Omnibus - anno II - n.14 - 2 aprile 1938

ID OPO la più attenta lettura dei caneg~i .cavourriani editi dalla Commiss10ne reale, a voler rispondere alla domanda : e Al congresso di Parigi del 1856 la politica piemontese, più precisamente la politica cavourriana, ebbe un successo o un insuccesso?», c'è da rimanere imbarazzati. Successi immediati, per gli interessi del Piemonte e per la causa italiana, non ce ne furono. Ma si parlò per la prima volta, dopo tanto tempo, veut se préter à rien; elle est prite à /aire la guerre plutOt que de consentir à la cession de Parme en uotre /aveur; or en ce moment je ,ie puis pas lui pose, un casus belli; mais tranquillt{•vous, j'ai le pressentime,it que la paix actuelle ne durera pas" ». In questa stessa lettera al Castelli il Cavour accenna ad un'altra soluzione proposta da Napoleone I li per favorire la causa italiana: si prendesse l'Austria i principati danubiani e abbandonasse al Piemonte la Venezia e la Lombardia. e: C'est la seule solution raisonnable dts affaires d1/talie >, aveva dichiarato al Clarendon in presenza dello stesso Cavour. in un congresso internazionale, al cospetto dell'Europa, delle condizioni dell'Italia; e se ne parlò, da una parte a!mcn? degli interlocutori, con spirito ben diverso da quello del congresso di Vienna o di Lubiana. Cavour e gettò buon seme >, anche se la germinazione fu lenta. Il contegno dell'Jnghiltcrra nel 1860-1861 fu preparato fin da allora dall'opera cavourriana. Non da essa sola, s'intende: l'altro protagonista-antagonista, Mazzini, non fu meno efficace. Certo, Cavour non riuscì a ottemperare alla intimazione (M:herzosa nella forma, ma non altrettanto nella sostanza) di Vittorio Emanuele Il. « Ci f~cci~ dare quel che voglio, senza di ctò diventerò molto cattivo e farò subito qualche orribile risc6ssa ,. Cavour non riuscì a far dare al Piemonte nulla. Ma la questione non era propriamente territoriale, sebbene anche questa venisse trattata. La politica delle « foglie di carciofo> aveva fatto il suo tempo, anche se sullo spirito di Vittorio Emanuele, e certo non di lui solo, essa conservava tuttora la sua impronta. Si trattava della. questione italiana, del risorgimento d'Italia come na- / rlone. Il vero pericolo - ben maggiore di un mancato ampliamento territoriale del Piemonte - fu che dalla guerra di Crimea e dal congresso venisse fuori « l'influenza austriaca aumentata e quella del Piemonte e del partito costituzionale italiano diminuita>, come scriveva Cavour al d'Azeglio, il capodanno del 1856. Già fin dagli inizi della partecipazione del Piemonte al congresso la questione della parità diplomatica aveva assunto importanza preponderante. A un certo momento le cose parvero assumere una particolare gravità, e ~i sa che Massimo d'Azeglio rifiutò per questo il mandato di rappresentare il Piemonte. E non fu un danno: per il lavoro da fare a Parigi, attività scaltra dietro le quinte, audacia, ma anche pieghevolezza, Cavour era molto più adatto di lui. La questione fu poi risolta sostanzialmente a favore del Piemonte: ed è un fatto che Cavour prese parte a tutte le