Il I I ANNO Il - N. 27 - ROMA 2 lUGUO 1938-XVI ~à WUJl DI USIIT4 ~ OELL'U~ TI.ytA scttima~a I~ noti7.ia lJl:J che i rossi d1 Spagna, sob1llau dal Co• mintern, avevano deciso di < operare > contro le basi dc~li aeroplani nazionali e di estendere tale e <1pcrazionc > alle città dei paesi sostenitori del generale Franco. La minaccia, più ancora che contro la Germania, era dirct1a contro l'Italia, se. ~i deve prestar fede al corrispondente pangino dcll'Observer. Genova, Napoli e perfino Roma, oltre, s'intende, ~aiorca, particolarmente indicata da Lloyd George, avrebbero do,,uto sopportare k spese di quella « oprr:nione >. I govemi di Londra e di Pari~i ne restarono addirittura sgomenti, perché ndla minaccia sovietica videro senz'altro la catastrofl- europea, la gu,crra gc• ncralc. Non ne fo, invece. per nulla turbato il governo fucina, il qualt- fece mbito conoscere che la sua risposta sarebbe ç1:ua immediata e irnplacabill'. Da ciò le cnc.r~iche e: raccomandaz.ioni > di Londra e di Parie:i al go\·crno di Rarc-cllona pu un urgcn1e ritorno al buon iemo e a.Ila ragion('. Nou erano, difatti, pauatc quaranlOltO ore, che il go11erno rosso spa~nolo faceva sapere a tutto il mondo che si era trattalo di uno spiacevolissimo equivoco, dovuto esclusivamente allo -zelo incomiduato e intcmpcsti'-'O di certi < clcmt'nti > spagnoH, fedeli al regime anarchico-comunista, i quali spiegano delle attiviti che pos• sono tradur,i in < pericolosi fattori di conf\uionc >. Che gli ambasciatori di Barcellona a Londra cd a Parigi non rapprcscntauero la Spagni1, si sapeva; ma che non rappre• ~entu~t'ro nemmeno il go,•erno che li ha nominati e li stipendia, ecco una novità. Si dt-,·e prnsare, con questo, che ogni pèricolo per la pace europea sia scompar,o? Sarcbbf' una ingenuità. 11 pr-ricolo suuiste e sustisier.\ sempre fino a quando i rossi non Jaranno nati definitivamente sgQminati, perché i roni di Spas;na e i Sòvicti che li sostt'ns;ono ripongono, oramai, tulte lr- loro sprran-ze in una qu:1lsiasi complic:nione, che scateni la guerra generale. Le pro,c? Il 24 maa;"io l'Italia accrua il pi.1.no britannico e il 26 Ccrbère, io territorio francese, è bombardata da aeroplani rossi. Il 2 giugno a Londra i Sòvieti, meJJi con le spalle al muro, finiscono con l'aderire al piano britannico e il 5 successivo due località in territorio franctsc a ot1anta ch1lomNri dalla frontiera sono bombardate da aeroplani roui. Perché Daladier, che condus.sr un'inchietta e personale> sui luoghi, non lo dice, t' fa scri"rre dai suoi ufficiosi, come l'ammiraglio La Bruyèrt', cht: ti 1ra1tò di un e-errore • dt-11:liaviatOri, <'hc scambi:,rono il nord per il ,ud' Il 21 giu~no un accordo di principio è finalmente ra~lj:iunto in seno al C(')Jnit:Ho di Londra e il 22 Barcellona infonna l'ambatciatore francese del suo proposito di e operare•· CO\.'\ si vuole di più? La \"erità. vera è che I(' Potf'n1c del uon in1ervento si tro\ano di fronte a queste dif fkohà. unicamente perché non hanno accettato la tesi italiana: ricorioscimtnto d~l/a t,f'llìgtronNJ a Franco. Se non 5j addiverrà a qut'~to riconoscimento, i pericoli di complica,.ioni non ccsser:rnno mai Quando •i trattò di prevenire gli attacchi d(·i muorn:1rìni nel Mcditaraneo si p0tè eludere il principio del non intervento col prc-tcsto che si mHt:wa di mare libero. ~fa come si po~sono protCl{l{Cre i piroKafi contrab~ bandic::ri entro le acque territoriali scn1a. vt'nir meno al non intcrventO? t pt'r questo che Chambcrlain non ha cuore p('r o;li idralisti che, a loro ri5chio e prri<'olo, sp<'· culano sugli ahi noti, e rc::sta imC'nsibilc alle im•oca,ioni, al prcstiijio d<'lla bandiera britannica, che s\"Cntola su piro\cafi earnufT:ui, i quali di in~le,e hanno app<'na il nomr. Una :-,'")'on ae1·ca è inconcepibile ed è impossibile, di modo che C:hambcr- \ain non può sottrarsi a questa alternativa: o buttare a mare il principio del non intcnento o buttare a marC' i piro,<'afi chr f'(erciHmo il contrabbando. Ila prrfrrito la seconda solu1;ione. ~la è ponibilr continuare a lungo così? Il riconoscimento della bdli«eran1a a Franco liquiderebbe ogni complicalionc in pochi giorni nrll'intere5sc stn.'10 della pace ; sarebbe la \·ia di u,cita esemplare. Chr cosa trattiene Chambulain? La re~i~tcn7<' della Francia? Ma quando mai la Fra.ncia h:i a\·uto voce in capitolo di fronte al l'ln~hilt<'rra, dal 7 marzo in poi' Obblighi Daladier a pr('ndt-re t:s;li ste,~o l'inil.iativa. Cmì gli pnmem·rà di olvare la faccia. 12 PAGINE UNA llRA a □ ESECUZIONI COMUNISTE IN OINA DELLA DIOIOTTESJMA ARKATA I Ì~Ì'? ELLA .MJA profe~"ione d'imc- ~ .'.4..1 gnante, ho potuto constatare come i fi.~li dei poveri prendano dallo "t11dioun m;.1g:giorfrutto che non i figli dei benestanti. Alcuni mesi addietro, una circolMc del ministro Bottai chiedeva che si tcrivcssc, accanto • al nome di cia..cun alunno, la professione o il mc-'!tierc del padre. Salvo pochissime cccc~ionii quanto pili umile era il mc..,ticrc del padre, t.mto mi- ~liore il profitto del figlio. Quc'!to, perché? Non credo che la natura fabbrichi bei cervelli '!oltanto nei piani tcrr('ni o nei tuguri. Credo però che nei primi, secondi e terzi piant, il raga1Jo, crc,.cendo, trovi, nelle co,;c che lo circondano, nei mobili, nei proverbi del padre. nella faccia e negli abiti ddla madre. ne-i libri '!tC'..,sìu, na certa. aria canzonatoria per la profonda e seria cultura. I mobili. Le ~edic in tubo di acciaio nomato, l'armadio in lega di alluminio. lo <,p<·cchioa tre facce in metallo e vc-tro, il t,1volino in acciaio e okumé, il pi,tnofortl' v<'rticalc in legno laccato con ta,ti('r,"l ribaltabile, il giorno in cui impongono la loro architettura nella mrnte dl"I ragaZLo, ne ~acciano -subito ogni facoltà di apprezzare in modo conveniente le-,;a~ome di S:\nta Maria del Fiore o ddb Loggia dell'Orcagna. li gmto non può ospit.i.rc imieme la ~pportazionc- JXt' quelle ,qu.nnc di pc'!ci che "ono i mobili degli architetti Svenskt Trnn o Ilrcauham e l'ammira1ionc per le formC' architettoniche del Rina'ìci• m('nto. I proverbi dc-I padre. Una volti\, dire e p:ulrr » <· dire e: gravità» era la "-tl''!sa co-;a. CC'tlto vignette rappre<.Cnt.ivano il padre nell'atto d'indicare ~ un marmocchio una "ccn.t o una pt't"-Ona, mt~ntre una macchi:-1bianca in forma d'otre, mcs<,agli dal pittore vicino alla bocca1 contcncv;.1 una ma-ssim:-1con una parola in neretto che poteva essere co- '!cicnza, modcr.,tia. amic-iLi:l, ficrezza1 par,imonia, •itudio... Nessuna matita è oggi carica di un padre simile, perché in realtà quc'!ta caricatura cadrebbe ne-I vuoto. La solennità dei padri bor- ~hcsi ,i c"crcit.1 in ma~simc ben di- ~·er'-cdalle antiche. e Pcmarc al domani è da fessi!