ABBIAMO trovato fra i libri di fa. miglia una vecchia edizione (1877) • dei i\llistui di Napoli di Francesco Mastriani, illustrata da Dalbono. Nostro nonno, che era un medico della bassa Italia, ne riceveva le dispense pagando lire sette e cinquanta l'anno. La pubblicazione dei Mùteri durò all'incirca quattordici mesi. Sfogliando le pagine di questa farraginosa storia, trovammo un biglietto con su tre numeri da kiocarc alla ruota di Bari, li giocammo, con fede ben napoletana, ma siamo ancora qui a scrivere. Tant'è, ci siamo trovati ingranati nel mondo di Mastriani, e senza volerlo abbiamo i.oggiaciuto al fascino, passando da un romanzo a un altro, attratti da una curiosità spesso malsana, cosa che avrebbe riempito di sdegno l'autore stesso, che alla su, opera dava un.significato e uno scopo altamente morale. Ci interessava la storia degli ultimi Borboni, e anche c'incurios•ivano i bassifondi napoletani, i fatti di cront1ca famosi del secolo passato, i celebri assassini, gli scandali, e tutto l'edificio della malavita e del libertinaggio .. Una miniera, e per esplorarla avremmo dovuto leggere la bellezza di 114 volumi: troppi, in verità. '.\1:aalcuni, come La cùca di Sorrr11to, La upolta viva, La pazza di Piedigrotla e /..a jena dene Fontanelle, abbiamo potuto ricostruirli attraverso il racconto disordinato della nostra domestica. che di Mastriani conosce più di un romanzo. All'annuncio della sua morte, il 7 gennaio 1891, la Follia, giorn:tlc umoristico popolare, uscì listato di nero come un avviso mortuario, portando la fotografia del romanziere, e un compianto funebre con strofe di questo genere: F.i puns~ i I i<'chi e i nobili, che adorano un sol Dio: il Dio dell'oro; e che, sprezz1mdo il ropolo, ca!~stan dignità, fede, decoro ... Pi1m~i, diletta Napoli, il gran '.\lacstro tuo, ahi!, non è più! Chi ti fati, piì1 frt'mt're? Chi ti sarà di sp,one alla ,·irtù? Dove, se la metrica era tradita, ben chiara risultava la considerazione che aveva per lui la città natale. )foto a Napoli nel 1819, sempre vi visse attaccatissimo al colore e al costume della città. La sua vita trascorse fra continui stenti; aveva da solo imparato il francese, il tedesco, l'inglese e lo spagnolo, abbastanza per poter dnr lezioni di lingua, ma egualmente per vi,·ere si era dovuto impiegare alle Dogane. Anche la ,·ita familiare gli fu origine di grandi dolori, e di quattro figli uno solo, Filippo, gli sopravvisse. Incominciò scrivendo per il teatro, ma senza grande successo, dopo di che attaccò la serie dei romanzi che dovevano dargli la notorietà se non altro perché in quel momento non , i erano altri scrittori del genere, e che furono tutti pubblicati in appendice sul Roma, pagati in ragione di due e, negli ultimi ::inni, cinque lire a puntala Questo assillo quotidiano delle pa~ine ua nempire, facendo il computo delle righe, è la grande scusa alla mediocrità letteraria dell'opera di ;\Ja. striani; resta a vedere se, confortato da una vita più agiata, awcbhe dato di meglio. Aveva una grande opinione di se OMNIBUS nano, come in un caleidoscopio, gli stessi colori combinati diversamente, gli stessi principi e gli stessi problemi senza soluzione. Qualcuno disse in proposito: ~ ...per i romanzi del i1astriani si può dire come per le comp~rse dei teatri; la serie interminabile degli armigeri che attraversa il fondo del palcoscenico è costituita da quei pochi che si affrettano, dietro le quinte, dalla testa alla coda della fila; e son sempre quelli ... •. Per questa ragione, per quanto egli abbia voluto dare nei .