Omnibus - anno II - n.22 - 28 maggio 1938

ANNO Il - N. 22 - ROMA 28 MAGGIO 1938-XVI ~ E;R sollecita iniziativa del Partito I'" oggi gli italiani sono chiamati a proclamare al cospetto del mondo 13 solidarietà spirituale di Roma con la causa della civiltà latina che combatte in lspagna. Tutto ciò è perfettamente conforme alla nostra tradizione due volte millenaria. La confonnazione del mondo mediterraneo è tale che, in virtù di una irresistibile fatalità fuica prima ancora che politica, Roma ha dovuto sempre difendersi dall'insidia orientale sul suo fianco ad occidente, sull'estremo limite delle Colonne d'Ercole. Non è senza un profondo significato simbolico che Cesare abbia chiuso in Ispagna l'epopea delle sue campagne e che in lspagna il suo erede e continuatore Ottaviano ahbia cercato il battesimo della gloria e sperimentato le sue capacità politiche e militari. Sulle coste spagnole, avidamente tentate dalla penetrazione fenicia e cartaginese, Roma affrontò i primi deci.;ivi cimenti marinari e il genio strategico di Scipione ebbe la sua prima cono.aerazione a Cadice. Fu per \"irtù sua che la Spagna fu liberata dall'oppressione punica, che era, in sostanza. un ,;crvaggio orientale. E quando, a distanza di due secoli, Ottaviano ebbe disperso ad Azio la rinata minaccia orienta.le, complice un figlio di Roma, la sicureu .a.. delta latinità vittorio,;a non potè dirsi definitivamente e validamente prc~idiata finché non ebbe, nella campagna del ::z6 a. C., pacificata la Spagna. Quali profondi e per-,i'ltenti colle- ~amcnti condizionano la sicurezza di Roma nel .Mediterraneo orientale alla incolumità di qualsi~i penetrazione orientale cd occidentale? Altre volte, nel cor~o della nostra laborio:-.i~~imastoria, l'Asia che tenta istintivamente l'accerchjamento dell'Eurwa, è stata debellata ad occidente. -Q1iando il califfato, riprendendo il so9"•?:0 temerario che i peniani re dei re cr,mo stati incapaci di tradurre in atto n<'I se'ito 'lecolo a. C., si diede a riperC"'Jrrerc, nell'ottavo ~colo, gli itinerari W"gnoli di Annibale, fu ad occidente c...<e si deci...cro Jc sorti della civiltà europea. Le comeguenze furono incalcolabili. t.. da allora che la civiltà cristiana nel ~editcrraneo acquistò una tale intima ,.potcnu, che tutto il mondo curoP('0 ne fu formato e disciplinato. E non 'ìOltanto il mondo europeo, perché fu quella liberazione dell'estremo occidente dalla prC5sione siriaca, continuatasi tenacemente per secoli, che preparò la futura prodigiosa espansione della civiltà cristiana oltre mare. I pionieri iberici della cristianità OC• cidentale, che costeggiando tutto il continente nero giunsero a Goa, a Malacca e a Macao, o traversando l' A-' tlantico pervennero al Messico e di qua, per la via del Pacifico, fino a Manila, offrirono alla civiltà di cui erano i rappresentanti e i portatori, un contributo senza precedenti. Essi ampliarono a dismisura l'orizzonte, quindi la signoria della nostra società occidentale, cui Roma aveva dato il suo magistero e la sua disciplina. Quei pionieri erano gli eredi di quei combattenti di frontiera che avevano difeso per generazioni, in patria, dall'ag~iramento orientale, il sacro patrimonio di Roma. A distanza di secoli, qualco~a di simile c;iè verificato sotto i nostri occhi. Secondo i piani di Lenin e di Stalin la conquista a~iatico-bolscevica della Spagna avrebbe dovuto saldare l'anello dell'assedio rivoluzionario dell'Eu• ropa. Dall'e5tremo occidente, come al tempo dei cartaginesi, avrebbe dovuto ~alire e spiegar,;i l'a~c;ediodi quella tradizione spirituale che Roma ha creato, ha alimentato e tuttora personifica nella ripre~a fascic;ta e imperiale. Le due morse della tenaglia si sarebbero dovute chiudere simultaneamente, n destra e a sinistra, su.~li Stati del centro, decisamente refr.attari al vassallaggio dei Sòvieti. La grande centrale del contagio bolscevico ad oriente avrebbe dovuto avere il suo contrapposto nella grande centrale dell'estrc-mo occidente. La cittadella borghe~, il centro della civiltà europea più glorio- ,;a e più antica, ~arebbc caduta, presto o tardi, in retag~io della sovversione asiatica, avanguardia di tutte le negazioni. I legionari di Franco hanno obbedito all'imperativo della storia e i volontari italiani ~no accor,;i là dove i loro padri avevano venti secoli prima combattuto per la medc5ima cau- <i:aideale. t. richiamandosi a questi precedenti solenni e augu<;ti che oggi l'Italia proclama di fronte al mondo la sua solidarietà con la Spa~na nazionale. La Provvidenza ha dispo'5to tempcc;tivamentc uomini e cose affinché ancora una volta, nell'ora del pericolo mortale, Roma foc:;5eprewnte là dove nano egualmente minacciati la civiltà e il Vangrlo. * -X· •:f. 12 PAGINE UNA LIRA Il ·■·.·: .. TARBOIAN • DONNE JINE8.L COND!N1''J.TE ALL.a GOGNA - ' '!)... ~ A PRIMA volta che vidi l'im- ~ peratore fu nel marzo del 1931. ~ -- Jndossava un abito bell'e fatto, che gli stava troppo corto e troppo largo, e faceva apparire goffo e impacciato il suo corpo alto e sottile. Mi venne incontro timidamente e subito si scusò, con un sorriso incerto, di non pottrmi offrirc per scdenni che una ,;edia piccola e scomoda. Aveva dovuto prendere in affitto quel villino da poco prezzo, che mancava di ogni comodità. E al-zando di tanto in tanto sopra di me i suoi chiari occhi miopi, mi confessò che da molto tem~ po non a\"C\·a avuto ospiti a prant.o: tuttavia, se mi fossi accontentato di uova al proo;;ciutto e di un pezzo di torta di mele, molto volentieri mi avrebbe trattenuto. La convcrsa-zione s'aggirò a lungo, e con una certa compiacenza, sugli ultimi modelli di automobile e sullo sviluppo della radio. Pu Yi si mostrava al corrente dei viaggi del principe di Galles e dell'ultima novità dc1J1opcra amcriCana. Specie quest'ultimo argomento· sembrava intcreso;;arlo,e ne ebbi la spie• g-azione quando ad un certo punto disse d'avere una gradevole voce di tenore. Mentre dic;correva, la moglie, l'imperatrice, approvava discretamente. Anch'ella parlò con molta disinvoltura della loro vita mondana di Ticn-Tsin: e mi parve di scoprire nella su"a voce una specie di vanità. quando si mise a raccontare i 'iuccessi riportati durante le foste da ballo negli alberghi della città. La seconda volta che vidi Pu Yi fu nel mar.-·o del 1934. Questa volta indossava una vc,;;te meravigliosa, di ~eta ricamata con orchidee d'oro e dragoni verdi. La 'iUa alt<l berretta nera, ornata di grandi perle, lo faceva ~cmbrare più alto del naturale. Cli O'>pit! erano tutti in piedi. Non v'erano scdif" nella stanza: wltanto d..Luna parte s'alzava un trono di lacca roo;;c;doo. ve l'imf)<'r.ltorc stava \Cduto. In omaggio ai cerimoniali trimiilcnari, i vi~itatori non potevano ~edere, e così in pi<'di, l'uno accanto all'altro, s'aiutavano a prendere gli ltors-d'oeuure che erano offrrti in grandi vac;soi: pinne di pescecane, f\di di rondine, tentacoli di antropodo, tè verde dddolcito con miele. L'imp<'r,1tore non parlava agli ospiti che, raccolti intorno a lui, a mc·nogiorno avevano dovuto indo'>~are abiti da '<'r.L Guardava nel vuoto al cli- (-OpradC'llcloro tC'it('.e qurl ~uo \'{uardo che Jl!a ma~gior parte degli europei convc-nuti ,c-mbr.iva piuttosto Jrrogante, a mc sembrò solamente senza speranza. In onore della sua incoronazione, gli avevano tolto gli occhiali. A un semidio imperiale non è lecito farsi veder miope. Così mi spiegavo perché il suo sguardo vaga~sc timido e incerto e non trovasse rifugio in nessun angolo. Il posto a lato del trono era vuoto1 non essendo concesso a Sua Mac~tà l'impe~ ratrice di intervenire all'incoronazione. Eppure, fra tutta quella gente che s'agit:'.'tvaintorno a lui, nessuno poteva stargli veramente vicino, all'infuori di sua moglie. Gli altri non erano eheschiavi, e tm questi schiavi, che s'inchinavano nove volte prima di rivolgere la loro ve,~c fioca a Sua Maestà ~aera, c'erano i suoi