( PALCHETRTOI MAH) I Jlffiiai~& D!!lli:B FESWE if NOSTRI lettori sanno molte cose, ma li ·orse ignorano come si fanno le eone degli scarafag~i. Dipinti ciascuno con un colore diverso e contrassegnati coi numeri di serie, gli S<"arafaggi sono chiusi dentro una casetta di legno. Davanti a questa si apre la pista, terminata al traguardo da una lampada molto forte. Al segnale dello starter la porticina della casetta si apre, e gli scarafaggi si mettono a correre tutti assieme verso la luce, cercando di superarsi a vicenda. L'influenza di Franz Kafka è dunque così grande? All'Arena delle Feste testè inaugurata con uno spettacolo di v~rietà ci hanno scambiati per scarafaggi, e anzi per scarafog~i da corsa. La scena ogni tanto si abbuiava, e nello stesso istante si accendeva alla ribalta una luce potentissima, che ci attirava irresistibilmente e c'invitava a una corsa podistica fra spettatori. L'uso di abbagliart: gli spettatori per nascondere i cambiamt:nti di scena è una delle invenzioni più geniali della cosiddetta , scenotecnica•. Perché non stordirli addirittura con qualche gas? Se Goethe si trovasse a godere anche lui dei nostri scenotecnici, maledirebbe il momento in cui ha invocato • m~l,r Lacht•. Il Novecento non è riuscito finora a diventare una forma di civiltà. Se avesse quest'ambizione, dovrebbe obbedire anzitutto al primo postulato di ogni civiltà, che è di eliminare il fastidio. ~la denudato del sadismo e della tristezza, che rimarebbe del Novecento? Quando la ribalta si spegneva e i nostri occhi cominciavano a rimettersi dagli effetti di quel tentativo di accecamento, potevamo assaporare i •numeri• della rivista di Charlie R1vels, tra i quali quelli buoni non mancavano. Ma perché intitolare una rivista: Primo spettacolo di fantasie musicali nella t.'aligia di Charlit Rivds? Un titolo di questo genere respinge anche lo spettatore più temerario. La nostra ,·ita ormai è come quei transatlantici di grande stazza, che posano su due e anche tre onde dell'oceano. Rammentiamo perciò il tempo in cui il varietà italiano viveva di vita propria, di una sua propria fantasia, di una sua propria grazia; che più? di una sua propria commozione. Come nelle altre parti dell'arte, mancanza di autenticità e ambizioni sbagliate tolgono al varietà italia-no calorr e felicità di vita. Anche i• numeri• di ,arietà vanno estratti dalla terra assieme con tutte le radici. Rievochiamo le grandi ombre di Scarpetta, di Cavana, di Cuttica. Rievochiamo non l'ombra, ma il ricordo di Brugnoletto, che fioriva nei varietà di seconda categoria intorno al 1 920. Brugnoletto era un creatore. La sua straordinaria vitalità trasformava la scena in un cosmo in formazione. E quando la folla in ultimo lo acclamava come un demiurgo, Brugnoletto, raggiante di gioia e grondante di sudore, entrava nelle quinte e usciva immediatamente a ringraziare, con un pupo colossale per braccio, ch'erano i suoi due bambini. 11 popolo stesso creava il proprio divertimento, la propria fantasia, la propria gioia attraverso la genialità, i gesti, la voce di Brugnoletto. Eppure Brugnoletto non è salito neppure ai varietà di prima categoria: è sceso a quelli di tena, di quarta, di quinta; e tre anni fa lo abbiamo rivisto a Torino, in un cinematografucc10 di Porta Palazzo. Cantò una canzone che nessuno capì, con una voce da carta vetrata consumatissima, poi se ne andò a pigliare il tram, solo, sono la pioggia. Gli mancm,;a l'~l~ganza NotJ~u-nto. A aos,ituire i Brugnolem, sono rimaste certe indefinibili creature che stringono il nuo per parlare americano, e fanno crepitare le claquttUs con un movimento monotono, insistente, dispettoso, che vince le dispnee più recalcitranti e piomba lo spettatore in letargo. Il pubblico guarda quec;te tremolanti creature, guarda le carioche ballate dalle girli platinate, guarda le danze