Omnibus - anno II - n.25 - 18 giugno 1938

MEMORIEINEDITE DI GIACOMOSAVARESE 11LA DI8PERAZIOJrfE DI KORAT" DOPO LA :BATTAGLIA DI TOLEHTlllO CSi&mp&popolart) [COHTnrtJAZ. DAl NUIIBRl P&EOBDBKTI] \ ~ OPO lunghe indecisioni e ri- ~., ccrche, si convenne che l'un- .,,. gherese sarebbe restato pres'i0 il ferito e l'altro sarebbe andato a cercare soccorso. Palma camminò per tre ore senza incontrare anima viva ed infine scoprì una capanna miserabile, ove seppe da una vecchia che occorrevano ancora tre ore di marcia per arrivare al primo vilJaggio, ma che questo era anch'esso in possesso degli austriaci. Infine, dopo altre domande, Palma comprese che il villaggio era situato sull'altro versante della stessa montagna occupata dai soldati che avevano tirato su di loro. Il giovane tuttavia non si scoraggiò : continuò la sua faticosa marcia e .fu abbastanza fortunato di sentire qualche ora dopo 1a campana deUa parrocchia. Si arrestò, e, quando la notte fu calata, entrò nel villaggio e si rivolse al parroco : per fortuna costui propendeva per i repubblicani e, per un caso ancora più fortunato, suo fratello era un abile chirur~o. Fu convenuto che il chirurgo sarebbe andato a visitare il malato accompagnato da Palma e da quattro affiliati, i quali, se ve ne fosse stato bisogno, avrebbero trasport2.to il ferito in una barella. Essi partirono a mezzanotte, e, per un sentiero più breve e meno faticoso, arrivarono prima del giorno alla spiaggia. Il giovane aveva avuto la gamba spezzata da una palla e occorreva trasport.irlo al villaggio. Poiché il povero ferito non aveva denaro, Palma volle dividere con lui quanto possedeva e, cavando la borsa che gli era stata regalata dall'abate Castracani, gli contò dice.i luigi d'oro, esattamente la metà del suo tesoro. L'ufficiale ungherese, alla vista di questa ricchezza, sgranò i suoi grandi occhi azzurri. e : « Monsignore >, disse indirizzandos~ a Palma, « io sono dolente di non aver avuto forse per voi tutti i riguardi dovuti al vostro rango. Vi supplico di perdonann.i e di non dimenticare neanche me, perché anche io sono senza denaro ». « Tu mi prendi per un gran signore>, rispose Palma, « e osi domandanni del denaro? Sappi, mio caro, che io non sono che un popolano, e soltanto a questo titolo divido la mia fortuna con i compagni. Ecco, non mi restano che dicci luigi, prendine cinque per te ». Il giovane ferito era lo stesso Pictrini che Palma ci aveva presentato per accompagnarci a passeggio tutte le volte che egli non avesse potuto farlo. Palma fece in seguito la campagna del Tirolo sotto gli ordini di Macdonald. Al campo di Bologna era già capitano quando Napoleone rimandò a servire nella loro patria gli ufficiali napoletani arruolati nell'esercito francese. Cosi egli ritornò a Napoli col grado di capobattaglionc, e, poco tempo dopo, partì per la Spagna dove $.i guadagnò le spalline di colonnello. Nel 1815 fu inviato ad Ancona e, dopo la disfatta di Tolentino, ebbe J'incarico di coprire la ritirata dell'esercito in fuga. Egli cominciò per liberare la colonna del generale Pino che, circondata da tutte le parti dagli austriaci, stava per abbassare le anni. In questa occasione fece dire al generale Carrascosa di inviargli due pezzi di ar• tiglieria cd uno squadrone per inse• guire a sua volta gli austriaci, che bat• tcvano in ritirata davanti al fuoco bc.n nutrito dei suoi due battaglioni. Car. rascosa si rifiutò e Palma dovette ri• nunciare a riprendere l'offensiva ed arrestarsi. Ricondusse il suo reggimento a Napoli e spinse la delicatezza fino a non voler prendere dalla cassa quan• to occorreva per pagare il suo credito, bençhé egli facesse dare perfino la paga arretrata ai suoi ufficiali. Il trattato di Casalanza assicurò poi a tutti gli ufficiali di Murat la conservazione del loro grado. Al suo ar• rivo a Napoli il principe di Salerno fece chiamare Palma e, dopo essersi congratulato con lui per la sua bella condotta, gli disse: « Voi siete il più vec• chio colonnello dell'annata, voi avrc• te il comando del primo reggimento che si formerà». Ma Palma non era che un soldato. Egli non possedeva alcuna istruzione cd aveva fatta la sua educazione militare unicamente sui campi