nuovi padroni, i consiglieri giapponesi. Non lo vidi mai pi~. Oggi l'imperatore non riceve i suoi vecchi amici ; non gli è più permesso di conversare, con i bianchi, d'automobili e di radio. Al nostro primo incontro, m'apparvc avido di particolari: oggi quecta curiosità non si conviene ad un imperatore. Da quando è stato incoronato, c;,'èdovuto na,condcre ~emprc più qua- 'ii nC'I fondo d'una conchiglia. Il ragazzo che sette anni fa ero andato a trovare nel suo piccolo villino di Tien-T,;in, ri'ialirà probabilmente il trono dei dragoni nella città proibita di Pechino. Egli non è soltanto un orientale: è la vera incanrnzione del· l'Oriente, con tutte le sue fort.c e debolezze, la sua sclvatichcz7.a e civiltà, i melodrammi e le tragedie. I bianchi lo chiamarono Pu Vi, non ~apcndo che Pu è il nome di famiglia e Vi significa ~!tanto che è di ~c;so ma.,;;chile. Egli ~tco;;,;~;oel1.,cuna volu il nome di re Enrico da un elenco di monMchi inglesi, prrc;cntatogli da un suo tutore inglese, c;ir Rcginald .Jahnston. Questa è l'origine della combinazione Enrico Pu Vi, tanto famosa nel mondo come altrrttanto priva di c;ignificato. Il o;;uonome onorifico cine~e è Pi Ilao If~i, mf'ntre in dialetto manrr,e è chiamato vcrbo~arnent<' quako~a come Ai f I~in Churh Lo Pu Vi, e, d.i quando è ~tato fatto imprratore, scmplirememc Kang Teh. E K,mg, significa tranquillità; T elt, virtù. Que- 'iti 'iOno i due attributi che Confucio considrrn come i più importanti per un rrggitore drllo St"to. L'uomo <"hl· 'ii('dt og~i ~ul « Trono drllc orchidee > d<'lla ~lanciuria, r chr domani occu• 1wrà il « Trono dri dragoni• a P(·- chino, vicrw chiamato ufficialmcnt<.· l'irnpcratorc. SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE Aveva soltanto ventitrè mesi quando per la prima volta fu incoronato. Ciò accadde una notte del novem6re 19<)8. L'imperatore Kung Hsu ·e la vecchia imperatrice Tsu Hsi erano entrambi sul punto di morire. Se fosse stato l'imperatore a morire prima, la vedova avrebbe avuto il privilegio di designare lei il nome del successore al trono. Con 11nosforzo supremo di volontà, ella si tenne spaventosamente in vita durante alcune ore. Dietro suo ordine, i dottori avvelenarono lo sciroppo che il febbricitante imperatore doveva bere. Già quasi fuor di coscienza, la donna ricevette l'annuncio: « L'imperatore è trascorso ». E con gli occhi già opachi, raccolse le sue ultime forze per sussurrare il nome del figlio maggiore ael principe Chun come e• redc al trono. In tal modo \"iolò la legge dinastica, perché era passata sopra due legittimi successori. Ma questa ~,i.olazionele er., stata i,;;pirata da una 'f>as!l.ionceroica durata tutta la ,;;uavita. Il figlio maggiore del principe Chun era l'unico crede ma~chio del cortigiano Kung Lu, che ell.1 aveva amato nelfa sua gioventli. Ii primo regno dell'infante Pu Vi durò appena tre anni, il secondo tre set• timanc. Nel 1911, scoppiò la rivoluzione, e co,ì, al principio del febbraio 191:2 1 il principe Chun dovette firmar..! l'abdicazione del piccolo imperatore. Secondo le u~nze cinesi, fu pc-rmesso alla dinastia di salv.ue le apparenze: la famiglia imperiale continuò a vivere nei palazzi e nei parchi della città proibita e all'imperatore fanciullo fu a'òsicurato un appannaggio an• nuo di quattro milioni di dollari. Più tardi invece, quando i pagamenti delle c;omme prome\SC furono so'5pesi, Pu Yi, già bambino, ebbe la triste esperienza di un'aurea povertà in quei palazzi marmorei dove non si poteva tro• varc nemmeno un peuo di pane. N'el 1917, il generale monarchico Ciang ll'ìun prese il comando della rivolta controrivoluzionaria, e di nuovo Pechino rese omaggio al fanciullo imperatoreJ che aveva allora undici anni. Ma due settimane dopo, la capitale era occupata dai soldati di Feng, il « mare,ciallo cristiano>, e il piccolo sovrano fu tratto in arresto nei ,uoi appartamenti. S'ini1iò così un periodo di dure prove c-di ~ffercnzc. A tutte le entrate del palano 'itavano di guardia soldati del generale Fe,,g. D'altra parte la principcs~a Chun, madre di. Pu Vi, oppose alla rivoluzione una resistenza fanatica, della quale il piccolo ex-impe• ratorc fu la vittima innocente. Il fan• ciullo non doveva portare occhiali sebbene avesse la vista debolissima, perché un imperatore, spiegava la m/:'- dre, può essere cieco ma non deve portare occhiali. Nemmeno poteva tagliarsi il codino. All'età di quattordic.i anni, lo si obbligò a sposare una giovi. netta del suo rango. Gli fu scelta la principessa Shu Fi, figlia del principe mancese Tuan. 11 matrimonio fu disgraziato, e siccome, secondo le usanze ci1lcsi, era permesso d'avere un'altra moglie oltre quella legittima, nell'autunno 192::z,all'età di sedici anni, Pu Vi bandì un concorso fotografico per scegliersi una altra sposa. ~fra le centinaia di ragazze ambiziose che inviarono il loro ritratto, egli scelse Kuo Chin Si, figlia di un ricco mercante mancese. La fanciulla fu invitata al palazzo: ma ~ubito dichiarò che, fin da bambina, aveva imparato a credere alla monogamia, e mai avrebbe considerato valido un ma. trimonio diverso da quello secondo il rito cristiano. Il matrimonio fu celebrato il 20 no• vembrc del 19:n, e questa volta per Pu Yi fu un matrimonio felice. Kuo Chin Si prese il nome di Yueh Hua; era una giovnne donna dalle forni<' delicate, dai lunghi capelli neri, chr ella acconciava in trecce pesanti. Benl hé cli salute debole, '-Cmpre dimmtrò c1 .-mdc energia. La felicità coniugale durò soltanto tre mr~i. Una mattina, mentrL' l'imperatore ~c-clevacon la moglie a co. Iazione, il go\'ernato1 e militare di Pechino entrò con i suoi soldati nella camera da pranw. In nome del marcc;ciallo Fcng, e c;cnza spiegazioni. diede alla coppia reale quattro ore per lasciare la città proibita: « Ilo un orologio americano», di~se. « Appena le lancette avranno segnato quattro ore. i miei uomini marceranno dentro il p.1Ja7,z0 e distruggeranno tutto ciò eh,· è vivo». Molti cortigiani non riu'iciron1J . ~cappare in tempo e furono trucid.t· ti. La coppia reale trovò rifugio in un palazzo della città tatara, un sobborgo di Pechino. Da quell'istante, Pu Yi non fu più c;icuro della propria vita. La rivoluzione dilagav:.t e gli emi,;'iari bol~ccvichi percorrevano la Cina del nord offrendo ricompense ali'« eroe del popolo» che aveso;;econsegnato il diciottenne imperatore morto o vivo. Per o;;alvarsi,Pu Yi dovette fuggire da Pechino. Tro\'Ò riparo in un ospedale tede~co1 poi all'ambasciata giappone~e. In un affollato scompartimento di tcr-,_..c_l1a.sse del!'« espresso> del sud, potè giungere finalmente alla conce,;;,;;ionegiappone'iC di Tien•T~in. Coolies e soldati ribelli avevano frugato il tr<'no. ma nes-

~uno riconobbe il giovine mendicante stracciato che gridava con la folla: e Morte al traditore Pu Vi >. Durante' sette anni di vita libera a Tìcn-Tsin, Pu Vi apprese le usanze occidentali: scoprì la cucina americana, la letteratura inglc!iic e la civiltà del mondo bianco. Il suo fedele tutore Cheng Ksi.u1 Hsu riu~cì a far paS-'!arc di contrabb.mdo un quarto di miliotw di dollari in moneta e gioielli, in modo che il e figlio del cielo » potesse vivere con sua moglie, che lo aveva seguito in e,;ilio. Pu Yi condusse una vita facile e quasi irreale, dedicandosi i.li tennis, al polo, all'equitazione; dipin<e fiori e scrisse versi. che comparvt..