discussioni, affermandosi senza strafare~ Per questa parità il contegno di lord Clarcndon, il primo rappresentante inglese, fu assai più favorevole che quello di Wale\.Vski, primo rappresentante francese e presidente della conferenza. Ca•our ricapitolava così le sue relazioni al congresso con i rappresentanti delle altre Potenze: « Nos rapports avec les autres Plénipotentiaires continuent à étre Jort intimes avec [es Anglais, forl polìs avec les Français, et très-convenables avec les Autrichiens et ics Russes » (con i Russi, poi, andarono divcntrrndo amiurtandosi alla categorica fin de 110,irecevoir dcll'au.striaco Buoi, sostenuto questa volta dalla Russia e in parte dalla Prussia. Cavour ebbe tuttavia il modo di prender la parola e di formulare così la politica nazionale piemontese in un congresso internazionale. All'indomani del congresso di Parigi le maggiori delusioni do"evano venire, al Cavour 1 dall'Inghilterra e proprio dai ministri Palmenton e Clarendon, ri,;pettivamente presidente del Consiglio e mini.stra degli Esteri del gabinetto liberale. Al ritorno da Parigi Cavour aveva presentava il governo act.soluto, la cen- ~ura, il concordato, l'ultracattolicismo, la sciabola; l'altro rappresentava il progresso, la~ civiltà, la prosperità, le ferrovie, la libertà religio'ia, la pubblicità dell'amministrazione. Palmcnton non contraddiceva; ma, in quel momento almeno, sembra che fosse, per quanto riguardava Jlltalia, dell'opinione dei T ories suoi 'avver~ari, i quali, a detta del d'Azeglio, ritenevano che il Piemonte dovesse convertire gli austriaci col suo buon esempio. Conversione difficile, 1:aveva spiegato d'Azeglio a Palmerston; ma la spiegazione era pur sempre reticente. A voler dire le cose come stavano, Ca- • chevoli). Si noti la gradazione : e: mol• to intimi cogli inglesi, molto garbati con i francesi>. Era la verità, e lo si vide quando, a pace conclusa, e proprio alla fine del congresso, venne in discussione la questione italiana. li conte~no di Clarcndon fu infinitamen- BERRIOT NELL'ATTO DI POSARE PER UN llONUKENTO ORE I FRANCESI NO?I~OLI VOGLIONO ERIGERE te piu energico e cordiale di quello del \\l'alewski, che, pure, doveva subire l'inAuenza. dell'imperatore. Napoleone III non mancò di vagheggiare disegni favorevoli al Piemonte, che avevano a perno la sistemazione dei principati danubiani di Moldavia e Valacchia, donde doveva u.scirc lo Stato rumeno. Si trattava di mandare colà i duchi di Parma e di Modena e di dare i ducati al Piemonte. Poco dopo questo disegno si restrinse : solo Panna al Piemonte e il duca di ~1:odena nei principati, passando a Modena la duchcs~a di Panna. ~1a non se ne fece nulla per l'opposizione dell'Austria, fermissima a non volere nemmeno un governo autonomo delle Romagne. Qu( ~ta opposizione irritò grandemente l'imperatore. Ne dava notizia nell'aprile 1856 il Cavour a Miche~ !angelo Castelli. e: Non posso qui entrare in molti particol.iri, ma l'assicuro che non ho a lagnarmi dell'Imperatore. La Francia voleva la pace, egli dovette farla cd invocare per ciò il concor!