>, e I giovaci devono divcrtir-.;;!i -., e: Il denaro va e viene! ». e '-Chcni ;1llc or;palledi Dante, di ~anzoni. di Fo..colo, e la fraç,c: « Non sono ~(azzini. io! -. detta col tono di « Non ,;ono un ingenuo! »1 e l'attributo di gtnio, tolto a chi lo clf'tCncva per avere approfondito il 'ìC'ntimento mor;1l<' o c-,t<'ticodegli uomini, di'itan7iandoli ancora di più dagli animali. e dato a chi inventa uno -.caldalcuo pili comodct dell'antico, e « Meglio un asino morto che un dottore \ ivo ! », son le cose che i padri dicono quando, la notte, seduti in pi~iama <,u} letto, e illuminati di ,otto in sopra dalla lampada blu, alzano il dito vcr,;o la volta che ne accog:lie l'ombra mae<;to11.a. La faccia e gli abiti della madre. Può davvero un bambino ricevere una lezione di -semplicità. da un vi-.o di donna che torna dallo specchio? Un tempo, chi volc\"a dar<: a un ragazzo la prova palmare che bcllcna e semplicità sono la stc,.,a coc;a, ba<,tava gli dicesse : « Pensa al viso di tua madre! >. {E non parlo d<'l e bacio della madre » al cui c;olo pcmicro ho veduto un bambino a'lch1g:ar..,icol ~omito la gu.:mcia, S P ED I l I O N E I N A BB . PO Sf A l E come se la sentisse sporca di rossetto). E le risate della giovane signora? E il modo con cui lecca il « cono gelato :t se è della bassa lx>rghesia, o si manda il fumo sulla mano destra ~ è dell'alta, e si fa toc.carc il ciondolo sul petto da un signore che le è -stato presentato poco avanti? l libri e le riviste. Il ragaz1,, esercita le sue prime capacità di lettore su ogni 1x-z:zocli carta che gli càpita fra mano. La ca,;a è piena di settimanali a colori. Sprofondato nella poltrona, coi piedi su di un bracciolo, eccolo intento a decifrare la battuta che una fine arte tipografica ha collocato fra le gambe dì un donnone. Pochi anni dopo, troverà libri di Lucio d'Ambra e di Fraccaroli che gl'inscgncranno, i primi :-1dassere « profondo> e e umano>, i secondi ad e~crc <spiritoso». A questo punto, si prc~enta al ragazzo Dante Alighieri, e quello lo licenzia subito con la parola «noioso». La lezione delle cose, nei primi, secondi e terzi piani, è, ottanta volte su cento, una lezione perver-a. La cultura è compromessa prima di arrivare nella ,;ua forma pili --cria. Il ragazzo, pochi mesi avanti che '!ia obbligato ad intenderei è mirabilmente disposto a fraintendere. Nelle abitazioni al pianterreno, le cose vanno diversamente. Qui manC'a l'abitudine allo studio e qualunque disposi1:ione, ~ia pure sbagliata, a divenir colti. li ragazzo trova attorno a sé pochi'l-sime parole stampate o ~crine. Per esercitare la mente nei primi esercizi di lettura, deve mandare lo sguardo in istrada sui manifesti appiccicati al muro. I discorsi dei parenti 1 quasi sempre in dialetto, non contengono echi dì letture. Questo innegabilmente dà al cervello una rigidezza e durev,a che non si vincono presto; e porta la prima momentanea •inferiorità del ragazzo povero rispetto al ricco. Ma non appena il cervello si abitua a que-sto lavoro del comp1·cndcre, l'inferiorità del ragazzo povero si cambia in una netta eccellenza. Egli ha della cultura un'idea paurosa cd o,tilc. come di una arma che non è stat.\ in mano dei suoi, ma St'mpre nella mano di coloro che hanno tenuto i suoi così in ba,;so. Tale scntimrnto di p:lur,t e di ostilità è èa preferirsi .1 quello canzonatorio del ra~azzo benestante. Aver paura della cultura significa averne rispetto; odiarla, perché ci è !.tata nemica. significa µoterb amare se ci "arà amica. E quello che accade, qualche anno dopo. Una volta ammesso in quel c.1mpo della cultura chei per un'impre,.._ione atavica, gli sembrava vietato per sempre, il r:i.gazzo vi porta una -serietà. uno scrupolo. un intercs<ie, un accanimento <,enz.1 pari. I libi i di Dante e di Man1.0ni, entrando nella casa povera, non trovano che li abbia prcccdut;. Dekobra. Le ripr0du 7 ioni di Palazzo \ "ccchio si posano su mobili di legno tarlato n('i quali il gusto estetico ha rinunziato totalmente a manifestar-si. ,_jain bene che in male. Qualcuno può os~ervarc: I settimnnali, le pcnn:rnenti. i mobili a serie, le "telle dei film trovano, proprio in mc-z~ zo al popolo, ii ma~gior numero dc-i loro devoti. Si può ric;pondcre : Questo non è il popolo dei piani terreni. ma è oucllo che si guasta cercando d'imitare i primi piani nei loro difetti, il popolo clw < ,ale > nrl senso volgare, non imponendo il suo gu'!t0, ma accettando il gm,to degli altri: è il popolo dei me7. zanini. VITALIANO BRANCATI
New York, giugno. I \ SVEGLIA ha suonato alle 4130; poco prima delle s arriviamo già al forno. Anche così non siamo le pri. mc ; due ragat.te aspettano già dietro la porta. Ci accodiamo a loro. La strada è deserta, tutte le case buie. Ogni tanto udiamo avvicinarsi dei passi ; una figura indistinta appare e raggiunge la fila davanti al forno: un'altra duoccupata. Noi due non d parliamo; aspettiamo affiancate, mute, decise a non cedere il nostro posto: il terzo dit:tro la porta. I passi si. fanno più frequenti, altre figure vaghe ci raggiungono. Ora Jiamo una fila di dicci. Suonano finalmente le R'i. Dalla porta attigua a quella del forno esce una donna in uniforme bianca con un mazzo tintinnante di chiavi in mano: e Debbo aprire, fatevi in là>, dice. La porta si apre: e Calma, calma>, soggiunge la donna. e Una per volta. Chi è la prima? >. Si fa avanti una donna grassa, che tutte squaduno, spruzanti. La odiamo pcrch~ è arrivata prima e, probabilmente, avrà più fortuna di noi. La donna in uniforme bianca la conduce in un angolo, e parlano, mentre noialtre aspettiamo, addossate alla porta. La donna e la grauona continuano a parlare. c. Ha avuto il posto >, dice una ragazi.a. e .E: inutile aspettare >. E si stacca dal- • la e ln:t~ic aspettare>. Un'altra si allontana, imitata da due compagne. lo e la mia amica siamo ostinate; a.spettiamo, seguitando a sperare. Non è certo che la gras• sona abbia il posto. Ma a un tratto, la donna in uniforme bianca accenna di sl, e la grassona si toglie cappello e cappotto. Sen:r.a aspettare che la donna venga a dir• ci: e Mi di1piace>, corriamo via rassegnate. Che si fa? 2 ancora buio. Una tazza di caffè è nc_ccs.saria. Nclli ca/eleria esaminia• mo un'altra volta gli avvisi del giornale. Una fabbrica di profumi c~rca operaie; un'altra fabbrica çhiede cento donne per imballare Dio $3. che. Be', Eli!abctta andrà dal profumiere cd io tenterò gl'iniballnggi. e Buona fortuna! E se non troviamo nul• la ci si vcdt- alla Scst:I Avcnuc ! >. Esauriti gli avvisi del giornale, ci rimane la speranza della Sesta. Avenue. Non mi riesce facile trovare la fabbrica giù nella città bassa ; perdo molto tempo a chiedere e a cercare. Finalmente, sono davanti a un fabbricato bauo, lungo e spore.e,, con una porticina chiusa al centro. Scn• to un tuffo al cuore vedendo la lunga fìla di donne e ragazze che 1i snoda come un gran serpente intorno al fabbricato. Prendo posto in coda, e pochi momenti dopo non tono più l'ultima. Finalmente due uomini escono sulla so1lia: uno ha un grembiule 1ul grosso ventre, l'altro fuma un