·ronei giornali cine'>i. Sembrava un ~iovanc mondano, rd era diventato co• sì moderno e intraprendente che si mi~e in I cl azione con una compagnia d'a~sicurazioni per promuovere ;tffari tra l'Asia e l'America, e presto fu eletto pre~identc all'unanimità. Quando la crisi americana raggiunse anche Ticn1\in, la nuova compagnia d'assicurazìo. ni dovette sospendere la sua attività, e Pu Vi perdette ogni co,;a, salvo la sua collezione di pellicce imperiali cinc~i, che non volle cedere a nessun prezzo. Comprò una piccola ca~a sporca e fradicia, fece causa contro la Galleria d'Arte della repubblica cinese per far• 11 si rc'>tituirc i ritratti ~ci suoi antenati. che valevano due milioni di dollari, immaginò grandi piani fanta~tici per vivere, cd ebbe perfino l'idea li divcnt.lrc un cant~rntc d'opera. Ma ne~suno ç•immaginava che ncll., piccola c;isa di Tien-Tsin avvcni5scro, intanto, segreti negoziati. In quel tempo, Ciang Kai Scek a• veva preso il comando della rivoluzione. Il giovane imperatore esiliato rappresentava il solo pericolo che minac~ ciasse l'unità della repubblica. Così, il generale mandò emissari a Pu Yi. Cl fece dire che il passato doveva essere dimenticato, e che·· la repubblica era pronta a pagargli quattro milioni d; dollari annui di appannaggio, a condizione che egli rinunciasse ad ogni pretesa politica. Due volte Pu Vi ricevette i delegati di Nanchino, e due volte li licenziò con quc~te parole: « Dite al maresciallo Ciang Kai Scck che se la repubblica ha pjù d(·naro del necesiario, dovrebbe darlo alle vittime del• l'inondazione». Anche i giapponesi iniziarono nego• ziati segreti con l'imperatore. A Tokio, si preparava l'invasione della Manciu• ria, e si pc·nsò di mettrre il legittin\O imperatore della Cina a capo del nuovo Stato. Prìncipi, ministri, diplomatici, furono mandati alla piccola casa dì Ticn-Tsin. Sui giornali cominciarono a circolare strane voci. Finché un giorno Pu Vi dichiarò improvvisamente: « Sotto nessuna condizione salirò un trono che mi sia stato cretto da baionette straniere». Era così ostinato e così pieno di orgoglio che niente poteva rimuoverlo. Un giorno alla casa dell'imperatore fu inviata una ghirlanda di fiori. A tempo la polizia se~ grcta giapponese riuscì a intercettare iÌ dono e si scoprì che, nell'interno della ghirlanda, era nascosta una bomba. Si congetturò che l'attentato fossq stato accuratamente prcpa'\°ato dagll stessi giappone~i p('r convincere Pu VI ad accettare la protezione giapponese. Nulla sì sa di certo. ?via il ministro giapponese dc~li lntCrni avvertì l'imperatore che avrcbhc a.::.::untola r("- spon'lal?ilità della sua persona, solo se avcs~e preso dimora hcl territorio che era sotto il govcroo giapponese. Pu Vi si arrese e un incrociatore giapponese lo portò scgrctanwntc a Dairen. La protezione dclJa polizia s<'grcta giapponese non impedì, però, che altri attentati fo"-SCro fatti contro la sua vit.t. Aci llarbin, sul principio del 1934, quar.lnta russi e cinc,;i furono arrc-5tati per aver complottato di far "-Jltarc il ponte del fiume Sungari sul quale doveva pa,sare il treno dell'impcra.torc-. li 4 ,;ctt<'mhrc dcJlo stesso anno, scoppiò un inC(.'ndio nel suo fippartarnc-nto privato di (-hingking nwntre egli dormiv:1. Il 27 no• vemhrt.'. cinque cinC'si lo aspettavano prr a,;<a<.,;inarloquando si recò a visitare le tombe dc-i suoi antenati a Mukden. Ver,o la fine di dicembre, un gruppo di co,piratori cc,cò di infettarlo di tifo. L'ultimo attentato risale a un anno fa; un patriota cinese tentò d~ pugn_a: l.\rC l'imperatore. La corte dc, mcd1c1 lo diede per ~pacciato. Fu guarito da uno !itrcgone cinese che l'imperatrice avrva fatto chi;im:11·<c' ontro il parere dei comiglicri giapponesi. L.t maggio~ parte dcR"li_;lltcnt,\li non furono rn:u re<.i pubblici. Quando giunse a Daircn, l'impcr .ltorc tentò di liberarsi dalla 'lOggez1oncgiapponcse. Jvla i giappo1H·s~ lo .rin: chimC'ro nel ricovero per altcnatJ eh Port Arthur, e pubblicarono sui iriornali che Pu Vi era '!tato improvvisa• mcnte cbho da una grave malattia nervosa cd era impossihilc prrvcdcrc quando sarebbe guarito. ~u ~'i. rir'!la~ no\·C ~iorni e nove• notti png10111cro. Pa,,;av:1 la notte in segreti colloqui coi • suoi antC'na1i, e. durante il !!iorno. nc- ~oziava rol luogotenente ~c.ncr;ile Doiharn, capo di Stato M;i~g-iore dell'c• scrcito del Kwang-tung, che aveva concepito tutta l'impre,;:, drlla Manciuri.t. I termini sui quali ~i fondò l'accordo furono molto reali'>tici; se, infatti, Pu Yi rifiutava di accettar<" la corona da m:rni 'itranin(' pote-va a5- ~umrre il governo dello Stato come capo esecutivo, 'iull'c~empio della co~tituzionc amc-ric,rna. Cli '-piriti orgo~lio- ,;j dei suoi antt..'ll.lti non s.i~an:bbcro offesi per l'attività di un ~cmplicc- ,;j~nor Pu Yi, anchr <;C sotto la p1ntc,,ionc- ~iapponc'iC. E. infatti. 'iCCondo il proclama che finalmente Pu Yi emise dall'asilo per alienati, gli spiriti dei suoi antenati desiderarono l'accordo. Sopra un treno armato, l'imperatore tornò all'antica capitale dello Chang Chun. La Manciuria fu dichiarata indipendente: un nuovo Stato venivi.\ creato. Come residenza Pu Yi scelse il fabbricato della commissione d'imposta del sale, una semplice cao;a di un piano, con un modesto giardino fiorito. Di là diresse gli :1ffari del paese. Fece co~truire scuole e strade, org:minò un esercito, una polizia e perfino una minuscola notta. Il primo ministro era il suo antico ciambellano di corte, il fedele Cheng 1-Isiao Jfsu. Tuttavia il vero potere rimase, dur:une i primi tempi, nelie mani di un consiglio composto di consiglieri giap1>0nesi. E ogni provvedimento che il capo esecutivo firmava, doveva cso;ereapprovato dall'amba~iatorc giapponese. Questa funzione di governatore segreto fu, prima. coperta da Taka~hi Hishikari: p1i1 tardi costui fu sostituito dal generale Jiro Minami, un soldato che non tollerava contraddizi.:,- ni. Poco dopo i giapponesi costrinsero Pu Yi a c.lmbi..lre il governo, e il capo" e"-Ccutivodovette separarsi dal suo primo ciamlx!llano e stabilire un'amministrazione tutti.\ di giapponesi. Da allora Pu Vi si trovò completamente Isolato. Non ho mai visto uno spettacolo più amaro di quello offerto da Pu Vi, nel mar-w del 1934, il ~iorno della sua incoronazione. Un altare di tre gradini er~l stato cretto fuori della città " cinque miglia dal p.llazzo. Alle otto di mattina, sotto un ciclo gcbto, l'imperatore lo salì. La capitale era deserta: un esercito di 50.000 soldati armati sb.lrrava le strade: ogni tre mancesi v'era un giapponese che faceva buona gu.lrdia nelle vicinanze. Durante tre giorni l'imperatore non aveva mangiato né aveva patlato .ld alcuno. Ora stava diritto e impassibile, nel suo vestito di seta gialla, facendo offerte agli dèi e mormorando preghiere. Pu Vi è oggi certo che il suo ritorno a Pechino avverrà molto prc5tO, cd è determinato a combattere i rivoluzionari che lo dimisero dal trono venticinque anni fa. In quel tempo, l'imperatore espulso era soltanto un bambino; oggi, colui che vorrebbe ritornare, è un vecchio di trentadue .lnni. J.P.HUDON Le stelle Un'aspra polemica si accese, qualche set• timana fa, a Hollywood in seguito alla pubblicazione, ad iniz.iativa di un gruppo di esercenti di cinema, di un trafiletto in un giornale commerciale locale, in cui si af• fermava che aie.une delle più note e brillanti su~lle del firmamento cinematografico !Ono diven1a1e < una peste per la cassa >. < Fra questi attori>, continuava l'articoleuo, < la cui abilità drammatica è fuori discussione, ma da cui la casu non ricava un bel niente, si possono annoverare Mae Weu, Edward Arnold, Greta Garbo, Joan Crawford, Katharine Hcpburn e mohi :iltri. Greta Ca, bo, per esempio, ha uno straordinario potere di attrazione in Euro• pa, ma non lo ha affatto negli Stati Uni1i. M:arlcnc Dictrich, poi, è una vera peste per la cassa dei cinema americani :,. • Il corrispondente del Daily T tle11aph da Hollywood spiegò le ragioni della polemica. Secondo lui, tutti i maggiori e: studi> sopportano un onere eccessivo per certe stelle, alle quali è stato dato il signific:1.ti\·o nomignolo di e: spavento della cassa > o e spaventa cassa >, le quali ricevono salari enormi, ma non attraggono più il pubblico. Nella speran:ta di poter ricuperare al. meno una parie dei milioni che pagano alle suddette s1ellc, gli e studi> le utilizzarono in film costosissimi. E cosl il danno aumentò. Miucr Harry Brandt, che è a capo