( ILSORCNIOELVIOLINO) W§ffi~IB:mffi i'I: NA VOLTA un gran mangiatore lY' $COmmisc che avrebbe mangiato da solo un vitello intero. dalla coda alla cervice. La scommessa fu accettata dai suoi amici i quali, per non procurargli un'indigestione mort:i.lc, gli fecero preparare il vitello in cento piattini cucinati in modo vario: ~tto crema, a fette e crostini, triturato e pepato, insomma con tutti gli accorgimenti pili delicati e propri a stuzzicare e tener desto l'appetito. 11nostro Gargantua divorò tutto fino .111J'ltnna portata, sempre credendo trattar ..i. di antipasti. Poi lisciandosi la pancia e riaccomodandoo;i il tova~liolo intorno al collo, esclamò soddisfatto: e Sono pronto. Adesso portatemi il mio vitello>. Allo stesso modo, disos~ato, frazionato e opportunamente condito o:;ccondo la culinaria teatrale parigina di quara.nt'anm fa, il Jf'ertlicr di Masscnct (i manda gilt tutto senza difficoltà, dirci quasi senza accorgc~cne, tanto è tenue, M>fficce commestibile quest'oper;\ che passa servita su piatti d'argento, come un vol-au-vent di pa5ta sfoglia., seguito da bocconcini in salsa suprème, da terrine di rigaglie appena sformate, da rosei, stagionati e acuti formag:(?;ìni,innaffiati da vini sottili, pl'r chiudersi, dopo un bicchierino di autentico Vieille Cure. con una tazza di moca. Mas.senct era per l'appunto un'insuperabile compositore di menus, trattava il teatro coi guanti, maestro del genere leggero, )i<;ciava, leccava la propria musica come il gatto lecca il ..u.o pelo. E che .!.ignore: sempre compito, arzillo, complimentoso e galante: molto galante i:on le signorine du Conscrvatoire. Si lasciava coccolare, an• dava in <;olluchcro, ~irando gli occhi svaniti e lacrimosi. ln.'lomma1 era il fantasma del cava• licre francesc dell'Ottocento. Ma.(senet scriveva, su per giù, tre opere all'anno. Ma di lettere e di bigliettini ne scriveva migliaia al mc<se. Una vera rn:i.nia. Nc(suno appas'lio• n:i.to come lui nel ringraziare i collaboratori e interpreti, che e,eguisscro un ~uo lavoro. Dai direttori d'orchestra fino ai suonatori di grancassa, tutti in Italia pos,cggono autografi di Mas• .. net. fn lui la gratitudine arrivava ;.!- l'euforia. Tutti avevano diritto alla sua riconoscenza. Da molti anni è morto, quc(to mu- ,iri,ta g~\rb:uo e profumato, e di opere non ne '5<:riveràpiù, ma in quanto .l letterine e bigJirtti adulatori ho i mie-i dubbi che non ne 'ìcriva più. Non 'larei p1111tomrravigliato ~e (Cntis(i dire che.. ma ,ì, se venissi a sapere per C!'>Cmpioche ieri, oe;e-i o do• mani Schipa, Scrafin, la Ta,;sinari e ~anacchini han ricevuto una sua lettera aaurra 1 o un messag~io, dal Purgatorio. Schipa, Pia Tassinari e il baritono )..fanacchini furono infatti gli interpreti dell'opera H'crther, andata in '-Cena l'altro ieri al Teatro Reale.-. Dirigeva Tullio Scrafin. E andò tutto bcni(simo. Il primo (Ccnario, coi suoi colori caldi e 'imorzati da arazzo, dava il tono ~iu(tO dcll'c,tatc tcdc'ica, e della vecchia Germania di Goethe. La facile musica di .\.1,l~"enct, che 10n è che un divertimento diluito alla ·,upcrficie, faceva pia<.:cre a sentirla. Ha ancora della frc~hez7..a, una fre- ~hczza umida da toilette ingombra di piccoli a"ciugamani, di ,ali e di flaconi. E tutta l'opera in quattro quadri è così iic'r·c, che a po,arla !'iulla neve non la~cen:bhc alcuna traccia o impronta. Xrll'ultimo atto torri:!!l ~li antichi moti\"i d'amore, con"crv,tti rotW la naftalina. f:. Natale. E l'orchestra, tutta l'orche,;;tra, 001. ;. più eh<': una cri ..alidc ,onora. La recita fortunati-.,irna finì oltre la ml•n.anotte. A dir la \'C"rità ci a(petta\"arno che il pubblico, dopo e,scJ"f.i alzato p<'r appl::iudirc ~li arti'iti, !'