>O dell'Austria. Non poteva quindi trattare questa Potenza come nemica; anzi fino a un certo punto era costretto a trattarla come alleali\. In una tale condizione non poteva nella questione italiana adoperare le minacce; le esortazioni erano sole posct.ibili. Queste furono adopcr:\tc e tornarono vane. Il conte Buoi fu ir. removibile nelle grandi come nelle piccole cose. Questa tenacità 1 che torna a danno presente, ri'iultcrà a vantag• gio futuro dell'Italia. L'Imperatore n'è irritati~Ìlno e non lo nasconde. L'altra sera mi disse; "L' Aulriche ne Tutto riuscì inutile. 1n realtà l'Austria, a proposito dei principati danubiani, aveva un suo particolare disegno, che il conte Buoi aveva presentato al Congresso. Esso si d~videva in due parti : 1 °) soppres.sione totale del protettorato russo, al quale si sarebbe dovuto sostituire il protettorato collettivo delle maggiori Potenze europee; 2°) ingrandimento territoriale dei mc• desimi principati per l'annessione di una parte considerevole della Bessarabia, che avrebbe incluso tutta la riva del Danubio fino al suo sbocco nel Mar Nero. ~la chi poteva giurare che ,al protettorato ruct.SOnon sarebbe subentrato, di fatto, un protettorato austriaco? Chi poteva prendere sul ~crio il protettorato « colletti\·o > delle maggiori Potepze? Francia e Inithiltcrra non avevano relazioni dirette coi principati, onde nessuna o sca~is-.ima influenza avrebbero potuto e"ercitarvi. Alla fine, questo temerario di-.egno austriaco tramontò. Tutte le cessioni di territorio impmte alla Rmtia si limitarono ad una piccola strict.cia di terreno in Bes,;;arabia, allo scopo di poter meglio delineare la sua linea di frontiera con la Turchia sul ~far Nero. Contemporaneamente \'eniva reintegrata la supremazia della Porta sui principati danubiani con l'obbligo di con,;ervarc a quelle popolazioni le dovute franchigie intorno alla libertà di culto, di commercio e di navigazione. Fallito il disegno del governo autonomo delle Romagne, il Piemonte non guadagnò sostanzialmente nulla. Tutto ,;;j ridu~e alla seduta de11'8 aprile 1856, i11 cui Walewski e Clarendon parlarono delle questioni italiane, ma fatto la sua relazione al parlamento subalpino, e naturalmente si era attenuto, per discorrere delle cose italiane e dcli' Austria, alla linea seguita da lui e da Clarendon nella famosa seduta del congresso dedicata alla situazione dell'Italia. Ma quel suo di. scor<iìonon trovò l'approvazione del go, crno inglese, che voleva conciliare i sentimenti italiani e l'Austria contemporancamènte. Questo, nel maggio '56; ma nel marzo '57 Cavour non trova\'a più nell'aueggiamento inglese neppure quel presunto equilibrio: nuove dichiarazioni di Clarcndon - che, nella corrispondenza tra Cavour e d'Azeglio, è designato spesso sempli~ ccmentc come l'i~trice, « hérisson » - gli fanno scrivere che oramai !iOnodistrutte in lui le ultime tracce delle illuct.ioniche aveva potuto concepire al congr{'sso di P:'lrigi. L'alleanza con l'Au-.tria è ormai la ba'-C della politica inglese. Palmer-,ton, nel '57, avrebbe voluto addirittura promuovere una riconciliazione del Piemonte con l'Austria : proprio la negazione della politica di Cavour, che intendeva far fi~urare il Piemonte qu~le campione dell'indipendenza italiana. J1 Premier inglese insic.te\a col d'.