Omnibus - anno II - n.21 - 21 maggio 1938

' EUROPA. I E PELLICOLE europee cominciano &2 a dare sui nervi a Hollywood. Le statistiche e i rt/erendum sono sempre sospetti, ma non può essere assolutamente destituita di valore l'inchiesta intrnprcsa tempo fa dal cinema e Filmarte • di Tew York per stabilire se i suoi clienti preferiscono i film stranieri ai prodotti di Hollywood. Il diretto,c del suddetto locale ha fatto distribuire a diecimila spctt11tori un questionario, e la domanda più seria e più grave era appunto quella rchuiva ai film stranieri. Il voto è stato piuttosto sorprendente: solo il 43 per cento ha votato per Hollywood e il 40 per cento, vale a dire 4000 spernuori su diecim1la, ha votato per l'Europa. Voti nulli 1700. Fra quei 4000 europeisti ci saranno stati naturalmente degli s,robs. ma molt1ssime risposte non sono risposte di mobs: • I temi dei buoni film europei sono vitali, non generici.. Il loro stile è realistico, immediato, non stereotipato, trito e superficiale come quello dei film americani ... Cli europei sono inarrivabili nella satira, nel disegno psicologico, nella polemica sociale ... Le stravaganze di Hollywood sono volgari, rumorose, gratuìte, troppo " belle ", con una fotografia troppo lucida, con troppi baci, o troppa malavita, con troppo poco rispetto della verità storica ... e poco rispetto del buon senso ... •. Forse è superfluo aggiungere che il Filmarte • è una sala per film stranieri. Lo stesso questionario distribuito a diecimila spettatori del • r-..Jusic-Hall• o del Capitol • o del • Roxy • avrebbe dato :almeno un 90 per cento a favore dei film fatti a Hollywood, con un 8o per cento almeno degli spettatori nell'impossibilità di giudicare, per non :aver visto mai un film straniero. Ma un 'ammissione del genere non sarebbe stata lusinghiera per i produttori californiani. Dopo tutto un ufrrcr1d11m del genere è valido soltanto se 1 votanti sono in grado di fare il paragone. Ora è presumibile che i clienti del e Filmarte • hanno visto quanto di meglio ha prodotto Hollywood quest'anno e hanno potuto compararlo al meglio della produzione europea, che è passato in quella sala. E dal paragone Hollywood ne esce soltanto con un 3 per cenio di vantaggio sull'Europa. ~la il • Filmartc • è un c.lan, si dirà, e i clans sono pieni di pregiudizi e i pregiudizi del Filmarte • non possono far legge. :via ci sono le lettere ai giornali, che, nel mondo anglosassone, sono forse lo strumento più inesorabile della tirannide dell'opinione pubblica, e le lettere ai giornali contro la merce di Hollywood aumentano ogni giorno di più. C'è poi il Q:r:tnde Coldwyn, ìl quale di ritorno da un \·iaggio in Europa ha detto, qualche giorno fa, che e le pellicole prodotte a Hollywood sono inferiori a quelle prodotte in Europa, soprattutto se si ticn corto del loro costo. Molti film messi in [.ro recentemente sono un insulto all'intelligenza. Essi sono adatti alla mentalità di un bambino di dicci anni•· E c'è poi \\"ilham Hays, da più di quindici anni semi-dittatore dell'industria dei film m America, il quale nel suo annuale rappono ufficiale sulle condizioni della produzione e del mercato ha riaffermato la sua fede nell'avvenire dell'industria. e ha detto che la qualità dei film migliora ognj giorno di più, che il divertimento rimane 11 solo cmerio dt un buon film, che non c'è posto per la propaganda politica sugli schermi americani, che la grandiosità e la spcttacolosità, nella produzione e nella distribuzione delle parti, continueranno ad essere i \·eri fattori del successo, che ,I pubblico americano può essere certo ccc. Ma alla fine Hays si è lasciato sfuggire qualche cifra e qualche considerazione che non sembrano giustificare tanto ottimismo e alcuni uomini del suo Stato ~lagg1ore lo hanno sentito brontolare c~ntro questi intrusi di europei, che commc1ano a dimenticare il segreto di fare dei film brutti•. A