Omnibus - anno II - n.25 - 18 giugno 1938

( PALCHETRTOIMA)NI !tàJ.à1:!)J!}J~ i UANDO senti parlare della e fortunaia stagione • di una compagnia teatrale; quando odi tinnir di soldi sulla tavola del bottcghìno; quando vedi il pubblico dar fuorì con risau:, soffiate di naso e applausi scroscianti, sta pur sicuro, o uomo, che si tr..ltta di una compagnia dialettale. Il simile ha incontrato il simile. tlna compagnia è dialettale non solamente perché recita in dialetto - questa lingua dei poveri - ma perché il suo repertorio, i suoi me1.1:i,b. sua mentalità sono di~lettali, cioè a dire ridotti alla misura di una rrgionc. :\nchc il 1catro dialcualc è un tutro per pochi. Talvolta, le cornpagnil" dial(•ttali hanno tentato di e tirarsi su > con qualche lavoro .scritto originariamente in lingua, soprattutto con opere tolte dal grande repertorio teatrale. Loro idC'alc erano i Se1te cont,o Tebe reci1ati in 1eramano. Ma questi ambìz_iosi progetti, le compagnie dialettali è un bel po' che li hanno dimessi, e oggi cue trovano più spcdicn1e, pi\! lucrativo soprat• tutto, attenersi a un reper1orio che non ,upcra il livello della faru. lii preturti, quesla decana dl·llc faise che nasconde la podagra sotto i mutandoni a piuo, la vediamo pauare allegramente dal meneghino al picmon1ese, da Ferra.villa a Casiileggio: st"gno che la stupidità non muore. Come si spiega tanto favore delle compa• gnic dialettali, i privilegi di cui esse godono, la loro invulnerabilità di fronte alla critica? Sugli intossicati dal cercbrafomo teatrale, la e '-loa semplicità > dd teatro dialettale fa te.ffetto dell'aria montanina. Così ,i dice. Quando si traua di giustificare un ba»o istinto, le tt-oric non fanno mai diretto. '2. quest'allean:ta con gl'istinti più bassi, che rende le compagnie dialettali in\ iolabili e sacre. Come gli autori morti, le compagnie dialeuali non dànno fastidio. Ma ,e si è cattivi col teatro d'c eccezione>, perché euer buoni col teatro dialettale, questo teatro d'eccezione e capovolto >? Nt-1 favore delle compagnie dialettali entra una parte di snobismo. Lo snobismo è multiforme. Tra le varie forme di snobismo c'è ancht' la finta rusticità di quegli sciagurati, che consumati i calzoni sugli sgabel• Ioni dei bar di via Veneto, si mettono d'un tratto a non \Oler che pane casareccio, dimenano le ganasce, fon saliscendi col pomo d'Adamo, si dànuo dt-lle arie da rurali, e adorano> le fa\C col perorino, e 1n manc.rnza di spettacoli popolari, che, come si sa, non esistono più, si rifanno col teatro dialt'Wth.•. ~111 lo snobismo rustico non esa.urisce la quiJtionc. Il grosso dei frcqucnt.ato,i delle compagnie dialettali è dato dagli spontanei e dai s..:mplicioni. A vedere con quale immediatena il nostro pubblico risponde a quelle puerilità, il cuore ci si dilata e apre le sue porte alle più rosee speranze. Dicono la semplicità una virtù e una forz.a. E se fosse un vizio e una debolezza? In ogni modo, quell'onda di semplicità che dal palcoscenico trabocca in platea, e dalla platea rigurgita sul palcoscenico ; quella semplicità così vicina all'imbcstiamento e prossima a diventar pericolosa, noi ci tur 1 ,1 come uno spettacolo vergognoso, c'isp'.,a una grande, una profonda, un'infinita