sigaro; si scambiano lazzi, guardandoci, e ridono. Spaz.ientitc, cominciamo ad agitarci e a scalpicciare: e \vanti, aprite quella porta! > si senti" ,. "dar<:. e Perdiamo troppo tempo ad aspct• tare! >. I due non si scompongono: seguitano a ridere e a parlare. Dopo un certo tempo, il grassone guarda l'orologio e l'uomo col sigaro apre la pona cd entu .. Un nugolo di donne gli s'ingolfa dietro. e Basta! > urla il grassone. e Le altre aspettino! >. Sbatte la porla e vi si ad• dossa, immobile. Passa molto tempo, poi solo uno spiraglio della porta si apre cd appare una mano con una striscia di carta bianca. Il grauone la prende e parla nella fessura. Quel pezzo di carta ci rende tutte nervose. Il grassone smette di parlare: e Un momento>. Respinge brutalmente le più vicine e attacca la carta alla po,ta. con un chiodo: / Non si auume più nessuno >. Ci disperdiamo senza parlare. Sono le nove: l'ora della Sesta Avenue. Le prime delusioni della mattina bi.sogna sopportarle, si sa, ma la giornata non è finita. C'è ancora la Sesta Avcnue, davanti a noi. Tutte quelle agenzie di colloc.amen• to, tutti quei posti: uno almeno ne toccherà, speriamo, a noi. Il denaro per l'iscrizlonc l'abbiamo. Ecco Elisabetta, in attesa e E la profumeria? Non hai avu10 fortuna?>. < Assumevano rolo personale esperto. Pat.ienu. Da quale agenz.ia cominciamo? Io vado da Mac. e un brav'uomo, r-.,fac• aspetlerò Il che oàpiti qualche cosa >. e Come vuoi, Elisabetta. Io vado un po' in giro. Ci vediamo poi da Mac >. " Vado in giro: penetro in androni bui, salgo 1calc ripide, una dopo l',ltra. Dappertutto lo stesso quadro: muri nudi, sporchi, file di sedie, scrivanie. Uomini e donne nelle stanze, per le scale e negli atrii. e C'è un posto di cameriera in un ristorante? > domando. e Per oggi niente>, mi rispondono. Oppure: e Solo per ragazze giovani >. Dovunque la stessa risposta. e Siediti e aspetta >. Non mi va d'aspettare. Continuo a gi- r rare, a salire scale ripide, a domandare. I 11 ANNO JT• N. 27 • 2 LUGLIO 1938-IVI OMNIBUS SETTIMANALDEI ATTUALITA POLITIOAE LETTERAJUA ESCE IL SABATO IN 12-lf PAGINE ABBOllAMEIITI Italia, Imp1ro: 111110 L. 43, 11meatNL. 22 Emiro I anno L, 701 .emutrt L. 36 oa•1 2fOKIRO UNA LIRA lhnoaerhtl, dlugni • fotogra!e, anche le D.011 pnbblloatl, DOD •i rt1tit11:i&ee110, Dlrulon•: Boma • PiuH della Pllotta, 3 TeleforaoN. 66,470 lfilano • Pi1111 Carlo Erba, 6 T1lefono N. 24.808 Finalmente Jack ha qualche cosa. Non sono troppo vecchia, per fortuna. e .e un buon posto. Mance laute. Pren• dilo >. cfisro? >. e Fisso, certo >. Faccio qualche calcolo: sci giorni la settimana, a un dollaro al giorno, sono ventiquattro dollari al mese. E dunque, due dollari e quaranta di percentuale anticipata all'agenzia, se non più. e Va bene, .:i.ccetto>. Jack mi scrive il nome e l'indirizzo del ristorante che dovrebbe assumermi e mi ten<lc una ricevuta per ire dollari. Tre dollari? Lasciamo correre. Sono felice di avere il posto. Il ristorante ha un aspetto lussuoso. Come faccio, a presentarmi così, sui due piedi' Nen•osa e agitala come sono, non ho avuto il tempo né la calma di prepararmi alle inevitabili domande. e Mi manda il signor Jack. C'è bisogno di una cameriera, no?>. li cassiere mi squadra dalla testa ai piedi. e Non conosco il signor Jack e non mi occorre pc-rsonalc. E poi mi servo di un'altra asenzia. Mi dispiace>. Un altro nichelino per l'autobus· il quar• 10 da stamattina. Jack mi rivcdr senta meraviglia: e f. ,tato un equivoco. Siediti e aspetta: capiterà qualcos'altro >. e Non posso a.spettare: rivoglio i miei tre dollari >. Jack ride: e Non esse-re impaziente. Aspet• ta: ti prometto un posto per domani >. t così affabile che non oso insistere. c.Va bene; tornerò domani>. Jack non mi saluta nemmeno. Sono passate le undici: avrei forse fatto meglio ad aspettare, con Elisabetta, da Mac. Mac non mi avrebbe fatto un tiro simile: mandarmi in un posto dove non mi vogliono. Forse Elisabetta ha a\·uto fortuna ... Ma no: è sempre seduta ndl'ufficio di ~{ac, e aspetta. Con lei sono Carolina e Florcnce. Il resoconto della mia avventura con Jack iniz.ia un vivace dibattito sulle a.genzie della Sesta Avenue. Il tempo vola; ci sembra inutile aspettare ancora da Mac. Usciamo di nuo,·o sulla Sesta Avenuc. Guarda, c-cco Edna con la sua immanca• bile banda. Dove la conduce, oggi? e Andiamo al municipio. C'è un banchetto, forse ci prenderanno >. Noi quattro e la banda di Edna formiamo un manipolo di dieci. Edna ci guida, attraverso cucina e dispensa, nell'enorme sala da pranzo del municipio. 2 di casa, qui, circola liberamente, e sa dove trovare la direttrice del perJOnalc. e Ehi>, le grida. e Siamo qui!>. Appare una donna di una certa età che, riconoscendo Edna, sorride. Sì, c'è un ban• chctto, è esatto. Ma, le dispiace, non le occorre personale avventizio. Un momento: una o due, forse ... La direttrice csaroina il nostro manipolo; i suoi occhi scorrono di viso in viso. s·mu<lc di poter scegliere, ma è Edna che sistema la faccenda. • Occorrono due avventizie: Edna (naturale) e la sua migliore amica. Ecco fatto. Siamo tentate di darci per vinte e di tornare a casa. Dopo tutto è l'una, e si cam• mina dalle cinque del mattino. Siamo stanche morte e affamate. Un saridwiçli e una tazz.a di caffè ci restituiscono un po' d'enersia e dc-cidiamo di fare un altro tentativo. e lo devo assolutamente trovar lavoro>, dice Carolina. e Guardate le mie scarpe. Ma ogni antesimo che guadagno va per il fitto>. Se non si trova niente nelle agenz.ic del• la Sesta Avenue, si può rileggere il giornale, fon.e ci è slugg.ito qualche co1a. Guarda: un dottore cerca un·as.sistenlc. e Non si richiede esperienza >. Elisabetta e le altre non s'interessano. e Tenterò>, dico io. e Chi!Sà >. Arrivo all'indirizzo del dottore, salgo le sC'ale. L:i porta viene immediatamente aperta da una donna in uniforme bianca. Dio, che folla! Non mc ra1pettavo certo. Lo stretto corridoio è gremito di ragaz.zc. laC~o~~~ia::;:~c:hi:t~!~rti;om~cl~•us~a;::ti:r apre e il dottore appare. I suoi occhiali brillano talmente che i suoi oc.chi non si vedono. Solo cordiali, umani? e Chi è la prima?> chiede con voce bas.sa e cortese. La porta si chiude alle spalle della prima. L'intcrvi<t:- •")TI è lunga: pochi minuti. e la porta \1 riapre. La prima non si guarda intorno, mentre esce dalla s1anza. La porta si chiude dietro la seconda per ria• prirsi dopo pochi minuti. e La tena, per favore >. Che accade? La terza è stata dentro f"inque minuti. .. dicci., Noialtre nella sala d'aspetto cerchiamo di intcrpre1are, mute e attente. Ci scambiamo occhiate significative. Un quarto d'ora I e Ha a,·uto il posto>, dice una voce. e Cc ne andiamo? >. Il mormorio cessa, una poria si apre, si odono i passi nell'anticamera e l'c arrivederci> del dottore. La for. 1unata non riattraversa la sala d'attesa. An• diamocene a casa, è finita. Ma no, ecco il dottore: e La prossima, per favore :t. Toc• C'a a me. La porta si chiude allc mie spalle. e Si accomodi >. li dottore indica una R'dia, da.vanti alla scrivania, e Qual era la sua occupaz.ionc? >. e Sono stata dama di compagnia della si- • gnora Tal dei Tali >. e Quanto tempo v'è rimasta? Che altro genere di lavoro ha fatto? >. e Sono stata con la signora un anno; da allora mi guadagno la vita dando leiioni di tedesco e di pianoforte. Ho fatto anche un po' d'esperienza come infermiera, in Europa, dottore ... >. e Bene. E quali erano le sue incombenz.e ?