dcli' Associa~one dei proprietari di teatri, di• chi3rÒ: e Noi non siamo contro il sistema delle stelle, ma riteniamo che esse non debbano dominare la produzione >. Parecchi giornalisti, subito dopo la pubblicazione del trafiletto, si recarono dalle attrici per cercare di farle parlare. Ma esse, unanimemente, rifiutarono di !are la minima dichiarazione. Esempio sorprendente di discrezione soprattutto da parte di chi riunisce in sé la triplice qualità di donna, di americana e di diva. La question'e è che le stelle hanno un valore per i produttori, un altro per gli esercenti di t.calro e un altro per il pubblico. A lungo andare, chi comanda è il pubblico; e, In fondo, itli « studi > non si prcoccupand d'altro che di capire il pubblico. Ma spcsro non vi riescono o ritar• L'IllPERATUOE DEL KANOIUXOO, YOEH BOA, SECONDA MOGLIE DI PO YI dano a capire. La polemica, cui abbiamo accennato, denota uno i.fasamento di questo genere fra la stima, che i produttori !anno delle stelle, e la stima che ne fa il pubblico. Ma 1 produttori non se la devono prendere con le stelle, bcnsl con se steui. Può scmbra 1 re, a p·~ma vis1a, che inter• preti sicuri del gusto del pubblico debbano essere i proprietari e gli esercenti dei teatri. Eui hanno sotto gli occhi un indice che non può ingannare: la cassa. Ebbene, per quanto ciò possa sembrare strano, le gradua1orie delle stelle sulla baJe dei risultati della cassa non coincidono affatto con le graduatorie che fa il ,,ubblico quando viene im•itato a esprimere la sua opinione e a dire quali attori ami e quali ami di più. Evidentemente si paga in un modo, e si ama in un altro. Si aggiunga, infine, che i gusti del pub- ~ico americano sono diversi da quelli del pubblico inglese, e ancora più divcni da quelli dei vari pubblici europei. Insomma, a voler classificare le stelle, c'è da fare non una, ma C<'nto gt:1dua1orie. E, infaui, sono siate fatte. La stima dei produttori La più semplice di tuue le graduatorie è quella in base agli stipendi. Secondo recenti riv<"lat.ioni americane, le stelle e meglio pa• gate > nel 1937 sono state le scguen1i: 1) Cary Coopcr {che ha guadagnato in luho l'anno una somma pari, all'incirca, a lire italiane 6 milioni 66o mila). 2) Ronald Colman (come sopra, lire italiane 6 milioni e 525 mila). 3) Claudctte Colbcrt (come scpra, lire italiane 6 milioni 300 mila). 4) Mae West (come sopra, tirc italiane 5 milioni 8 1 4 mila). 5 Madeleine Carroll {come sopra, lire italiane 5 milioni 175 mila). 6) Warncr 8.axtcr {come sopra, lire ita!ia. ne 5 milioni 1 12 mila). 7) Marlenc Dietrich (come sopra, lire italiane 4 milioni 842 mila). 8) Ruth Chattcrton (come sopra, lire ita• liane 4 milioni 491 mila). 9) Charles Boycr (come sopra, lire italiane 4 milioni 482 mila). Si deve tener presente che in questa classifica non sono considerati akuni divi famosi che nel 193i, per una ragione o per un'altra, non hanno lavorato. Essi sono: Charlie Chaplin; Norma Shearer, in luno per la morte del marito lrvin Thalberg; Crace Mdorc; Laurei e Hardy, che han• no avuto dei dissensi in ordine alla loro collaborazione; Eddie .Cantar e Charles L.:i.ughton. Il giudizio della cassa Gli esercenti di teatri e di sale cinematografiche, alla loro \•olta, classificano le stelle in base a un cri1erio del lutto diverso, anti, in un certo senso, opposro: e cioè secondo quello che esse rendono, e non già secondo quello che costano. Ma le nelle rendono diversamente in America o in Europa. Stt:ondo gli eM"rccnli degli Stati Unili d'America, le dicci maggiori stelle del fir. mamento cinematografico vengono in quest'ordine: 1) Shirlcy Tempie; -à) Clark Gablc; 3) Robert Taylor; 4) Bing Crosby; 5,) William Powell; 6) Jane Withers; 7) Frcd Astaire e Cinger Rogcn; 8) Sonja Henic; 9) Ca.ry Cooper; 10) Myrna Loy. Invece, per gli estrcenti inglesi, la classifica è la seguente: 1) Shirlcy Tempie; 2) Clark Gablc; 3) Gracie Fields; 4) Gary Cooper; 5) Georgc Formby; 6) William Powcll; 7) Jcanctte MacDonald; 8) Robcrt Taylor; 9) Asta ire e Rogers; 1o) Laurei e Hardy. Come si vede, Shirley Tempie è la stella che assicura i ma~giori incassi così in Ame. rica come in Inghilterra. Invece, in una classifica in base agli incassi fatti in tutto il mando, essa veniva al decimo pos10. Cary Coopcr, quarto in Inghilterra e nono in America, era ìl primo nella graduatoria per tutto il mondo. Greta Garbo non era compresa fra i pri• mi di('ci né in America, né in Inghilterra; invece, nella suddetta graduatoria, in base agli incassi fatti in tutto il mondo, era, tempo fa, sesta e pai è passala al S<'Condo posto, in seguito al succt"uo dei due ultimi suoi film Ma,ghen·ta Cautier e Maria Walt-wska (secondo il settimanale VarittJ). e. da tener presente che spesso la differenza fra queste graduatorie può dipendere non .solo da differenze di sus10, ma anche dal fat10 che i film di un dato attore si:tno stati doppiati tutti e quelli dì un altro solo in parte. Il giudizio del pubblico IL VOTO DI BENES f1 :-.'CALZATO da richieste e rivendicazioni U delle v.aric s1irpi del suo composito pac• se, da minacce di potcnz..c vicine e no~ amiche, da consigli pressanli di potenze amiche e non vicine, il presidente Edoardo Bencs vive a Praga da mc,i in ansie. Nelle ultime settimane si è rase.n1ata la catastrofe, cd egli ha attraversato i gì<Jrni più angoS<:ios.i della sua vita. La sua ansia cominciò preci• samcnte in quel fatale giorno in cui le divisioni 1edeschc si misero in marcia verso Vienna. Con pensiero gentile il Comando te.- desco dispose che le sue truppe si tenessero a una diuanz.a non minore di quindici chilometri dalla frontiera cèca. Ma si fossero tenute anche a cento e anche mille chilometri, il loro passo e il ferreo rotolare dei carri arma1i e delle artiglierie avrebbero pur sempre risonato, come risonarono, fin nel cuore della nobile e antica città di Praga, fin nel cuore del presidente Bcnes. Nessuno ricordò, in quei giorni, che Benes, fra sii innumerevoli libri, opuscoli, memo: riali, con cui bombardò prima i governi delle potenu alleate, durante la grande guerra, e poi la conferenu della ~ace, ne scrisse uno intitolato Dltruistl fAulncht:. Un ironico desiino volle che proprio il giorno in cui quel suo antico vofo si compi, Bcnes e il suo popolo perdessero la pace. E, forse, più che la pace. UN PAESE DI "MINORANZE" li\\ \ QUEL GIORNO, il problema dei Ll!) tedeschi dei Sudctì è diventato il più acuto dei problemi europei. La denominazione e: tedeschi dei Sudeti > ha una ragione politica, più che geografica. t ben vero che la zona dei rnon1j Sudcti è quasi interamente popolata da tedeschi; ma da quando il partito nazista in Cecoslovacchia fu sciolto e, conseguentemente, i seguaci di Henlcin assunsero la denomina- ,jonc di Sudete11deutu:ht Pa,tei, sotto questo nome sono compresi non soltanto i tedeschi dei Sudc1i, ma tutti i Jcdeschi della Boemia, della Moravia e della Slesia. Sono, in tulio, tre milioni e mezzo e formano la parte più progrcdi1a e più at• tiva di tutta la popolazione della Cccoslo- \ acchia. Ciò significa che la loro non è semplicemente una questione di e minoran• i.a >. 1 polacchi in Cecoslovacchia sono una minoranu. Cli ungheresi sono una minorama. Ma tre milioni e mezzo di tedeschi in un pat'se come la Cecoslovacchia !Ono qualche cosa di più di una mjnoranza. Altrimenti, anche i cèchi sono una. minoranza. A quanto pare - e facciamo questa ri• serva perché le statistiche, nei paesi dove la lotta di nazionalità è ardente, sono sempre documen1ì opinabili - a quanto pare, dunque, la popoluionc della Cecoslovacchia si distribuisce fra le varie stirpi cose segue: Cèchi 7.500.000 (secondo statistiche austriache del 1919, erano solo 6.000.000); Tedeschi 3.500.000; Slovacchi 2.000 ooo ; Ungheresi 700.000 (secondo sta1istichc ungheresi del 1910, erano 820.000); Polacchi So.ooo i Ucraini 5~o.ooo; Ebrei 1 15.000. In tutto, quindici milioni di uomini, di cui la met.