questa ripresa dei titoli cinematografici europei sul mercato americano, molto hanno contribuito, bisogna riconoscerlo, alcune recenti produzioni francesi. La krrml!su rraica ha fatto moho chiasso e molto ne hanno fatto Maycrling e Pipile-A!oko e anche Carntl de bai. Che cosa abbia nnprcssionato gli americani in questi film, se la letteratura di cui sono pieni, 0 la crudena di cui sono pienissimi, non sapremmo dire. e.erto ~ eh.e i _critici pi~ importanti dei giornali più 1mportant1 hanno preso 1I pretesto da quesu film! e da un paio di mattesi - ~opo I fiaschi dell'anno scorso - successi inglesi (un melodramma di Hitchcock, I.A ragazza era giot·anl!, e una commedia di Korda, Tempesta m "" biuhit'T d'acqua) per annunciare o meglio minacciare una rinasc11,adel cinema europeo. Jf pnrrro a dire pan.e al pane. e vino al vino è stato Frank :'\ugent, critico cmerrr.itografico del N~ York Timu, un uomo che fa il buono e 1I catuvo tempo nella ihc dei frequentatori e intenditori di cin~ma d1 ~ew York. Con le cifre del rt/t: n?'11m del Filmarte • ali~ ma_no, ~gh ~ detto ai suoi !cuori: • S1gnon, ~u1 le cose sì mettono male; un vantaggio del 3 per cento sugli europei è un mi~rab1le vantaggio. Questo significa che I geni del Pacifico stanno perdendo terreno: che l'autorità, o almeno l'autorità sull.o spettatcre intelligente, va spostandosi lentamente al di là dell'Atlantico. Questo parrà forse un modo troppo pcs5imJst1co di vedere le cose, ma io non so che farci. Tecnicamente la supremazia dj I Iollywood è ancora ·indiscutibile. Per quel che riguarda le scene, i costumi, il trucco, l'illuminazione, la fotografia e il sonoro dei film, gli artigiani di Hollywood non temono concorrenza alcuna•. l\1a ,dopo aver fatto questi complimenti, che sono in genere i complimenti che si fanno ai film di cui si vuol dir male, Nugent continua: • Ma artisticamente, e intendiamo con ciò la maturità e la trattazione del soggetto, la sua motivazione e la sua messa in opera, ì nostri film sembrano " handicappati " da tutti i formidabili ostacoli artificiali che, specialmente da noi, la struttura commerciale dello spettacolo cinematografico semina per la strada. Non è un segreto per nessuno· che Holl)"vood soffre del mal di cassetta. Essa saltella da una formula all'altra. plagiando se stessa, copiando i successi di quest'anno per riempire gli stabilimenti l'anno venturo. • Non passa una stagione senza un film destinato a figliarne altri cento. Ricordando a caso, possiamo citare: Quarantaduuima strada, Accadde 1111naotte, L'uomo ombra, U11a11otted'amore (la prima opera di Grace Moore), L'impareggiabile God· Jrey e La vita d{ Pasteur. Sulk loro scia sono venuti i cicli famosi, che a:.:.aispesso sono fatti delle più trite e sconsolanti imitazioni: Quarantad11esimastrada fu l'inizio della serie dei grandi spettacoli musicali. Accadde ,ma IIOtte inaugurò i modi impudenti nella commedia sentimentale. L'uomo ombra stabilì il fatto che anche una coppia di sposi poteva essere divertente. LJ,ia notte d'amore ci regalò la serie delle primedonne. L'impareggiabile Godfrcy dimostrò che anche i lunatici e gli stravaganti hanno il loro lato simpatico e Pastl!11r fu il padre di Zola e di chi sa quante ancora biografie romanzate. I film capostipiti sono divertenti, i discendenti sempre meno, finché diventano formula, e le formule, che disastro!