IL SOFM DELLE musE &i ,~ ij1}fif !-I lii) i.l}I 1~\l¾tiYfF.111JtJJ(@J I I. 3 1 del marzo passato ricorreva il l! decimo anniversario della morte di Medardo Rosso. Coloro che in Italia fanno le viste di occuparsi dell'arte non 'IC ne sono ricordati: cd è naturale. L'Italia cosiddetta artisticai tuttora ondeggiante tra un sovvcrsivi,mo estetico in ritardo di trent'anni, ormai dcgcncr,1to in farsa funerea, e un nuovo accadcmi'imo che non ha nemmeno la probità e l'abilità tecnica del vecchio, non può ancora capire l'eccellenza ed il definitivo valore .,torico dell'opera di questo scultore. Medardo Rosso, rivoluzionario quando cr:a. ncccss::irio esserlo. creava, come tutti i \'Cri artisti, un ordine nuovo che era la negazione di ogni accadt.·misrno: ciò gli era pcrmec.,;o dalla ,u:1 grande maestria tecnica. Fondandosi ~ulla studio della viva realtà, egli _-__..l,1imava gli aspetti fino a dedurne forme ideali cd immutabili di bellezza. È perciò che alcuni suoi capolavori, nati nell'aura caratteri,;tica di un tempo, già paiono onn:'l.i 'ìCnza tempo. vivono perfetti in sé; tanto che, avvicinati a quelli di qualunque epoca, subito appaiono dcll~1 stcsc:a famiglia; dirono la ·stcsc:a CO"-a,esprimendo la mede,im:i: verità. La \'Crità dell'arte, che è una. Come dunque i noc:tri retori di -sini,;tra o di destra potrebbero capire? Il caso Roc:so, ch'io sollevai trent'anni fa, è, insomma, ancora vivo e palpitante. ;i..fa. ha assunto da tempo 11n çar;Utcrc nuovo e quanto mai strano. Infatti, mentre all'epoca che dico pochissimi cono~cevano in I tali a quell'onimo artic:ta, quasi nessuno voleva poi saper di lui e della sua arte, e 'lllcgramentc lo si posponeva un po' dappertutto ai più disastrosi mestieranti e ciarlatani uffici:1.li della scultura, oggi il nome di Ro~o è, si può dire. popolare; i colleghi e la critica non oc;an più discuterlo; e non c'è quac:i galleria pubblica che non po,;~ieda opere mc. La '-lessa Galleria d'Arte moderna di Roma ha una intera -.ala dedicata n Rosso; cd il suo direttore proprio in quec;ti giorni sta lavorando ad una nuova sistc:mazionc che la renderà davvero magnifica. Questa è la v~·rità attuale, e -.cmbrcrcbbc che non ci fo,;- sc più nulla da dire. Senonché (e qui è la "tranezza) nonostante tutto questo, ogni cosa rimane, per un altro \'Cr~. su per giù allo stato di prima: e so-.tam-:ialmente non si può dirt· che a Roc:-;oc;ia stata n.•c:a la giu- ~ti7ia che gli è dovuta. Roc;o;oormai C<'lebrc, sì ; Ro\,o ufficialmente riconosciuto, ancora ,;ì ; ma Ro~o compreso, amato, cc:altato. n.·cato ad esempio come meriterebbe, per la sua genuina, pr1 -fonda italianità di spiriti e di moc.1, e per la portata univer.,ale del -.uo ~cnio artistico, no. Quello che è avvenuto per Vrrga, per Ramoni, per Bonrinclli, i qu.ili, non si sa perché, onorati a parole da ognuno, non hanno m.ii avuto se non un ~ucccs,o che può di~i di stima, avviene per Ros50. All'infuori de,e:li articoli da ~iomalc, degli accenni critici obbligatori, delle allu,ioni polemiche, è maì \"Cnuto in testa a qualche buon critico o studioso, o ~torico dell'arte d'intraprendere un importante studio della sua opera e della sua pcr<;onalità, di pubblicare una monografia b<.·nce largamente illmtrata della sua prodll7ionc di <;Cultore e di di"f'gnatorc ; di opporlo vittorioc:arnente ai tanti stranieri così cntu'iiac.ticamcntc e tenacemente sbandierati tra noi, c:ebbrn<' nessuno, e di gran lunga, pmsa stargli a paro? L'unico che potrebbe stargli a pnro c:arebbc Rodin (e la Francia, che qucqo arfr.,ta ha IC'\'ato alle stelle cd impor-to al mondo, c'in5cgna come ._idcbhano onorare e valoriznrc i propri grandi}; ma Rodin - diceva il noc.tro - non è stato Rodin che quando è stato un po' Rosso. Que\ta afTcrma1io11c di Rosc;o si riferiva a una que5tione personale ch'egli crede'"a di a\'er<" col