à desiderano - più o meno energicamente - di 11011 1sut cittadini cecoslovacchi. Uno Stato cosi costituito non può es.sere molto solido. I cè.chi, per il solo fatto di essere ul)~. Il'}ÌJ)0(1f!.U troppo forte, cra,nn stati uno dei maggiori malanni della vecchia monarchia degli Absburgo. E la giovane repubblica riprodusse in se stessa il malanno principale della monarchia: di cuere un amalga.ma di stirpi eterogenee e discordi, .anzi un amalgama. dì minoranze troppo nu• merosc e irreducibili. E se tuui i desideri, i voli, le richieste, le rivendicazioni di Mas.aryk. e di Bcncs alla conferenza delta pace fossero sia1i accolti, oggi la Cecoslovacchia sarebbe ancora meno !Olida di quel che è, ancora più traballante e pericolante. OOMENAOQUELA OEOOSLOVAOCHIA fN FONDO la Cecoslovacchia è figlia dcl- }1 la propaganda. Nel novembre del 19,4 - pochissimi mesi dopo lo scoppio della grande guerra - un pugno di patriotti cèchi emigrati, Masaryk., Benes, Ourich, Fishcr, Hupka, ccc. si cost;··,irono in Comité d'ac1ion tchtque à l'ltra .. zu e iniiiaronc, quella fervida opera di propaganda a favorc della loro nnio• ne, che doveva poi dare tanto frutto. E'5i riu,cirono a far credere in Europa e in Am'"rica che la loro nazione fosse tenuta nella più dura schia\•itù, che fouc umiliata e oppressa da parte dell'amministrazione amtro-ungarica, che fone vittima di < inau. dite violenze > da parte della popolaiione 1edesca. Grazie a questa propaganda abile Il pubblico esprime il suo giudizio an- e 1cnace, quando si giunge all'armistizio, dando al cinema, e cioè pagando, o non tutte le potenze alleate e l'associala e - andando\'i. Di solito, si va al cinema pe1·- quel che più conta - l'opinione pubblica ché fattore tale piace; ma vi si può an. nei rispettivi paesi erano interamente guachc and:1.rc per altre ragioni: per esempio, dagnatc alla causa cèca. In una parola, tutpuché piace il frlm, benché noo piaccia to era pronto perché la «grande> Cecoslol'auorc, o perché piace il tale e non il vacchia sorgesse. talaltro dei vari allori che agiscono in uno Il 18 ottobre 1918, prima ancora che stesso film. Queste e altre ragioni possono l'esercito austriaco capitolasse, si riunirospiegarc perc.hé il pubblico, interpellato di no a Praga i capi dei partiti cèchi, si coproposi10, e cioè invitato a esprimere un stituirono in consiglio nazionale e proclagiudizio per mezzo di ,e/e,uidum, stabilisca marono l'indipendenza della Cecoslovacchia. graduatorie del tullo diverse da quelle sta- ~u~:1i c:~~::: 0 c~;t~~:r;~i~is: s7 t~:~;~;: bilitc secondo i risultati di cauctta. Nel gennaio di quest'anno, la Ntws Review .,. ~no~nii;~ :v;;:er~~o;;:~~~~~: 0,p= i:~:ryt orgas,Jinò un referendum fra il pubblico presidente della repubblica e Kramar prcinglesc proponendo il quesito seguente: sidcnte del consiglio. « Quali !Ono le dicci stelle che vi sono E subito il nuovo governo si mjse all'opepiaciuie di più nel 1937? >. ra. E cioè si mise a domandare tutto quello Presero parte al referendum migliaia di che era possibile domandare. La neonata votan1i e, in base ai risultati del voto, fu repubblica aveva un appetito formidabile. stabilita per le stelle la seguente gradua- Le ri\Cn<licaiìoni - già accampate e sostctoria: 1) Creta Garbo; 2) Ronald Col man ; nutc dagli emigrati durante la guerra - 3) Willìam Powcll; 4) Paul Muni; 5) Spen- si precisarono e si ampli:irono. I rapprcsencer Tracy; 6) Charles Boycr; 7) Annabel- 1anti cèchi conoscevano minutamente tutte la ; 8) Myrna Loy; 9) Anna Neaglc; le ques1ioni concernenti ogni palmo del ter. 1 o) Clark Gablc. reno che rivendicavano. I rappreM!ntanti del• Gary Cooper era stato messo fuori con- le grandi potenze non le conoscevano afcorso perché primo nella graduatoria M!• fatto. Tutti i criteri, tutte le ragioni fu. condo il pubblico di tutlo il mondo e per- ~::i:v~~:~f /; 0s;;'f nc;c~:I e~~r~~tolad~l,1~~~~ ché riceve il salario più alto. ram.a, fu invocato il principio di nazionalit da rilevare la tendenza piuttosto con• tà. Do\'e erano minoranza, furono invocate sen•atrice del pul,blico inglese. Esso mette ragioni strategiche. Dove neppure queste al primo po1to la trentunenne Grela Garbo, soccorrevano, si ricorse alle e: ra!;ioni ~10 . anteponendola a stelle più giovani e di richt' >. tipo più moderno. Mette al secondo posto Queste ultime, forse, furono le pi\, sir:\• Ronald Colman, che ha quarantasei anni. vaganti di tutte; e proprio ad esse si ap• A. G. pigliò Clcmenccau nella lettera solenne " altc:r:iosa con cui respinse le ragioni della derelitta dclegaz.ione a\.Striaca. li principio fu in1eso nel senso che un certo territorio, per il solo fatto che in un certo periodo storico appartenne alla Corona di Boemia o fu popolato da cèchi, spett.asse ali~ C~- coslovacchia. Ma quale tratto del terntono europeo non è appartenuto a più popoli successivamente? E quale dei popoli che lo possedette in passato avrà su di cuo e diriui storici >? Quello che lo ebbe nel secolo XV o quello che lo ebbe nel secolo Xl? . . . . E, del resto, lo stesso tcrr1tor10, in cui oggi vivono i cèchi, non fu, un tempo, occupato da stirpi germaniche - per esc~- pio i Marcomanni - e non fu da esse difeso mtro l'impero romano? Ma c'è di più. Se si arnmcttcsse per valido il criterio dei diritti storici per il regolamento dei confini fra le nazioni, quale confine rimarrebbe fermo, oggi, in .Europa, e quale. popol.o non avrebbe titoli per rivendicare 1J territorio di aliri popoli? Si prescinda pure dal caso nostro, che ci troveremmo in una condizione veramente privilegiata, in quanto, gruie ai e: diritti storici> ereditati dai romani, po1remmo rivendicare mc:ao mondo_; ma l'Inghilterra, per esempio, potrebbe nvendicare gran parte della Francia, la Spa• gna gran pa, .e dell'halia, e, se si stabilisse a chi spetti l'ered.itl dì Carlo Magno, si deciderebbe Una buona volta se la Fran• eia debba assorbire la Germania o la Germania la Francia; tranquillamente, senza spargimento dì sangue. Cosl, le grandi contese. s1oriche fra le nazioni si tramuterebbe· ro in cause civili per eredità. Comunque, la delegazione cèca alla conferenza della pace, in nome ora ddl'uno, ora dell'altro principio, pretese territori popolati da tedeschi, territori popolati da magiari, territori popolati da polacchi e d~ ruteni; pretese una serie di rettili.che d1 confine che arrotondassero le « provincics1orichc > ai danni dei vicini ; giunse a domandare che la Cccosloucchia fosse unita territorialmente alla Jugoslavia, per meno di un corridoio lungo 20 chilometri, con una popolazione di 700 mila anime, di cui solo il 25 per cento di slavi. E osò pcrsin~ chiedere che la Lusuia, territorio in cui vivono gli avanzi dei serbi dell'Elba (Wtn• dt11) frammisti a una maggioranza tcde¾'a, venisse anm·ua alla Cecoslovacchia (perd1t: dal 1373 aveva fatto parte dei territori della Corona di Boemia fino alla pace di Praga, del 1635, con cui fu concessa aJr .lettore di Sassonia) o fosse eretta in repubblica autonoma. Si sarebbe costituito, cosl, uno Stato sedicente slavo, in cui, su una popolazione di 450 mila anime gli slavi sarebbero stati 160 mila circa e i tedeschi tutto il resto. E anche in questo caso i te• deschi avrebbero costituito una < mino• UNA PROFEZIA AUSTRIAOA (iJ HE COSA rcccro e come si difesero ~ gli austriaci? Come poterono; e non trovarono ascolto. Prima di tutto cercarono di costituire anch'essi il e fatto compiuto>. Sulla fine del 1918, i territori della Boemia settentrionale, della Moravia e della Slesia, abitati da popolaiionc tedesca, proclamarono la crcaz.ione delle µrovincic della Boemia ted~sca e del paese dei Sudeti, come pani dcli' Austria tedesca ; il Bochmerwaldgau si unì all'Alta Austria; la Moravi" meridionale, il distretto di Ncubistritz, le parti tedesche del distretto di Ncuha\ft e l'enclave lglauSlc.cken si unirono alla Bassa Auuria. La dclega:tione