\7eglio che il Piemonte avev~1. torto a credere di fare il bene dell'Italia guastandosi coli' Au- <;tria. Bìsoe:nava im·ece che il Piemonte togliesse di mezzo i motivi plau-.ibili dell'ostilità di '1Ue..ta. E il d'AU'glio a rimonderc che un concol""\o del1'Amtria il Piemonte non l'avrebbe mai per la sua politica italiana. L'Austria a\·eva per sé in Italia i governi, ma il Piemonte i popoli: l'una rapvour e il suo ambasciatore avrebbero dovuto dichiarare al governo inglese, che non di convertire l'Austria si trattava, bensì di cacciarla dall'ltalia. Ma una simile dichiarazione esplicita essi guardavan<.:i bene dal farla: e si limi. lavano a parlare del suo malgoverno, della sua in0uenza perniciosa sugli St:'1ti minori, della sua occupazione militare della Romagna, che alterava lo status quo. Al di là di questo, non potevano pennettersi se non accenni: così Cavour inc:;inuava che, se l'Inghilterra dec:;idcrava davvero un'Austria forte, occorreva perciò una soluzione definith·a. Effetti\·amente, dopo il cone-resso di Parigi il govcmo di Palmerston era div('ntato così austrofilo perché riteneva di aver bi,;ogno dell'Austria per i contrasti perduranti con la Rus-.ia. Non era poi facile levare dalla testa a I Palmcrston che la Ru,;ct.iasoffiasse nel dis-;idio amtro-picmonte¾!, per far del Piemonte una pedina del ,;uo gioco nei Balcani. CoNcro addirit1ura in lnghilterr.1 \'OCi di alleanza sardo-ru<;- sa; Ca\'our dovette "mentirle energicamente, ma quando poi "i ,;cppe che il Piemonte aw•va cono·sso un deposito commerciale nella rada di Vilbfranca alle navi russe, in Inghilterra pemarono addirittura ad una base navale ruc:;ta nel :'vlediterraneo. Accanto al motivo antiruc:;o;o,giocavano nella politica inglese, a danno della cau~a italiana, l'avversione alle rivohuioni e il timore di una guerra e\iropea. Rivohvioni in Italia - dircva Palmcr-;ton a d'A1.cglio, e non senza qualche fondamento - non po,1,0110ven'.,e che dal partito « ros- <.o>; qurllo coS1.it~1ionalenon ne farà mai. Pcrcib egli d1..,approvava q,;ahia~i velleità dd Pic·montc di appoggiare moti imurrczionali. Egli non poteva allora prevcdnr la ~ituazione del 18j91860. quando i moti rivoluzionari ci furono davvero, ma furono precisamente aso;orb1tidal partito monarchico•'-abaudo. au.,picc Garibaldi e conV"nz1rnte, tutto ,.ommato, lo ,.tC'-SO.Mazzini. L'unitJ. d'Italia, diceva ancora nel gennaio Il1j9 lo Shaftesbury, grn(·ro di Palmef"ton la-.<.ai1t<1lofilo)e, ra un'idea a~surda, e in ogni caso non da realiztare mediante una guerra europea. Sotto questa doppia preoccupazione, di appo~giar-,i all'Amtria contro la Ru<.<.iae di mantenere la pace europea, il governo P.llmcr-.ton-Clarendon giunse a vagheggiare un pas-.o anglofranc~c;e prc'>'iOil Piemonte per ottc- ~rnc una dichiarazione di rispetto ai tratLlti, che ~arebbe ~tata comunicata all'Au!