>. Il mio cervello lavora febbrilmente, raduna ricordi: e Fissavo gli appuntamenti agli ammalati, ceco.. pulivo gli strumenti ... rispondevo al telefono ... Tenevo l'ufficio e la s1anza d'aspeuo in ordine ... Assistevo il pro'essore ... >. e Bene. Vedo che lei è intelligente. Mi dia il suo indiriuo: la terrò informata >. Il dottore si ah.a. L'intervista è finita. Non riattraverso la sala d'aspetto. Le mie compagne udranno i miei pusi nel corridoio e penseranno: e Ha avuto il posto>. Non so decidere ~ è meglio a.ndare a cua a dormire o continuare tutta la sera, per non lasciarmi sfuggire una sola occasione. MARTA VITTE 110 DE JANEIRO· Ull lfETB.OPOLITANO DUE CAPPELLI DELLA DUCHESSA DI XENT LA QUESTIONE EBRAICA f1 N UN LIBRO apparso rccentiuimamenl,l te, un noto scrittore americano, John Cournos, propone una soluzione nuova dell'eterno problema cbr:iico. Secondo il Cournos, autore di una trilogia The m,uk, Tlte u;atl e 8obel, che il recensore inglese definisce e famosa>, esiste e una soluzione semplice, pratica e completa del problema mondiale dell'ebraismo, una soluzione che metterebbe per sempre fine al l)imillenario dilemma >. O Israt:le, ascolta! è il titolo del suo libro. Ascoltiamo anche noi. John Cournos vede la fine della miseria ebraica nel riconoscimento di Gesù da parte degli ebrei. M.1 Cournos, figlio, lui stesso, di ebrei, non riecheggia gli argomenti con i quali si è 1cnta10 per secoli di convenire gli ebrei alla fede niStiana. Egli afferma che gli ebrei possono ,uutto,e Crsù r ,imonere tultnvia ebrei. E vi è - dice sempre il Cournos - una ragione sempliciuim.t e onestissima per gli ebrei di rivendicare Cc-sù: e cioè che Gesù era un ebreo; il migliore degli ebrei, ma e,srnzialmf"nte, quintessenzialmente un ebreo (S1 può con e111nl foridomento sosteriere çhe fu esstri(.folmeritt. q111nlf."JSrn(.i'1.lmtnle ontitbreo). , Da parte di un ebreo - prosegue il Cournos - dimenticare che Gesù era un ebreo e rinnegarlo, significa dimenticare e rinnegare tutto l'insegnamento ebraico anteriore a Gesù; equivale a respingere tutta J"credità dell'ebraismo, tradire quel che ci fu di mt'glio in Israele. E da parte di un cristiano, dimen1icare che Gesù na un ebreo siE;nifica rinnegare il Cristjancsimo stesso. Solo un cieco può non vedere che. in un mondo come l'attuale, che costringe ciascuno a prendt:re posizione, in una situa- ~ione come l'odierna, in cui hracle è una delle poste in gioco, gli ebrr1 possono salvore st stessi fisfromente e spirituolmt:nte solo prendtndo posiàone con coloro che slonno cori Cristo. Il problc-ma, secondo lo scriuorc, non è soltanto 1c gli ebrei si salveranno, ma piuttosto se ebrei e cristiani insieme si salveranno. Quindi il Cournos dimostra - o, per dir meglio, tenta di dimostrare - che il cri• stiancsimo, spogliato dei dogmi, del ritualismo e del misticismo, che nel corso di duemila anni vi si sono incros1ati, è essenzialmente e e indivisibihncntc > una dottrina ebraic:a, esposta in modo originale da e un ebreo dagli oechi azzurri >. c.-Il cristiano deve useire da.li' angusto guscio dei suoi dogmi, l'ebreo dal guscio del suo ostinato esclusivismo>, esclama l'ebreo Cournos. E condurle: c.Che mi si intenda nel senso giusto. lo non invito l'ebreo a compiere l'atto per cui egli ha tanta ripugnanz.a: a convertirsi, a diventare un meshumtd, un rinnegato. lo dico: che l'ebreo si converta 11,Jl'ebraismo es~nziale, a quel!' ebraismo che, più che in qualsiasi altro figlio d'lsrae• le, si incarnò in Gesù. Che l'ebreo resti un ebreo, ma sia orgoglioso dell'ebraismo, del• lo spirito dell'ebraismo, di Gesù. E se l'ebreo - soprattutto- l'ebreo d0 America - non è ammesso nella casa " cristiana ", nel circolo "criuiano '' locale, non considui questo come un male: e si consoli col pen• siero che Gesù stesso, se improvvisamente riaeparissc qui (in America?), sarebbe an• che Lui escluso e per la stessa ragione: perché è un ebreo. (Ma Gesù non domonderebbe affatto di esservi ommesso). Che Gesù foue il Figlio di Dio è qualche cosa che io per primo posso acceturc. Questo non perché Egli chiami se stesso così, e non perché altri Lo chiamino cosl, ma perch/ F.~li disse cose di"inamcntc belle e perché le disse meglio di qualunque uomo. Il comune nemico dovrebbe fare, degli ebrei e dei cristiani, degli amici comuni... F.ui già riconoKono un padre comune>. QUATTRO PUNTI f1 O CREDO che cristiani ed cbr<'i sa• lJ ranno d'accordo nel consideri.re la proposta del Cournos come destinata a non avere nepoure un principio dì attuazione, come un .. ,u,moralità e come un a~surdo. a) Prima di llltto, d:d punto di vista pratico, è perfettamenll" inattuale. Su queuo punto è inutile tentare di fare dimostrazioni. Quel che conta è il fatto Il fatto è che, sebbt"ne non sia. ccrcamcnte mancato il tempo agli ebrei di e riconoscrre > Ccsù Cristo (h.:i.nno avuto quasi duemila anni), pure non lo hanno riconosciuto. In questi duemila anni. non sono certo mancate loro le ragioni per farlo, né le occasioni ; e, se lo avessero fatto, avrebbero notc,olmente scmplifìcato la vita a se stessi e agli altri. Pure, non lo hanno fattò. Pc-r. ché dovrebbero farlo oggi? Per il libro di John Cournos? Del resto, ripetiamo, su questo tema. è superAuo disceuare. John Cournos ha invitato Israele ad ascoltare. Io sono disposto a. mangiarmi il cappello, come il signor Chambc-rlain, e anche la. tes1a, come ~~:~t:it~:~::~t:s:!1~'.c~;~• :~ ~;es:;:' aspettare. Chi vivrà, vedrà; lo diceva an• che il dcf un10 Bukarin. b) Secondo: ammes,o che la soluzione proposta fosse attuabile, non risponderebbe allo scopo. In che consiste la soluzione? Che gli ebrei e accettino Gesù, rimanendo ebrei > (più oltre il Cournos chiarisce: rimanendo ebrei fisicamente e spii'itualmente). Quale è lo scopo? Arresiare l'an1isemitismo. Gli ebrei, oggi, in alcuni paesi, attraversano ore di(. ficili non già. pcrché e non riconoscono Gesù>, ma perché sono ebrei. Ora, se essi si decidessero a riconoscere Gesù ma con la riser.