Francese da quando quco;ti aveva creato il suo Bah.ac con uno stile cd una t<"cnica affatto nuovi J)C'r lui, e che RO'i'iO rivendicava per suoi. E in parte con ra~ione: il Bal:;a, inf.,1.J.ti,grandiosamentt abbozzato, trat~ ...._,....t,1tpòer masse sintetiche, con effetti vìgoro'-! di chiarmcuro, pittoricamt·nte, ric?rdtwa specialmente un certo gruppo di fi~urc di grandi dimensioni modclla\'O da Rosc;o, intitolato Boufci,ard, e finito in non so qual giardino signorilr di Francia. Re1;ta tuttavia a <;a.pere se Rodin sia più Rodin - cioè ottimo arthta nel Balzac imprec:sionic;;ta alla Rosso, o nelle sue opere precedenti c;anamrnte rcali ..tiche cd i~pirate a quelledel no'itro Rinascimento; il che- non < redo. E rc.,,ta anche a c:apcrc se lo ,;tcsc:o Roc:~ abbia c-sprec;c:o il meglio di sé quando in quel suo presunto impressionismo s'incaponiva, o non piutto,;to quando illuminava e sfumava sapientemente le sue forme con la ma- ~ìa poctira dell'italiano e del lombardo non immemore della perfetta grazia vinciana. La quec;;tionc Roc:o;o-Rodin era una qur'>tionr di lana caprina. Ro--so era Ro,;-so e Rodin cr.1 Rodin: due artic.ti di prim'ordine. 1 n gioventù erano ,;tati amici : a'"evano insieme patito, non so se la fo.mc, ma certo la mi'icria, se I' ltaliano doveva prestare cento lire al Francese, come appare da un biglietto che questo scriveva a quello per ringraziarlo nel rcstitttirgliclc. Erano stati amici e s'erano stimati, credo a vicen~ da. Rodin, in ogni caso, aveva \limato Ro,;,so : cd anche questo si rileva da una lettera che rni pare interessante far conoscere, specie a certi italiani che m'intendo io. t del 17 gennaio del '94, (timbro posL'lle} e dice: « .\Iio caro Ros.,o, « Mi avete fau.o un immenso piacere. Arrivando nel vostro studio sono stato colpito da un'ammirazione pazza. Non vi ho ,;;critto, perché non sape\"O più il \"Ostro indirizzo. Sono felice, e se sabato \'oletc far colazione con mc. sarò contento. « A presto, il vostro amico « Rodin ;t. L'ammirazione pazza, la folle admiration per il nostro Rosso da parte di un f ranccsc, di un rivale, di un Rodin, di un artista cioè che fra noi è stato portato alle stelle quando di Ro,;;so non si parlava che a denti stretti, è coc:a che fa piacere. È. anche cosa che dovrebbe far rifletter parecchi. Il caso Rosso è, come dicevo, una partita ancora aperta. Rosso morì male. Giovane, forte, allegro fin qua,;i alla 5ettantina, fu vinto tutt'a un tratto dagli anni, s'indebolì e passò gli ultimi tra vari acciacchi e doloro,;i dhturbi. Certa piaghetta che aveva da tempo in una gamba, mal curat:1 1 anzi da lui stm.?icata ogni tanto con l'unghia, finì con l'invipcrir-;i minaccioc:amente, in ultimo dc~cnerando in cancrena. t.;n dottore consult.ito sentemiò che per evita'rc il peggio era necec:c:ario amputare la gamba. Alla tremenda noti1ia, Ros,;o guardò il figlio con un'espressione degli occhi e della faccia così. desolata da strappargli le lacrime. Ma. presto si riprese, e domandò al dottore se fo,sc almeno ~ie:uro che quel s:1.crificio crudele non fosse onnai inutile. Il dottore rìspo~c che ne era sicurissimo; e se ne andò per prcpar:\rsi all'operazione. « Sti professor! • dis,;c Rmc:o al fi• glio appcn:1 furon soli. « /-/in luce sicur.l Sconta io quando lavoravo, che non ero mai sicuro di nulla ». L'atto operatorio dcci~o, Ro~.so vi si di,pose rac;<.,cgna.to: arrivò pcT"'ino a ~chcrzare ~ulla sua. sorte. « Quando mi avranno t::ie;liato la mia >, diccv:1 -.orridendo al fi~liuolo che l'a~sic;;tcva, « quelli che mi '"cdranno in giro con una gamba di legno diranno: "Oh, ecc:o el (.opp ! ". E mi offriranno una ~ggiola >. Jl corng~io indomito, lo spirito giovanile di Ro~'-0 trionfavano del dolore' e della stiagura ; ma il rorpo, l.t carne er:tno minati, dchcllati. L'amputa7ione fu fatta, e l'oprra,ione riuscì, al "°lito, egregiamente. :\fa cinque giorni dopo Ro~,o era morto di setticrmia. RC'\tava la cara luminosa m<'moria di lui nell'anima degli amici che- tanto l'amavano, e l'opera, più luminoc:a ancora, nei secoli. ARDENGO SOFFICI KEDARDO ROSSO GIOVANE l:Pffi®ffiil(&! QUOTIDIAli/1 ~ f. UNA VOLTA tanto si volesse fare il •~ punto e vedere quali strade segua og~i ~ la fantasia degli scriuori italiani, ci si a\'Vedrcbbe che va avanti per quelle più libere. Escono ancora romanzi, racconti, prose che non in1cndono giovarsi che del vero umilmente osservato: se si dovessero fare nomi a rappresentare le nostre lettere con1cmporanee, faremmo certo ancora quelli dei narratori di tradi:r:ionc più ,,crista; eppure negli scrittori non ancora del tutto definiti, che sembrano in cerca d'una giustificazione alla loro opera, appare quasi un"attitudine alla favola. Si direbbe che tanti scrittori i1ali. i, limorosi di trovare impacci alle pilture del vero, si preservino da ogni compromesso e conformismo, guidando la mente nei campi dove l'invenzione può essere sicura e libera. Da arri\'arc a quadretti, a figurazioni ardite e leggiadre, delle quali per ora sembra valere soltanto l'ardimento e la leggiadria, sebbene in esse si senta, come termine naturale di ogni favola, una ricerca di moralità. E le moralità delle favolt" e delle fantasie, quando si mostrano, furono sempre le più stringenti. Enrico Morovich, dopo •un volume di prose e d'impressioni, sernpre 1u1tenute nell'onesto descrivere del vero, pubblica ora alcune sue favole e alcune sue fantasie. Intitola il volume: Miracoli quotidiani (Pa. rcnti, Firenze) a dare un avvenimento cir• ca l'indirizzo preso ormai dalla sua prosa; il volume, poi, divide in due parti: una delle fa,·ole, dove la fantasia ha la mali[· giore liber1à, un'altra delle «fantasie>, narrazioni: queste più che alle fantasie vicine alle cronache e ai bozzclti. La prosa di Morovich ha sempre una sua lcvirpte:r:za che giunge a to~lierc al racconto ogni rilievo. Cli av\'enimenti più ('f. frrati sono scritti volontaria.mente senza calore: e non sappiamo se ~i abbia a che fare con un autort estremamente abile, o non piuttosto con uno che, nuovo nel~ l'arte dello scrivere, sappia giovarsi, per un misterioso istinto, dcllr sue stesse insufficienze. Ciò specialmente nelle cronache e nei i>onetti drlla seconda pane: dove certe rapide conclusioni, certi scorci ven!òtonoa concludere degantcmente racconti che apparivano descrittivi nel modo più generico. La lettura di queste impre~sioni e bozt('lti spesso fa ,enire in mente Sorfici, quello del Ciornol,: di bordo. Nella < Portat6ce d'acqua >: « Canta,-ano le cicale e veni• va fino al bosco, portato dal Vt"nto, il pro• fumo profondamrnte cs1ivo dei fiori dt"I• l'uva, riscaldati dal sole. D'improvviso scc~ dalla fontana una ragazza bionda vcuita di tela ncm >. La campagna con una donna: Pimma~ine non t nuova m•lla nostra letteratura contemporan('a i ma negli scrittori della Vou le cos<' descriue trovavano la \c,ro 11'.iustificazionepoetica nella loro ve• rità; in Morovich invece la scenetta campa~nola sembra ;lludcre a un significato non sempre scopcno: forse ci si attende comr: una morale che sorta fuori dalle ul1ime rici:hr:.Invece la fanciulla che portando il secchio si bagna, dice semplicemente: «Adesso sl che fa piacere. Ma d'inverno!