Omnibus - anno II - n.22 - 28 maggio 1938

MEMORIEINEDITE DI GIACOMOSAVARESE IL RE FERDINANDO II DI BORBONE IN OOSTUKE DA OONTADINO (COlfTINUAZ. DAL NUMERO PRECEDENTE) ~ GLI non aveva voluto seguire ~ Ferdinando in Sicilia, ma si era. astenuto dall'accettare qualsiasi offerta. di re Gioacchino. Per contro i suoi figli avevano occupato cariche molto importanti sotto il governo francese, e il suo primogenito) Davide, uno fra i più eminenti giureconsulti dèl suo tempo, aveva presieduto la spartizione della proprietà feudale tra gli antichi proprietari cd i comuni, ed era riuscito a guadagnarsi la ~tima di tutti i contendenti. Con questi addentellati, il salotto di mio padre riuniva quanto di meglio vi era nei due partiti contrari. Gli avvcrs,1.ri incominciarono <.ol trattarsi freddament<\ e finirono con l'intendersi e aprirsi poi tutto il proprio ar.imo. I legittimisti ern.no rappresentati dal principe Hessc-Philipsthal, luogotenente generale al servizio di re Ferdinando, molto noto per la sua ostinata difesa di Gaeta, dove era stato gravemente ferito alla testa. Parlava poco e beveva molto. Del resto, uomo di cuore e alieno da qualsiasi desiderio di persccuzion(' e di rappresaglia, egli aveva, per la sua reputazione f' la sua bravura, tutta la nostr.l simpatia. Il generale Ma,<t.imo.Selvaggi, il cavalier Carmine Lanccllotti. i noti giureconsulti Vivenzio, Vecchioni e Dc Giorgio, figuravano pure fra i legittimisti che ritornavano dalla Sicilia. J generali Florcstano Pepe e Pietro Colletta, il duca di Campochiaro, il duca della Torre, il duca di Cam,ano, il cavalier Nicola Nicolini, rappresentavano il partito vinto. lo conservo ancora il ricordo dei differenti quadretti di cui quell'amabile società <t.icomponeva, e della disinvoltura con la quale mia madre faceva gli onori di casa. La superiorit:l. del suo. spirito eguagliava appena la beltà della sua figura e la bontà del suo cuore. Gentile e spiritosa, piena di ri'-Orsc per ogni situazione, avc- \'a lo <spirito del tempo, e finiva <t.empre col far accettare le sue idee e le sue simpatie all'uditorio. Ella era. allora dominata dal desiderio della conciliazione, e, quantunque i Borboni non ri,;;cuotessero le ,;;ue <t.impatie, ,;;i sforzava di guadagnar loro quella dei '-UOi:i.miei. QUc!\ti austeri salotti, in cui la polìtica forniva gli argomenti dei di ..cor- ~i più intimi, ma il brio di una convcr,.azione elegante e spiritosa faceva dimenticare l'aridità deglì argomenti, ,;;ono ora scompan:i e non sono stati rimpiazzati che da co,;;pirazioni di scolareni o da trattenimenti banali e di catti\'o gu ..to. A quell'epoca io conobbi Alessandro e Carlo Pocrio, e la incantevole loro ,;;orclla Carlotta, diventata poi signora Tmbriani. La nostra ca,;;a era situata a poca di,;;tanza dalla loro, e durante le vac:mn· ci si pennctteva di andarr a tr:.l'>Correre tutti i pomeriggi pre\SQ i no"-tri amici. Vi era lì una. grande terrazza che fu il teatro delle no,;;trc prodc-ne. Ci dividevamo in due gruppi: alcuni rappresentavano i francc,;;i, altri gli amtriaci. e la battaglia aveva <t.U• bito inizio. E. inutile aggiungere che i francesi vincevano sempre. I combattimenti non finivano senza incidenti, poiché le nostre anni erano bastoni, manichi di scopa, sciabole di legno, e spesso la mischia si riscaldava tanto che ci si ritirava dal campo di battaglia pesti e insanguinati. Io stesso fui ferito al collo e il sangue sgorgò vivo. Colui che però faceva ordinariamente le spc<t.ee gli onori del combattimento era Alessandro Pocrio. Avendo la vista molto corta, ed essendo impetuoso per carattere, egli si gettava sempre innanzi a capofitto, e finiva per buscarsi dei rudi colpi