•a di rimanere ebrei - come il Cournos vorrebbe, - le cose resterebbero esattamente come prima. Veramente l'idea del Courno! è alquanto diversa. Egli vor• rebbc: che gli ebrei e riconoscessero Cesù > per potere poi ottenere aiuto dalle naz.ioni cristiane o, meglio, da akunc di esse. Questo e famoso> scrittore ha delle idee ben strane sul mondo politico odìcrno. Egli mostra di credere che le democrazie inglese o francese o altre siano impedite dal prendere le armi in difesa degli ebrei dal fatto che questi non hanno ancora riconosciuto Gesù. Iddio gli conservi siffatte illusioni! Che gLi ebrei riconoscano Gesù - egli dice - e-, poi, costituiscano insieme con i cristiani e un fronte unico in nome di Gesù > Contro chi? Contro le potenze •ntidemocratiche, s'intende. La confmionc delle idee: è al colmo. Ap· plichiamo, per un momento, la formula del Cournos alla situazione di fatto attuale. Nel e fronte unico>, di cui il Cournos vagheggia la formazione, troverebbero posto, come si è drtto, anzi tutto gli ebrei ; poi, per esempio, la ma,soneria franccic, i rossi di Barcellona e di Valcncia, che hanno dimostrato tanto pio zelo nell'onorart. lddio e i suoi templi, i e Senza Dio> russi, ecc. Il quale e fronte unico> - si noti bene - 1arcbbc costituito e in nome di Gesù>. In cambio, Franco, per esempio, militerebbe nel fronte oppo'1o. Noi italiani, probabilmen1e, idem. Del che non avremmo ragione di dolerci, d:ito che I. Santa Sede, la quale ha pi\1 volte mo.stfato di approvare la causa di Franco, sarebbe con noi: e cioè nel fron• te contro Gesù. ~on S."lrebbc più semplice non mescolare il nomf" divino di Gesù ai nouri odi terreni? ,) Terzo: la proposta dello scrittore Cournos è immorale. Per quali ragioni, st'condo lui, gli ebrei dovrebl,cro fare oe.'l'.i quel che non hanno fatto in duemila anni: riconoscere Gesù? Perché rolo cosl e possono salvarsi fisicamente e spiritualmente > ; perché solo cosi possono c.rimanere ebrei > cd t'ssere aiutati dai criJtiani. Conversione p('r ragioni politiche. La più immorale dcllc conversioni. d) Quarto: dal punto di vista storico e logico la proposta del Cournos è una contraddizi9ne in termini. t forse questo, il punto più importante di questa dimostrazione. ISRAELE È MORTO ';1 \ STORIA rdigiosa di Israele è tutt_a ~ percorsa d:a due fili, da due vene virali: qut'lla della predicazio.nc profeuc:i e quella della 1radizionc saC'erdotale ~iomC'nti diver\issimi, l'uno dall'altro, per l'ispira-zionc e per il fine, essi si svolgono in antitesi sorda, forse inconsapevole, ma costantt". Furono i profeti che di una religione barb~r~ e pri~itiva fec-·ro una religione di giuU1z1a e d1 amore. e Le vostre feste io le odio>, fa dire a Dio il profrta Am~s, , ,t' vosrre solennità, io non le gradisco; i ,ostri doni io non li accolgo~.. Ma scorra h giu,tizi:a come un fiumi- e la rettitudine ço. mc un torrente perenne>. Sembra niente: ma è la prima volta che Iddio si pone a custode esclusivo della giustizia ; è la prima volta che Iddio respinge il culto dell'in• giusto. E in Iuia: e Non portatemi più doni inutili ... I noviluni e i sabati, i digiuni e le festività, io non li tollero ... Le vostre mani wno in,anguinate: lavatevi, purificate-vi... C<":uatc dal fare il male, imparate a_ fare_ il bene! Seguite la giustizia, aborrite gli oppressori! >. E in Osca: e Io mi compiaccio deJra. more, non dei l8cri6ci >. Con questo, il Dio d'Israele è diventato Dio di giustiz.ia e d'amore ; ma è pur sempre esclusivamente il Di~ d'Israele. Nelle sventure politirhe, la religione d'hraele si purificò e assurse a maggiore ahen:a morale-. In Geremia, e tutta la crcaziont: è opera di Dio e, quindi, gli uomini sono tutti eguali dinanzi a Dio: ogni distinz:ione di rana e di nascita scompare di fron1c all'infallibile giusti:tia divina > (Levi della Vida). Ancora un passo irìnanzi fa il grandissimo profeta di cui il nome non è giunto alla postcrità e che con- \ cnzionalmcnte è detto il e Secondo Isaia >: a tutti gli uomini rhc si accosteranno a Dio con cuore umile e con fede sincera è promessa la salvena finale. Con qu~sto il profetismo ebraico tocca il punto più alto della sua parabola. . ~a ac.eanto all'opera ispirata dei profeti, s1 cornp1c\1a quella formalistica e pt'dantc dc-i 1acerdoti. Fu loro creazione il e Codice sacerdotale>, incorporato nel Pentateuco che disciplina tutta la vita del fedde coi; llOa serie infinita di norme ri'l'.orose e mi- ;~;~~::: surt:~~7i: ~~~laca!:~t: ddr~~va;!~i;:: Vn:11 rdiq:ìone siffatta, è O\\Ìo, non era più reli~ionc: era, pt'r usare una metafora evangelica, un e sepokro imbiancato>. Cc(Ù re~e la rottura fra il profetismo e l'tlemcn10 \acerdo1alc incvi1abilc. I sacerdo1i avnano tolll"rato che i p1ofcti predicassero l'amor<', e non i n;crifici; aveva.no tolleuto t'he i profeti predicassero l'c-guaglianza di tutti. gli uomini innanzi a Dio, perché I" <u·le nmane\•a sempre come interrnc-diario. Ma. con Gesù. quc(ta fundone di mediatore è sottratta a Israele. 1 Jacerdoti non potevano non imorgere. Essi ca• panino C'he la predicazione di Gttù era la fine loro e la fine di Israele. Capiiono mt'• glio dello ~riuore Cournos. $('nonché, quel che era di vi\·o e di vitale nel Ciudaìsmo passò tullo nel Cristia• ncsimo, si incorporò in esso e perdette ogni Ci\T:Htere specificamente giudaico. Alla religione madr(' non rima.sero come pairimo. nio suo pro1uìo che gli elementi formali: i meno fecondi. Il momento profetico, che, per sua natura, era stato sempre a tc-n• denza univcrs.:i.listica, si concluse nell'unì• vcrsali1mo cri~1iano. Quello 1aeerdo1ale, che era stato S{"mi)rc una. forma rigorosa di esclu(ivismo na1iona\e o di razza si irrigidl sempre più nella conservazione' delle sue regole e delle sue formule: ché, con1cr- , ando quelle, conservava se stt'Sso e il suo popolo. Furono i profeti che assicurarono a Israele la sua funzione nella storia rcligio~a del mondo. Ma fu graz.ic ai s,ccrdoti che gli ehr<'i ropra.vvissero a. 1antc tempeste e rimasero ebrei. Perciò e riconoscere ·Gesù > e < rimanere ebrei >, è una contraddizione in termini, così -come contu.dittorl sono i termini di e universalismo> e di e esclusivismo rauistico >. Rimaner.: ebrei che significa? Ouc, varc i precetti del Pen~ tatcuco sulla foggia del vestire o sul taglio dei capclli? Forse il Cournos intende semplicemente: rifiutare i matrimoni misti. Il che, senza una .giustifica:r.ione religiosa, 1a. rcbbc puro ran1,mo. E, in fondo, il razzis~o. lo ~anno. invc-ntato gli ebrei; e ql1ando I mHni1onc St è ritorta contro di loro se ne sono doluti. ' RICCIARDETTO
