( ILSORCNIOELVIOLINO) TURANDOT ~ EL PI V' dei c~t:-.ni on si può assi- !! 'ltCrc senza uno schietto e irrefrenabile ~ntimcnto di ammirazion(" allo spt:ttacolo di una pcrii:ia scenica coml· quella di Giacon10 Puccini, che è qualcosa di più solido e di meno appariscente del virtuosb.mo, e raggiun- ~e, in mancanza di uno ,tilc di qualità perentoria e indiscutibik, l'affetto e b. commozione senza fallire mai. Quc-sta impresa non è sempre facile, ma è ,cmprc assolta d.-1 celebre mac- ,tro luct hcsc con felicità e ~.1porc. Allo ,tilc, Puccini so~tituiscc un.1 ~1lc<.:itae spigliata invenzione; alla mu- ,ica , era e propria, qualcosa che si potrebbe chiam.uc la quintessenza del procedimento rmbic.tlc i all'azione, la sorprc')a, ma condotta in modo così abile e opportuno, che vi accorgete dello ,cambio sempre un momento troppo tardi. E tutto gli andò sempre bene. Del resto lo meritava. Tutta, ia l'ultimo colpo non gli riu- ~d: T urandot non regge. Durante la compmizione di quc:.t'ult1ma opera, Puccini ebbe più di un arrc,;to ~ecco e pericoloso. Come un viaggiatore che arrivato sotto la « Gran muraglia» cinese comincia a girarle sotto scnu trovare la porta per entrare. Puccini andava accorgendosi che il soggetto del lavoro non lo riguardava più, anzi pareva deciso a mandar tutto ~lll'aria: Tura11dot non intere~,ava il ,uo cuore. Però l'amor proprio e la difficolt:\ ~tessa del caso lo .!.pin:,cro a fare quel che fece1 cioè un miracolo di adattamento, e uno sfor-.todi approssimazione : in..o.mma, egli fu come uno schermidore costretto a tirar di dc.!.tra contr:o un mancino. T urandot non gli dava pace, lo tormentava moltissimo. Povero e caro Puccini ! La morte lo colse all'improvviso. Se ne andò tir,tndo la porta dell'rternità dietro di ,é. così che la sua « opera » ne rimase tronca :.ulla fjne come la coda d'un gatto prc:.a fra l'uscio e il muro. E fu chiamato Franco Alfano ,l chiudere falicosamentc questo spartito infelice. L'impeto :,po12io:,0dei corali nella SC• conda s(_cna del ~cond'atto, i profondi silenzi, le distanze smisurate, e tutta quella liturgia da Celeste Impero, ci f.tcevano l'altra S<.·ra pensare che dei r? ii colpi di cannone cadessero sulla ..,arc..1.s:;dai una città disabitata; l'aspetto smantellato e sfolgorante di quel mondo decrepito, sul quale le pause gravano come enormi accenti circonflessi, faceva l'altra sera, insieme agli ecce!)Sigrotteschi e !)pcttacolo!)i, an'impres.sione :,trana e indimenticabile. Ci pareva di stare al Casino di ~lonte- ' cario. LAu: .!raboccantc veri.,mo, che bric-àbrac lussuoso! Non era più un teatro ma un musfr-hall che fa quadro, fermo dinanzi al fotografo. False principesse, bonzi falsi, surrogati d: mandarini, guerrieri in 'vesta• glie metalliche, coristi o comparM! che siano, che :,CÌ.tlodì testimoni ,1busi\·i, condannati a far da tappezzeria dal principio alla fine dell'atto! Pcrdi.tna, nel sano « mclod1,unma > la regola era una, e ~emprc l.1 "tessa. li coro entrava, canta\'a e via, come un personaggio qualunque. Nel vecchio repertorio, il e.oro pro· metteva d'andarsene già dal primo momento in <.ui entrava in .,cena: « Partiarn, partiam ... > sussurr.ivano in confidenz..t i c:-ori'ltiall.1. pl.1tea, nella certezza che il pubblico non l'avrebbe detto <l nc.!.,U0O. Cht' modo di fare è questo dei no:.tri regi'1lti tcatrJ.li, che parlan ,sempre di ma~t,.C• 1 di quantitativo, di 3.lto rendimento, di