IL SOF.MDELLE MUSE i\..il \RINO Moretti dopo tanti roman- m zi, dopo tante raccolte dì novelle che hanno goduto d'una varia fortuna si C messo a scrivere le sue memorie lct'tcrnnc, e non distesamente sì da farci la cronaca della letteratura italiana dopo d'Annunzio, ma attraverso capiJoli dove non si sa fino a qual punto serva la fantasia. Scrivere 11011 è 11tetssario (Mondadori, Milano, 1938) vorrebbe essere il bre\'iario delle consolazioni e delle amarezze della vita letteraria in Italia; non altro. E se poi accade di vederci quasi la 1rama d'una cronaca letteraria, ciò è oltre i fini dello scrittore. Spe,so, leggendo i capitoli di questo volume, vengono in mente altre opere di Moretti. Orn, per l'immagine d'una amica ormai diventata pallida e \'CCchia, si rammentano le poesie dimesse della sua gio. ventù; ora, per certa lieve e compiaciuta ironia, scherzi romanzeschi come l'Isola dell'amore. t ancora forte, in questi brevi scritti di Moretti, la sua facoltà di porre tutto, fatti e considerazioni, in un'aria di mezzo sorriso; sicché il racconto pare vi. sto come in un deformante specchio da fiera, col danno evidt:nte d'una diffusa monotonia. Quando si ode dire che i\fo. retti stucca, tutti pensano a quella sua na. turale inclinazione verso le cose piccole e dolci, e non è così. Se presto le sue pagine, sia nei romanzi, sia nei racconti, sia nei suoi articoli di giornale, appaiono tutte uguali, non è per la costanza di certi te• mi; ma per quel volere porre sempre l'ac. cento sul lato comico delle cose senza che davanti al lettore appaiano le ragioni di tale comicità. Scriuerc 11011 è neceuario non è, d'altra parte, una raccolta di pensieri sul mestiere e sulla vita d'uno scrittore. Kon di rado, si arriva alla novella, e di particolarmente legato al titolo del volume non resta che 11 protagonista: uno scrittore alle prese con i suoi ammiratori. Tah-olta il filo è tenue. •Clinica• racconta i casi d'uno elle va a farsi l'operazione: di - letterario• non \·'è molto, se se ne toglie un'ammiratrice, convalescente nella stessa casa di cura, la quale càpita nella camuena a vedere lo scrittore, Il resto della novella è piuttosto descrizione abbastanza efficace delle gior• nate, delle ore, dei minuti d'un malato. Altri capitoli, come quello della visita all'esattore della complementare, sono fan. rnsie. Lo scrittore è il povero diavolo che trema davanti alla carta bollata: basta il cognome messo davanti al nome per confondergli l'animo. Il capitolo, come tanti altri del resto, si avvia ad essere una novella; sarebbe occorso un nulla di franca immaginazione perché la figuretta del funzionario diventasse un carattere. Ma i capitoli di Scrivrrt 11011 è necessario quasi soffrono per un vizio d'impostazione. Non sono pensieri e considerazio• ni, non sono racconti, non allegorie. Se spesso la fantasia letteraria va libera, su• bito dopo, non in aperte dichiarazioni ma nell'accento, pnre d'intravedervi sottinteso un malumore che non sa trattenersi. 1 ~ coglie la tentazione di raffigurarsi scrittore allo specchio. Si descrive lette• rato dalla mattina alla sera; come uno che, pur andando in giro con un suo gran se• greto, si avvede presto che tutti, chissà per quali apparenze, ne sono al corrente. Gli scrittori portano in fronte la loro vo• uzione, e la gente se n'av,·ede sconcertata e distratta. Lo scrittore è l'uomo d'una razza misteriosa e rara. Ognuno, apprendendo che il vicino di casa scrive e pubblica, si chiede:., Sarà il nuovo d'Annun. zio?,. In Italia la !entratura è tanto estra• nea alla gente, che la gente s'avvede d'uno scrittore solo quando, morendo, sa meri• tarsi i funerali a spese dello Stato. Si for. n,ano così astratte e rigorose gerarchie letterarie: d'Annunzio esiste come esiste un presidente del Senato; la letteratura è un'istituzione come la Camera Alta. Marino Moretti, nei capitoli delle sue memorie letterarie, recita la parte dello scrittore ritroso di mostrarsi in pubblico, il quale tuttavia, appena pubblicamente riconosciuto, si arrende come a dire:• Che - posso farci, mio Dio?