che non gli impedivano però di avan7..arc ugualmente. Povero Alessandro! Nel 1848 egli morì combattendo contro gli austriaci a Venezia. Quando giunse la triste notizia mi parve rivederlo nello stesso atteggiamento di quando si giocava insieme, lanciar<;i contro il nemico come egli correva sulla ter,a7.Z. a contro i manichi di scopa, scnz..1. troppo vedere quello che aveva innanzi a lui, vittima di un ideale che meritava una sorte migliore! Tra i nostri compagni vi erano i due figli del cavalier Nicolini, celebre gìurecomulto e uno dei procur:1tori del re alla Corte di Ca ..sazione. Una sera mio fratello cd io fummo presi in clisp.lrte da Alessandro e Carlo, e apprendemmo che il cavalier Nicolini era <t.tato nominato membro di una commi,;sion,.. d'inchiesta incaricata di epurare la magistratura, e che aveva accettato la C.l.- rica offertagli dal governo borbonico. Ne fummo indignati e decidemmo di escludere i due fratelli Nicolini dal nostro cla,i. Per non fare scandalo convenimmo di sospendere le nostre riunioni. La notizia però era falsa e i nostri amici furono riabilitati. Ma pochi giorni dopo il barone Giu~cppc Poe.- rio fu esiliato, i suoi figli lo sevuirono all'e-.tero1 e noi rientrammo in collegio. Quando si pcmi che Alessandro Pocrio, il maggiore di noi, non aveva che undici anni e che io, il più piccolo, non ne avevo che sci, si deve riconoscere chf' la gcnera.zione nascente non mancava né di disinvoltura. né di carattere. Essa meritava bene di avere la sua parte nel teatro del mondo. E tuttavia nessuna generazione è stata né più disgraziata né più divisa: essa è stata condannata a subire il giogo, a cospirare, na,;;rondcre i propri sentimenti o a subirne il martirio. L'ESILIO Intanto la nave su cui fuggiva Madame Mural gettava le ancore dinanzi a Tric-.te, e l'imperatore d'Amtria si affrettava a dare asilo colà alla regale fuggitiva sotto il nome di contessa di Lipona, titolo immaginario che è ana.- gramma di « Napoli ». Era allora governatore di Trieste il generale Neipperg, e la sua mediazione non fu certo inutile all'ex-regina. Più tardi costui sp0<:ÒMaria Luisa. L'ho conosciuto a Napoli nel 1826: era brutto da far paura, cieco di un occhio e questo non aggiungeva certo nulla al suo fascino. Per spiegarsi i suoi successi presso l'imperatrice bisogna solo ricordare che i poeti hanno raffigurato completamente orbo il dio Amore. Zurlo, che non voleva essere a carico dell'illustre esi• liata, e d'altra parte non aveva alcuna intenzione di rappresentare a lungo la parte di un vallettoJ prese congedo da Madame Murat e si recò a Venezia e poi a Padova. Di là fece il suo atto di sottomissione a re Ferdinando, concepito in questi termini: < Sire, una lrmga serie di avve,1imenti, non voluti e non previsti da alcuno, hanno separato i popoli dai loro vecchi sovra,ii e portato ,iuove leggi e istituzioni. /11 questo rimaneggiamento generale di tutte le cose, accompagnato da svariate tra11sa{.Ìonipolitiche, i buoni cittadir1i non harino avuto altro partito da scegliere per mostrare la pureiia delle loro i11teniioni e dei loro principi, che quella di attaccarsi strel· tame"te alla causa dello Stato e dd Paese, sia per preservarli dai mali che erano la conseguenlQ. degli avvenim111ti politici, sia per favorire le possibilità di sviluppo che si ve"ivano prese11tando. Durante due periodi diversi, io ho avuto l'o,wre di servire V. A1. e di servire il mio Paese: ho operato sempre co,i lo stesso fervore e con gli stessi sacrifici personali. La mia carriera no,1 ha giovato certo ai miei interessi e la sola cosa che mi abbia accompagnato nella mia solitudine è stata la testimonianta della mia coscie11{a. Vedendo