>tria, e l'avrebbe rac;,;icurata: ciò che avrebbe spianata la \·ia, si diceva a Londra, a un ritorno di relazioni normali fra l'Austria e il Piemonte. Cavour s'indignò all'idea di questo pac;~ e riu<;;eÌad evitarlo; ma non senza fare dichiarazioni alla Camr-ra circa il rispetto ai trattati e darne CO· municazionc confidcnziale al governo inglese, che ~e ne dichiarò pago. Di questa austrofilia ingle5C il Cavour si impensieriva e si irritava più del d' ALegJio. 11 quale, come succede agli amba«iatori bene acclimat'.lti, inclinava talora un po' troppo a indulgenza ver;o i punti di vi.sta inglesi, subiva, come si dice, il fenomeno del mimetismo. :Ma in compen<;0 avc\·a dell'ambiente inglese una grande cono~cenza, e poteva arrivare - cosa importanti~._ima per un ambasciatore - ai maggiorenti del governo quando voleva. Ora, il d'Azeglio, se non c;j sorprendeva quando il Clarendon ~li diceva franco di non voler tirare le castagne dal fuoco per nes'iuno, non dava poi neanche all'austrofilia del ga• binetto di San Giacomo più pe'-O di quello che meritava. Proprio perché l'Inghilterra si guida\'a ,;;econdo i propri intere,;-.i, egli pen~ava che il giorno in cui la cau"a italiana e la politiCJ picmonte~ avessero assunto forza sufficiente da pesare sullo \Cacchiere internazionale, anche l'Inghilterra ne avrebbe tenuto conto. « Soyons heureux >, s("Ti\'Cegli testualmente .1I Cavour in data 23 luglio 1816, « tt on nous appuinn >. E quanto si verificò nel 186o-61, prima P''" le annes~ioni dell'Italia centrale, p, per quelle del ~1:czrogiomo e per la fonnazione dell'unità italiana. In tutto quel periodo il contegno dell'Inghilterra è più francamente, costantemente favorevole all'Italia di quello dello stesso Napoleone lii. Oramai preme alla stessa Inghilterra che l'Italia, sottraendosi all'Au'itria. si faccia abbastanz...'l. forte per non esct.er troppo soggetta neppure alla Francia. Succede, anzi, il fenomeno curioso che in q~alche momento l'Inghilterra sembra farsi essa tutrice gelosa, rispetto allo stesso Piemonte, degli interessi italiani. Le anne~ioni di Nizza e Savoia alla Francia dispiacciono fortemente a Londra, perché ci si vede un programma di espansione territoriale del Secondo Impero. Cavour viene accusato dai go\·crnanti ingle,;;i,a questo proposito, di reticenza, di dissimulazione. Si giunge, anzi, a sospettare che le cessioni alla Francia non finiranno lì; Palmerston crede addirittura di cono'icere un trattato segreto, per cui il Piemonte, in cambio del consenso francese all'annec;c;jone delle Due Sicilie, a,-rebbe ceduto alla Francia la Liguria, la Sardegna, l'Elba. Erano assurdità, che Cavour sdegnosamente smentiva; ma, in conclusione, non furono inutili .1lla cau- ,;;aitaliana, giacché il timore di veder la Francia padrona completa del Tirreno finì di convertire il governo inglc~e r _ cauc;:a dell'unità italiana. Palmerston, che ancora nel luglio '6o propendeva al mantenimento del regno separato delle Due Sicilie, nell'ottobre faceva la sua professione di fede: l'Italia unita in una sola monarchia. ::":otcvole, anzi, come in Inghilterra ci si preoccupi di un urto fra il Piemonte e Garibaldi. Non si tratta <..olo delle simpade popolari, che erano grandi, per l'« eroe dei due mondi»; è lo ste~so Palmer.ton a insistere perché Cavour cerchi un accordo con lui. Fgli rileva, par1ando col d'Azeglio, tutti gli atti del generale che provano come questi voglia l'Italia unita <;otto \'ittorio Emanuele, quali l'accettazione dei bcNaglieri piemontesi, la conc;egna della flotta al Pc~ano; e conclude che, in sostanza, Garibaldi è per l'anne-.