•· Ha il gusto della • ,;ua piccolezza. Come Lucio d'Ambra scrii.c:odo di Balzac pare av,·erta: • Io sono simi• le a·Ju:i •, Moretti accennando a d'Annunzio pare che mormori: • Fu vera gloria?•. Eppure Scriva~ 11011 j 11~uss<Jrio, mentre poteva esserlo, non è il libro melanconico di chi scrive. Se c'è la melanconia d'una vita trascorsa, tutta presa dalle fatiche let• terarie, difficilmente tale sentimento lo si può trovare tranquillo, come sempre vo• gliono essere i sentimenti (e i fiscnti• menti) quando diventano poesia. La me. lanconia di Moretti è spesso irritazione e quasi dispetto. Moretti, che non vuole essere il poeta della dolcezza, si dichiara relino •: ma la sua è una confossione non richiesta. Nessuno crederà mai alle con• fessioni degli scrittori né a quelle dei malfattori: gli uni e gli altri sono sempre dalle circostanze costretti a illudersi riguardo al ,·ero fondo della loro natura. Forse Seri. t·ere ,io,i è ,iutssario poteva essere opera più persuasiva se l'autore ncsse a,,uto l'animo di svelarvi i suoi gusti, le sue noie, -.cnza desideri improvvisi di rivincita. Tanto più che le rivincite letterarie son piccole sempre. Moretti scherza, ma più che con le immagini che tdi sorgono dalla mente, con le parole. Incontrato un gio• vane ungherese, di quelli a stinchi nudi, scopre in lui un collega che, in\'ece di seri• vere, gira ti mondo; traendone una mo• raie limitata a una battuta spiritosa: - Seri• btre non ,itctsse: vivert nectsre •· E non è conclusione edificante dopo una vita trascorsa al tavolino. A. BENEDETTI FINESTRE 900 DIEOI ANNI DOPO (dt,. di Barioli) 11 Lo •fono oreat.ho per 110011.cerioH1r1iuica di quota n11e1tra fii ta1e cibel'an:bliotto, del qule 1101o1i è gluto Il nome, impani• non potè entrart 11l'Aeeademia 11 [ CORRIERE INGLESE ) rn~~'-1®(]) ~ ILAIRE BELLOC. come G. K. Che-- X! sterton, come Péguy, rappresenta, nella moderna letteratura europea, una e zona ideale > chiaramente individuabile. La dichiarala (ede in Roma e nel cattolicesimo - di cui codesti scriuori sottolinl"ano il lato « costume > - oltre che una precisa posizione polemica nei confronti della civihà. contemporancaJ definiscono un .singolare tipo di poe1a-saggista in cui scniimcnto lirico e .scnlimento mor;ile stret• tamente si equilibrano. Dalla loro opera ci viene cosi, soprattutto, un insegnamento di saggcua come senso della terra, della cul1ura, della .storia. e Per mc>, dice, sul le-110 di morie, un personaggio di Selloc, « per me, il piacere più grande è stato di contemplare i miei confratelli gli uomini. Che energia! Che destrezza! Che forza di desiderio! Spesso da un ciglio elevato, come in una cava di pietra, o da una roccia sulla pianura, sono stato a guardarli laggiù in fondo tutli indaffarati che andavano attorno, !ornavano indietro, scaricavano, issavano, fabbricavano, organizzavano, con• dueevano, consideravano, dirigevano, sbagliavano e correggevano; per l'anima mia, mi sentivo superbo d'essere dei loro! Dicevo a me stesso: allegro, anche tu sci dei loro!>. E:. un tale ~ntimen10 dell'opera umana che ci interessa in Belloc. In tempi di equi. voci ritorni alla foresta, le sue parole suonano come un richiamo alla supremazia e alla dignità dell'uomo. Quanto poi alle sue quali1à di scrittore, importa specialmente sottolineare la sua disposizione a cogliere la psicologia d'un popolo o d'un penonaggio nel momento in cui si fa storìa o carattere morale, cd il suo stile compatto e spassionato, per cui anche le affermazioni più risentite diventano, nella sua prosa, come la conclusione di un ragionamento. Tuttavia, non direi che un tale rigore dialcuico sia esente da un ceno spirito di rumine-ria. La pro.sa di Sclloc dà un poco l'idea di un giuoco di specchi. t una maniera di accostarsi alle cose piena di richiami e di sottintesi, attra( 