\.Jùteri di Napoli un'opera tutta diversa dalle precedenti, con poche varianti troviamo nel calderone i temi già noti. E vi è ver:unente di tutto: storia del brigantaggio, osservazioni sulla guerra, sull'eredità, sull'erotomania, sul duello, sull'avarizia, sul matrimonio; igiene, medicina, eruzione del Vesuvio e colera; aneddoti su Rossini, sul re :\1'asonee le celebri b llerine sue favorite, processi clamorosi, vita nei bagni penali, sogni, visioni, cc• cetera. E bisogna contentarsi di questi accenni, perché è impossibile tradurne l'intreccio, parlare dei personaggi, troppi, infiniti, ognuno con la sua origine, storia, discendenza e diramazioni, accanto ai quali impallidisce l::i genealogia dei Rougon-'.\1:acquart, e per cui la narrazione subisce continui salti avanti e indietro nel tempo, magari di un intero se• colo. Personaggi buoni, ricchi di tutte le virtù, senza il minimo screzio, che non hanno speranza di premio se non nella vita al di là, o cattivi senza attenuanti, cattivi integrali, vorremmo dire, guasti dalla testa ai piedi: nascono tarati e devono mo. rire tali. Come il bambino Filippo, figliuolo del duca Tobia di Massa-Vitelli, che:« ...sedeva accanto al padre nelle colezioni e ne' desinari, in cui si stillavano nel suo cuore que' principi di empietà e di corruzione, che partorir doveano frutti corrispondenti•· Cose dette in uno stile che oggi fornisce spunti ai nostri fogli umoristici. Benedetto Croce, nella Ston·a della letterat11ra contemporanea, assicura che Mastriani • scriveva di solito con semplicità e non senza correttezza, conforme al suo mestiere di professore di lingua e di grammatica •. Oggi però che di tutta _. l'opera rimane solo il grottesco di perso- ~;--...___;;; naggi e situazioni, il linguaggio di Ma1877 • LA NAPOLI D1 MASTRUNI (fot. Brogi} striani ci appare di uno strano colore: sa di affrettata scrittura, di errore tipografico e di pronuncia dialettale; egli dice stesso: esempi simili non mancano neppure nella letteratura contemporanea, con la variante che fra le migliaia di pagine scritte da lui e passate a un pazicnt1ssimo vaglio, rimane ancora qualche documento dei tempi e dei costumi di allora, e il merito di aver dato l'avvio in Italia al romanzo verista e popolare. Non mancava lui stesso di perorare la sua causa: • lo, Francesco Mastriani, apersi nel romanzo questa arditissima scuola, coi miei Vermi, le mie Ombr~, i miei Misteri di Napoli•· Si doleva in cuor suo che il suo nome fosse gridato per le vie e nei caffè, e i suoi libri fossero venduti a tre soldi l'uno insieme a libretti pornografici e agli orari ferroviari; avrebbe voluto essere messo sullo stesso piano di Victor Hugo e di Zola; viceversa non fece che avvicinarsi a Sue, specialmente per quanto riguarda la costruzione dei romanzi, a ì\fontépin e a Ponson du Terrai!. Il suo programma era vastissimo, voleva additare• la virtù cozzante co' vizi della presente società e co' mali inseparabili da' presenti ordinamenti sociali •, vole\:a trattare tutte le questioni e fare opera di rigenerazione e di giustizia, impegnando tutto il suo temperamento ottimista e la forza della sua fantasia inesauribile. Si occupò così, con tono da veggente e da riformatore, dei problemi più disparati: la coscrizione, l'analfabetismo, l'emancipazione della donna, le cuffie per neonati, il'incom:enienti dell'alimentazione unilaterale, l'immoralità del ballo, estrema lascivia. Ma a metà strada dimenticava il punto di partenz~ e si perdeva nel dedalo intricato dei personaggi e della narrazione. Nelle descrizioni era scrupoloso fino alla mania: un angolo di paesaggio era visto di giorno, di notte, nelle diverse ore e stagioni, sotto il sole e la pioggia, senza peraltro riuscire cosa d'arte. Poi, quando a un certo punto si sentiva sopraffare dagli avvenimenti e dalle persone portate alla ribalta, si fermava esausto entrando lui stesso in scena a dare il suo giudizio. lasciando sparire