>. Conclusione veriua s('condo una maniera che fu stile in Soffici e in altri; f' che in ~lorovich resta come prOv\'isoria. I racconti e le cronache di Morovich, proprio esse che lui chiama <fantasie>, p:i.iono essere come una fatica cui uno scrittore si sottopone per educarsi alla prosa. I lanno molto dello studio, dove non si ricercano che alcuni effetti, non col fine di comporre un quadro, ma con l'altro non ignobile di esercitarsi. Cr:rti scorci sono suggeriti dall'arte; altri invece vengono a concludere alla svelta un disegno di cui non preme la perfezione. Cosi < Una folO· grafia >, cosl e Pomeriggio di vento >, cosi < I conii;:li>. e H conducente morlaeco > e « Avventura di vagabondo> invece po1rcbbt:ro t:sst:re considerati racct>nti, sebbene certa reticenza intervenga a lasciare nel vago le situazioni I:" i caralleri. Gli autori che Moro\•ich deve avere, se non studiato, osservato per la sua cdu• cazione di scrittore, stanno fra Soffici e Comisso; poi nelle favolf'J cioè ndla parte meglio perfezionata del volume, è ad ahri che cor~ la memoria. Si pensa a certe prose di Angioletti, pro~ fantastiche do\'c la immagina1:ionc inclina a considnazioni accorate e seriamente umane. ~1a non sap• pia.mo se Morovich abbia guardalo ad Angioletti; può 1rattarsi beniSsimo d'un casuale inconao. Le favole della prima parte di Miracoli quotidiani non sono che raramente csercitaTioni leuerarie o studi. Se talvolta pare di trovarle ancora non del lutto capaci di una stringente conch.1$ionesarà sempre non per incertezza m:1,per giovanile imperizia. Anche nelle fah 1e, come in certi racconti, vale un descrivere piano e restio da ogni modo che possa rendere le immagini sugge• sti,·e. Come nel racconto (che è forse dei racconti il più perfcuo) « Un'operazione riuscita > vale una estrema precisione visiva, cod nt"lle favole: in esse anche le cose più rare vogliono essere dette senza com• mozione, col rischio, sia pure, d·apparire elementari e infantili. Un angelo, in e Angelo fcri10 >, si rompe un·aJa, si ricovera nella casa d'un povero, desta la meraviglia del paese, finché un ricco, con denaro, riesce ad averlo in casa sua; ma il serafino allora da splendente diventa brutto, per riapparire di nuovo bellissimo al momento della part('nt3. solo agli occhi di una poliera serva. Una moglie appare in sogno al marito galcolto, lo avvcnc della prossima morte, gli comunica trattarsi di un inganno, e che nella sua cassa sarà posta una leva, con cui egli, nel camposanto, destandosi, po1rà trovare la libertà; poi, come il morto non si libera né torna alla vita, ella lo avverte sorridendo essere stato una menzogna per togliergli la paura d1 .morire. Q.uC'ste,cd altre (come < Gli spiriti innamorali>, come «L'angelo>, come « L'ultimo lavoro>, come e Il cuore del bandito>), le favole che ~embrano avviarsi a conclusioni umanamente sentimentali. Altre \·ohe inHce la favola non bada ad effetti emotivi, ma è una descrizione di prodigi precisa e 5enza incanto. Una bambina muore per il terrore dei fantasmi, poi, morta, appare in sogno ai genitori per ter• roriu....,rtì.Cosl anche il « Pesce d'oro > (che nel volume è un po' una stampa absourgica), cos1 « La morte in campaq:na >: forse la favola do11c ~lorovich ha saputo giovarsi me11;liodelle sue risorse, arrivando a una di quelle conclusioni non casuali o improvvisate che fanno comprendere meglio la sua indole di scrittore abile nelle fantasie che divengono moralità. ARRJGO DENEDETTJ ROMANZI ERO BESSI: Dai ucnti ai trenta (Vallecchi, Firenze, 1938. L. 10). t il romanzo d'una donna che si svolge non secondo racconti di avvenimenti e ri1raui di caratteri, ma mediante frammenti ognuno dei quali po1rebbe essere fine a se stesso. t "ero che il naturalismo france.5c, dopo Flaubert e Daude1, andò esaurendosi in forme quasi epigrammatiche. Poil d,: caroUe di Renard ne dà l'esempio; è vero Che non esiste una particolare 1ecnica del romanzo; ma è pur certo che molte prose italiane sono state classificate narrati\'e sulla copcr1ina o per ambizione dell'autore o per calcolo dell'editore. Qut"stc di Ero Bessi sono le impressioni d'una donna sensibile. Ogni immagine viene limi1a1a in fr"si, brevi più che concise. Libri come qucs1i sono il segno d'una sensibilità acuta più che d'un temperamento di scrittore. GIAN PAOLO CALLEGARI: La tura e il son1u1: (Cappelli, Bologna, 1 938. L. 11:). < Romanzo del nostro tempo> nel senso più volgare che può a\•Cre questa parola. t veramente diventalo facilissimo per gli uhimi dannunziani che dicono < le allodole, ebbre di ciclo >, « tesla irsuta di bestia vendicativa>, eppoi, con tono forse intonato a una letteratura che ha avuto fortuna nella Germania socialista: « Un treno passa nel mondo, come un coltello nero>: diventa facile per questi dilettanti di frasi vistose scrivere il romanzo della guerra e della rivoluzione, I grandi a\'Venimenti non ries-cono ad avere in questi libri che il rilievo che acquistano nei catti"i film di guerra. Si sono visti, in tanti film americani, personaggi impassibili intenti a fare all'amore che improvvisamt:n• te escono e vedono un corteo. Che è accaduto? t scoppiata la guerra. Le fra.si storiche vengono messe semplicisticamente in bocca a qualcuno dei personaggi: si predice il futuro, si liquida i\ mondo in quattro battute. E intanto il racconto procede, ora con frasi e bonarie > che rammentano gli epigoni toscani di Renato Fucini, ora con colpi « vigorosi > che paiono tolti di peso da Andreicv, ora con « notazioni tragiche > da Dostoievski. Purtroppo questi scrittori del « nostro tempo > vogliono apparirci altamente drammatici, mentre non sanno che per scrivere veramente il racconto del nostro tempo basterebbe il can- ~ dore di Edmondo Dc Amicis. Dc Amicis, e lo diciamo con serietà e rispetto, potrebbe essere il maenro di coloro che intcn• dono scrivere nobilmcntt: fatti della vita italiana fra la guerra europea e la campagna c1iopica. Farebbero cosa utile e edu• cativa ; rinnoverebbero un g("nert: letterario che ebbe fortuna in Italia e che è decaduto soltanto per la terribile presunzione di mÒlti letterati. Se poi invece i nostri giovani autori intendono scrivere un ro• manzo del nostro tempo come seppe farlo Tolstoi, non resta loro che attendere. Si può arrivare ad t"S.SereDe Amicis imparando a scrivere e ad avere un'immaginazione ravvivata da un onesto fervore: per giungere a Tolstoi non sapremmo indicare la strada. Se poi si vuole scri\'ere come Do• Sloievski, come Corki, o soltanto come Rcmarque non si scrivono libri che vogliono documentare i mcritì del nostro paese. SISTO ( CORRIERE I LANDE ~ ORK, con la provincia meridionale del l!a: Munster, rappresenta, nella trad.izione delle lettere irlandesi, una specie di Sicilia rispetto a quella che è stata la nostra storia artistica dell'l1ltimo secolo: l'apporto, cioè, del verismo e del naturalismo. E chi non vi cercasse stature come Verga e Pirandello, ma s'accontentasse di figure quali Lcnnox Robinson e, più attuale, Sean O'Faolain, andrebbe lieto di mi~ nute e moltiplicate rispondenze, che adesso non è qui il caso d'insegµirc. Robinson si affermò principalmente nel teatro, contribuendo pure a sganciare, con una azione pratica ali' Abbey Theatr,c di Dublino, la letterotura drammatica dai punti fermi di Singe e di O'Casey. Sean O' Faolain, di molto più giovane, è soltanto un narratore. Nativo appunto di Cork e meridionale nel temperamento e nelle predilezioni letterarie, fu il vagabondo della città e delle campainc del Munster durante le guerriglie che si conclusero con la rivoluzione antibritannica del '2 1: si può dire che ognuna di esse passò poi nei brevi racconti del suo primo libro, Midsummer nighl madness, sorta di• pazzie notturne•, o spedizioni punitive. Lunghi soggiorni fatti in seguito a Boston e a Londra (prima di fissarsi definitivamente in prossimità di Dublino, nella contea di \-Vicklow) approfondirono in lui i lineamenti sia. della guerra che della città d'origine. Niente che possa assomigliare a un atteggiamento, ma insomma, se nel Midsmnmer 11igl1l madness non risparmiò nessuna gravezza a quei •furori• e alla tinta del loro provviden~iale armamentario, piìt