ora Vostra Maestà ristabilito sul tro,io dei Suoi Avi, io mi so,io rallegrato di vedere anche fi,iite le traversie politiche della mia cara patria, di saperla rientrata i,i un ordine di cose che ha già, per lrmgo sèguito di armi, assicurata la prosperità di essa. Quale che sia il luogo della terra ove mi sarà dato di vivere, io chiedo soltanto di poter conservare la mia cittadir:ania di napoletano, e supplico Vostra Maestà di voler accogliere l'omaggio di fedeltà che io depongo ai piedi del Vostro Trono. Padova, 6 seUembre 1815 ». Sotto il vecchio regime, indirizzare una lettera personale al re era considerato quasi come un crimine di lesa mae,;;tà. In un'altra epoca della mia \'ita, io ho udito narrare che il principe di Canosa avrebbe fatto fustigare il barone Giuseppe Pocrio solo perché costui aveva scritto direttamente una lettera al re, pur assai rispettosa. Co<t.Ìil ministro degli Affari Esteri napoletano, prima cli presentare la lettera a Ferdinando, mo'-Sequalche difficoltà e consigliò di inviare la semplice formula del giuramento. Il giuramento fu inviato, ma si trovò che la lettera era meglio del solo giurnmento e infine si finì col non presentare al re né la lette• ra né il giuramento. Zurlo non vi pensò pilt e cercò nel lavoro e nello studio il conforto alla sua vita di esilio. Gimeppe Zurlo era il cadetto di una ricca famiglia di provincia, ma appc~ na maggiorenne aveva rinunziato in favore delle sorelle alla parte di patrimonio patc-rno che gli spettava, e, quantunque le cariche che aveva ricopcrto dopo la prima giovinC'aa gli fo~- ,ero sempr<' state retribuit<' con alti ,;tipendi, egli era tuttora povçro: la su,t ~enerosità era stmpre stata al cli sopra della sua ricchezza. Re Ferdinando, fuggendo da Napoli nel 1799, aveva chiam·.uo Zurlo al ministero delle Finanze. L'esercito frariccsc si avvicinava alla capitale e il popolo sorgeva in armi per difcndnr il re che lo abbandonava. I resti dcll'escrl'ito napoletano erano presso Capua, né "i era un soldato a Napoli per contenere la plebaglia che, libera e sfrenata, minacciava la città di un saccheggio e di un mas-.acro generali. I mcm• bri del governo, compreso il generale Pignatclli, che era luogotenente generale del regno, erano fuggiti o nasco- ~ti: Zurlo, che era l'unico di es,;i rimasto al suo posto, prese la risoluzione di spedire al generale Mack l'ordine di inviare qualche battaglione a Napoli per contenere il popolo in subbuglio. 1 lazzari, che sorvegliavano tutte le porte della città, arrestarono il corriere e si impadronirono del dispaccio che portava. Uno dei principali agitatori gridò al tradimento. Arringò il popolo, e la morte di Zurlo fu deci<t.a.La plebaglia corse subito verso la sua dimora per eseguire essa stessa il suo terribile plebiscito, e in un istante le porte furono sfondate, la casa invasa da quei furibondi che chiedevano di lui con alte grida. Il barone Winspearc fu richiamato da quel tumulto e si presentò per conoscerne la ragione. ~a richiesto se egli fosse il ministro delle Fi • nanze, e ottenuta risposta affermativa, il popolo si impadronì della sua per-10na e già stava per linciarlo quando Zurlo apparve : la sua nobile figura, il suo contegno fenno e sicuro, si imposero subito alla folla. Egli dichiarò il proprio nomf', fece liberare il genero- ~o Winspe,1rc e, prendendo il po,;to di lui, osò rimproverare agli ammutinati il loro ardire e l'illegalità della loro azione. Era la prima volta che il popolo giungeva ad CCCC:>s<imt.i li. Gli agitatori stcs,;i esitarono. Zurlo ne approfittò per arringare la folla, spiegare il signi• ficato della lettera, e chiarirf' la situ.izione che lo aveva condotto a far ciò. facendo apparire tutto quello che vi era di indegno e di as,;;urdo nella condotta del popolo che, in nome del re. osava alzare la mano su un mini,;;tro di lui e iniziare la difesa della città con un atto di ribellione C'd un a<t.