1erso cui il moti,·o lirico o la considerazione logica lasciano intrave• dere un loro fondo sottilmente paradossale. E questo si osserva non soltanto nelle cose di carattere più propriamente letterario (come, per esempio, quella Morte di Wande~ ring Peter, che i leuori italiani conoscono nella traduzione di Emilio Cccchi), qu:i.nto anche nei saggi di carattere storico e pO· litico, dove il Belloc definisce la propria posizione morale nei confronti del mondo contemporaneo e della civiltà. anglosassone, con un distacco insieme pieno di ironia e di curiosità.. Per Belloc, l'Inghilterra moderna trac le sue origini dalla Rifonna. Per opera del protestantesimo, la nazione inglese è stata separata radicalmente dal suo passato di nazione romana, $ia come organismo cui• turale, .sia come organismo sociale e poli• tico. Spcci:i.lmente .significativo è il modo con cui, nel corso della lotta religiosa, afrNmano il loro predominio quel ceto mcr• cantile e quella nobiltà che tut1or.a restano la classe dirigente l'Impero. Bclloc ha mi• nutamente analiz,zato, nelle sue opere, co• desti aspetti della storia inglese per spiegarne l'anima e lo svolgimento dal Seicento ad oggi. Soprattutto, attraverso tale analisi, ha cercato di darci il ritratto mo• raie di quella claue di governo. A questo proposito è molto interessante un rl"cente Sauio 1ult'iridole dell'lnghilur,a conUm• po,ariea (uhimamcntc tradotto anche in ita. liano, nelle edizioni della e Nuova Italia> di Fircn1e). Premessa l'onervazione che in lnghiherra esiste una pìcna comprensione fra governanti e governali, sicché dopotu1to è vera l'affermazione che e in Inghilterra •!amo ben lon1ani da un governo aristocratico > (nel senso che e in (nghilterra la classe dirigente non solo è accetlata ,enza obiezioni dal popolo, ma procede anzi dalle sue stesse tendenze>), Jklloc uova una delle caratteristiche di quella claue dirigen1e nel fatto che si tratta d'una classe chiusa: una vera e propria oligarchia di uomini ricchi, con proprie abitudini e tradizioni, il complesso delle quali indica, prc1so il popolo, il genilnnan. e E:. una classe >, osserva, e nella quale .si è accolti grazie all'azione prolungata della ricchezza, e dalla quale si decade in seguito all'azione prolungata, e prolungata soltanto, della povertà. Raggiungere codeSia classe richiede due generazioni, deca• derne del tutto richiede normahnente di più, dato che. la lotta per rimanere grntleman è tuttora di.sperata. Al momento di perdere tale qualifica, gli ultimi discl"n• denti di un ramo dell'alta borghesia fanno ancora oggi tutto il possibile per ritornare nel loro .stato, con tut1i i mezzi disponibili. Quest'alta borghesia col tempo si è venuta distingucr:ido prr una maniera particolare di comportarsi nella società, e::, soprattutto, per uno speciale accento con cui parla la lingua e che permette ai membri della classe di riconoscersi fra di loro a Prima vista... Pochi che non siano gentlrmen nel loro linguaggio quotidiano, pouono , era.- mente passare per tali >. ~a. secondo Belloc, due condizionipl'in• cipalmence determinano il carattere morale di codesta classe di gentlemen: l'abitudine al commercio, e le sue origini protestanti. L0abitudine al commercio ha crealo nel popolo inglese uno e spirito commerciale •• ch'è tutt'altra cosa, afferma Bc:lloc, dallo « spirito produttivo-.. e Un contadino, un ar1igiano .sono produttivi; un corpo socialc cui dànno il tono contadini e artigiani con• sidera il benessere come una cosa legata alla pNsonalità, come una ricompema alla operosi1à :, ; ma, in una società di commercianti, e la facoltà creativa assume una importanza .secondaria.. , la ricchezza con- .Sl"guita indirettamente t..."'Oruc profitto deri. vato dal lavoro di altri, o per mezzo dello scambio, diventa qualche cosa di avulso dalla produz.ione >. In un tale Stato, la ricchezza fini\Ce perciò col diventare e il segno dell'eccellenza di ognuno -., e con l'essere