tristczu. Tra le compagnie dialeuali, la compagnia di Mario Casalcggio è la più dialettale di tutte. La sua prl"Senza fra noi è un m:racolo di anacronismo. Tipi e costumi già vecchissimi al tempo della nostra infani.ia, si perpetuano davanti a noi, senza alterauoni sulla verduza d'allora. Se qualcuno desidera uscire una mattina di casa e ritro• vare le signore con lt'! maniche a coscia, i signori con la barba a Hntaglio e i signorini col bavt-rone inamidato appollaiati sulla ruotona dd velocipede, vada a ,entirt'! la comp,1gnia Casalcggio l'! il suo desiderio sarà appagalo. A giorni fes1rggcremo con un bicchierata di Freisa il centesimo anniversario di questa simpatica compagnia. Col dire che la compagnia Casah:ggio è la più dialettale di tutte, s'intende che essa è la più popolaresca, la più sempliciona. Sulla scala della semplicità è facile s1abilire una graduatoria tra compagnie dialettali, che potrebbe valere come quadrr, cc,mpa• rativo tra regione e regione, una 1opecic di etnografia interna. Nelle compagnie \enc• -zi•ne il tonto è J>("r lo più un finto tonto, e quanto alle donne si tn·ma al costante timore eh.- e»c brucino le tappe del lecito, e varchino quando uno meno se lo aspetta le frontiere della morale e delle virtù popolaresche. Nelle compagnie napoletane, e specie nei Oc Filippo, si perpetua in esse l'antichissimo l'! vcntrabile spirito mediterraneo, nel quale caricatur.t e tragedia si ronfondono, e cosl pure l'osceno e il sacro. :-lelle sole compagnie piemontesi, semplicità e· candore sono schietti. Gli attori della compagnia. Casalcg((io non wno uomini come \'Oi e noi, ma bambocci di stoppa coperti coi fracchcttini a quadroni, i pantaloni a J.Cacchicra, i panciotti sciallati, le barbe e i baffi di barnbag.a, i tubini color caffdatte, i na.si finti del vecchio e glorioso guardaroba della farsa. Perché nasconderlo? Casalcggio fa salirr uh·olta la farsa al livello di un'aha c.2ricatu1a. Nell'atto terzo di Il tiudice ùtrut· tor~, il gruppo del pretore, del suo assi• urnte e d.al cauc-cllierc, inquadrato dentro un pr,,ticabile cobalto, prt'nd~ la forza e il carattere di un Daumier. Chi ci guarda allo, .1 da tergo ci scambia p('( gobbi, tanto t lo sfor:zo per 51•ppellirc df'ntro di noi il ri10. N't·l bozzello Il carabiniere di E. Gemelli, a petto al quale i bouctti di Edmondo Dc Amicis diventano modelli di cinismo, i car.abinicri di servizio ritti nel fondo d.-lla sala .segui, .1.no sulla scena le vicende ddla ~m1ordinaria mollezz.J d'animo del loro collega Marotti, e non crrde\ano ai pro• pri occhi. Pa una dclica1a attenzione, il fondale fi. gurava un paesaggio tra Cavorct10 e Coc-- (onato, nello stile mite di certi pae5isti pit'• montesi, che, come ~fanzone, nascondono sotto una scorz"' rude un'anima di tota. ALBERTO SAVINIO B.OlU • AB.lETE llf TB.J.VEB.TlNO SUL TETTO DEL PALAZZO GALLESE A 8.ANT'APOLLllfAB.E 1111 Il ~~ OPO che la . lettera del com- ::;.::;.,,. mendatorc ci ebbe procurato - così gravi delusioni, ne ricc• vcmmo ancora tre o quattro, tutte molto belle, e tante grazie al signor Emilio, di Brescia; ma la più importante era certamente questa, scritta ,;u gr0::,sa carta di Fabriano, con vistoso motto: Per Aspera ad Astra, monogramma