scattanti e isteriche venute a noi dai teatri della Kurfùrstcndamm, e si annoia. Perché non ritrova in questi spettacoli i propri gusti, il proprio spirito, la propria anima. Charlie Rivels ha irresistibili mezzi di comicità e le sue trovate strappano le risa. L'mtero spettacolo del resto è allestito con molta cura. Ma perché chiamare Arena un teatro destinato al varietà, e rievocare scene di circo e leoni che dilaniano vergini e martiri? Mentre ci avviavamo all'uscita, l'ombra del vecchio varietà italiano affiorò sulla parete nuda dell'Arena, stette un po' a guardarci con malinconia, poi sparì e la parete ntornò nuda ... Nuda. ALBERTO SAVINIO J \ LETTERA con la quale gli credi &? Caggiano chiedevano la sua opera era lunga e sconclusionata, ma l',wvocato Mazza comprese egualmente che si trattava di una laboriosa divic;ione d'eredità, e che, prima di procedere per vie lei::ali contro lo zio materno e tutore, si voleva tentare una conciliazione, mediante un consiglio di famiglia presieduto dall'avvocato stesso. e: S'io ben ricordo>, disse fra sé Mazza, « i Cagiiano sono ricchissimi latifondi~ti, padroni di enormi tenute nella Terra di Lavoro. Sarà bene accettare il loro invito :t. Pochi giorni dopo, da un treno arroventato dal sole del meriggio, l'avvocato scendeva in una disperata stazioncina polverosa: l'uomo che, come dalla lettera, avrebbe dovuto condurlo dai Caggiano, era sul marciapiede di arrivo, e si affiancò subito al legale. mormorando parole d'ossequio e dicendo che l'automobile attendeva. Iòfatti, la macchina era vicinissima all'uscita, e Mazza, salendovi, ebbe appena il tempo di intravedere un'altra vettura e un uomo che, gli sembrò, si sforzava di offrirgli i suoi servigi: « Concorrcma anche qui >, gli venne fatto di pensare, mentre la macch:na lo portava verso la tenuta. L'av,·ocato non conosceva quella zona, benché da molti anni esercitasse nel vicino capoluogo, ma quando scese nel cortile della fattoria, capì di trovarsi in una vasta proprirtà. Lo frccro accomodare in un salotto tenuto nella penombra per le mosche e per il caldo, e, mentre aspettava gli credi, per darsi un contegno, cc;tras~ dalla busta di cuoio la lettera, si mi'ie gli occhiali, e rilesse, aggrott..·mdo le ciglia, le accuse d'irregolarità ch'erano fatte alla zio tutore. La porta fu aperta, ma non entrò l'intero parentado: apparve soltanto un grosso uomo, dai baffi arricciati, l'aspetto deciso e grave, e un enorme ventre che, ricoperto da una camicia a righe, spuntava tra la cinghia dei pantaloni cascanti e il panciotto teso verso l'alto. Mazza s'alzò in piedi, ma l'altro gli accennò una sedia, si tolse il cappello e, con aria solenne e ispirata, disse: « Jo ringrazio Iddio Altissimo che concede oggi a mc, indegno, l'onore grande d'ospitare nella mia casa un principe del foro, una intelligenza preclara, un uomo giusto e saggio che tra noi viene a portare la sua parola di pace e di sapicn1.a, per la nostra felicità. Commendatore, fatemi la grazia, sedete > Benché abituato alla sontuosità di GIOVANETTA EBREA CHE VtNDE t OERJ PER BAHTA RITA linguaggio della gente della sua regione, Mazza rimase colpito dal tono solenne dell'indirizzo, e ancor più dai gesti teatrali con cui il suo ospite l'aveva accompagnato; nello stesso tempo avvertì come una specie di disagio, ma si sedette. « Non vedo gli altri membri della famiglia>, fccr notare il legale. « Aspettate un momento, verrà la loro ora. Intanto vi voglio dire che, fin dal primo istante che vi ho visto, io vi ho considerato come l'amico più sincero, il fratello migliore, la mia unica speranza e consolazione. La discordia e il malaugurio che regnano nella nostra povera famiglia, fuggiranno dinanzi alla sapienza vostra. Permettetemi che, con cuore sincero. con animo aperto di padre di famiglin, io vi renda edotto di quanto, per la nostra