spe'11C1llimit...ate,come tanti generali. e po_i_ci offro!1? u~ allinea: mento di uomini tr<tvC~t1te1 c1ondolon1 ,ulla i.cena ad a\pcttarc l'applauso? JI morale di questa bra\·.1 gente di- \OCcupata, annoiata e carica di costumi c_hc co~tano un oéchio, innui-,ce di~- ,tro,,.amente sul tono, e abbassa il pre- ,tigio d'uno spett~tcolo. Ciò non toglie che b recente (_•di,.ion<" di Tu,andol, in,sccnata al Tc.itro Rrah· d1•1l'Opcra, !'tra:cic al con1:i~uto di al- -:uni fr,t i piu valoto~i_art1st_1d<·_llan~- ~tra epoca, quali Laun Volpi,_Gm,l e,. ~na> l'Albane'1ll',e fin..ilmcnu: 11 m.1('\lro Cino Marinuui, si &ia chiu'-a fra l't·ntu,iasmo clainoro~ e gem·r.1.lc del pubblico romano. Bill 1'0 llARILLI ;~\. \'EVAMO bisogno di un vestito, ~ ina n"i non sappiamo cucire, e la nostra sarta, ci sembra, non sa cucire neppure lei ; fa dei gran gesti per aria, brandisce le forbici1 poi si fenna e comincia a parlare di Torino, dove ha imparato il mestiere, vent'anni fa: ma si vede che in tanti anni di provincia l'ha poi dimenticato. La nostra sarta, dunque, disse che fare un vestito veramente elegante, un « modello di gran sartoria », è cosa semplicissima: basta andare a Roma1 al principio di via Nazionale, in un grande negozio, dove c'è scritto e Casa Linc ». e i,f'endere lo stampo di carta. Che strada, via Nazionale! Ci si trova proprio tutto: stoffe economiche, Upim, Camilloni: una vera bcllev..a, par fatta apposta per quelli che sccn· dono dal treno, e devono provvedere a tutto in un'ora o due: per gente come noi, inwmma. Riconosciamo subito le vetrine di • Casa Line >, che son basse, gremite di spettri in carta velina. Quando poi si entra nel negozio, gli spettri diventano centinaia :manichini ~nza collo, coperti di drappeggi di carta, rigidi e tra.sparenti, tutti lavorati a m:itita di lineette, rigoline, segni, punti, cerchietti. Intorno ai fantasmi, c'erano tante donne con le facce un poco acCC',(' 1 le voci brusche c<l egoi\te che hanno le donne quando "i scelgono i vestiti: supponi.:i.mo fosse l'ora culminante nella giornata della. « Ca~ Line », pcrd1é erano circa le dicci, e si vedevano .rncor a le domc ..tiche con l.1. rete della spesa, e già le signorine con il cappello bigio. Poi c'era un gruppo di signore all'antica, di quelle che por• tana il nastrino di seta bianca al collo, e <;<>nop,er lo più, barone~, vedove di grand'ufficiali, che purtroppo hanno perduto tutti i loro denari, inve$1iti in titoli t-,tcri, ma rimangono molto, molto, molto distinte: le figlie, o nipoti di queste signore, <;<>nwompre ragazze un poco \Cialbc1 con pelle gialla o gri'{ta, ....manhiette rosse: buonissime ragaztc obbedirmi, di ca,a, e formerebbero la fclit·ità di un uomo, ~ soltanto gli uomini, al giorno d'oggi, ,;apt~ro ~eglicrc le creature- elette: ma non <,anno 1oeeglicre.Naturalmt-:nte, le baroncs• ~ madri o zie hanno una • !i>.trtinache viene in giornata », vecchi,~ima, si capi.,re, e-M:micieca: k raga7,ze ott('ngono fatico~<Hnente di modcrnitzare la sua tecnica, comprando i modelli in Cdrt.i.d.:tll,t « Casa Line > : però le barone\~ si riçervano il diritto della scelta, prrc-hé drtcstano le mode e troppo ,pinte•· ~1.l 11· mode \t1nO S<·mpn.•e troppo ,pinte>, pc:r loro: l'dl~rd manina _cc n'rrano dunque tre, arme hc d'111fanz1a, o pan.·11ti 1 au(teri,.!.irnc, che erano v~- nutc .t srcglirre il gu...r.d,uoba pnmav(.