•. La conclusione di Nugent è amara. Hollywood vive di rendita su alcune formule. Il cinema europeo, nei suoi prodotti migliori, è più inventivo, più originale e quindi più aggressivo. Se la lotta dovesse continuare in queste condizioni, l'esìto non potrcbb'essere dubbio. La geremjadc di ::--.l'ugennton è piaciuta a molta gente e meno di tutti è piaciuta a Howard Dietz, capo dell'ufficio stampa e pubblicità della e M. G. M. •, \·aie a dire uno degli uomini più potenti dell'industria americana della pellicola, uno dei più interessati quindi al suo prestigio. e uno infine il cui compito è proprio quello di mantenere alto questo prestigio. Il suo punto di vista è il punto di vista dell'industria: • Allo stato delle cose il produttore d! film giuoca d'azzardo anche quando fa dei film convenzionali. La gente di solito non mette fuori dei milioni per fare dell'arte sullo schermo. La gente di solito non mette fuori dei milioni nemmeno per la cura delle malattie socìali o per la sah·czza della razza ... Circa 500 film sono prodotti annualmente negli Stati Uniti e circa 18oo all'estero. Di queste pellicole forestiere solo 140 sono introdotte negli Stati Uniti, mentre i prodotti americani rappresentano il 70 per cento della programmazione complessiva degli altri paesi. Dei film stranieri intr'odoui da noi, voi ammetterete (è a Frank Nugent che si rivolge) che solo una dozzina possiedono meriti reali ed è in base a questo piccolo gruppo che avete tirato le vostre conclusioni e chiesto: "Perché le pellicole forestiere sono superiori alle americane?". Prescindendo dal fatto che la produzione straniera ha il vantaggio del minor costo, il produttore di Holly•.\ood potrebbe mettere in dubbio la vostra affermazione e chiedere a sua volta: "Ma sono esse realmente superiori?"•. In breve ed educatamente Dietz dice 21 Nugent di non fare troppo l'idealista e di pensare che i film costano denaro, molto denaro, e che questo denaro deve rientrare in cassa se si vogliono fare altri film e non far morire l'industria. Pronta è arrivata la risposta di Nugent: • Quantunque io confessi di essere un idealista non credo dj essere un visio• nario. lo so bene che i film non possono essere fatti soltanto per i critici e che un produttore trova un magro conforto in un successo artistico che sia un insuccesso di cassetta. Io non -credo che, per essere buono, un film deve mandare gli spettatori fuori, d-notte, a discutere di problemi trascendentali. Io non affermo che il cinema dev'essere un cavaliere in argentea armatura e perennemente in lizza contro le bassezze del mondo. [o non condanno la storia d1 Cenerentola, o il romanzetto, o la venulata commedia mu- &icale, o un po' di farsa cordiale, o di dramma sentimentale. lo non ricordo di aver chiesto a Hollywood di fare dei film per un pubblico speciale. Quello che ho chiesto è il contrario, di non fare dei film per un pubblico speciale, dei film cioè che si n,·olgano specialmente alla parte più bassa e volgare del pubblico•· Frank Kugent si sbaglia se crede che in Europa la maggior parte dei film non si rivolga alla stessa parte bassa e vol- ~are del pubblico. Ma questo non importa. Importante è che per la prima volta for1e, in Amenca, venga affacciata, in una discussione abbastanza seria e ampia, l'eventualità di un assalto vittorioso dell'Europa contro I lollywood. • Europa UTSU.I Hollywood•, si poteva leggere ne1 giorni scorsi sui grandi quotidiani di ~ew York, t ~ià un bel passo avanti. A. O. BERLINO • OROTTESCRJ IN ON FIL.Il DELL'DFA n ·;ELLA signora che, giorni or sono, ~ parlando di Angelo, ci ~mmoniva co~ voce educativa e maligna che noi siamo • troppo giovani • e che abbiamo , troppo poco sofferto• per comprendere qualcosa di cinema e che • criticare è facile, difficile costruire•• si prepari a rinnovare gli argomenti, caso mai dO\'essimo incontrarci di nuovo. La nostra opinione su Lubitsch non è cambiata affatto e L'ottava mogli~ di Barbab/U, forse anche più di Ang,lo, ha bisogno di più valide persuasioni per essere difeso. • Certo, noi immaginiamo facilmente le ragìoni che spingevano la signora a sostenere le galanterie di Lubirsch; come facilmente immaginiamo perché tante fanciulle, e spose, e madri si sencano invase da teneri languori ogni qualvolta le fan. fare di Lubitsch echeggiano nelle sale dei cinema. Emma 8ovary, giovinetta, s'esaltava alla letrura dei romanzi passionali, dove si narrava di dame perseguitate che