austriaca alla conferenza della pace protestò vivamente e insistentemente contro « la Aagranlc ingiustizia > che, in base al 1: prcte!O argomento delle frontiere storiche >, si intendeva commettere ai danni del popolo austria('o. Il go\•erno di Vienna, per il tramite di quello svizzero, propose un plebiscito nelle zone contese. Poi chiese una decisione arbitrale. Poi si raucgnò alla mutilazione e propose un regime cantonale per la Cecoslovacchia: predispose anche un particolareggiato progetto, e, in via subordinata, chiese che i principi in esso r:sposti fossero presi in considerazione per il riconoscimento dell'autonomia nazionale di ciascuna minoranza. Ncuuna di queste proposte fu presa in considerazione. Tutte le richieste cèche furono ac;colte, ad eccezione di quelle rela1ivc al corridoio e alla Lusazia. Clemcnceau, il 2 scnembre 1919, comunicò alla deh•gazionc austriaca il testo definitivo del trattato e, nella lettera di accompagnamento, assìcurò che le potenze avevano 1tabilito le fron• ticrc e con l'equità atta a dare all'Europà centrale una pace durevole>. In una delle 1ante note di protesta della delegazione austriaca si leggeva una frase che, alla luce degli a\'venimenti recenti, assume valore di profezia. Si dice\•a, in quella nota, che l'eccessività delle rivendica7ioni cèchc avrebbe av\•iato il popolo cèco e: verso una politica avventurosa e cataSt rofica >. RICClARDETTO I~ ANNOIJ• •-.22-~SMA0:01938-~VI -~, MNIBUS SE'l"fIMANALEDIATTUALITA j I _POLITIOA E LETTERA~ i -;CE lL SABATO IN U-16 PA-;;;;- ; = ===~= i ABBOIIAMEIITI \ I talla I Impero: 11nnoL. 42, 1eme1tr1 L. 22 I E.Itero: anno L. 70, temenrt1 L, 30 ' OONt NIJMERO ONi I.IRA ldanosotiltl, dlugnl e fo1ogufle, ucht H non pnbhllct.ti, non 11 rt1tltol1cono. Roma • Piaua della Pilotta, 3 Telefono N. 66.470 JmmlnlstraOone: Milano • Piaua Carlo Erba, 6 TelefonoN, 24,808 PubbUdtl:

Napoli, maggio. IL 16 LUGLIO 1852.. Napoli ha festeggiato tutto il giorno la Beata Vergine del Carmine, e ora dorme come una sirena ubriaca. Il quartiere del Mercato, che di giorno brulica come una rete colma, a quest'ora vive unicamente di un lezzo sottile di pesce fracido e dello sgocciolio di una fontana. Pesa sulla deserta pescheria l'ombra dell'Ospizio dei trovatelli. La suora che vigila dietro la ruota si chiama Maria Esposito, perché le suore incaricate di ricevere i figli di nessuno sono, per una squisita delicatezza, scelte esse stesse tra i figli di nessuno. Una mano ha bussato; la ructa cigola e al termine della sua rotazione rivela una creaturn minuscola e i,iemente, nella quale tutta quanta si riconcentra l'entità corporea di colui che non solo sarà un artista sottile e profondo come un pozzo artesiano, ma costituirà ancora un caso singolarissimo di uomo trasmesso da un ·epor.t a un'altra, o come dire di delegato della Gre<!ia del quinto secolo presso la :--1apolidell'Onocento. In quello stesso giorno altri tre • figli della Madonna• sono entrati all'Annunziata, e a tuttì è stato imposto lo stesso cognome Cenito: Vincenzo Genito, Giuseppe Genito, Maria Giuseppa Gcnito, :--.l'ico!aGcnito. Ma l'indomani, quella medesima prt'scrza ineffabile che assisterà Gemito in tutti gli imi della vita, turba lo scrivano addetto all'iscrizione dei tro- \·atelli, e questi, per ispiruto errore, altera nel registro la consonante del .cognome. Quando rammenteranno più tardi a Gemito l'errore del cognome, egli cipiglioso ribatterà: or Gemito mi chiamo: Gemito significa dolore!•. Perché anche Gemito, come tuni gli artisti profondi, aveva il ~usto dell'etimologia. La Provvidenza, i cui \·asti disegni ci sfuggono del tutto, noi la riconosciamo invece in taluni minuti particolari della vira, come in questo far coincidere la nascita del piccolo Vincenzo Gemito, con la morte del piccolo Francesco Bes. La madre di f'rancesco, Giuseppina Baratta, piange\·a la perdita del suo piccino, che dopo soli otto giorni di permanenza quaggiù se n'era tornato al Creatore, e dalle mammelle gonfie il latte le colava in grembo, le scendeva tra le gambe, fino ai piedi. Andò perciò la donna all'Ospizio del~ l'Annunziata, e fra i tanti derelitti scelse quello cui era stato imposto il nome di Vincenzo Gemito. Reduce dalla campagna del 1861, Emanuele Caggiano si è tolta la camicia rossa, e mentre sbozza in pieno marmo la statua della Vittoria destinata a ornare la piazza dei Martiri, scorge quattro occhi puntuti che lo spiano attra\'erso la porta socchiusa. • Chi siete?, domanda lo scultore garibaldino, opponendo ai due scugnizzi la sua barba solenne da Mosè da salotto. • Sono Vicinrzo •, risponde il maggiore dei due, • e questo è Totonno •. Totonno era Antonio Mancini, e quello era l'esordio dell'amicizia magnifica tra Antonio Mancini e Vincenzo Gemito, che non terminò se non con la \'ita. Uno straordinario corteo traversa Napoli da parte a parte. La musica marcia in testa. Seguono gli elefanti, le scimmie vestite da uomini, i puledri che ballano la polca, lo stuolo dei pagliacci, le equilibr· Ae con l'ombrellino aperto, gli acrobati brillanti di stagnola, i nani con le scarpe più lunghe di loro, e infine Monsieur Guìllaume, proprietario e direttore del circo, che con la tuba rossa saluta a destra e a sinistra la folla assiepata sui marciapiedi e affacciata alle finestre. Il circo Guillaume prese stanza al teatro Bellini, che comunicava con lo studio di Caggiano mediante un oscuro corridoio, e Gemito, che nello studio di Caggiano si era messo a imparore l'arte, si trovò a tu per tu col mondo delle meraviglie. La meraviglia di quelle meraviglie era l'• uomo piovra•: una specie di crearura smontahile, vestita di viscida pelle e gli arti convertiti in tentacoli, la quale si arrampicava con orribili contorcimenti sui pioli di una scala. Volle anche Vici~11zo fare l'• uomo piovra• su per una scala altissima che stava nello studio del suo maestro, ma precipitò di lassù e giacque. sull'impiantito come un gesso insanguinato. Quattro giomi ~tette il giovinetto fra la vita e la morte, e quando fu guarito e tornò allo studio di Caggiano, s'imbattè nella Vit1oria che partiva. Poteva Gemito stare in luogo nel quale la Vitton·a non c'era più? Anche Vici.e11zo partì, la!'ciando allo scultore un ritrattino del suo cane, che si chiamava ,\1edoro e aveva un muso puntuto da formichiere. Gemito serbò fino in fondo alla vecchiaia le forme infantili <lcll'orRoglio: mimetismo ed emulazione. AveL1 delle ambizioni da scimmia. Ragazzo, volle rifare il .-numero• dell'uomo piovra, e abbiamo veduto a quale prezzo scontò quello scimmiesco ten1ati\'o. Sulla soglia della vec• chiaia, nel 1901, e avendogli detto un giorno Edoardo Scarfoglio che Succi rimane\•a un mese intero senza mangiare, Gemito, offeso nell'onore, promise di fare altrettanto. E cominciò a digiunare. Gemito non era mai stato un mangiatore serio. Si alimenta,a in maniera saltuaria. Mangiava pane e noci, erbaggi, frutta. Della carne non voleva sentire neppur l'odore. Venti giorni dopo la sfida a Succi, Gemito non si moveva più. Preoccupatissimi, la figlia e 11 genero chiamarono un medico, il quale, riconosciuta pericolosa la nutrizione orale, preparò un clistere alimen1are. :'\.lentre il medico si approssimava al letto, Gemito apri un occhio, puntò un dito contro l'esculapio, e con una voce sottile sottile ma greve di minaccia disse: .-Tu, \'erme, vorresti fare questo servizio a Vincenzo Gemito?