considerat.3.e una qualità.: come altrove il coraggio, la forza o la bclle:ua >. Un altro cfTeuo, nello stesso Stato, è infine e l'cfficien:ta dell'amministrazione nei confronti del governo >. e Jn lnghihcrra l'ccccllenz.1.dell'amministrazione è tanto ve. ra che la differenza tra amministrazione ( governo scompare: nella mente di un inglese modl'rno le due cose .si identificano. Di una provincia bene amministrata, l'inglese dice che è• bene governata. La dcfi• nizione, .secondo la quale l'azione di governo consiste nel modellare la mentalità del governato su quclla del governante, non solo non è accettat.t, ma è perfino difficile concepirla. Cosl l'ideale romano di go• "erno, che ha trasform;uo la nostra civiltà, si oppone all'ideali" di governo inglese, cd i trionfi di quelli che sono i successori di Roma non sono apprcnati dalla media degli inglesi >. Quanto al protestantesimo, esso spiega a sufficienza il sentimento anticauolìco dell'Inghilterra moderna. t una verità che, ancora oggi, i scgual"i della Riforma port:i.no, quasi a loro stessa insaputa, il sentimento dei loro antenati. Anche Bclloc tiene pre.sen1e questo fauo, nell'ossevarc l'animosità e l'aper10 disprezzo con cui gli inglesi guardano tuttora verso i popoli e la cultura latini. e Tu1to ciò che vive o ha vissuto t:ntro i limiti della Comunione Romana -., egli spiega, e ha definite e ben . note atmosfera e qualità, insieme ad una particolare proprietà, che si svolge dall'intimo della religione cauolica: è la caratteristica culturale dcUa vita belga, fran. ce;e, italiana, irlandese e spagnola. Contro codl'sla caratteristica si schiera lo spirito inglese, che è ostile ad ogni cfit"ttO che la Chiesa Romana ha prodotto nel campo sociale >. Sono, come abbiamo cercato di far vedere, osservaz.ioni minute, ma da cui viene fuori, nella sua interezza, il carattere morale della nazione inglese, e quel suo volto p:,.radossale, arido e nello s1esso tempo immaginoso (in una parte del suo Saggio Bclloc parla a lungo della e violenza visi- \'a > degli inglesi, ♦•rcandonc le prove nel loro senso del paesaggio e nella tendcma della loro letteratura a creare caratteri). Viene fuori, anche, il ritratto d'uno scrit. torc verso cui ci s9ingono simpatie letterarie cd uno stesso .sentimento dei valori umani e spirituali. ALFONSO SILIPO VIAGGI ARNALDO FRACCAROLI: La Cina che se ne tia (Hocpli, Milano, 1938. L. 15). Dopo le pagine di Oaniello Bartoli sulla Cina, queste di Fraccaroli vengono a 'proposi10 per aggiornare la no.stra conoscenza su quell'immenso impero. Certo lo stile di Fr:iccaroli non è Sl"vero come quello del padre gesuita; ma le osservaz.ioni e i giu- 'l!lizisono acuti e originali. A pag. 3, per esempio, si legge: e La penetrazione giapponese è fatta in grande stile >. A pag. 7 1: e Il :..fanciù-kuo dovrà servire ad attirare sotto I' inAuenza giapponese tanta Cina, t:i.nta•· A pag. 39: e La Cina ha una tre· menda pi:i.ga: i fumatori d'oppio>. Il libro risulta d'una ~rie d'ar1icoli messi in fila, secondo l'itinerario stabililo dal. l'Agenzia Cook. L'au1ore è pieno di meraviglia per cose risapute, ch'egli o,serva con l'occhio del turista di prima eluse e com4 menta col linguaggìo di un commesso viaggiatore. e: Ecco dunque il cuore di Pechino. Dirò la verità: mi ha fatto impressione e mi sono .sentito commosso >. e Ma come, lei che gira continuamente il mondo ha ancora di queste debolezze? >. e Appunto perchf giro il mondo mi commuovo. Se non avessi di queste debolcuc a che scopo girarlo?