di battaglia. Le prodezze di cui era stato attore e spettatore nel tempo stesso, avevano sviluppato 1a sua intelligenza e il suo cuore. Palma non desiderava altro che l'organizzazione di un reggimento. Pure quest'uomo aveva conservato una purezza ed una austerità di costumi quasi favolose. Sempre assorbito dal servizio, non dor• mendo che tre ore sulle ventiquattro, visitando durante la notte le camerate dei soldati di guarnigione, o le tende al bivacco, sorvegliando la distribuzione del pane e della paga, ispezionando sempre gli armamenti, le munizioni e la biancheria dei soldati, il tempo gli mancava per pensare ad altre cose. Pallido, gracile, di una magrezza dJ. fare spavento, era di una sobrietà <li gusti da far arrossire il più austero anacoreta. L'armata francese era il suo universo, Napoleone il suo Dio, la bandiera la sua religione, la disciplina la sua teologia. Amico tenero e devoto, dolce e compiacente, egli si impietosiva delle disgrazie altrui, e distribuendo ìl suo aenaro agli ufficiali che maggiormente ne avevano biwgno, era pili povero dell'ultimo dei suoi soldati; ma in cambio egli puniva le disubbidienze con una crudeltà senza esempio e faceva fucilare un soldato con lo stesso sangue freddo e con la stessa indifferenza con la quale si fa tirare il collo ad un pollo. Malgrado ciò, era amato dai suoi uomini fino all'idolatria cd era invincibile alla testa del suo reggimento. Palma non si intendeva affatto degli eventi politici del suo tempo. Non poteva né comprenderli, né supporre le cause di demoralizzazione che avf'vano dissolto l'esercito napoletano nel 1815. Egli non riusciva a capire come un e• sercito così bello, cosi bene armato cd equipaggiato, si fosse lasciato battere dagli austriaci, ,che profondamente. disprezzava, e come esso fosse svaporato come nebbia al sole. Aveva spiegato tutto questo con il tradimento dei generali e li odiava. Perciò, quando il principe d.i Salerno gli aveva testimoniato la sua stima, egli aveva risposto domandando il suo passaporto e rifiutando ogni offerta, perché pensava che il suo onore non gli permettesse di rimanere nelle file con uomini che avevano cosi bassamente tradito la loro bandiera. Era partito per !vlarsiglia e lì aveva trovato 1{urat. La~ua indignazione aveva raggiunto il colmo vedendo gli ultimi servitori del re, quelli che lo avevano accompagnato nell'esilio, farsi pagare con denaro contante la loro devozione. « Quando io vidi quei disgraziati », egli diceva, « prendere congedo dal re e domandargli del denaro, io credetti morire di vergogna; ma quando vidi quel disgraziato sovrano aprire le valige per dividere le sue ultime risorse con dei miserabili che tendevano le mani come dei mendicanti, io credetti di mo• rire di rabbia per non poterli fustigare in piena Cannebière ! ,. e inutile aggiungere che Murat offrì del denaro anche a Palma e che questi lo rifiutò. All'indomani del suo arrivo a !v[arsi• glia, dal governo francese fu nomina• to comandante di una legione di uf. ficiali, e partì per raggiungere il grosso dell'esercito. Ma era troppo tardi. Napoleone, battuto a Waterloo, abbandonato eia tutti, pensava già di trovare un asilo là dove lo attendeva una prigione. Pal• ma si ritìrò a Roma, e, facendo valere la sua cittadinanza di romano e ìl suo congedo di ufficiale francese, ottenne il sussidio accordato a tutti i romani che avevano servito in Francia. Questo sussidio si riduceva a quattordici scudi 'al mese, all'incirca ventiquattro franchi. Pietrini, che abbiamo già conosciuto, non aveva alcuna delle qualità nobili e brillanti di Palma, ma era anch'egli un bravo soldato cd un onest'uomo. Già capitano nell'armata italiana, aveva preferito vivere stentatamente del modico sussidio, piuttosto che far parte dell'esercito pontificio. Le cause del suo rifiuto erano tutte politiche. Il disgraziato Pietrini si immischiava di politica: cospirava con• tro il governo papale che egli odiava e disprezzava. Qualche mese dopo il nostro ritorno da Castel Gandolfo, Zurlo, per migliorare la condizione di Palma, gli trovò un'occupazione presso il principe Sciarra.Colonna in qualità di amministratore. Pietrini divenne il nostro mentore, e fu incaricato di accompa• gnarci nelle nostre passegiiate del pomeriggio. 