~ionc (come infatti fu). Perciò raccomanda al gO\·erno di Torino di spingere fino agli ultimi limiti lo spirito di concilia7ione con lui, ,;ia p('r riconoscimento dei scrvi1i rc,;i, sia per non screditart• la cauc;a ita.liana in Europa. Un punto rimane fisso per il go,crno inglc,;;e: non ._j deve lavorare al disfacimcnto dell'Austria. Perciò c,,.o si preoccupa di un'azione italiana in Ungheria, per un'imurrc1ionc di questa. Cavour ric;ponde negando un'a:,ione di go\'crno in questo senso, confec;sando le ,;impatie per la cauta ungherese. L:\ sollevazione dell'Ungheria libererebbe l'Italia dalla minaccia austriaca. Solo la cc~sione della \ ·enczia può salva.re l'Europa dalle complicazioni provocate ·dalla o,;tinazione abshurghcsc. Sono battute di un dramma, che si avvi('inava allora alla sua ,;;ospcnsione, per riprendere nel 1914. MARIO MISSIROLI UN GR._ANDE AVVENIMENTO EDITOR._JALE Si comp:e ncll.. Collezione dei CLASSICI MONDADOR.I la puhblic.azioncdello Duevolumdi i comp!CMP.i'Kvcinc 34-12 i.um.p,t-i w cut~ Bibbi.1l',llcg.1i1ni_rllc con1mp,cuion1in OfO. Ognivolume L.75 Nel suo lungo IH·oro su!l'.a.utogn· fo leop.rdiano, che siconscrv.and1.aBibliotcc.an.azion.a.dlei N.apoli, il Flou si propose I.apiò scrupolou (edcltl .al testo di Lcop.1rdi. Così k differenu tr• k vecchiacdirionc horcntin.adcHo Zi/.11/Jor,e e quell.ache oggi vien p1e\tnt.1t.a .agliIu.li•ni, è veumcnte cospicu.a, e sul per molti un• sorpreu. M. lo Zil111lt!o1rl' richiedev• •ltre e più difficili curc: l'•g~iunt.a in not•, cioè, di molti p.ssi di .autori v.ri, gundi e minori, che il l.cop.rdi, il qu•le prendev;1,•ppunti per st medesimo, .a.cccnnòseni.a tnscri- , ere, pur essendo essi t.1l\'olt.1indispensabili a far comprenderees.att;1,mentiel pensiero del patta. Furono riscontr;1,tele v.arie cit•- zioni leop•rdi•ne nelle Jjnguecbssichc e moderne, che t.alor.acontengono sviste o ines..atte:ues,ulle edizioni che il Lcop.rdi ebbe presenti. Furnno ricondotti .ai legittimi autori quc-ip.ssi che il poeta trascrisse e che ad un.a prima lettura potrc-bbcroessere sc•mbi•ti per fattura sua: così,dove rgli non citò l'•utore di qualche-pensieroo scrissedi ignor•rlo, furon condottr ricerche per porre in not.a.il nome di quell'autore e dcll'opcr• in cui il passo si trova. M.a queste note che in tal modo compiono il testo leopardi.ano, sono a lor volt.aintegr.ated.aruinutiss'mo i1rJift'1m11litùo t!l'III'mnll'ril',di qu.ui 200 pagine, eh~ pcr'!1ette d}, conos~re 0 e trovare,m cosi ,,;1,stom,1;g;1,um,o tutto ciò che esso contiene, e che t.alvoha sembra cel.to. Ptrd.1rcuD'idudtl uuunc diquestoin• dice t iMicmdcrll.1v.1ricteàdoviz:di.c1ll.1 m.11crcih.1erendeloZ,S.,/J""..