> (pag. 135). Sono queste le convrrsa1ioni della nostra• borghesia a Viareggio, ne\l'atrìo degli alberghi, quando i commendatori .s.i prendono un po' di e libertà spirituale e fisica >. E Fraccaroli è il v<'ro Daniello Bartoli di queJ!a borghesia che troppo in fretta vuole assumere il tono e le maniere d'una eluse dirigen1e. Tutto il libro rispecchia le illusioni, le vanità, le pretese di una società che da troppo poco tempo ha lasciato la periferia per abitare il .Cl"ntro.C'è in queste pagine tutto il linguaggio dei nostri uomini d'affari in vena di e fare due chiacchiere> e tutti" le pallide immagini delle signorine. che ,·anno al :..fottarone. E, da buon redattore d ..n quotidiano milanese, il nO$tro Fraccaroli è continuamente preoccupato della viabilità., do.Ila pulizia e:: dtll'igienl". A pagina 151, infatti si legge: « ... il lettore è pregato di non credere che Pechino ignori il servizio di pulizia ur• bana ... >. FELICE ARFELLI: All'Harar riel 1885. (lstirnto Fasci.sta dell'Africa Italiana, Sezione di Bologna, 1 938. L. 12). Felice Arfelli ha curato un'<'dizione di scritti africani che riguardano particolar• mcn1e la spedizione di Ferdinando Ferné e di Umberto Romagnoli nell'Harar nel r885. t una raccolta di opuscoli con un saggio introduttivo su questo genere di popolare letteratura africana. Un viaggiatore che .scrive brevemente e non con fini letterari la storia dei suoi viaggi, delle sue esplorazioni e delJe sue avvcnturc: finisce col fare di sé, inattesamente e involontariamente, un personaggio. Leggendo que• ste pagine, raccolte da Felice Arf<'lli, la mente spesso divaga dalle descrizioni di c<>- stumi, dai racconti di avventure, dalle dichiarazioni di aperta fede colonialista, per andare altrove a figurarsi la vita, l'animo e il carattl"re di quei pionieri del continen1e nero. Er:1no i tempi ddle piccole società geografiche, dell'Africa misteriosa e terribile. D1 là è nata tutta una letteratura che , a da Stcvt:nson a Conrad e che in Itali<\ non può vantare altro nome che quello di Emilio Salgari, così caro alla noura infanzia. I libri di Salgui, cod poveri di rhorsc letterarie, sono venuti di là; come è nato dal desiderio di andare incontro ai rnistui dei paesi sel"aggi quello che è ormai il colonialismo italiano. Non si possono avere colonie senza colonialisti e non ~1 possono avere colonialisti senza i pionieri che partivano soli non si .sapeva bene se per e~plorare un fiume, ,e per andare alla caccia del Icone, se per recarsi a socc:orrere popolazioni vinte da mali e da miserie, se per seguire una naturale inclinazio• ne a un genere di vita. SISTO Palermo, maggio. 1f\l ARO DIRETTORE, conoscevo ~ molti palermitani, ma non conoscevo Palermo. Questo non deve far meraviglia. Un siciliano della costa orientale può trascorrere tutta la sua vita a bordo di un bastimento, visitando i punti più lontani della terra, scoprendo perfino nuovi arcipcl~ghi, ma evit:rndo sempre la costa occ,den• tale della Sicilia. Anch'io, dunque, se i miei giorni fossero stati contati fino a quello di ieri l'altro, mi sarei presentato davanti a Dio ignorando che la mia isola sostiene, con uno dei suoi capi, una vera, grande città. Così vera, così grande, così grossa che non so rendermi conto come la Sicilia non alzi fuori dall'acqua la co~ta orientale, al pari di una zattera troppo carica da un lato solo. (Aggiungo, fra parentesi, che ~ que- ~ta mia impressione fosse non m,a, ma di un uomo celebre, e veni~ ripetuta dai megafoni di piazza del Politeama, i pa~anti l'ascolterebbero rapiti com.e la più divina delle musiche. I palcnmiani dormono tranquilli se, prima di andare a letto, sentono da qualcuno o leggono in un libro che Palenno è senza paragone la più bella città di Sicilia. Potere rasserenante di un atto di giustizia!). Un giorno, mise il piede in questa terra il signor Volfango Goethe: Pa- • lcnno ebbe così l'onore di mandare la sua imma~inc nell'occhio più tranquil• lo dc-I secolo. Il signor Goethe venne, e vide Palermo. Egli conosceva benissimo ch'era un fausto evento, per le co~e della terra, qucllq di esser vedute. da lui ; e siccome il dio Goethe si porta\'a dietro il cronista Goethe, c:cco il ~ccondo narrare, anche questa volta, e precis,1mentc nel Via.