lavoratissimo, e circondato di piccoli simboli, quali fiaccole accese, ali larghe, nuvole cd uccellini: una cosa proprio fina. Le parole stesse, tracci.llc in inchiostro violetto, erano estremamente decor;'.!.tive, con punti e<ielamativi, lineette, puntini di sospcn- -.ione, e, per lo più, di elogio per la mia Arte, per la mia Anima, per la mia Sensibilità: ci res.tammo tutti malissimo1 pcn-.ando ad uno scherzo crudele, ma, dopo tutto, c'era una firma, fcmminilc 1 che d.,va•all'insiemc un carattere scrio: il nome era degno del motto e della calligrafia : non ci ricordiamo esattamente se era Mila o Ornella o Bi,111cofiore 1 ma qualcosa del grnerc. Qualche giorno dopo arrivò una i.e-conda lettera della st<',~'l i,ignora : dicc,._l che aveva troppa vogli..t di conmccrmi, e lòabato sera i.arcbbc venuta qui a C., e mi avrebbe aspettat.1 in una certa osteria, « dove, tra l'odor salso del mare, le nostre anime avrebbero ra~giunto una squisita comunione spirituale». Questa osteria, appunto, è celebre per le sue zuppe di pesce. Co,ì venne l.t sera del qbato. Ci seccava molt_o uscire, perché pioveva for. te; d'altra parte pensavamo che Mila, o Ornella, o Biancofiorc> aveva fatto un viaggio appo11ta per mc, e poi, vero?, bisognJ. avere dei ri~ardi verso una lrttrice di tale importanza, e poi us.tva tante maiusc-ole che proprio dovevamo C'ìscrle riconoscenti. And.1m• mo dunque all'osteria: ci sentivamo terribilmente intimiditi. vedevamo bcnislòimo Mila scendere da una macchi- . na lunga nove metri, coi capelli all'angc-10 1 una pelliccia di ermellino biondo, tre orC'hidcc sul cuore.· cd uno smcr.1ldo quadrato al dito mignolo. Anche i 'ìuoi piedi ,archhcro stati raffinati,simi, suole alte venti centimetri, e tcm• !)(''it,ttc di bullettoni, mentre profumi, anzi ;iromi, !ii ,arrblx·ro sprigion;1ti da lri: noi ahhiamo letto solo un libro di d'Annunzio cd uno di Pitigrilli, ma ci pare. pre-.s':1poco, che lt· donne veramente elq;:..rnti e superiori debbano avere quell'aspetto lì. Per questo, entrando, rC'itammo mortificati pemavamo che Biancofiore non f~'iiC venuta. Le 'ì,tkttc dell'oste1 ia, dato il n1.1ltcmpo1 eran quasi vuol<.'· la padrona ci fece un 'ìaluto insonn~lito; un marc'lci.11!0 dei car.,binicri ci di,,c: t: Che acqua! >, cd il carne• rinc ci offrì non un t.wolo, ma venti. Mcntrr ci gturdavamo ancora intorno, vcdc1mno una donnetta :t.lz.arsi e ,cnirc n·r\O di noi: .l\('va un vestitino nero, u11.1 di quc·lle vdcttc, che paiono ,emprc umide di pianto, saliva, o raffreddore, posata Ml un cappelluccio buffo, di paglia; anche le sue calze mcttev~mo malinconi.1, con le qu~ltro macchie sulle caviglie, che rivelano il lungo uso e la cera nera delle scarpe. e E: lei la signora Brin? > domandò. lo dissi di sì, arrossendo molto; pen• <;avo alla mia Arte. alla mìa Sensibilità, alla squi!oita comunione delle anime, e mi parevano pensieri addirittura indecenti. Finalmente ci mettemmo tutti a sedere. Il cameriere portò la zuppa di pesce, che era la sola cosa gradevole e vera del momento, perché io non sapevo cosa dire a Biancofiorc, e Biancofiore non sapeva cosa dire a mc; inoltre avevo una gran fame, mio marito pure; la ,;ìgnora invece sollevava con precauzione un moscardino e