tutto il resto, propinando osservazioni filosofiche, massime cd impressioni personali. La prima notorietà gli venne quando Luigi dc Lise, che scrivcvJ. per 11teatro della Fenice, adattò per le scene La cieca di Sorrento. Il successo fu enorme, tanto che si ebbe subito un pullulare di Cieche per i teatri, come La cieca di Lotrdra, La p0t:era cieca di Lore11a, e prima della guerra il dramma si rappresentava ancora al teatro San Ferdinando di Napoli. Pare del resto che col tempo non abbia perso di attualità, se il cinematografo italiano ne fece una riesumazione qualche anno fa, interprete Oria Paola. La cicca di Sorrento è una fanciulla che ha perso la vista quando, ancora bambina, le assassinarono la madre davanti ai suoi occhi. ;'\folti dottori hanno cercato invano di guarirla, finché un giorno il padre introduce nel salotto, ov'ella credendosi sola suona accompagnandosi al pmno, il giovane dottore Oliviero Olakmann: Dottore, ascoltate, poesia e musica è tutta roba sua; è una romanza da lei composta col titolo La cieca di Sorrmto E la ascoltano rdigiosarnentc: Come un rio cht' romf)(' l'ondt' so11n l'on1br,1d'un ci1>r~sc.t.o. f:: fatele che il giovane medico restituisca la vista alla fanciulla, l'ami e se la sposi. Ma, crudele destino!, egli è proprio il figlio dell'assassino, e senza di ciò rendersi conto precisamente, la fanciulla $Ì sente tuttavia invadere da una grande ripugnanza per il marito, poi da una malattia senza nome che la conduce alla tomba, sposa incontaminata. Così il romanzo che De Lise, uomo di teatro e soprattutto di buon senso, rimpastò e modificò non po~o. dandogli un finale più allegro e tagliando le inutili lungaggini. :--Jon diciamo cosa ne fece il cinematografo; per fortuna Mastriani era morto da un pezzo, e la vista di questo vero e proprio saccheggio gli fu risparmiata. Nel febbraio del· 1°854, il romanzo La comare di Borgo Loreto, che doveva venire anch'esso ada1tato per il teatro, era cosi annunciato ai lettori dall'Om11ibm di allora: • t. questo il titolo di un nuovo romanzo del notissimo autore de La cieca di Sorre11to ed altri, signor Francesco Mastriani, il quale romanzo fra giorni comincerà a vedere la luce nell'appendice di questo giornale. Ciò dimostra che la direzione dell'Om11ibus non guarda a spesa per contentare i suoi associati•· Non guardavano a spese, né l'Omnib11s né il Roma, abbiamo visto in quale misura, tanto che fino all'ultimo respiro Mastriani dovette tirare il collo, scrivendo febbrilmente giorno per giorno, in casa o al caffè, le puntate dei suoi romanzi, diluite con i dialoghi frequenti, gli indugi e la sovrabbondanza dei particolari che gli si rimprovera, protraendo uno stato angoscioso, un episodio, una morte, per sette, otto appendici di seguito, perché più la storia durava e più a lungo egli allontanava la fame. Quando la grande stanchezza gli chiuse gli occhi a settantadue anni, la famiglia dovette ricorrere al Roma per le spese del funerale, poi fu fatta una pubblica sottoscrizione in favore della vedova. Questa Comare di Borgo Loreto apparteneva, con L'ebreo di Porta No/a,ia e L'ossesso, a un gruppo di romanzi situati nel medio evo, La sfrenata fantasia di Mastri:mi si trovava a suo agio fra le storie infernali e di stregoneria, fra gli ossessi, i diavoli e le superstizioni popolari, a tutto credendo come a realtà storica, e tutto dando al !cuore come- moneta sonante, così come in Compar Leonardo da Po111ese11ro egli professava, attraverso i personaggi, la sua fede per la jettatura e le ft,tture. :'-Ja più assai dO\·cva auirarlo la storia moderna, a par1ire dalla reazione napoletana del 1799, dove poteva far muovere tutta una serie di personaggi celebri e non ancorn dimenticati. Così. in Due feste al ,Hcrcato