~gio i,i Sicilia, con la dovuta solennità) come e dove il primo avesse ospitato nella sua pupilla 1:i città di Palermo. Se non ricordo male, Goethe arrivò in Sicilia dal mare; e al tramonto, quasi per dare il cambio al sole. Non appena arrivato. andò alla Favorita e, rovesciata la tc:.ta sulla spalliera di un !.edile, imma~inò un bcllibimo dramma. Felici tempi, quelli del sie-nor Goethe! L'Europa, nel suo processo di « respirazione intellettuale :l, si trovava nel momento in cui si aspira l'aria e allarg:'.l il petto. La prima questione che interes:.ò il signor Goethe, fu la que~tione della luce. In realtà, era una que~tionc degna di lui! Palermo è situata in una insenatura della costa nordoccidentale, non fra i monti e il mare ma dietro monti che bagnano il piede' nel mare. Questa muraglia non è continua né larga: ampie finc~tre la interrompono formando ciascheduna una spiaggia. Il sole sorge, fra i monti, dal mare e declina, fra i monti, nel mare. Al tramonto, i rag~i del sole passano fra le montae-ne, colpendo Palermo nel più irregolare dei modi. La luce :,alta interi Quartieri, che rimangono in una penombra turchina, e accende gruppi di case nei punti più disparati. La scena è molto sinsolare. Si vedono cupole, terrazze, tetti completamente privi di luce c. sotto questi, file di case basse illuminate fortemente. Ra~gi sottili vanno a pescare chi una finestra, chi un cane che si morde la coda, mi• notissimi particolari che, per essere illuminati nel mezzo di un quadro oscuro, si rendono visibili anche a grande disrnnza. Quella del tramonto è l'ora in cui Palrrmo ,cintilla maggiormente. L'1lba è meno allegra e vivace. I galli stessi, ingannati da questo fenomeno, cantano più arditamente sul far della sera che sul fare del giorno. Ho visitato pochi monumenti, perché a\'evo fretta di conoscere i costu• mi della città, e paragonarli a quelli di Catania. Non presumo di averli conosciuti 1 ma sono in grado di concludere che Catania e Palermo hanno due pasticcerie nelle quali, la domenica, dopo la messa, lo stesso numero d'inchini è dedicato allo stc~ numero di signore. Sulla bilancia della e noia J mondana > le due città sono di pes_o uguale. Anche qui le ragazze, mangiando un pasticcino, spìano nello ,;pecchio ~ un po' di crema coli sul mento, e i baciamani, rapidissimi e di• sagiati in mezzo alla folla che preme, si risolvono spesso in un cortese pu• gno dcli., d;una sui denti del cavaliere; anche qui, la sera della domcni~ ca, i marciapiedj si riempiono di una folla di uomini, una specie di piena torbida e ~ura nella quale i rari cappellini delle donne paiono gli avanzi di una città più gentile e umana di- :.trutta poco prima da quella piena .:.tessa. La. e vita intellettuale > ha invece un tono ben divcr:,;o. Da questa porta sono entrati in Sicilia gli arabi, i cavilli, le sottigliezze, l'io e il non io, la malinconia e i musaici. Le sottiglic-1.zc e la n1alinconia sono andate a finire parte ad Agrigento, nella testa di Luigi Pirandello, parte a Castelvetrano, nella test,\ di Giovanni Gentile. Dalla porta orientale, sono entrati i fenici, i greci, la poc!.ia, la musica, il_ commcrcio, l'inganno, la buffoneria e il comico: Stesicoro, Bellini, Di San Giuliano, De Felice, Rapisardi, Verga. .Martoglio... Se un giorno si farà la « controdanza ùei bell'ingcgni >. e gli uomini dell'occidente andranno a unire le palme con quelli dell'oriente, nel centro della Sicilia avverrà l'incontro degli esseri più strani e diversi. Qui gli artisti sono in massima parte pittori; e pittori, più che di figure, d1 cose; e, più che di cose comuni e concrete, di cose astratte. Ecco ritratti che pare dicano: perché, invece di me, il mio autore non ha dipinto un albero di pepe? E gli alberi di pcoc, a )ore, volta, dicono : perché, invece di me, i1 mio autore non ha dipinto un uccello? E gli uccelli dicono: perché, invece d mc, il mio autore non ha dipinto un ciottolo? F, il ciottolo dice : sono io proprio un ciottolo? Figlia involonta• ria dell'arabesco, la natura, in questi qu::!.dri, nasconde con pudore il concreto e il naturale