Londra, giugno. D'ISOLA di Giamaica, terra del rum e delle canne da zucchero, è in fermento. Gli inglesi ~i ~ -'-'"'J,~ impossessarOno di Giamaica alla metà del Seicento (ufficialmente, nel 16701 col trattato di Madrid), e i piantatori vi fecero affari d'oro. Gli affari sono andati bene fino a qualche anno fa. Poi i trusts dello zucchero hanno decretato che per mantenerne alto il prezzo bisognava diminuirne la produzione. Accadde così che i proprietari <li piantagioni della Giamaica si trovarono sulle braccia 20 mila tonnellate dì zucchero di più di quanto il sistema delle quote imposttJ dalla madrepatria permetteva lorn d: mettere sul mercato. Inoltre la repubblica di Cuba, che per ragioni misteriose di cartello vende all'Inghilterra più zucchero della Giamaica, aveva rimandato a Giamaica 6o.ooo giamaicani che vi lavoravano. E frattanto la popolazione nell'isola cresceva rapidamente, e in quindici anni era aumentata di un terLO, perché, nonostante i missionari protestanti, a Giamaica è cosa abituale per un uomo avere parecchie famiglie. Ma i missionari avevano insegnato ai negri della Giamaica a leggere e far di conto, e quando i negretti ebbero imparato a leggere i volumetti alt.1.• mente umanitari distribuiti dai democratici missionari, fecero alcune scoperte sconcertanti. Appresero, per escm• pio, che la schiavitù era stata abolita a Giamaica per decreto della Graziosa Regina Vittoria novant'anni fa, mentre tutti ricordavano d'essere ancora schiavi dieci anni prima. Colle regol~ di moltiplicazione il negretto si mise a conteggiare gli.enormi profitti fatti dal pi:mtatore bianco il quale gli pagava ·l'incredibile salario di uno scellino al mese. Nei volumetti il negretto scoperse un mondo nuovo, nel quale si 1•:trlava di salari minimi, di federazioni operaie, di scioperi, di diritto alla perequazione. Ma soprattutto lo colpì la parola « sfruttamento :t. Cominciò J!lora a pensare che v'era al mondo qualcosa di più d'una gaia camicia di cotone a righe e un nuovo fazzolctto di bandanna rcr la sua donna. E allora mi~e in atto quantb aveva imparato. Fece degli scioperi, poi una rivolta. Lrl rivolta è stata sed<tta con qu:ilche scarica di mitraglia e con la promessa del governatore di fare una distribuzione di terre ai negri. Una prom('~a vale meglio di una bastonata, e a rivoltarsi v'è ancora tempo domani. Ma intanto Londra ha dovuto OC· cuparsene alla Camera dei Comuni, e ric('lnoscere che queste rivolte di Giaw...1ca non erano de~li episodi passeggeri, ma scaturivano dalla protesta con• tro le sofferenze economiche e la mi- ,eria morale e sociale, e dal fatto che il regime di governo nell'isola di Giamaica è indegno dei nostri tempi. Le disgrazie non accadono mai sole, neanche a un impero; e gli incidenti di Giamaica sono accaduti proprio quando il ministero de11eColonie britanniche ~i accingeva a pubblicare un e libro azzurro » nel quale è esposta una situazione tutt'altro che allegra nelle colonie dell'impero britannico: nelle Barbados, nella Guiana, nell' Honduras, nella summenzionata Giamaica, a Trinidad, nelle jsolc Windward, nella Rhodesia Settentrionale. nella Ni. geria1 nella Costa d'Oro, a Ccylon, ad Hong Kong... Sono questi alcuni dei territori che, disseminati per tutta la terra. compongono l'impero coloniale britannico. fl quale, lo si noti, è cosa del tutto distinta dall'impero dei dominions britannici, perché questi sono vaste nazioni autonome, mentre le CO· Ionie cadono sotto l'amministrazione diretta della madrepatria. Ma pur lasciando fuori gli immensi dominions, l'impero coìoniale britannico copre una superficie di 2.400.000 Kmq. e in questo immenso territorio non è inclusa l'India, la quale è una dipendenza, e neanche i territori dei mandati i quali, dicono gli inglesi, non sono parte integr:1.lc dell'impero. Questo vastissimo impero coloniale è immensamente ricco di materie pri• mc: le isole Figi, la pcni')o)a della Ma• lesia, Giamaica, le Barbados, il Kenya, la Gambia, la Sierra Leone, la Nigeria e la Costa d'Oro abbondano di ricchezze minerali, animali e vegetali. Su questi 2.400.000 Kmq. non vivono che 50 mHioni cli abitanti, e in nessuno di quei paesi vi sono industrie o miniere che possano competere con qucJle dell'Inghilterra. Eppure il e li• bro azzurro» pubblicato dal ministero delle Colonie mostra che questo vasto impero coloniale è un giardino abbandonato. La relazione dice che tra il 1q36 e il '17 i prezzi delle maggiori esportazioni dai territori coloni3li erano saliti, in taluni casi, persino del 40 per cento, ma poi una crisi generale aveva colpito le colonie a causa del sistema di quote che controllano la produzione e la paralizzano. La diminuita richiesta di materie prime tropicali da parte degli Stati Uniti aveva avuto un effetto catastrofico, e poiché l'impero coloniale britannico dipendeva per la <;ua vita dal mercato ameri• cano, CSS(\ è ora boccheggiante. Ma il « libro azzurio » ci dice qualcosa ben più grave e più interessante : dice che il governo centrale per lo sviluppo di questo vastissimo impero coloniale spende soltanto la esigua somma di 750.000 sterline all'anno. 750.000 sterline per sviluppare e far progredire un impero coloniale di 2 milioni e mezzo di Kmq. e di 50 milioni d'abitanti! ti: vero che il cittadino inglese pema assai di rado al suo impero coloniale e ai 50 milioni di uomini che vivono nell'Africa, a Ceylon o nelle Indie Occidentali. Gli indigeni del Kenya si lamentano di venire derubati delle loro terre e tassati fino al dissangua• mento? L'Ufficio internazionale del Lavoro a Ginevra riceve relazioni che nei tenitori sotto il dominio coloniale britannico i ragazzi vengono mandati al lavoro ad un'età che ricorda il .cupo c~rdio dell'espansione industriale in Europa, o che l'emigrazione forzosa di africani dai loro territori a lontani centri minerari lascia centinaia di migliaia di famiglie e di bambini abbandonati nella miseria? Tutto questo rimane i~noto al grosso pubblico inglese, per il quale {politicanti di \Vestminster compresi) in un impero sul quale sventola la bandiera inglese tutto deve andare per il meglio : che se così non è,- comc hanno mostrato le rivolte della Giamaica, allora vuol dire che le colonie sono una seccatura, e quanto pri• ma saranno in grado di darsi un governo e fare da sé, tanto meglio per l'Inghilterra. Così pensavano, e scrivevano, anche gli uomini politici al tempo della re- ,e;ina Vittoria. Ma la ras~gna fatta dal e libro azzurro :t (con i curiosi esempi del divieto di esportazione di cacao dalla Costa d'Oro, o le restrizioni alla produzione dello· zucchero nella Giamaica) lascia l'impressione che questa grande eredità coloniale della Gran Bretagna sta diventano. , un peso trop· po gravoso per il popolo britannico. Dire impero coloniale è dire l'espansione dell'fnghiltcrra, il suo commer• cio d'oltremare e la sua supremazia industriale : ma questi tre fatti intimamente connessi non sono stati il risul• tato delle virtù di razza, né di alcuna speciale attitudine del popolo nell'arte del navigare e del mcrcatare. Nel medioevo la flotta britannica fu debole e i commerci esteri della Gran Brcta• gna insignificanti. L'e,;pansionc del- !'Inghilterra cominciò ·con l'apertura delle strade oceaniche. L'impero non era stato concepito secondo programmi preordinati. Fu la bandiera a seguire il commercio, non il commercio a seguire la bandiera. Come aveva detto Seeley, la Gran Bretagna ha conquistato mezzo il mondo in un momento di distrazione. Quan• do Elisabetta aveva cominciato a reIKPERO INGLESE • DONNE DI VANUA LEVU (ISOLE FIGI) gnare era pawita molt'acqua sotto i ponti dal tempo del concilio di Costanza nd 1414., allorché la Francia aveva disputato all' Jnghilterra il diritto di avere voce in Europa. Eppure sotto Elisabetta l'Inghilterra non aveva colonie, eccezione fatta della Terranova che era stata annessa sulla carta nel 1583. La scoperta dcli'America e l'arrivo di navi cariche di monete d'oro e d'ar"cnto fondava la fortuna dei grandi banchieri. Uno scrittore americano ha calcolato la ricchc-tza dei fiorentini Peruui, nel, 1300, a 800.000 dollari, dei .