11 povero Pietrini cominciò a metterci a giorno di tutte le sue pretese cospirazioni. Esse erano fondate sempre sullo stesso progetto: mettere fuoco al grano ammucchiato nei dintorni di Roma, approfittare dell'assenza della truppa attirata sul teatro dell'incendio per sollevare il popolo e proclamare ... che cosa? ... Qui cominciavano le difficoltà, cd era sempre il punto su cui i cospiratori non erano d'accordo. Pietrini aveva stretto relazioni con parecchi sottufficiali della gendanncria, che in altri tempi avevano appartenuto all'annata d'Italia, e con parecchi ufficiali in pensione, suoi vecchi compagni. Ci riunivamo tutti ora in un caffè, ora in un altro. Si beveva del sedicenti! vino di Orvieto, co• ~ì caro :"IÌ romani, si mangiava l'insalata e qualche volta del prosciutto. Era in questi locali che si cospirava, ma assai innocentemente. Il comitato si arrestava sempre allo stesso punto e arretrava dinanzi alla conclusio'1e che si rinviava sempre all'indomani. Il giorno dopo ci si accorgeva di non essere più avanti della vigilia e si finiva col ricomjnciare da capo. Quantunque non fossimo che dei fanciulli, mio fratello ed io avevamo già l'intelligenza abbastanza. sviluppata per notare tutto il ridicolo dei nostri amici e per farci beffa della loro follia. Ognuno dei convitati pagava la sua frugale consumazione, e, quantunque mio fratello cd io ci fossimo offerti di fare le spese della brigata, essi non accettarono mai. I sedicenti congiurati non diffida• vano di noi, ci mettevano a parte dei loro '-<·gr<'tie noi li abbiamo 'iCrnpre a<.:euratamcnte custoditi. Zurlo non h.i m;1.i:.aspt.:ttato quanto pt-ssimo u'-0 facc..simo noi del nornio tempo nei caffè di Campo Vaccino, e che raz-.ta di conoscenze ci procura~ Pietrini. Lo ste~so Palma non lo seppe che nel 1831 quando leggemmo su un giornale di Roma il nome del Pietrini tra i condannati politici in seguito alla rivoluzione di Bologna. Del r~to, Pietrini non credeva di tradire la fiducia di Zurlo e di Palma, né noi perdemmo qualcosa nel trattare le perM>ncdi cui egli ci procurava la conoscenza: io' credo anzi che vi abbiamo guadagnato molto in e!lpcrit-nza, perché abbia• mo appreso di buon'ora a burlarci dei cospiratori e delle cospirazioni. Dopo tutto era dellrt br,wa gente, e, a parte la mania di politica, essi erano pit·ni di riguardo pe1 noi e la più grande convcniem.a regnava nei loro di.scorsi. Più tardi io stesso ho cercato di spiegarmi il fenomeno di questi dieci uo• mini, già avanti negli anni, quasi tut· ti padri di famiglia, che, senza mezzi, senza amici, osavano sognare di cam• biare il governo, e mettevano a. parte dei loro progetti due ragazzi cl,; dieci o dodici anni. Ho finito per persuader• mi che essi cospiravano come tanta altra brava gente fa la sua partita mç• todica di whiJt o di bigliardo, per ingannare la serata. E quante volte la mania assai più dannosa dei governi, di voler tutto conoscere e tutto reprimere, non ha finito col trovare dei cri• mini di alto tradimento là dove non vi erano che delle scene di interni degni del pennello di Teniers o di Bruegt·I ! In compenso, o come titolo di com• penso alla nostra cattiva condotta, noi facemmo nello stesso tempo la conoscenza del cardinale Fesch, zio di :,fa. poleone. Monsignor Nicolai ci aveva condotti un giorno alla dimora del cardinale per mostrarci dei quadri. Il cardinale era nel salone e gli fumtno presentati : ci accolse di buona grazia e ci fece parecchie di quelle domande banali che le persone anziane ed altolocate hanno l'abitudine di rivolgere ai ragazzi per far meno pesare la superiorità del loro spirito e del loro rango. L'interroga torio era per finire, quando, vedendo due miniature su u11 cassettone, io esclamai : « Ecco il re Gioacchino e la regina Carolina. Queste miniature sono evidentemente dello Zuccarclli >. Sua Eminenza fu colpito dalla facilità con la quale io avevo indovinato il pennello dell'artiMa, poiché i due ritratti erano proprio dello Zuccarelli, famoso miniaturista napoletano, che io conoscevo perfettamente perché aveva fatto tutti i nostri ritratti in miniatura. Il cardinale