poi lo lasciava ricadere nella scodclla. Ma dopo un po' riuscimmo ad avviare un discono qualunque, St.:mprc girJndo intorno agli argomenti che ci parevano da evitarsi, qudli, appunto, Sensibilità cd Arte: ragionammo di pioggia, omb1clli e p.rne arrostito, finché la signora ci chiese, a bruciapelo, quel che pcn,-avamo di Tagorc. Purtroppo non ne pensiamo niente, non lo abbiamo letto mai. « E di Mistral >, incalzava t1utlla, « e di \Vhitman, e dcli' AleMdi, di Pastonchi, di Vittoria Aganoor, di Sibilla Aleramo, di Cui~ do GoZLano? >. Noi eravamo occupati'isimi .l 11put.trspine sul piattino, perché m.rngiarc zuppa di pesce non è un lavoro molto facile, ci vogliono tre piatti diversi, e poi forchetta, cucchiaio, coltello, e ancora non bastano: così quella telnpesta di nomi ci sconcertava molto, facevamo dei sorrisi imbarazzati, dicevamo: « Sa.. Veramente ... non ricordo ... mi pare, al ginna5io... >. Ma la iignora non sì placava: e E DiejZOValeri >, domandava. « che cosa ,uggcriscc al suo cuore? ». lo non ho mai letto, e mc ne rincresce tanto, una sola riga di Diego Valcri. Decidemmo allora di interrogarla noi; ,almeno avrebbe parlato, l.1'iCiandoci mangiare in pace, e fac<'mmo il ncrm· di quei pochi poeti che cono- 'ì<i:11110bene, come Montale, Ungarclli, Cocteau, m:l. li scntiv.nno c.tdcr nd vuoto; Bi.rncofiorc corrugava. le sopr;1cciglia, diceva brevemente:« ).·fai ')Cntito nominare »1 e poi tornava a Diego Valeri. Qu,,ndo cominciammo a m,,ngi;1rc cal.tm,uctti alla lucidna, I.i ,if~nora, agitando indolentem<·nte la fo~tta tra i tcnt<1coli, ci domandò, con e-,trcrno pudore, la 110,tr,1 opinione sud' Annunzio: capimmo subito che "'i tt.ltt~wa del Grande Amore della ,u.:i \'it., e ci regolammo in conscgu<•nL~LTr.1 un calamaretto e l'altro, ci confidi> di e,,erc dicitrict" dì ,cr,i, o .1lrneno di esserlo stata fino 1I 1924; aveva fatto anQlC' dei giri attr.,, ("r\o tutla I' ltali,l, ot1cn<·ndo sinceri 'ìUCCe!>;;Vi. edemmo ,ubito il ~uo brillante pa..,sato, gli abiti cli t..i.ffct.ì nero guarniti di pi77.i acm,1, i c,1pclli un poco ~compmti per f.i.r la testa di Musa, mag;'.!.ridelle calze di ,c•ta viola. Ma ora i tempi si son fatti difficili, ci spiegò la signora aprendo il suo carciofo, non abbia.mo l>iù veri poeti, se si eccettuano, natura mente, Novaro e Villarocl (notò con profondo stupore che noi non conoscevamo né l'uno, né l'altro), cd anche il pubblico è cambiato, il cinematografo uccide la poesia pura. Intanto seguitava a piovere; tutti i clienti <;rano partiti, perfino il maresciallo dei carabinieri; la padrona org.:inizza.va la sua manovra ahituàlc per cacciar via i ritardatari, accendeva e spegneva i lumi, faceva chiudere la porta, dava all'intera osteria un'aria definitiva, solenne, di prossimo sonno. Ma la signora, posata la buccia della ban.a,~a, raccolse le mani a coppa, vi poso 11mento, e con \/OCearti:-.tic.:1mcnte bassa e velata cominciò a recitare una lìJ>ecicdi cantilena, piena di soli calanti, terra rossa, rondini stridenti e bam. bini stellari. Noi eravamo pii.:ni di sonno, inchctiti di stanchezza, come se avessimo bevuto un vino forte: interromperla non o~ava.mo, ascoltarla non ci riusciva; così tutti i nostri sfor-l:ierano di~ctti ad