dic;perazione, sta accadendo qui >. « Perdonatemi >, interruppe Mazza, che si sentiva sempre più a disagio, « io sono qui per servirvi, ma nella lettera rra specificato che trattavac;i di un comiglio di famiglia. Per correttezza profc.;sionalc debbo attendere gli altri componenti di questa nobile casa, prima di conforirc con chiunque >. L'ospite socchiuse pesantemente le palpebre: « Commendatore illustre, io vi scongiuro di ascoltarmi, ve ne supplico in ginocchio. Solo la verità », e ,1lzò lo s~uardo e il dito al soffitto, « deve esservi nota, non la calunnia e la maldicenza. lo solo posso dirvi questa immacolata parola :.. Mazza si alzò. « Perdonate la domanda>, disse, e: ma vorrei avere la grazia di sapere con chi ho l'onore d'intrattenermi:.. Quasi cedendo al fato, l'altro si fece conoscere. «Sono>, disse con voce c;o. knnc, « Donato Caricasolc, lo zio di quei figli ingrati 1 di quelle anime offuscate dalla cupidigia, èhe ora cer• cano di ricambiare in vergogna e calunnia le tenerezze e le premure che ho avute per loro>. « Ed io sarei? ... > domandò il legale, con voce cupa, e lo sguardo già irato. « Nella mia povera casa personale >, ammise Caricasolc, crollando la 'testa. « Perdonate l'ard~e, ma la verità una sola strada conosce, una sola deve seguire, cd io v'ho impedito d'ascoltare le inique menzogne di quei figli senza cuore, facendovi salire sulla mia automobile, invece che sulla loro>. L'avvocato non era di carattere dolce, e il suo rapitore se ne accorse presto. « Signore mio :., irruppe- Mazza, con la sua foga curialesca migliore, e acquistando sempre più in focosità: e mi sembra che voi non vi siate reso conto che ciò che avete fatto costituisce un crimine, un delitto che la lcgg:c prevede e punisce con la massima ::.cverità, col rigor:C più grande. Siamo di fronte a un vero e proprio sequestro di persona ottenuto col raggiro, a un atto inconcepibile in un uomo cosciente quale voi siete! Una sola cosa vi posso dire : fatemi uscire di qui immediatamente, o le conse- ~ucnze di quest'atto inconsulto ricadranno su voi >. Caricaso\r c:i ;-i,;pcttava qualcosa del genere. ma rimase egualmente impressionato. « Avvocato illustre>, tentò, « voi siete qui l'ospite pìl1 gradito, più onorato, potete andarvene quando vi piace, ma i~ vi prego, uditemi. I miei nipoti sono gente malvagia, per anni li ho trattati come le pupille di questi o~rhi :t, e con un brutto dito sudicio indicò la parte in que<itionc, e: cd ora a tanta amarczz •. e a tanto strazio mi hanno ridotto,. « Niente! > ribattè Ma1..za, furioso. « Niente poc:w sentire se non son fuori di qui. Coc;e da pazzi! E che, siamo tornati ai tempi del brigante Pizzichicchio o dclb monaca di ~1om:a, che si rapiscono le persone in mezzo .11la strada? Don Donato, una sola cosa vi ripeto: debbo uscire subito da quc.sta c.1sa dove m'avete fatto entrare con l'inganno, o, una volta libero, mi vcdr<'tC tornare coi carabinieri ». L'avvocato si accorse che le sue proteste facevano effetto, e rincarò la do- \l': il suo ospite insistette- un po', ma con minor convinzione, ripetendo sempre le stesse cose, poi parve decidersi. « Commendatore mio>, conclu\C. e: non sia mai detto che Donato Caricasole non conosce le leggi dcll'ospitalìtà. Ve ne supplico piangendo, perdonatemi, e se proprio \'Olete andarvene, lasciate che v'apra la porta :t. Sulla soJ,?;lia,mentre Mazza, sempre scuro in volto, saliva sull'automobile, l'omone si inchinò per l'ultima volta. « Ciò che ho detto è vero, lo giuro sulla testa dei figli miei >, ripctè. « Potrete' ora sentire accuse e bugie, ma ricordatevi che se volete vedere un uomo realmente onesto, avvocato mio, non faccio per dire, ma eccolo qua> e si picchiò con la mano aperta 'sullo stomaco. Mentre l'auto lo riconduceva verso il paese, Mazza, ancora eccitato, ebbe progetti di vendetta, pen~ di