fu dunque lieto di scoprire un amatore nel suo nuovo piccolo amico, e la sua soddisfazione aumentò via via che io indovinavo il soggetto di ciascuno dei quadri, la scuola a cui essi appartenevano, ed anche il nome del pittore. In effetti, avendo visitato tutte le gallerie di Roma, ed avendo passato quasi tutte le mattinate piovose nelle gallerie Sciarra-Colonna, Corsini e Borghese, avendo vissuto con Camuccini, Canova, Thonvaldsen, di cui Zurlo era amico intimo, avevo acquistato tale pratica da poter passare per un vero conoscitore. Il cardinale mi prese in amicizia, e da quel giorno andammo regolanncnte da lui tutti i giovedì. Il cardinale aveva da poco acquistato un quadro di rara bellezza, della scuola fiamminga, di cui nessuno aveva potuto indovinare ;i soggetto. Rapprc~cntava un giovane seduto in mezzo a due fanciulle. Il giovane aveva l'aria. molto allegra ed animata, col braccio destro cingeva la vita della giovine che gli era a diritta, mentre la sua mano sinistra serrava la mano alla fanciulla che era a mancina. Le due giovani invece avevano l'aria tormentata e sembrava che evitassero gli sguardi del giovane con un k-ggero movimento della testa~ Si notava nel• le loro figure un abbandono che esprimeva il loro malcontento, e che contrastava con l'espressione civettuola dei loro graziosi occhiètti. Lo sfondo del quadro rappresentava una prateria limitata da un boschetto. Sullo ste~so piano delle figure, alla destra di chi osservava, vi era una pietra enorme, di una perfezione ammirevole. Tutti gli artisti e tutti i conoscitori, chiamati a volta a volta, avevano finito per credere il quadro uno studio, vale a dire un quadro senza soggetto. Infine il cardinale decise di farlo pulire e restaurare, ed il restauratore non tardò ad accorgersi che la pietra era un capolavoro fatto per nascondere un'altra figura: si mise all'opera e alla fine di una giornata di lavoro riu• scì a scoprire un grazioso amorino, se• duto per terra in mezzo alla prateria, che si sforzava invano di lega.re, con una piccola catena dorata, tre cuori, di cui il terzo gli sfuggiva. Questa scoperta colmò di gioia il cardinale e tut• ti accorsero per ammirare il pensiero dell'artista che aveva così abilmente espresso la natura dei legami d'amore. Fummo anche noi chiamati a nostra volta ad essere testimoni della sodd.isfazione di Sua EminenzaJ ma io avevo un bel guardare, non scoprivo niente circa il soggetto del quadro. I misteri dell'amore mi erano ancora sconosciuti e ignoravo che l'amore I: un segreto, e che non vi sono segreti a tre. Il cardinale se ne accorse e parve riflettere un istante: lasciò cadere la conversazione e fece relegare il quadro in una stanza a parte, destinata a conservare le opere che non si mostravano a tutti. s -(contfoua) GIACOMO SAVARESE Perchè rovinarsi lo stomaco colle co11tinue purghe di azione troppo sollecita e quindi tutte più o meno irritanti? Adottate le Pastiglictte Brioschi rci:;olatrici dello stomaco e dell'intestino, di azione lenta m,, radic.1lc e completa, che non danno il minimo disturbo; particolarmente indicate per coloro che hanno lo stomaco in disordine: comode, economiche e verami'nte benefiche: provatele, ci 1 ingrazierete. AchilleBrioschle C. -Milano Il BERTOLDO LAGAITA IN AMORE - CJ,,,,,.,.,, .,,11Ko/J/11r111J11(il11 111/11 r•ttf,,,, Ji,,,u,,, Jro/••11llf, :::,.;/:",;':;,;:7; ,~"::t;:;~:;~:. I L,, "'''" u•('••or.- 110" I,,, uo;,o, ,.; I"" J.,,1,_, J,· l•11l0 •• l••lo •• topo. H11, /oru, 1'1'#1/1 u.1,,_JJ.,,,{•li •• IMltt JoJo ,.,, ,., ,.,•J,,,,,,,(J lr11Jit,11; .,o;, 'ClirnrrJlf, i wllri u,1111•or11li .,, li ,,,,,1, ,,,.,,,,,,,, I'' /,, "i'"· Crrto, 111u1,trdo """'• ,, ,r lo J,t,, 'li Jo•uJ J11, 10,rliol, ""#lhlr. - Sr,rrrt11 •o•~,,,•,, .,..,,.".''"• rù,ou 1-.t"""'" prof""'"'" "'",•;il wS,,po,,, ,,/ /.,11, F•ltori,11• ,4, .,,. j,.,J i11••orr /ort11••IJ1. 0111i ,,,,,.,,,, .fJlltJI, 11/ ,,,.,, Ji ,.,, •o• #JJI ,1,, ,,11Jo11,Ji • ///SET• MO~ALE Come le htlle dooM H\Clic le gmc uuoo ~lo del c~pooe al I.atte• BlSETTDdANALB UMORISTICO OHE PA n. CUORB eOKTENTO. EBCB n. MARTEDÌ E VBNERDl. IN TUTTE LE .EDIOOLJ D"JTA.LIAA to OENTEBildI

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