evitare di sbadigliare. Il cam~nere andava avanti e indietro, ..b.1d1glia11do forte; tutti gli odori di zuppa e pellte vario si erano fermati in aria,. sospesi f_ra le p.ircti di legno, ma la 'i1gnora 81ancofiort·, perduta in sogni meravigliosi, modulava dolcemente storie di (Ii d'erba, d'angcli e di argentei lidi. Finalmente trovammo il corJ.ggio di ricordarle che l'ultimo treno partiv,l alle 0,15, e le restava gimto il tt·mpo di arrivare alla suzione. Lei, con un sorriw dolce e i.tra?iantc, si ,trappò alle 'ìUCf.1nt;'.!.'iiCin, filò un mantello di fai~ I.una, cd U'i<'Ì con noi, che volevamo accomp.1gnarla alla p..irtcnza. P,,rvc improvvisamente che si ricord.1s~c (1u,ilcosa d'import.intc, pcrch(- prc,:,c il mio braccio, e Mltto l'ombrello cominciò a parlarmi, con molta fretta e molte ~noi e into1ial:ioni, della mia Arte, &n'ìibilità, Anim.1, seguitando co,;ì fino al monwnto di 'i:l.lin: nel suo sco111partiincnto. fo ero piuttO':ilo incc-rta, non capi\'O il per-ché di tante lodi, d~wvero immeritate·, vi~to che sono co,ì i~nor.1ntc e non di,tinAuo No• v,1ro d,, T.tgore: m,1, tre minuti prima di p.1rtirc, la dicitrice ,j chinò ,·<•rso di mc, e: e J..('i dovrebbe», disllC, « pre<,.('11ta1c ;111.1 redazione cli Omnibus akuni ,·tr,i miei, dei vcr,i veramente buoni ». Pa•hi) il carrettino dei cus<·ini. « lo non chiedo compcn,o », proseguì, « mi ha.,1.1,qu.rndo ricevo il giornak-, ,cd(·rvi ~tampati i miei ,n,i, con il mio nome sotto; si capisc<.·, dopo tutto è un reg.ilo che io faccio .ti gior11.tlc, e n1i pare rhe dovrchlx·ro t~!>--cr bl'n C(Hltc'nti, quelli di Onuubur, di trov:ir gente che \;.1ppi.111crivcrc,e che accetti di lavorare grJt11it,u11cntc! >. P.ilì\Ò il ca, rcttino del caffè caldo. e Lri che è nell'ambiente rcdalionale >, gorgheggiò graziosamente, e deve far quc,to per mc: promette? P10n11w·? >. Il treno p.irtì. Andai a casa molto tristr, perché ,tvcvo capito tutto, la stori,1 della mia Anima, Arte, Semibilità: per A,pua ad ÀJtra. IRENE BRIN '-.Y~4f>:a DEL VANTAGGIO IN Cl UGJ,1O le piaue romtine scottano di sole, e occorre lrat11rrsarledi corsa, ti occhi b4lri, con le tempie du doltono. Ma il provinciale no, n\Jn ricorre ti qJUsta pruden:_a; passe11ia calmo, tittento a► mo· numenti: non tliene sfutte nemmeno i.no. Il fore&tiero venuto a Roma in ter:_a, per una titti domenicale, ha ltJ PO--!ien:.ad'un bue, Dodici, quindici ore, ha meno per ar· rivtire fra i marmi e lit colonne, da Vercelli, da Gori{ia, da Brindisi o Traptini. U oJJa rotte vorrebbero u,i letto; la poltrona del coffi in pia:.:.a dell'Esedra o piaua Vene.citi non ba,ta; ma lo resisten,ea dei titanti provinciali# tanta. Votliono vedere tutto: per i racconti di domani in famitlia o ol ctiffi del poeu. Non mentiranno mai, questi candidi vio11ia1ori. Il sole romano e le patine fotoirafiche per i lettori invitano alla fotografia. Fotol' 4fia con lo sfondo obbacintinte del mo· numento di Vittorio Emanuele, ton i ira• dini di pia:_:_aSan Pietro. Ne tibbitimo visti di maniaci dell'obiettivo, me11tre si facevano fototra/ar, con alle ,palle le prove 1es· sose fatte ~ltimam,nte sulle mtiurie della Spina. Dalla fontana delfEudra all'Anita del Gianicolo, le te11ta:_ìonisono continue. Chi re.Ulterd davanti 