•. Dette queste parole, Gemito si tirò su dal letto, prese dalla tavola uno scalpello, se lo poggiò sul ginocchio, lo piegò come lat1.1. Nello studio dello scultore Lista, la stessa scena si ripetè avvenuta nello studio di Caggiano. Una mattina del 1864, mentre Lista stava lavorando a uno di quei leoni di marmo che ora giacciono ai piedi dell'obelisco in piazza dei Martiri, fu bussato alla porta, e quando lo scultore andò ad aprire e al ragazzetto ritto sulla soglia domandò che volesse, quello rispose:• Imparare l'arte•; e a fine di mostrare a Stanislao Lista che una certa quale pratica del disegno egli l'aveva già, trasse dalla saccoccia un pezzetto di matita rossa e copiò un rilievo di gesso appeso al muro con tanto ardore e attenzione, che lo ~cultore ne fu abbagliato. Gemito fu assiduo, affettuoso, servizievole. Portava i ferri dello scultore al fabbro, lavorava e di violino•, teneva in ordine lo studio e continuava a disegnnre. Un giorno chiese il permesso al Lista di fargli il ritratto, e gli fece un piccolo abbozzo di creta. IncoragRiato dal maestro a tradurlo in marmo, Gemito confessò che il marmo gli era odioso, perché t non cedeva alle dita•· L'odio del marmo accompagnò Gemito per tutta la vita. ~cl 1886 gli è commessa la statua di Carlo V. Si tratta di completare sulla facciata della reggia di Napoli la serie di quelle otto statuone, che, schierate in atteggiamenti da pazzi, stanno per scendere dalle nicchie, gettare lo scompiglio nella città, incendiare le navi del porto e riaprire le porte dell'Averno. Gemito esegul il bozzetto a Parigi, durante il suo !econdo soggiorno colà, e se lo portò in Italia avvolto negli stracci come una mummia infantile, con quella tenerezza materna ch'egli metteva nel trasporto delle proprie opere, strin~endosele al petto e coprendole col pastrano perché non si raffreddassero. A Napoli, il bozzetto fu affidato al marmista Enrico Pennino, perché lo traducesse in marmo e lo portasse alla grandezza voluta. Gemito non andò a vedere la statua durante la lavorazione, non assistè al suo scoprimento; ma alcuni giorni dopo arrivò solo in piazza Plebiscito, e vedendo che il Carlo V di marmo atteggiava la destra in modo diverso dal Carlo V di ~esso, corse a raccogliere sassi e con la furia di un 0alilla, urlando e imprecando comt: un indemoniato, cominciò a lapidare l'immagine di colui su! cui impero il sole non tramontava mai. Due carabinieri erano di guardia in quei pressi, malinconici e severi sotto la lucerna nera. Si avvicinarono con lunghi passi a 'o scultore pa::::ro, gli posarono una mano sulla spalla; e Gemito, che di solito manifesta\'a una invincibile intollcninza per l'autorità, quella volta si placò di colpo: sotto la divisa del carabiniere, aveva riconosciuto Cftstorc e Polluce, i figli del divino cigno. Giustizia ci vuole. Se i figli del proprio spirito Gemito li tmttava a sassate, non è detto che i figli della propria carne li trattasse con più riguardo. A Parigi, ove aveva soggiornato due volte, nel 1877 e nel 1886, Gemito si era stretto di vivissima amicizia con Meissonier. Per Gemito, gli uomini erano simboli o come dire e punti di partenza•: in ;\1eissonier, di là dal pittore di battaglie, egli vedeva tutta quanta l'epopea napoleonica, compresa quella di Napoleone I 11, detto Lulù. Durante il secondo soggiorno parigino, Gemito aveva dato segni, non diremo di pazzia, ma di malinconia grave, ossia di umore nerissimo; onde quand'egli arrivò a ~apoli col suo piccolo Carlo V sotto l'ala del pastrano, lo raggiunse poco dopo una lettera preoccupatissima della siRnora Elise Bezançon, mo~lie di ~Ieissomer, nella quale essa diceva: « .Se m'écrit·ez qu',m mot, si t:OIJS souffre:: trop p,mr encha1ner tJotre pensée dam wu! lei/re, mais dires-no11J commmt vous ltes. A quoi u passrnt ,·os he,,rn? A'l re (Jue t·<ms rf1·ez. OEKJT01 RITRATTO DELLA NIPOTE BJOE VINCENZO GEMITO Votre femme ti votrt amour d'enfa111 doit:t,tl t.·ous/aire du bitm au cMur ... •· Dal che si arguisce che la signora Elise Bezançon, moglie di Meissonier, aveva la vista corta; perché se avesse avuta la vista lunga, tanto da vedere da Parigi ciò che a\·veniva a Napoli, avrebbe veduto Gemito afferrare il suo amour d'tnfant per le gambette, rotearlo come una fionda e sbatterlo al muro, col gesto violento e sicuro dei pescatori per troncare la tenacissima vitalità dei polpi. E anche in questo atto, nel quale i frivoli e i banali non vedranno probabilmente se non un segno di delinquenza o di pazzia, Gemito si dimostrò greco, e diremo meglio: saturnino. La Giuseppina, che nello schiacciamento delle ossa frontali serba tuttora il ricordo di quel lontano contatto col muro della casa paterna, Gemito la ebbe dalla sua unione con l'Anna Cuttolo, una modella bella e docile che aveva posato per Don1enico :\forclli, per Volpe, per De Santis, per Caprile, per Vetri, per altri, e che i pittori napoletani, come nella canzone, chiamavano Cosarello. Anche negli amori, Gemito aveva il divino e il bestiale delle di\'inità silvestri. Stabilita l'unione con la Cosorella, Gemito se la portò f casa come il ragno si porta a casa la mosca, e per quindici giorni nessuno lo vide più. Precedentemente, era stato unito con i\fatilde Duffaud, una Bovary esiliata a i\apoli, francese dalle palpebre pesanti, dal sudore odoroso, e cui il mal sottile rendeva la vita anche più cara e amorosa. ~ella primavera del 1881, in una poetica nllctta di Resina, Matilde Duffaud morì esangue. Loin dts ycux, loin du coe11r. Gemito, che alle sue donne, quando era.no vive, stava avvinghiato come la vite all'olmo, morte le dimenticava di colpo. E anche in questo non poter amare se non ciò che è presente e tangibile, c'è la stupenda e impassibile ragione del greco. Quanto alla morte di Cosarello, essa sortì su Vincenzo Gemito un effetto anche più sorprendente. Anna fu per Gemito una schiava amorosa. Lo amò, lo aiutò, lo assistè durante i diciotto anni di pazzia, gli tenne immobili davanti agli occhi rune le parti del proprio corpo, che lui con la matita, con la sanguigna, con la carhonelln senza fine ritraeva. Poi, intorno al 1()06, come un nero verme, un tumore maligno cominciò a insidiare quel corpo bellissimo nelle sue parti più segrete. Nella Galleria Minozzi, a Napoli, nella quale Achille Minozzi ha raccolto, e Ada i\linozzi Limoncelli custodisce, più di trecento disegni di Gemito, si vede dentro una vetrina un grnnde foglio di carta, sul quale Gemito ha ritratto con la matita Anna accosciata sull'impiantito, con uno straccio di camicia sulle spalle, quattro giorni prìma della morte. Chi può mostrarmi immagine più fedele della miseria umana? Quat1ro giorni dopo, Cosarella muore; e Gemito non solo la dimentica immediatamente, ma lui, che da diciotto anni è pazzo, improvvisamente rinsavisce. Quando Gemito stava allo studio di Stanislao Lista, l'Istituto di Delle Arti di :-.:apoli bandì un concorso per una statua di Rruto. Gemito partecipò al concorso, ma il suo bozzetto non ~u premiato, nonoStante l'opera di propaganda e di esaltazione fatta a favore dello scultore quindicenne da varì membri della giuria, e p:i.rticolarmente da Domenico Morelli. Capitò a Napoli in quei giorni Cesare Correnti, ministro della Pubblica Istruzione. Correnti guardò i bozzetti, approvò la decisione dei giudici, ma conferì a Gemito la commissione di riprodurre il suo Bruto in marmo, o per meglio dire commise una gajft ufficiale. Al povero Vici<"nzo fu come pestargli un callo. Per dispetto egli attaccò il mam10 alla prima e senza cominciare a or cavarlo di punti•, e quando il suo maestro lo avvertì che a quel modo non avrebbe potuto continuare, Gemito buttò via scalpello e mazzuola 'e se ne andò senza più far ritorno. Scompare Gemito come pesce che torna al forido. Scompare dopo due vani tentativi d'ìmparare l'arte, di ricevere il segreto per trasmissione e dalle mani degli uomini. E quando ricompare, lo troviamo nello scenario stesso in mezzo al quale Masaniello preparava la sua sollcvaz1one contro il duca d'Arcos. Napoli • la bella• è fabbricata sul paesaggio stesso dell'Inferno. Case e giardini sono studiatamente collocati per mascherare gli antri spaventosi, le orribili caverne, i raggriccianti catrafossi dentro i quali, al tempo dei miti, gemevano le anime dei dannati. In una di queste caverne, in cui le monache del monastero di Sant'Andrea delle Dame riponevano altre volte i