\1cdici nel 144-0 a 7 milioni e mezzo di dollari, e dei Fuggers nel 1546 a 40 milioni di dollari. I governi cominciarono 3llora a partecipare alla fonnazionc delle Chartcred Companies, che erano una mescolanza di imprese private e pubbliche. Tutte le maggiori nazioni ebbero le loro Chartered Compames. In Jnghil• terra i Merthant Advn,turers avevano ottenuto le loro patenti nel 1564, la Compagnia :\{uscovy nel , 566, i Compagni delle Jndie Orientali, che dove. vano commerciare con i paesi ad est della Sonda, nel 1579. Nel 1577 era stata formata la Compagnia del Ca• taio per trovare il passaggio della frontiera nord-occidentale; nel 158 t la Compagnia del Levante e Ttrtca ave• va ricevuto commissione di competere con le galere di Venezia; nel 1588 si formava la Compagnia dell'Africa, e infine nel 16oo riceveva il decreto la Compagnia delle Jndic. Nel 1579 Drakc, che stava circumnavigando il globo, era stato il primo a proclamare la sovranità britannica nel Nuovo Mondo. Era sbarcato sulla California e ave• va proposto di chiamare quella terra Nova Albion. Anche Drakc aveva, prima di ripartire, inchiodato una la• pide con scolpito il nome della regina e il giorno e l'anno del suo arrivo con e la spontanea donazìo11c della pro• vincia e del popolo alla Sua Graziosa Maestà :t E poi Humphrey Gilbert an• dava nella Terranova, e Raleigh mandava navi nella Virginia nel ,584 : pri. mi esperimenti di colonizzazioni poco incoraggianti, ma che avevano acceso J1immaginazionc popolare. Nel secolo XVTI alla moda delle scoperte e della conquista era succr• duto il metodo più prosaico della coloni7,iazione. Le colonie della Nuova Inghilterra furono il risultato del Puritanesimo, e la loro forma politica era stata detenninata dal desiderio di indipendenza religiosa, e molti degli emigrati, come i Pilgrim Fathtrs che erano fuggiti in Olanda nel 16o8 cd erano sùarcati at_Capo Cod nel 16201 avevano lasciato la loro terra per sfug. gire alle pcrsecu.zioni religiose. Nascevano così la Compagnia del Mas~- chusetts nel 16291 e poi New Haven, Maine e New l lamp~hire; Boston era fondata nel r6ao, Philadclphia, la capitale dello Stato quacchero della Pennsylvania, nel 1683, e Nuova Arnsterdam, che dove\·a poi mutare il suo nome in Nuova York, fu tolta agli OLwdr-si nel 1664. N,:,-11700 i Sctlftmrnt1 inglei;i già si stendevano da St Croix al Savannah per circa 1000 miglia da nord a sud. Non erano pc• nC'lrati all'interno più di un cento miglia; Rhode lsland e il Connecticut erano colonie che si governavano da sé; il Maryland e la Penmylvania erano sotto dei proprietari riconosciuti dalla Corona, e le restanti otto colo• nic erano governate da rappresentanti della Corona; ma era già cominciato il contrasto fra il nord, parte apricolo e parte industriale, e il sud eminente• mente agricolo e coltivato da i;chiavi. All'avvento di Giorgio I la popolazione della Nuova Inghilterra era inferiore ai centomila abitanti. :\Ifa già fin dalle origini le restrizioni commerciali, imposte nell'interesse della madrepatria, avevano soffocato le colonie. Una lcg~e del 166o imponeva che i prodotti maggiori delle colonie potevano c~i;crc sbarçati soltanto ai porti in~le~i; né le colonie potevano importare prod1.~. ti europei eccetto che su navi in~le~i e coloniali che fossero salpate da porti inglesi. Un'altra legge, del 1733, imponeva un::i:dogana sulle mcla~i;c importate dalle Indie Occidentali francesi, e un'altra proibiva alla Virginia di esportare il tabacco al continente europeo, sebbene poi per favorire la Virginia fosse stata proibita la coltivazione del tabacco in Jn. ghilterra. In tutte le dispute con la madrepatria i coloni americani usarono il linguaggio aspro e da legulei che da allora è sempre stato una tradizione delle negoziazioni fra l'America e l' fn. ghiltcrra. Ma i progetti di secessione non erano stati concreti fino a quando la pace del 1761 non ebbe allontanato il 1>ericolo della Francia. La guerra dei Sette Anni, così costosa, cr.1 stata essenzialmente una guerra per I'Arne• rica del Nord. La guerra di Sccessio• ne americana era cominciata con una campagna contro il tè. Boston, Nuova York e Philadelpbia ne avevano proibito la vendita; Boston aveva tappez• zato le strade (la pubblicità era già una ,pccialità americana fin dal 1773) con cartelloni che affermavano che il tè era la peggiore delle pesti, e infine una folla travestita da selvaggi aveva abbordato Je navi che venivano dall'Inghilterra con il prezioso carico dalle fndie Orientali, e lo aveva gettato in mare. Co~ì era cominciata la ribellione americana. I capi organizzarono un regno di terrore e cercarono di ottenere l'aiuto degli indiani. Gli in~lesì condussero la guerra di malavoglia, mentre in Inghilterra si levava per la prima volta un clamoroso partito antipatriottico, quella corrente che dovrva diventare tradiiionale, il partito che sostiene sempre le partì del ncmi• co. D'altra parte, era naturale che ali' Inghilterra ripugnasse combattere contro gente che in realtà discendeva dalla sua stessa gente. T generali man• dati in America si mostrarono campioni d'incompetenza. Ma la questione fu risolta da una coalizione europea contro l'Jnghilt<>rra: Lafayette metteva la sua spada al servizio dei rivoltosi americani perché egli era e persuadé que nuire à l'Angleterre c'est servir - oserai-je dir,: c'tst vt11ger? - ma Patrie». ~cl giugno 1779 anche la Spagna dichiarava guerra all'fnghilterra, e nell'anno seguente Russia, Danimarca, Olanda e Svezia aderivano alla « neutralità armata» che era una coalizione di ostilità passiva all'fnghilterra. La guerra americana diventava impossibile, e la Francia si era vendicata. Qualcuno dice che senza la stupidità politica dcli' lnghilterra sotto Gior- ~io II I le colonie americane sarebbero ancora politicamente unite all'fnghilterra. Ma è molto dubbio se qualsiasi concess:ione da parte del governo inglese avrebbe soddi~fatto l'amaro an• tagonismo delle genti della Nuova Inghilterra che si erano messe alla tcst.1 della ribellione. Anche dopo che eb• bcro vinto, gli americani vollero dare un colpo all'Inghilterra, mentre J'Jnghilterra combatteva per la- sua vita contro Napoleone. Senza la campagna di Russia è probabile che l'azione dc. gli americani nel 1821 sarebbe stata fa. tale all'Jnghilterra. Gli interessi dell'Inghilterra