è narrata la storia di Luigia Sanfclice, nel Campanello dci Luizzi torna il supplizio di quest'ultima insieme a quello della Pimenttl Fonseca e del Fiano, e nc1 Misteri di Sapo/i gli orrori della reazione. In altri libri infine sono svela,c le mene della polizia sotto gli ultimi llorboni, o qualche tentativo di restaurazione dopo il '60. :'\,lastriani non sapc\"a esaurire_ un arKO· mento nelle pur numerose pagine d1 un solo libro: in ognuna delle sue opere torviv11to e concep11to, caggiono per cadono, am1ega::io11t per abnegazione, fornito per finito. Altre perle si colgono, che il suo spirito innocente scrisse senz'ombra di malizia, mai dubitando di una mala interpreta• zione. Un sergente dell'esercito napoletano è avvertito dell'infedeltà della sposa; ma • quando la mattina Vitaliano rivide sua moglie, aprì m1ieramente il cuore alla ~ioja, non iscorgendo nessuna orma di fallo sulln candida e serena fronte della giovane ... •· E ancora Benedetto Croce, che mal si difende da una certa simpatia per il romanziere napoletano, garantisce la castità della sua musa. Dice infatti, sempre nella Storia della lettera/11ra contemfJ()ra- ,.ea, che Mastriani e rifuggiva dal solleticare malvage e basse Curiosità, diversamente da altri romanzieri appendicisti•. Ma questa musa, che ora ci appare puerile e inoffensiva, era stata ai suoi tempi sever.1mcnte censurata, ed egli cosi si di4 fendeva: • Non nego che qualcuna deJ(e mie reéenti opere non è scritta per giovinetti e per donzelle. La natura del subbietto da mc trattato era tale che costringeva a scendere in alcuni particolari non scevri di pericoli per la viva immaginazione della giovane età .... La clinica morale, al pari della clinica fisica, allontana dal letto degl'infermi i casti occhi della giovinetta e dello adolescente•. Volendo concludere che stava al buon senso dei genitori e degli educatori di saper scegliere le letture per i figli e discepoli. D'altro canto aveva già affermato che: • vincendo la ripugnanza che ci ispiravano i luoghi più abbietti, volemmo studrnrli da vicino per offrirne un quadro sincero, comeché velato da quel santo pudore che dalle lettere non debbe mai scompagnarsi•, dando una volta di più la pro\'a delle sue onestissime intenzioni. Se vogliamo credere a questo studio dal vero di persone e di ambienti, comprendiamo subito la superficiale rapiditò di che s'informa tutta l'opera: scrive,a, viveva, con l'acqua alla gola, e il suo buon volere rimaneva affogato nel mare della miseria. Velatamente ne parla nei Vermi, presentando nientemeno che fra gli accattoni il tipo dell'uomo di lettere, facendo una scrupolosa esposizione delle finanze di questo strano animale, senza dimenticare l'elenco delle spese quotidiane. Povero Mastriani! Se non scrisse niente di simile ai lllirerabzli, o a 1Yanlt, o al Ve11tre di Parigi, è perché vide tutto con l'occhio piccolo-borghese del suo secolo che egli non era di statura da dominare. E fu appunto la castità della sua musa, quella che gli impedl di cogliere il punto giusto do\'e è il male per portarlo alla luce. Cosl si spiega perché le sue opere di maggiore impegno fossero le prime dimenticate, mentre, fra più di cento romanzi, sola rimane La cieca di Sorrento. Era un uomo buono e un poco ostinalo, innamorato della sua Napoli come nessun ahro, e dal temperamento tra profe- _ticoe buro~ratico di un gerente di Banco Louo. O~gi anebbe fornito ottime trame per film, grossi drammi gialli, e anebbc fauo fortuna. L'ADDETTO ALU; SCHEDE u~~ --- P~ ~ '&,Q,,$Q,/;{,,,,. ~ _«<, ..... vuol dire avere la pelle morbida e vellutala propria della gioventù. Il sapone inaridisce la pelle: i prodotti scadenti l'irritano e l'infiammano. 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