rivolgersi alla questura: ma in breve si calmò del tutto, ripensando che un simile incidente, se reso troppo noto, avrebbe potuto gettare il ridicolo sul suo buon nome professionale. « Meglio lac;ciar perdere >, dic;sc, rac;sercnato, « terremo conto anche di questo nella pan.:clt.1 drgli rrrdi >. MASSIMO ALBERINI ~~40a DEL VANTAGGIO IL PALAZZO cht sori, aJfan1olo dtl cono del Ri",ucimtnto col corJo Vittoria Ema"utle, sard alt.ato d'un piano e moderniu.a10 "ella Jact:Ìalaptrch, /intoni alla pu.rtU,a Jtilistica della nuova arleria. L'uf{rcio per la proter.ione edili1.1anon Ji accor1t cht ciò è molto 1rave. Infatti t'edi1icio, in via d'essere riol,t,atoe ammoderna• to, sto a franco di palat.t.OMastirrioche i una dtllt più belle architeuu.re di Roma. I vecchi architetti, che furono incoricati di costruire corso Vittorio Emanuele, cioè u.na strada che pauasse fra la chie,a del Gesù, Sant'Andrea della Valle, palauo Afauimo, la Ctincelltrfo e la Chiesa Nuova, se non erano delle aquile per la meno erano stati educati al ,ispetto delle arehi1ttture clasticht. Quando poi fu chiamalo a Roma l'tir• chitetto francese Hausmann perch, sistemasse ntfl'antica cittd quella mod6'na, costui diehiarò aptrtamente che Roma era una perfetta cittd e che non poteva essere, come Pariri·, solcata dai irandi boulcvards. La eittd gli appariva come un m,,caniJmo che, st si tocco, si rompe, Comunque i rinnova· menti non mancarono, e dovendosi costrnire corso Viuorio Emanuele, cioè la. strada che conducesse verso tli spltndo,i di •San Pietro, tli architetti incorieati dtil M~,nicipio ,omano lavorarono con 1.elo, accompcgriati da una 1rande p(lura che fu ottima con· Jitliera. Loro cura fu di costruire palat.t.i che "on avessero 1randi appartnU e che, soprattutto, non s'ol,t,aHero oltre gli tdif,ci illuslri che venivano a ttouars, vi,i"i. Cori, accanto a palat.t.OMassimo, si alt.ò soltanto una cos1r111.ionoentsta t p1,1litacht aveva il merilo di passare inouervata. Ma og1i quello stesso palat.t.o sa,à ol<.atod'un piano, rifatto , travestito, per intanarsi, non a vicini più illustri, ma allt "uove coJJrucioni del corso del Rinascimento. A cose fatte, ci Ji ticcorterà poi che il palat.~oMassimo apparirtl più piccolo. 1-VlA le pia,t,t.eromane, qutlla di S4n Pie• tro "on ha l'illumina<.ionenolturna. JJ ttmpio non è 4ssali10 dalle foci taglien1i e crude che fanno apparire di cartone tanti palacti t tante chitse di Roma, Il colonnato e l'obeliJco scompaiono col soprag1iungere della nolU, e di essi non rest4no che le ambre. Afo dopo la diJlrnt.ione della Spina, a uenire dall4 nu.oua via detta della Conciliaào"e, si vede come un bueo nella notte. La ex-piat.t.a Rustìcucci stmbra il campo sperimentale d·un capomoJtro. Poca la genie che ua a passarui la sera; t i ca/• fè, un tempo pitni di tu.risti, o sono siati chiusi o appaiono deserti, con i camerieri asso"nati, che non si sa se atte11~ano un clienle o l'ora di spegnere le luci. C'è anche una piccola trattorie, ma gli auuentori sono rati. E a ehi ama la tranquillità, forse non c'è luoto più. propir.io. Epp,ire non si sta nei coffè dauanti a piaua Sa,1 Pietro con qu.tlta Jicu.re1.1.adi u" tempo. Ci si se.nte.intrusi; sedendoci a un lavoli"o, pare dr disturbare i camerieri. /.,'occhio, guardando le orni/re dello grande pia,t,:a, "on si riposa più: alle spalle ri st!'ntt un ,rande uuoto, e di lalliù 1i1,1n1ono,profani, i rumori della città. MASSIMINO ( ILSORCHIOELVIOLIHO) MABIBIUIZI J l'RATI adiacenti alla 8:\Silica di Mas- .l( ,en7io sono sotto il polverizzatore: un trabiccolo meccanico che gira e- innaffia tomo torno; una pìoggia sottile che sembra sussurrare ai fili d'erba. be, ele, crescete, ma :r.itti, ché• c'è il concerto. Gli !pettatori innumerevoli arrivano tu,ti pochi minuti prima delle nove e meno. Ci sono due o tre ingresJi soltanto, che fan pa~sare