LEO LONGAl\ESI - Direttore responsabile, ~,à r• -:,.;·- - - RlZl.01.1 & <. \n. pn~, . \I Rll'ROl>ll.J0:-;1 E",Et,l·-tiif'"~ ~, u ~·orot,IUFK0 "tERR.\\;I,\ •.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==