•ra-,•,tàtc delle e bambim· > • le « h,11nbirn·• ,tt·,,.,,.c.timide <" vo$lio~·- ,1ddit,tv,tno un .ib1tino. una gonn.:t, un.1 O NIBUS ROMA. 810NOBE ECONOME ALLA 0.6.BA DEI KODELLI DI OABTA camicetta, facendo girare il manichino sul JXmio, ?Cr mo:.trarn~ l'eleganza. Ma le baronesse parlottavano tra loro, poi dichiaravano che la sottana a'>eva lo spacco laterale, la blusa una scollatura audace, l'abitino delle maniche piccanti: riuscivano facilmente a trasfonnare l'onestissima • Casa Linc > in ufl luogo quasi scandaloso. Le commesse, però1 mettevano pace, suggerivano cuciture, modifiche: ammiriamo molto queste commesse, sono fanta'-iosc e pazienti, ogni tanto sollevano una delle bambole senza trsta, per metterla in miglior luce, dànno qualche colpetto alla carta 1 per faria valere, poi assicurano di aver scelto anche loro quel modello, l'hanno cr;.eguito in una sera, cd ora lo portano t,:1nto, tanto volentieri. Se le barone~sc sono noiose, le serve invece sono clienti ideali. Prediligono gli abiti in stoffe a fiorami, possibilmente con svolazzi, drappeggi, qualco~ di complicato, ascoltano fiduciose i consigli, un poco sprczzanti 1 delle impiega1c1 comprano, e partono beate: due o tre wno tornate indietro, però, perché proprio sull'u:,cio avevano visto due abiti da sera audacissimi e chiedevano se non si potes.scro adattare, facendoli corti, e con maniche, al pa:,seggio domenicale. Se anche le compratrici sono eccitate e commosse quanto quelle, poniamo, che si incontrano da Ventura, pure l'atmo,fera della e Casa Line » resta. tranquilla, il fmscìo delle carte cd il mormorio basw d('lle voci hanno una terta solennità, e tutti guardarono con bia~imo la « signora nervo5a » : era una donnetta .piccola. leggermente baffuta 1 con un grosso nèo sotto il mento, cappotto nero polveroso e scarpe basse, marrone. Voleva il modello per un CO• .,tume. « Un hallo in costume», spiegava con gesti veernenti 1 « una mascherata ». e La ,. Ca~\ Linc " non tratta questo genere di abbigliamenti », le fu risposto, • si rivolga alla s.artoria teatrale». La « ..,ignor.1nervo,,.a » par\'(' irrit.tl.t cd uscì. Intanto le baronc~se o:,~rvavano un casti,simo abito da primo ballo tutto sboffi, nastri e ciondoli, con c.,prr ..,ionc di ,incero orrore, erano ~cand<tlinatc qtusi che avc~scro veduto una donna nuda; le « bambine :, al contrario ne parevano rapitc 1 e supplichevolmente dicevano: « Ci aggiungia. mo un giacchetti no! >. Le <,ignorinc con cappello bigio le gu.:trd.tvano con disprez'lo e pietà: ..td afta voce, con accenti romaneschi, chiedt'vano lo stam~o di uno short, di un balnt-de-sol~il, di un,, jupe-culotte, di pantaloni jodhpur. A\'ev.rno trovato uno \Campolo, .1qurlla liciuida1ionc, «,,ti lx:- nt·». r O<'aHc-bhrro f.:ttto ur\a c.1min-tta ,µon, poi qlwlld 1.rn,na a 1 1 lin· il rnctro per i pantaloni, e se veniva smart si ;;arebbcro decise a montare, la domenica, al Concorsino: « Voglio proprio imparare, è uno sport che mc piace tanto! ». La « signora nervosa » ricomparve, domandò se non c'era qualcosa che si potesse trasformare in un costume, via, una mascherata. Le fu risposto di no, r riparti sdegnata. Arrivò intanto il « giovine raffinato >1 con amichetta : ci son tanti giovanotti di quel tipo convinti di esser àrbitri di eleganza> aspirano alla carriera di Adrian, di Cccii Beaton, disegnano gli abiti per sorelle e cugine, dànno consigli estetici e sqlfsiti, fanno la corte, ma gelidi, a ragazzq semplici e bonaccione, che per