fagioli del loro pasto quoti• diano, Gemito scese a lavorare tra le bisce e gli scorpioni, e portandosi dietro tutti i lazzaroncelli di Castelnuovo .::he gli facevano da modelli. E da quel labirinto sotterraneo della pia casa uscì una mattina del 1868 la prima statua di Gemito, il Giocatore, e andò a far bella mostra di sé in una sala della Promotrice di Belle Arti, ove Vittorio Emanuele la vide, l'ammirò e volle acquistarla per la sua collezione del palazzo reale di Capodimonte. Per Gemito, non c'era nulla di più grande, di pili augusto del re. Quanto ai suoi rapporti col Padreterno, erano quelli di sovrano legittimo con usurpatore, come tra Luigi XVI 11e Napoleone I. • 11 Padreterno sono io,, diceva Gemito, e non ammetteva obiezioni. E se delle molte versioni che si dànno della or pazzia• dì Gemito, e soprattutto della grnnde crisi che lo tenne chiuso in casa per diciotto anni, quella più scientificamente esatta è il mal fronuse contratto assieme con Mancini nella capitale stessa del mal franzeu, la versione psicologicamente più attendibile è quella della idea fissa, penetrata nella testa di Gemito, che soltanto il re in persona potesse confermargli la commissione del Trionfo da tavola, ordinatogli dalla Real Casa di Napoli. Per cs<'~uire il Trionfo, Pompeo Carafa, ciambellano del re, fece concedere allo scultore un locale nella reggia di Napoli. Una luce ineffabile illuminò l'anima di Gemito. Del proprio valore egli non dubitava più, ora che i lavo1i usciti dalle sue mani erano consacrati dalla benigna approvazione del sovrano. L'ombra di Alessandro, che portava la testa di sghembo sulle spalle, si delineò più precisa sull'oscuro sfondo della sua memoria. Che importa se il • locale della reggia• era una nuda e oscura e an~usta stanzetta nello sc.·mtinato delle reali scuderie? Entrare in quel bu~igattolo, fu per Vincenzo Gemito come per un poeta salire in Campidoglio. Gemito si rinchiuse nel or locale•, e cominciò a fantasticare di silfi, driadi, figure coricate di fiumi, che tutti assieme simbolicamente preludevano a quella • storia d'Italia• che il Trionfo da tm:ola doveva illustrare nello splendore dei metalli preziosi. Intanto, passando e ripassando danmti a quella porta, e trovar,d.ola sempre chiusa, negri sospetti si addensavano sotto le lucerne dei carabinieri di guardia. Di notte, sospettoso egli stesso e ossessionato dalla paura che i metalli preziosi a lui affidati per il Trionfo gli fossero rubati, Gemito, con un lanternino in manò, se ne anda\'a ispezionando J lunghi corridoi spogli, le vaste camere deserte. E una notte, si scontrò coi carabinieri. Nel buio, Gemito non riconobbe in quei due giovanottoni malinconici e forzuti i figli del divino cigno, né essi per parte loro riconobbero in quell'errante fantasma 'o sc11l1ore paz::o, che scambiarono invece per un ladro di gusti monarchici. Lo picchiarono di santa ragione, e Gemito, quantunque fortissimo, potè vagliare quanto è pesa la mano dell'autorità. L'indomani, dal sonno e dal tramortimento nel quale la collunazione notturna lo aveva piombato, Gemito si svegliò pazzò non• ché de jure, ma dt facto. Dal manicomio, Gemito evase mediante il classico sistema del lenzuolo tagliato a strisce e trasformato in corda. Tra\'ersò Napoli a piedi nudi e in camicia da nott~. Arrivò a casa come una furia, e poiché la sua donna e i suoi genitori putativi, pazzi di paura, lo volevano riportare in manicomio. lui, più pazz.o ancora all'idea di essere rimesso tra i matti, s'inginocchiò per terra, baciò l'ammattonato, giurò che, purché ce lo lasciassero, non sarebbe mai pili uscito di casa, e nonché di casa, ma dallo studiolo; e fu cosi di parola, che ci rimase diciotto anni. Diciotto anni se ne stette nello studiolo di via Tasso, seduto per terra, sotto la finestra graticolata. Di notte si rannic• chiava in un angolo, sopra una pietra da lavandaia, e dormiva con le gambe a cane di fucile. Di giorno disegnava, poi stracciava il fo~lio, a quel modo che gl'individui delle più basse classi animali mangiano i propri figli. Quando gli dicevano di uscire per riprendere il Trionfo da tavola, rispondeva che aspettava il re, perché soltanto il re poteva confermargli la commissione. Un giorno gli dissero che il re era mono cd era inutile aspettare, ma Gemito si mise a ridere. Perché lo volevano ingannare? Da quella fissazione monarchica, solo un pen-onaggio di real sangue lo poteva liberare. E un giorno Elena d'Aosta entrò nello studio dello scultore pazzo. I personaggi di gran ·sangue non sentono il puzzo. Elena parlò. Disse:• Gemito, scolpite un piccolo acquaiolo e portatelo per commissione mia a Sua Maestà la regina Margherita•. Gemito non se lo fece dire due volte: plasmò una piccola figura di acquaiolo con i suoi gesti più carezzevoli e delicati. gli cinse i lombi con un par di mutandine che a piacimento si possono o togliere o lasciare, lo gittò in argento, se lo mise sotto il cappottino come un cucciolo e se lo ponò a Roma. Ciò che fu l'incontro di Gemifo con Margherita di Savoia, ce lo mostra, sulla copertina di un numero della Domenica del Corriere del 1909, quell'iconografo della Terza Italia che risponde al nome di Achille Beltrame. Gemito fece un terzo soggiorno a Parigi nel 1924. La Ville Lumière gli ispirò pensieri di eleganza: portava un pettinino nel taschino del panciotto e ogni tanto s1 ravviava la barba. Ma Meissonier era morto, moni e dispersi gli amici di un tempo, e per affittargli unJ. delle sue vetrine su l' Avencc de l'Opéra, Goupil gli chiedeva mille franchi al giorno. Gemito era sceso all'H0tel Favart, di fronte all'Opéra Comique. Aveva scelto una bella camera al primo piano. Per commissione di un collezionista milanese, doveva modellare una testa della Medusa e andava cercando una modella coi capelli lunghi. Ma nel 1924 le donne portavano i capelli .tlla garçonnl'. Un giorno, Camilla Antona Traversi gli annunciò che aveva scoperto nel corpo di ballo delle Folies Bergère una giri, mademoiselle Adolphe, che aveva una chioma lunghissima e bionda. Appuntamento fu preso al Café Napolitain, e quando mademoiselle Adolphe, a scanso di equivoci, sciolse quella dovizia capillare, Gemito le si buttò in ginocchio davanti, e adorando esclamò: • No" mademoiselle Adolphe! Madtmoiulle Solei!!•. Un mese durò la lavorazione della Medusa. E intanto i soldi scemavano. Dal primo piano, Gemito passò al secondo; poi al ter-zo, al quarto, al quinto; e finalmente al sesto, che i francesi, dal nome dell'architetto Mansard, chiamano ma,isarde. Salire pili su, non ern possibile. Dalla mansardt dell'H0tel Favart, Gemito passò direttamente ~ Villa Scoppa. Tornò alle sue abitudini napoletane. Dormiva con la redingort e la rosetta della Lcgion d'Onore all'occhiello. Viveva con la figliola Giuseppina e col marito di lei, Giuseppe De Cristoforo. Al nipotino impose nome Alessandro; e poiché ad Alessandro un Bucefalo ci vuole, gli fabbricò con le sue mani di fanciulla un magnifico cavallo di legno, enorme, articolato e degno veramente di un re. Mon nel 1929, a settantasei anni, che non è una grande età, in rispetto alla straordinaria longevità dei pazzi. Morl parlando di Alessandro. Dall'alto del Vomero, una voce gridò: • O t mmègas tèth11~ke11! •· Ma come le voci che al tempo di Auj(usto avevano annu,,ciato di notte dalle coste dell'Epiro la morte del dio Thamuz, anche questa voce non fu capita. Dal Parco Grifeo il corteo scese lentamente tra gli eucalipti. Il mare bri}. lava sotto il sole, in segno di lutto i negozi avevano chiuse le porte e accesi i lumi. Arrivati davanti alla marina, i becchini d\m tratto si sentirono la bara più leggera sulla spalla. Corse un po' di scompiidio trn i personaggi ufficiali. C"n sìgnore in tuha levò la mano a indicare il golfo: scortato da due delfini. Gemito navigava verso i mari della Grecia. ALHERTO SAVINIO

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