tardi non negò neppure, sulla fine del primo romanzo, A nest of simple folk, e per tutto il successivo, Bird alone, che si trattasse di uno stato d1 febbre, dal qua!e inaspettatamente ci si libera, e che sorprende per tanti nuovi interessi che trova pionti al risveglio. I:: ancor fresco l'uhimo suo libro di racconti, A purse o/ cop,,ers, (Un borsellino di spiccioli). Un'Irlanda ben più quieta di quella sino a ora accolta dalla letteratura, appare in questo Borsellino di spiccioli: anzi, assai meglio che non possano i racconti di Liam O' Flaherry, il quale ha fornito al lettore del continente una immagine ristretta e spicciativa dell'isola rivoltosa, dall'ultimo O' Faolain si può trarre, sui soli temi dei suoi talet, il profilo essenziale dei due più recenti decenni d'Irlanda. Chi conosce l'odierna situa .. zione dell'isola non si stupirà di trovare impegnato il protagonista di uno di questi racconti nel piano di politica economica di De Valera, la Dev's new economie policy. Né mancano le ironie, nelle stesse domande che un certo Sullivan si pone. f:: difficile tornare indietro, ma anche potendo, a che punto cohviene fermarsi? Alla pietra f9caia e all'acciarino? Il racconto è, all'epilogo, un'umoristica reductio ad absurdum della riconquista dell .. tena, del back-to-the-land program, ai fe~ ticci del quale (crediti fondiari, attrezzi, bracciantato, ccc.) il Sullivan oppone • la terra, unica realtà•· F:: una delle poche volte che il lettore si chiede se il narratore O' Faolain, e di rilevatissimo stile, non cede troppo all'umorista. Al margine delle tre o quattro ragioni per cui l'indipendenza dell'isola si realizzò, l'epoca è copiosa di soggetti narrativi; o piuttosto si può dire che, dileguata la sovranità ingtese, alcuni di essi sono rimasti sulle secche, con più e~·idenza: •O' Faolain li riveste di abili personaggi. Una di queste novelle mostra il codice morale cattolico irlandese in piena azione contro K itty il Reattino, una ragazza che per nativa delicatezza ricorda l'eroina di Green mansions di \\'. 1-1. Hudson. La pretesa macchia di cui si fa colpa a Kitty risale a dieci anni prima dell'inizio del raccon:o: poco più che una bambina, era allora nella casa di un giovane screditato che filò presto in America. L'ostracismo feroce che la esclude dalla vita. elementare del villa11gio costiero e, indi~ rettamente, dalla pratica della religione, scatena l'ira di un marinaio francese sbarcato li per caso e che soltanto il prete del luogo può comprendere. Ma il fanatismo cattolico non si muo\'e da padrone assoluto nei paesi irlandesi: una forte minoranza protestante ne contende i giudizi con un giudizio non sempre coperto. Tali rivalità religiose si affacciano sovente nei racconti di O' Faolain. e c'è sempre un prete che sbuca fuori, ora in un episodio laterale, ora come personaggio d'impianto. Quando George Moore scrisse novelle cercò in Turghcniev i modelli. Le no~ velie di O' Faolain ricordano, in parti uguali, Turghcnicv e Moore. La tensione, negli eventi e nei sentimenti, fra ciò che è e ciò che potrebbe essere o dovrebbe attendersi, è sottile e allo stesso tempo impellente: per cui il lettore resta allacciato proprio dalla attenzione che lo scrittore richiedeva dalla prima riga, e che sul principio sembrava costosa. li parallelo con i Dubli,iers di Joyce è più facile che arbitrario: comunque i provinciali di Cork risulrnno qui meno umiliati di quelli scelti dal dublinesc nella sua città. Gli è che quella particolare satira del ritratto in cui si confina non di rado Sean O' Faolain, libera invariabilmente una vena appassionata. A purse of coppers rimane a ogni modo, anche togliendolo fuori dai paragoni, una delle migliori raccolte di novelle U$Cite fin ad oggi dalla letteratura irlandese. G. AL TICHIEIU
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