amore accettano di vestire secondo le loro idee. Queste idee poi sono invariabili: prediligono il colore viola, le giace~ maschili, gli abiti da sera accollati dlvanti, scollatissimi dietro, le sinfonie ~ianco-nere, dànno molta importanza ~li accessori, dicono che una donna elegante ~i riconosce dalle calze e dal profumo, e alludono spc~- so, misteriosamente, ad una loro amante, moglie di un noto industriale, che possiede quattordici volpi argentate e tutta la biancheria di pÌZ'.lOnero. La bonacciona, adorante, se lo era ..J.rascinato alla « Casa Linc », ma lui, che ~nava le sartorie internazionali 1 si mostrava duro, di.strano: « Semplicità». diceva, e ti raccomando la sem• plicità ! Un tipo come te deve sforzarsi di passare in sservato ... ». Le baronesse partirono, scnzd aver comprato nulla: le •bambine> avevan le facce contratte, non parlavano più, meditavano fughe, acquisti di matiti: ro~sc, amoreggiamenti con il vicino di casa, erano gonfie di ribellione e mali propositi. Le signorinette decidevano che, se i pantaloni non riu'.)civano perfetti, li avrebbero portati alla ~piaggia facendoli passare per pigiama. La « signora nervosa » tornò, chiese se ci fosse un abito da sera un poco strano, originale, tipo· cinematogrnfico. C'era, le portarono un ·fantasma di legno e cart.1, che la rapì, e cominciò nervos..--,mentea domandare spiegazioni e consigli alla commessa, che appunto, in una serata, lo aveva e'.)cguito anche lei, per suo uso privato, cd ora lo portava tanto, tanto volentieri. Finalmente ci ricordammo di chieder un modello per noi, e ci offrirono dei fogli coperti di geroglifici, da tagliar)i qui, ripiegarsi lì, stirare, picghettarc 1 \Oprammettere, lavoro scrnpliciss.imo,da eseguirsi in una serat.\ i anche la signorina lo aveva scelto, e lo portava tanto volentieri. La rigraziammo molto, ma dccidem• mo in cuor nostro di comprarci una « Nicky », e di portarla con una sot• tana vecchia, per M:mplificarc le co!.C. Mentre andavamo via, a mani vuote, sentimmo il .- giovine raffinato > che diccv.1 : « Color pervinca, con rosso porpora, anche lei, sai chi voglio dire, a Parigi ... ». Davanti alle vetrine c'er.m dut· r<1ganl·ttr, dimesse, ~pettinate, chr avid.mH·ntc guardavano, seni.a O'>ar('ntrarr, gli clcganti ...i..mi ~pettri bianchi della .- Ca'-.t Linc ». ~~c5:0a DEL VANTAGGIO e Hl uuol "aprire ancor oui quali e quante siano le illusioni dei piemontesi a Roma dopo il settanta, non ha ehe percorrere con passo misurato uia Cauour e ,tuarda,si auorno. Dopo auer cost,uita, come si diceua allora, questa lunga arteria, seguendo i canoni del. l'u,banistica torinf!se, f!d i cn·tui di una modernità lm,oc,atica, i buoni piemontui tentarono pnfino, in nome dell'i,tiene, la lotta cont,o i po,tie,i della capitale e /o• derarono di mattonelle di po,ceftana bianca ili ingressi df!i pola-t.!Ì, alla maniera francett. Introdussero poi il ,ampanello cot bottone, gli ascenso,i elettrici e le caJJette di latta per le lettere, cercando di emancipare un po' l'inquilino dalla tirannia del portiere. Apparue,o le prime stuoie pe, i piedi con scritto salve e i primi totlifanto alla df!HM del portone: il p,o,,eSJo si auan.caua lento ma sicuro. Per anni, questa uia uisse felice e supe,ba nella ce,teua d'essere la uia più tJiua, più moderna, più ufo di tutte le uie di Roma, poi a11che il sole si ratlrìstò in uia Cavour. Ora e l'arteria> è tramontata; tli alti palaui sono