l'hanno sempre obbligata a trarre la spada contro qualsia')i potenza continentale che minacciasse di dominare tutta l'Europa i e nel ~ecolo XVI II vi era anch" una lotta politica tra il nuovo tipo di assolutismo (il Cesaropapismo) e il tipo di monarchia scmidemocratica che si consolidava in Inghilterra. La guerra di Successione spagnola cominciata nel I 702 era stata meno importante agli effetti imperiali della guerra dei Sette Anni finita nel 1763 ; ma in quella guerra furono combattute le campagne dell'India e dell'America. Il trattato di Utrecht assicurò all'Inghilterra tutta la Nuova Scozia compresa la Terranova, e Gibilterra. Con la pace di Parigi del t 763 non soltanto la NuO\•a Scozia fu assegnata all'Inghilterra, ma il Ca,udà con tutte le sue dipendenze l'isola di Capo Brcton e le ~1itrc iwl~ poste sul Golfo e sul fiume San Lorenzo. La Spagna cedeva la Florida e ricuperava l'Avana. Parecchie delle Isole Occidentali vennero date all'Inghilterra, e nell'Africa fu ceduta la Se~egambia. E si aggiungeva Pfndia. La guerra, finita disastrosamente nel 1783, costava invece non soltanto le colonie americane, ma Tobago e la S<-negambia che tornavano alla Francia. La guerra napoleonica differiva dalle guerre del '700 e del primo '800 perché si combatteva non più contro il Cesaropapismo ma contro la Rivolu7ione e una nuova forma di monarchia aperta all'ingegno e al genio. In termini di impero, le guerre contro Napoleone fruttarono, senza contare l'India le isole di S. Lucia, le Seychcllc"', ~l;uritius e ~1:alta, m~ntre gli alleati si vedevano portar via: la Spagna Trinidad; la Danimarca l'Heligo· J_and; l'Olanda Ceylon, la Guiana e_il Capo di Buona Speranza. La .rc~d1ta dello colonie amcncane er<l qumd1 se• guita dal formarsi di un nuovo impero, 111 parte come risuh~to d~ ci1•1quista? e in parte cavato agli ahn con meu1 cosiddetti pacifici. L'impero britannico quale noi lo cono~ciamo è quindi una formazione recente. La perdita dell'America a\ocva anche avuto un altro risultato, quello di far perdere un territorio su cui scaricare 1 rifiuti della delinquenza britannica. Gli Stati meridionali dell'America settentrionale erano stati usati a lungo per questo egregio sistema di colonizzazione profilattica. Perduti quei territori diventava necess..'lrio trovarne altri; ed ecco i viaggi di scoperta del. ca• pitano James Cook : scopre nel pnmo viaggio le coste della Nuova Zelanda e le coste meridionali dcli'Australia, e nel 1770 sbarca a Botany B.1y. Nd 1788 giungeva a Botany Bay il primo lotto di galeotti; e nel 1803 la Tasm;,. nia serviva allo stesso scopo. Il sistema acquista grande favore in Inghilterra perché risparmia la spesa di mantern:• re i galeotti; e in quella colonia mct· ton radice gli alberi genealogici dei futuri self-made men dell'Australia. Ma la manodopera a buon mercato era indispen~abile per lo sviluppo di quei nuovi territori, e i filosofi sostenevano che il e tipo criminale :t portava alle nuove terre una e mente aperta » che giovava tanto ai coloni quant0 alle terre. L'Australia fu presa, così per caso, in sci giorni, nel 1 788; e la penisola della Malesia, con tutte le sue ricche:zzc potenziali, fu presa su per giù alla stessa data; e l'Honduras fu tolto alla Spagna nel 1798. Sierra Leone fu fondata nel 1787, come colonia « filantropica :t di schiavi liberati. Ma dopo il 1850 comincia in I nghil• terra una curiosa tendenza. Prende radice• il pensiero politico che !e colonie sono un pcrn i il filantropismo antiimperialc auspica il giorno in cui l'ln• dia e tutte le colonie ~aranno tanto migliorate moralmente sotto l'illuminhmo ingie.-e da potersi governare da sé. Disracli nel 1872 doveva accusare il p::1nito liberale di incitare pertinacemente la disintegrazione dell'impero britannico. Stava di fatto che dopo la guerra di Crimea gli anti•imperiali ..ti avevano fatto strada, e s'erano ravvivati i sentimente di Joseph Hume, il quale nel 1823 aveva dichiarato in parlamento· che le colonie anziché accre• scere la forza di un paese ne aumentano la debolezza. Nel 186g e nel '70 la Nuova Zelanda doveva protestare a lord Granville per la politica d'abbandono delle colonie durante le guerre indigene, e la Nuova Zelanda parlò allora di staccarsi dall'irrtpero e ~ unir!i agli Stati Uniti 1 i quali a quel tempo volgevano occhi cupidi sulle isole Figi. 1-Ia le Figi furono aggiunte all'impero nel 1874. Il nuovo spirito imperjale si sviluppò tra l' 'So e il '901 sotto lord Durham e lord Ru~sell e lord Elgin, nipote del predone dell'Acropoli. li nuovo spirito d'orgoglio nell'impero fu stimolato da tre libri che ottennero tanta popolarità che parve avessero acceso un rogo di patriottismo che non attendesse al• tro che una miccia per divampare: l'EJpa,uio,ie del/'lnghilterra di sir John Secley, l'Ocea11a di froude e 1 pro• bl~mi dl'lla più grande Britan11ia di sir Charlcs Dilke. Nell' '87 fu convocata una conferenza coloniale come primo frutto del nuo\'o entmiasmo. f delegati australiani espressero la speranza che da quella data la politica coloniale \arc-bbe stata considerat.\ una politica imperiale; e quando la conferenza si radunò di nuovo nel 1894. non a Londra, ma ad Ottawa nel Canadà, apparve evidente che il legame imperiale era diventato forte. Fu formata una lega per la Federàzione im?('riale, e quando la terza conferenza si radunò a Londra nel 1 902 fu deciso che 'ìÌ r~1duna,se in avvenire ogni quattro anni e si chiama'ìse Confcrel17a imperiale. L'imperialismo culminò negli anni precedenti la guerra boera, ma ricevette da questa un colpo severo. Di• v('ntava chiaro che la guerra boera C'ra il primo assalto nella lotta fra l'Inghilterra e b Germania. Il due-Ilo ebbe l'assalto finale nella guerra del 19q.- i8, in quella grande guerra che si è detto fino alla nausea non essere st:ita combattuta per conquii;te territoriali: ma i risultati territoriali della grande guerra. furono molto favorevoli alla Gran Bretagna. lnfatti nel 1926 la super.ficic e la. popolazione dell'impero britannico erano le seguenti: Europa Asia Occ3nia Africa Am~rica • Miglia quad,alt 121.512 1.824.550 3.300.000 4.652.000 4.011.720 Popola(.ion, 48.000.000 333.000.000 8.000.000 50.000.000 l t.094.000 13.909. 782 450.094.000 Cifre che mostrano che i trattati di pace avevano ampliato l'impero britannico fino a coprire pià di un quarto della superficie abitabile della terra e contenere più di un quarto della sua popolazione totale. Il e libro azzurro » pubblicato ora dal ministero delle Colonie tratta soltanto dc:ll'impcro coloniale, os'ìia di una nona parte di questo smisurato territorio. Ma i mali che hanno colpito le colonie toccano an~ che i domi11ions, e attestano çhe quel disinteresse nell'impero, affermato dallo Humc e che aveva avuto nel Bcn- ~ham e in Cobdcn i suoi profeti, non e ancora cc~ato. C. M. FRANZERO
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