la gente col contagorcc. Di qui un'aQ:glomerazionc e un chiasw da far paura. Dietro si spinge ; davanti si vorrebbe tornare indietro. Le maschere impazzite urlano: « Biglietti alla. mano>. insomma, si entra malconci, pC'sti, con qualche bottone ~i mC'nO,o il na10 che gocciola sangue; e la metà del programma è 11tiàpanata. :.Jn carabiniere enorme spicca con un rilievo massiccio e straordinario sul muro romano del\'ahsidc. Nell'ombri\ ha la faccia di fuoco: il bicorno nero e rosso, b. da'2:a a bandoliera: 5j dirrbbe che dietro porti il codino col nastro come i vecchi granatieri del '700. f:: lx-Ilo di colore, cvi• dcnte, fermo, caricato come una pittura di Daumicr. C'n miracolo dd Caso. li pubblico, son parecchie migliaia di persone, forse più di diecimila, acquattate nel buio. A poco a poco l'occhio si abitua a di* stingucre sii astanti uno per uno. Quan• d'rcco, cosa incredibik, tutta la. gt'nte in• forca man mano gli occhiali, gli ocdliali a. stanghetta; perché? For,e per udir me- 'l:lio la musica, Son filr complete di spettatori che ricorrono lutti insiem(' a questo inesplicabile c,p.-d1t'11te,senza batter ciglio: c'è da rimaner sb:ilorditi. Non si sa più in quale età si è. Questo va e vieni delle epoche che la muiica (o. menta, questa mobilità dei ricordi, questi trasferimenti nt'J tcmpo, queste tra!parcntt' dcll'antichit.à., ci ingannano e ci rapiscono a ogni passo. Qua e là sparsi sulla ghiaietta in un angolo morto ai piedi della Basilica, o appog• giati obliquamente ai muri, i sarcofaghi dei contrabbassi. Aprirli e andarci dentro a dormire, di nascosto, sarebbe un'idea. t fon~ il chiaro-scuro di questo convegno affollato d'ombre cinesi e mìstcriofO quanto mai che crea di queJtc fantasie, di questi capricci teatrali e pueriU da Mille e una notte. Anche le casse dei violoncelli buttate là a terra, sembrano i bambini della colossale famiglia dei baui. Queste cose, ~endarmi, cusoni, ruderi e ciclo pieno di stelli", ci dànno, drl concerto, una no:tìone pittorica che la mmica non ;,uò dare. Ai margini dtlla folla alcuni senta posto girano cautamente, raecolt1, posando i piedi sulla ghiaietta con mille riguardi per non infastidire chi sta a sentire l'orchestra. Anch'io \'ado passeggiando come un'anima in prna sulla punta dei pirdi intorno a questa marca prosternata netle tenebre come una folla di martiri cristiani. E ho proprio l'imprc,sione chr si:ino dei veri cristiani di diciotto secoli fa qudli che in questo momento vanno fischiando l'opera Paci{rc di Honeggcr. La T er<.a di Beethoven è cosl lunga, che c'è tempo di pensare alla vita e alla salute eterna, e di convertirsi magari al das-- ticismo, data la strana suggrstionc del luogo, e della scena, che una macchina da presa dovrebbe girare per maggior sloria del cinell)atografo. Visioni notturne e mu5icali simili a queste sarebbero drl tutto nuove allo schermo Gino Marinuni diresse l'intero programma con calore, forza e talento senza eguali. La iua folti11ima zazzera, nera sotto, bianca sopra, come un grosso fiocco da cipria, s·accordava a meraviglia al •uo profilo ge• niale e delicato da grande musicista. E quando scuoteva la testa cosl giovanile e ardente avresti detto che la polvere di riso dovesse piovtrc sulle sue spalle ; invece sono gli anni a fargli una chioma così sin• golare: bianca di fuori, e sotto nera co• mc la pece. Dopo una sinfonia di Donizetti, e la T erta di Beethoven, s,.guita da un pezzo di Albeniz, e da Paci{rc di Honcggcr, il bel concerto si chiuse fra le acclamazioni frenetiche col e Vencrdl Santo> del Parsifal, e i Pi"i di Roma di Ottorino Respighi. BRUNO BARILLI LEO LONGANl;SI - Direttore respon:tabile Rll.ZOI I & C. - An. J)"• l".\rlt dtll■ Staomp■ • Milar,,, RIPROl)LZIOSI ESE(,IJITE CON' \IATCRIAU. 1'0TO(.;K,WH;O • FEKRA~IA ••
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