uuchi, griti, di un ueuhio antipatico a cui ntJJuno più perdona le pretese di un tempo. Eppure, in questa sua Ui• steua di uia piemontese, doue migliaia e migliaia di imposte uud, fiancheggiano il pauante, in q"esta sua ostinala volontà di gareggiare con la Roma aulica, si nasconde una nobiltà. E la nobiltà monotona e triste delle buone intenòoni, della buona amministra{ione comunale, dell'ottimismo ciuico dell'Italia del Nord. Ai suoi tempi, via Cavour credette di /are sul serio, di dove, ospita,, le ca,iche di cavalleria contro i dimost,anti, i 11andi funerali dello Staio, le carroue dei 1ov,ani esteri; credette nelle 1,irtù burocratiche dei condominii e nella carta bollata, ma la sua illusione fu breue. lloma ben presto vi atgiunu i batheroui, 1 uet,i rotti, quel continuo aggiustare le rotaie, 1 gatti, le uoci che chiamano dagli androni (<Romoletto!> e Anleno,e! >) e le figlie dei portieri cori le bottiglie dell'ac• qua cetosa. Via Cavour, pouera antipatica nobile uia, ,;edova d1 Quinlino Stila! VIA PAN/SPERMA, con quel suo scendere e salire su ondeggianti colline, è fra le più brlle uie di Roma. S'apre tra mura alte e scure, ed il suo letto di ulci u:e11de ,ipido uerso uia dei Serpenti Ma postato il fianco della chiesa dei SS Domenico e Sisto appare un louo edificio scuro che ,icorda stranamente le uecehie « camere del lauo,o >, gli opifici che s'inconuano nella penfuia di Milano: unn costru(.ione in matto,ii, baSJa, ,obusta, cori pretes, moderne. In una targa, a fia11co della porla, sta scritto: e Ci,colo filosofico di studi tomis1ici >. Certo, non sono studi frivoli quelli del to• mismo; chi 1tudia Snn Tomaso ha biso,tr10 di camere seuere, ma a noi quell'edificio h.a /atto pensare ai ricoue,i della Salvalion Army che sernono da $fondo ai film di Charlot. Ma le nostre sorprese in uia Panisperna non sono finite. perché, proprio di_/ronte al Circolo, s'olia ur. orrido po• la,:o con t,e belle targhe, a fianco dtll'in• ,t,esso, dou, sta suitto • e Società delle J,la. òoni • Ufficio lntenia:ionale del Lauoro . Istituto /nltrnationale per l'Unificatione del Dirit10 Priuato .>. Scoprire in una ueuhia uia ,omana 11 1omismo o faccia a faccia con lo e spirito di Cineu,a >, /a piacere, ma quel che diJpiace è accorgeni th.e le d1u fo,:e nemiche hanno lu stesso ualto ,dilt:io MASSl~-tINO ( PALCHETRTOIMAN) I ~~~~ MORTAUA .{fi\ ~(N J BUS es.!.endosettimanale, l'ob- [!J hligo non ci tocca di recensire tutte le novità teatrali che càpitano nella settimana, ma quella sola che per qualche ragione ci pare degna d'intC• res:,e. li criterio di scelta varia da settimana a settimana, e ci è suggerito o dalla stima che c'i!,pira l'autore (caso raris)imo), o dal :,ignificato del titolo, o dalla qualità degl'interprcti 1 o semplicemente dal nostro umore. Il titolo Alta montagna della nuova commedia di Salvator Gotta rappresentata dalla compagnia Ricci-Adani, ci fece !operare che in que:,ti tre atti la montagna avesse azione e prerogative di personaggio, e diventasse origine di ciò che gl'inglesi chiamano • un mito induttivo>: a inferential mJth. Scartata l'ipotesi troppo affliggente dei soliti ludi sciatorii con maschiette in pantaloni, amorazzi sulla neve e dondolamenti a suon di jai{, rimaneva l'induzione che in una commedia che prende nome dalla montagna, la mon• tagna stessa si presentasse sulla scena del Quirino, spaccasse con la fronte l'arco del boccascena, posasse i picdoni di granito sulle pancette dei commendatori seduti in platea e sui cappelli a tubo delle loro signore, portasse lo scompiglio nel gruppetto dei critici riuniti a concertare l'azione collettiva dell'indomani, mette,se insomma un po' di vivacità in que:,te assise teatrali gravemente colpite da atonia, da afasia e da paralisi. A questa speranza dolcemente ci avviavano i ricordi ormai vclatis.simi di Q,rnrido ,wi morti ci dtstiamo, di un film di Jannings intitolato, se ricordiamo bene, Men.