4i mumi del palouo di Ciu1tiàti? E chi non vorrà sullo sfondo qualche trattacielo di piaaa Bolo1na? Dopo, (I cti.so, diranno che Romti non è ,ollanto città di rovine e mo11umenti illL 1ri. Afa il monumento tintico, col soccorso ,dei ricordi scolastici, è ancora il pddrone delle imma1i11acioni. Rotti.e.ce dai polpticci 1roJSi, 11 _fanno foto1,afa,e su:" r~sto di ,_olonna. C1 stanno sedute qutis1 con so11evone; e davanti tigli occhi del giovanotto che le ticcompa1na, ltitUntano appena a tirare sotto il ginocchio lo gonna. Abbiamo incontrato, ziorni /ti, uno di questi fotog,-afi nei prcui del Foro romano. L'abbiamo ,iconouiuto per un noslro amico impi~gtito d'una ditta commerciale in p,ouincia. Alla nostra .sorpresa, qu4li è ri• masto male: e Sono qui per le solite /acceridt -., ha detto cor. ctifma siudiata. E per un momento abbiamo cr~dulo che l'ami~ co rivettuse cariche. Quella noncuranta ce lo fticcua pen&are: lo rioncurari{a mue,o con t:ui rispondeva,10 1 deputati delle antiche letiJ!oture. J.-fa no, il nostro amico non e,a né segretario politico ni membro tli direttorio. Ha titgiim10: e Otni tanlo vento ti Roma per ur11 studi mgli archi e le colo,111,. Faccio foto1rafie, poi me le studio a casa. All'lslltuto avevo otto in stanti-.. Con qu~sto sole è il tempo dell'autoutitto. Comitive di Ire o qu11ltro ar,11ci, ,i fermano rumorostimente nelle piti:_:_e, Si preparano alla posa: poi l, vedi fermi per un minuto davtintl al couall~tto della Làca, Prendono aue11iam,nti acconà alla maestà dell'Urbe; e si direbbe che copino la po,itura del collo e la linea dello s1uardo da qualche trti,1 persona1gio. Ne tibbiamo viJti ire che portavano scarpe di tela con la suola di gom• ma, e uutwano di scuro, dti prenderli per suonatori ambulanti. Uno 11 è tolio la 11ac• cti, ed ha intircato il p,tto; un allro più ,emissivo è stato calmo in attesa, pronto a seguire i suggerimenll detli altri due. Sono Jldti fermi, dtiuan1i al trabiccolo che luccicava al Jole. E la pora è stata lun1a, e quasi s1 attendtvti uri prodigio. Non avrebbe ,o,pre10 uedu~ uomi,1i 1ottopostì o simile tortura dare in escariducen<.e; ma invece sono reslati calmi, tunidi pur col loro '"petto mar:_iale. Dopo u ne souo andati col ptisso dti conquirttitore. MASSIMINO { ILSORCNIOELVIOLINO) ~(J)~~~~~ E IA\UDIOSI i: ,. SEMPRE consigliabile e salutare udire un lavoro musicale o un'opera, magari, diretti dall'autore llll'">SO. Coiìì, una di queste i,Cre, essendomisi p1·eSt·nt.1ta l'occa:.ione di assistere al• l'c!,Ccuzione integrale di Sibrria, che Umberto Giordano in persona dirige- \'a in sede occulta (alla Radio di Roma), mi precipitai: e fu una fortuna per mc, una gioia, e un insegnamento. Giordano mi ha sempre interessato. lnsi'-'mc a Mascagni e a Puccini egli appartiene alla ma~chia triade dei mangiatori colo~'ìi, dei compo!oitori illustri che l'Italia musicale ha dato nell'Ottocento. Erano dei veri pcrsona$gi gargantue,chi, nati con grandi esigenze d'ordine fisico e n,iturale. Avevano bisogno di spazio per i loro gesti, e di quantità per il loro stomaco. Travcr- ~arono come imbattibili figure della cronaca quasi due secoli, meno Puccini. fino ai nostri dì. Dei tre, Giordano è il più giovane, fisicamente il