e si eloria delle sue parti vaghe e innaturali. Non credo cht" la letteratura abbia molti artisti palermitani. I pochi, chl pas~ano per tali, sono nati dall'equivoco, in cui cadono sovente i deboli fi. losofi, di credersi forti poeti. l politici hanno un as~tto e un ribollimento 1>articobri. In essi si con- ~rva, come buon vino in pregiate bot• tiglie, il nobile spirito del '48 e del '6o. I I monumento, che più mi abbia interessato, è il yasto, brutto edificio co struito da un tale Utvc~~io in cima a monte Pellegrino. Esso fa il paio con la torre Alessi di Catania. Lo spirito pratico dei ~iciliani, quando es('C fuori della prudenza e aspira a diventare e nordico>, suggerisce, a Catania CO· mc a Palermo, un edificio così alto e posto così in alto da attirare un '.nfinito numero di clienti con la promessa di una veduta straordinaria. Il signor Alcssi da Catania impiegò tutto il !.UO patrimonio nella costruzione di una torre panoramica, calcolando che avrebbe ripreso tre volte le duecentomila lire che aveva -.peso, perché, ~econdo i suoi disegni, seicentomila cit• tadini avrebbero pagato una lira ciascuno per ammirare, dall'alto ddla torre, il panorama di Catania. Il si• gnor l.Jtvcggio da Palermo impiegò quattro mil~oni nella costruzione di un albergo sul monte Pellegrino, con la sicurc1..za di guadagnarne dicci, perchC: tutti i forestieri avrebbero, secondo lui, preso alloggio nel suo edificio, preferendo, alle comodità degli altri allx-r• ghi, la vista del panorama di Palcnnu e della Conca d'Oro. Sia il signor Alessi che il signor Utvcggio morirono poveri e di crepacuore: la torre di Catania è o•a abitata dal vento e, nei giorni di estate, da una ragazza che vicnr a fare i bagni a Catania, ospite della zia. signorina Alessi, a ttualc padron ... della torre. li castello di Utveggio iabit:ito d:i un custode che sbadiglia continuamente in faccia al più bel panorama di Europa. Ma come la croce della chie,a madre annuncia al viag• giatorc ch'egli si avvicina a una citt~ cristiana, così la torre Alcssi e il castello Utveggjo dicono al forestiero cht egli sta per conoscere una città abitata da imprenditori e commercianti molto singolari. Ho veduto il nuovo palazzo delle poste: un enorme colonnato copre un edificio tinto in rosso con balconcini molto domestici, in cui si vedrebbe vo4 lentit·ri il ~atto nero o il panierino eh,· scende, con cinque lire. al venditore ambulante che lo aspetta, in istrada. con le lattughe ln mano; si pensa ,i una ca-.a bomhe'-C ingabbiata entro un grosw monumento. Ilo veduto alcuni giovani universitari con una frangia dorata sulle falde del b<·rretto goliardico: una lun~a franf?ia che arrivava fin sulla bocca, sic• ché quando questi giovani dicevan<• frasi molto recise, la frangia tremolava tutta quanta e pareva che da quei vi,i dovesse da un momento all'altro spun • tare il sole. Di pomeriggio. sono andato al ca!H po di tennis della Favorita. t un luogo superbo. Davanti agli spettatori. Ì. posato il monte Pellegrino. Tre o quat tro venti s'incrociavano sul campo t rendevano imprecisi i tiri dei giocator; Ho assistito a una partita intcrnazk. nale. Ho conosciuto alcuni giovani in tclli(!;.::nti. e una bellissima ragazza allr quale né un tenente né un magistrau né un dirigente sindacale riuscirono spicg-arc ch'era una bellissima raga~ za. Una modestia così sincera e ost nata, non credo sia mai esistita. et sedeva accanto a lei era preso da ~ tale disordine che sbagliava cinq volte le labbra prima di riuscire a mettervi, con la mano nervosa, la garetta consumata ; lei invece si mordeva la palma o pestava sbadatamc.ntt ' col piede il capr>cllo di uno scono-,, ••1t('I, posato sul gradino inferiore: scnz..i. alcun rancore per una simile ingiustizia, anzi non credendola affatto un'ingiu. stizia, questa sciagurata pensava che gh altri non si occupassero di lei. Cordialmente - VITALIANO BRANCATI
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