(.o-gne, e soprattutto degli D11idella montagna, il poetico e commovente dramma di lord Dunsany rappresentato per poche sere del 1925 nell'effimero Teatro d'Arte di Roma, e che nessuna compagnia drammatica si è sognata di poi di salvare dall'oblio. Per Salvator Gotta la montagna non vive come personaggio, ma è considerata unicameqte come ambiente che influisce ~ugl'individui, nel che Salvator Gotta T!lAflifestauna spiccata :.impatia per quella scienza giovanissima ancora che :.tudia l'influ('nza del clima sull'uomo, e che taluni chiamano • meteorismo». Secondo la tesi sostenuta dall'ingegnere Gorè: protagonista della commedia di Gotta, l'.\ria fina della monta• gna dovrebb<' esercitare un'azione purificatrice su Dora Gorè, moglie del protagoni:,ta, e su Filippo Caddi, amico e collaboratore del medesimo; ma essa invece li spinge ai più neri peccati e fin dal primo atto veniamo a sapere che nonostante i duemila metri d'altezza e la presenza suggestiva delle nevi eterne, Dora e Filippo praticano allcgrnmcntc- l'adulterio. Se Salvator Gotta ci avesse consultati prima di metter mano alla sua commedia, gli avremmo cvit.uo questi disinganni. Per noi1 figli della pianura, la montagna è un errore. La sua influenza sull'uomo non è purificatrice come crcdon0 gl'ingcnui, ma ne•fasta e mortale. L.1 montagna ispira il gigantismo. eh(' è mM delle forme peggiori dell'estetismo e porta l'uomo a quelle ,\spirazioni vaghe e a quelle vertigini, che sono l'anticamera della stupidità. Beninteso, la • retorica della montagna » non manca nella commedia di Salvator Gotta, <' il tcr.to atto si chiud<' ~u una specie di musica da titani, che vorrebbe e:,scrc la voce delle vette. L'ambiente squi:iitamcnte novecento dcll'abit..izionc dell'ingegnere Gorè a 2.000 metri d'altezza, ci as.sicura del gusto raffinatissimo ~ui sono giunti i nostri industriali. Se l.l montagna non « fa personaggio » nella commedia di Gotta, que:,ta funzione è brillantemente di.-.i111pcgnat.1 àa un mantello di staff.t del Casentino. che es:iendo indifferentemente .indo-:sato dalla moglie e dalla sorella dell'ingegnere, non consente di accertare quale d('llc due è l'amante di Filippo Gaddi 1 l'immorale uomo dcll.l pianura. Ma l'equivoco del mantello rimane a metà. Sviluppato e portato alle sue conscg\1enzc estreme, la commedia di Salvator Gotta avrebbe potuto diventare una divertentis'1lima farsa. Invece no: Alta m,tmtag,ia è una commcdi~ ,cria. Quanto all'interpretazione di Renzo Ric:-ci 1 diremo che ci sono voci da sigaretta, voci da sig,tro e voci da pipa. La voce di Renzo Ricci - voce interiore, ruggcriana, muccoidale - è voce da sigaro. Anche St' Renzo Ricci fuma il narghilè. Al.BERTO SAVINIO LEO LONGANESI • 1'ireuore responsabile RIZ701.I &·C.•. o\n. per I \rtt dtlla Sum; :t • \!ilan., RIJ>ROOUZIONI ESE(òl fE CON MATl:.IUAU-: 1-'0TOC.RAFICO i'ERRA'\ • •·
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