-intttu,..n1c per 1uncleu1cgol'lc di lettori,riproduci.1mo !.. i.cgucntvcoce: A5\-CO'R._E: • la \ha e il prin<ipio,i,i11cari1e d1:ll.nattur,, '9 .• I'•· • l'odiofra ,ili 1.1omi8nJi, • a, ,ero non si dà m akunocucrt, n.-ppur1t n 010, k non,t.-.olo JtHtlOana,ntc.Il 5tt.•t non ♦ a. quellocht •• p.x,cal c,bo checi pa.-, agli <>e~llci he ~u~ no ai l'IQlitr• p1açer1, <'OfllOCh e«., Il 5"'4. - l'•· pd cibi>. e ,im_ihOOM poir1:bbpe,uttvttoch1;:mano1cho,m1 rande> e~~ allad,~truJ,o,J-.d.,l'u~go:t h,> IUTl■IO, 11 58'r9o. . hmiti dd du•- dtfl ... Ji am,1rcr.dl'uurn<l>JJ, •4 • foudalutommarntntncell'am.,r proP'"'• 17J • 1UOpptn.. d, ailrUÌOl'lt, Il&.• ,....11..1,gr,111imorpeWu~r1U .,..,aeon.11&0i.• nei lfHpot"li di a. •• ..eme un nun .o thc d1 mcr'IO di c,O cheri •~ra,111, 6.o. ncll'a,lapa.h•~ uee Ja \Ìta t \'ui,.;n4d:tU-anime.a. .1,mdpoii:,v1>·cahemai,11dto1dereio la •P,::r,1nu ton... altthl p,i:,u1e e uns,l,ih,68J-.4• 11 duidenoe la ,pc. r,1nzJ.ael 1nu amante 6 piùroolu•a, uca ccc.,d,e quellad, dli 6 •nim•to da quillUn',jaUl tr!a P.,hlON', ~ • l'ml,ni10iu, .ep.,r..ibd&alt HrO amo,·~. la di qucsupa,,ionela _g,111e de' macg,urpii..1cedreill'uo<DO, W,4 • 1 m1jllQl"i l"Mffleld1ttlil'•. tono q~\li d, u,,aqui.eta e dol'-"m' alinron11at,,,o,.1, - n.11..". la 11"'dnlla••ra,da l p,a. cere ~ Il dolure, 161. • ,p,::uo.,,_ d,11lcaompamon1c>, 0.• iChihltQoie1ti perle 1,n<>c:thdeeutch 1.1<;,1mm pro,o- <.:MdlaH'a, blMj- • oi,:n"l"'ITI6O ttm• vrcpiùo meno og.-:euaori,.clercin tUttt lt J1r•N1ga>1/11111m1t,i,..ni ddl'a.,Hr,J• thi più •• amamenopuO am.1rc1, 1u. • comel'a, tendeai tn11tnri1.191l,l!)S,ll-tS-4•. l'I, n,. 1uu\menltetnde ■ll'ui;:uale. ,na tendepure •i cvnlrari1p,u ut11di~poal. lionedo.li•n:.i1u,daw:c-'mtl•n••tno lo •1r-dinario, u;o . il de1,dcr,o drll'a. ♦ il p,i:, p,<,no..o, m1•i11n.: ne(h mopcru,Il i Si qua.n1v'0inl\ui.cca l'imm,ginauone, l'op;.,- me, J;1 pre• ,c,,,ion,e, Il ;5•-ò• • inton\Oalla mo,-. leo al dep('rimend•ioper<ioanna,all, J86.• la per_,. ,1ma11d1u,polnof"la, ~1usl<1ne.·11i•mrn.1,marion)S,r6, ,• btre ptr hbcraoidell'amore.cchcr- ,,.,a opmiundci \'ohaueron1rade11a dalLt<Opardi, J95- • di11piadci-.c. pc. re 111. prr..na ama1auaccaia• qual, thc altra pc,......,pa.-rfena (l>t La,n, l>ert)-,tNJ lal<ilàdel dclto; 1"w. run al11,.., u lr "" /<11l1d1f Al,x,,, u,o.• dellet,re •'""-ride, donneam,n. li, ~ndo la I><:Lam~r1-. t8;-.i• I,· d,,nfl(' su....:. ard.cnlihimri,1, ali de' l ,ruilmanli9,15;Il 916.• dc-ilagio- ,.u,,rNiucaiam11,.,,,utcr<>rec<ck.,'ll\utit>tiodc-ll'amocrcheoperaind;. rtu.,menlt,44 • d,W,nnamoradu, una •lranlera.Il 1117-4• . odi.1ff e di.prtu.,rele d..nne ~ l'uniron,urc> Pfl f•r quaktie CO•■ n.-11• gala,n1cria, 136.9• l'attrarior,,rreciprocIara liGmo(' donnat,p,::ticntll',11g,..,,.,ik, non6 facohlitmaia,ma ••·-11.isill d<,n,cal r.;,prireI• l)loldi1nàa,tuole al gtnc"ruemanoI.l )~ •e:i:• com• l'11o,m1ionpprtt.-nti I.a d<>nnaAma• t•, 11 )i(). u.ra11tdcll'a.hbidi~ M> t dcl1'A<tnlin,enla•ltil pr,m,o f<>n,idtn pii k-allrtformecheqll('\• 1.,dtl ,·ico;il 11erondu •i rifuis« a11■ 1... 11uu drl \Ì'l(I, IIIJJ· • dtgli amori ,:,,nerno•tun nelmondgortco,1171-1. 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