•a<;<t.ini0. Nei moti popolari la grande difficoltà consiste nel potersi fare ascoltare, e se il popolo ascolta. esso è ~ià persuaso. I capi balbettarono quak.hc scusa, e la folla cominciava a ritirarsi, convint.i. dell'innocenza del ministro e quasi rimproverandosi gli eccessi ai quali si ern. la~iata andare. Intanto la paro• la tradimento era corsa su tutte le bocche cd aveva ~nevato la teppa in tutte le strade della città. Il tumulto era aumentato e il popolo in m::ma <t.ier.1 riversato verso l'abitazione, del ministro. Una nuova ondata di lazzari, ben più numerosa ed esaltata della precedente, dilagò nella casa con ìl muggito terribile di un mare in tempesta, travolse tutto ciò che poteva oppor:>i al suo passaggio. Ne seguì una confu. sione terribile, poiché quelli che erano giunti prima, indignati del procedere dei nuovi venuti, si fecero un dovere di prendere le difese di Zurlo. Si ingaggiò una lotta furiborida : il sangue cominciò ad accecare gli occhi, e tuttn faceva prevedere che la mischia <t.is:1rcbbe risolta in un massacro generale. In piedi su un tavolino, Zurlo riusciva intanto a farsi ascoltare: e In nome del re», incominciò a gridare con vo• cc stentorea, « io vi ordino di calmarvi. Voi finirete con l'uccidervi a vicenda, mentre il nemico è alle porte della città ». Queste parole produs'lcro un effetto magico, e il ministro che parla.- va in nome del re fu obbedito da tutti. « Portatemi in prigione >, disse Zurh, « e andate a combattere. Dopo la vit• toria mi giudicherete ». La proposta fu accettata e Zur!Ò fu trascinato al forte del Carmine, che era già in po~esso del popolo. Dalla casa del ministro al forte del Carmine, vi era più di un miglio di distanza, che bisognò percorrere attraversando i vicoletti della città vecchia. Zurlo camminava tenuto per le braccia da due lazzari, preceduto, circondato e seguito dalla moltitudine. A ogni canto il corteo era fermato e il progetto di C<t.eguirela condanna popolare er:i rirnrsso in di'ICU<t.'-ioneD. all'esito di quelle lotte dipendeva spesw la. vita del prigioniero. Infine, dopo tre ore di angoscia, Zurlo arrivò al forte del Carmine e, quando ,;;ivide chiuso in una cella del pianterreno, cominriò a rc-.pirarc. Tutte le volte che Zurlo raccoutava questo epiwdio della sua vita aggiungcv:i.: « Io mi<t.itutta la mi:t attenzione nel non cadere, perché il mio istinto mi diceva che se fossi caduto sarei morto. Lungo la s!rada mi imbattevo con nemici accaniti che, non potcn• do colpirmi eia vicino, mi lanciavano delle pie-tre e delle immondizie, ma incontrai anche degli :imici devoti che mi dicevano di aver coraggio perché eissi avrebbero vegliato su di mc. I due lazzari che mi sostenevano erano nel numero di questi ultimi. Uno dei due fu ucci!'.Oqualche giorno dopo combattendo contro i Francesi; l'altro era il garzone di un panettiere: io ho cercato più tardi di ricompensarlo, ma egli ha sempre rifiutato per fierezza quaJ,;;iasi mia offerta. Tuttavia, avendo appreso che egli avrebbe dovuto sposare una rag:izm di cui era innamorato, feci chiamare il padre di lei, gli detti una somma per servire come dote :l.lla fi. glia, e gli raccomandai di mantenere verso il genero il più scrupoloso silenzio». 2-(continua) GlACOMO SAVARESE LA NUOVA CIPRIA ~ ATOMISEE PARIS E MILANO (VIA CURTATONE N.15) ae ddbd4 ii maJ:J:ut,o. I --- non essere più obbliga ti ad insaponarsi a lungo. 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