svenivano in padiglioni solitari, di postiglioni uccisi a ogni fermata di posta, di turbamenti d'araore, giuramenti, singhiozii, lacrime, baci. Sognava cottages scoz1.esi e chalt!ts s,,izzcri, cavalieri in corsetto e balconi e carrozze: e invece sposò Charles Bovary, piccolo medico condotto, uomo mediocre, senza illusioni e fantasticherie. Oggi, le nostre madame Bovary non leg~ gono più romanzi e non si turbano pi~ alle storie delle bionde castellane e de1 cavalieri dalla piuma bianca. I loro sogni sono meno candidi e patetici: le loro esaltazioni infatti nacquero alla luce bianca degli schermi. Giovinette, s'invaghiscono di eroi meno vaghi e poetici sebbene altrettanto irraggiungibili: conoscono, sullo schermo, la vita straòrdinaria di personaggi immaginari, visitano paesi ignoti e penetrano nelle abitazioni più sontuose. E avviene così che, quando più tardi trovano un mediocre marito, la vita d'ogni giorno, al confronto dei fantastici sogni, sembra povera e monotona. E per compensare i disinganni quotidiani, si rifugiano ancora di più nelle facili con.solazioni del cinema. ... Quando parlano di Lubitsch, le nostfe piccole borghesi hanno un leggero brivido d'ammirazione. Per loro questo astuto mercante rappresenta lo spirito, l'eleganza, il lusso, un mondo insomma lontano e invano desiderato. Pronunciano il nome di Lubitsch come una volta avrebbero pronunciato quello di Labichc o di Paderevski: quel breve bagno d'esotismo, che chiunque può fare chiudendosi per due ore in un cinema, le ristora, e dona loro i modelli d'un'esistcnza felice. Vorrebbero mobiliare il loro appartamento, di tre stanze, cucina e bagno, con divani di cuoio bianco, adornarlo di telefoni d'avorio e paralumi fosforescenti. Costa cosl poco illudersi di partecipare un poco alla folle vita dei miliardari americani in vacanza, e parlare con le amiche delle rughe di Gary Cooper e delle acconciature di Claudette Colbcrt. E quando il sabato sera costringono lo sposo stanco ad accompagnarle al bar del Quirinale e ballano teneramente avvinte col figlio dell'ingegnere, credono anch'esse di vivere in qualche grande albergo della California o della Costa Azzurra. Eppure, vista L'ottava moglie di Barbablù, più che mai ci sembra che su Lubitsch pesi il grosso equivoco di considerare artista uno ch'è soltanto un abile mestierante, un artigiano av ,eduto e piacevole. Certo, i suoi film sono divertenti, allegri, spiritosi. Ma questo non ha a che fare con l'arte: sono spiritosi anche certi com• messi viaggiatori, durante la villeggiatura a Riccione. E sono spirito.si in genere quegli scrittori pari~ini, a cui tanto volentieri Lubitsch s'ispira, che congegnano frivole commedie dove personaggi variano solo per dar pretesto al vanarc di certe ridevoli battute. li teatro vive da tant'anni sopra le trovate di quei galanti inventori, e oggi che i clamori delle ribalte vanno acquietandosi, è il cinema che ravviva tra le ceneri i pochi tizzoni non ancora spenti. Insomma, la comicità di Lubitsch si comuma tutta nel giuoco delle parole e nell'invenzione di situazioni particolari e istantanee, che scoppiano una dopo l'altra come cartucce a salva d'una mitragliatrice. Non s'ha il tempo di saggiare una battuta dubbia, il gesto d'un personaggio, che sopraggiunge un'altra battuta non meno comune, un gesto più insidioso e petulante. Che sarebbero le commedie di Lubitsch senza gli strnordinari attori di cui sempre si serve? Con una s.pecie di timido pudore, costoro s'affrettano ad attenuare gli eccessi di un'azione, a riempire i vuoti, tra gra110 e grano, di queste lunghe collane di bnllanti falsi. Nell'Ottava moglie di Barbablù, il lustro vien tutto da Cary Cooper 'e Claudette Colbert, così espressivi, naturali e intelligenti che saprebbero ridurre 1n termini umani un teorema di Pitagora come una farsa di Testoni. MARIO PANNUNZIO

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