più forte, musicalmente il più sano, e il più corto di portata: come un mortaio del Quarantotto, ti• r.t il suo colpo, ·e poi non se ne ricord3 più. Il più sano musicalmente, perché il pc ..o. corri111,011dacll'altezza, secondo le regole della buona salute. Non c'è mai rachitismo di forma, o di '>011tanz.i,m.1i. Non c'è palpitazione di cuore. Il suo tC'atro ha un circolo gioviale anche quando è drammé\tico. Non si può dire: è profondo, o è supcrficìalt• : sta in mezzo. Sta in piedi. Tutto vi è. saldamente piazzato, disposto nell'ordine più caloroso, e dalla pane di mezzogiorno. Oggi, a quasi settant'anni, Giordano sembra un barile di polvere, e quan• do gu:irda le belle donne con due OC• chi che sono due micce accese, t'aspetti che di lì a poco esploda e .salti in ari.l come una polveriera. SC'mplic(', netto, cordiale, espansivo, robu11to, felice: che fortuna questo uomo. Co11ì questa forma carnale, nella quale noi tutti ci troviamo impastati e dall.t quale tiriamo assai meno fierezza, e piacere, e profitto, che seccature e malanni d'ogni genere, per lui non ha incon"cnicnti di sorta. Come non volergli bene, a un uomo simile ... Eccolo là, sul podio, nell'atto di cominciare. L1 schiena dritta, il braccio h.:vato, i piedi uniti, sicuro e raccolto, con l'aria piena e scrrna di chi ha cenato bene prima di dirigere Siberia. I,'c"-Ccuzionc possente e progressiva dell'opera dirc~ti che va di conserva con la digestione di lui, La musica passa {·ol suo pieno dondolamento orche,tralc e vocale, chiara, solida e calda. La \l'nti fino alle ossa, vcr.i.ce nella sua v(•na; ispiì-ata tutta di getto. Si.uno in sette 1x•rsonc·, ad as:-.istere a que\to concerto nella sala grande dell'EIAR, dalla quale la magnifica opera di Giordano si lancia, a traverso le onde ~nore, vcrw tutte le stazioni radiofoniche dr-I mondo. Pos!-iamo di• re che la vicinanza dell'autore, e l'encrgià magistrale della sua direzione, dominarono l,1 nostra attenzione du• iantt· lo spartito ammirevole, spingcn• dori a un erHu'iiasmo che non pote~ V<'mo sfogare. Nt•l!a ,tessa sala della ~adio, due se• ri.· prm1,1 era ,t~\lo eseguito un poema dd maestro Gaudiosi, intitolato: La mia battaglia. Di•\ n1aci.tro Gaudio.:;i non cono;:;ccvamo fino ad oggi nulla, nemmeno il nome. È un giova,w napol('t,mo, che h.l ,tudi,tto a Vienna con Sch0nbc1g; d,hcn1..•, ci è gr<1to aggiunger<· rhc la "!1,1 mu,ica ci free la migliore imprcss1011t' d.1vvero. . Co1111>0stodi tre cpbodi, di cui l'uno non è infcriore all'altro. (!lll'ito poema ,infonico, La mia battaglio, ha un rit•· mo, un'evidenza, e un S('llSO non comuni e pure dlì.cacissimi. V.U'io, dc:-.<ritti\"o e conm·""o con fine la'"oro orchrstr,ll(', con blocchi annonid ,1mpì e trasparenti, e un movinH·nto che dirci quasi originale. l.1 musica dd giovane matstro ric'ìtc nuova all'orecchio, ma sempre comprensibile e fine. Per cui, d'ora in poi, ci è penncsso nm·er~!re fra i mu~i,isti di grandi ,pcranzc 11 nome del mac,;tro Gaudiosi. BRUNO BARILLI LEO LONCANESI ~ UJrettore responsabile RI/ZOI.I I.. C • An. µ,·r l'An<' della ~111mpo1•11\lilan.., kll'ROUL'ZIOSI F.SF.<,Ll'I ~ COS MAH:RIAI.I:: HflO(.k.\FICO • l-1.!RR,\SIA •·

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==