.i rimette'-\<' a :-.l'dcrc '\e ~ vrro che l'apprtito viene mangiando;, e• grida(~• conw il nthtro (;argantua: « Ade<-,o,i..uno pro11ti, potNc iicomincian• ,. BRUNO DARILLI <{j.i;) ROPRIO di fronte alla mia ca.sa ~ c'è, da molto tempo, un negozio di ~ 1 pompe funebri~ la mattina, quando apro le finestre, ne scorgo il padrone in maniche di c2.mieia che spana la soglia marmorea. t un bel negozio grande e pro• fondo, anche se molto buio e poco acco. glicntc. Sulla facciata, ha due vetrine di mogano scuro: nella prima è mostrato un grande quadro rappresentante un bel funcr3.IC; nell'altra sta deposta una corona di ferro battuto, vemici:ua di bianco sui crisantemi e di verde pallido sulle foglie d'edera. Poi, cì sono vari tondini cd ovali di porcellana con le fotografie dei morti che furono, se così si può dire, clienti del negozio. Un vecchio con il naso a becco, un generale in grande uniforme di cin. quant'anni fa, un giovanotto con molti ca. pelli in tesca e la cravatta a farfalla. Gente che non fa molta pena. Il funerale fotografato, invece, t di gran clauc. Davanti a tutti si vede l'attuale pa• drone dell'impresa, con i baffi neri ed il vestito da < 1monia. Seguono due giova• notti atticci.HI in divisa da valletto; portano le calze nere sulle gambe creoline e la feluca coi nappini pendenti dritta sulla testa. Sono in funzione di palafrenieri alla prima coppia di cavalli del ".arro: qucui sporgono le gambe magre dalle gualdrappe pesanti come cohri. Il carro è molto ornato d'oro; con tre angioli tristi ad ogni angolo, che SO!ltengono faci con le fiamme di vetro rosa, palme d'argento e un cordone di seta nera, a festone fra le quattro colonne ritorte cd ornate di foglioline. Anche il cocchiere è molto maestoso, fra gli alti CU• scini ricamati e con la lunghisi1ima frusta in mano. Dietro al carro, abilmente sfuocati come attraverso un velo di lacrime, si vedono i parenti. Non credo che siano pa• rcnti veri, ma gente pre:uolata per l'occasione, ché .sarebbe stato piuttosto buffo rcrmaui nel bel mezzo del funerale, per farsi fotogrararc. L'interno del nrgo7i0 è troppo trine per parlarne a lungo. Jo, però, ogni tanto, ci pa.sso q~alchc ?~~ ~ discor~e~c con il pa• drone. LO conoo01 uue mcu '-'• 11v11 uli ne trovo male, Certo, il luogo non è molto allegro, anche perché Antonio L., cosl si chiama il mio ospite, non fa niente per' disp<"1dl·rc:, almeno per quanto è pouibile, l'aria 1ragica drl suo negozio. ~fa veramente, for,c, anche ~e avcs,c voloncà di farlo non lo potrebbe, pn non dispiacere a chi a lui 11iri,·olgf". Un gran banco di legno nero, che non ~o a che pos,a servire, sta proprio nel meao della prima stanza; il suo rnorme piano non so1tirne che- un portalampada ni. chelato, con la tendina verde. Una parete, coputa di una runtrca carta rouo ungue, è occupata da una rassa da morto molto lun~a, poggiata in tena su due bassi cavaiROMA. VIA DEL BABUIN01 "FOTOORAflE DI EMOZIONE 11 letti, con le maniglie d'argento e molte scannellature e intagli sui fianchi. Sembra un divano, e io mi siedo proprio Il, nelle mie visite. Dietro al bancone nero, poi, il padrone ha costruito una specie di cata• falco dimostrativo, con coltre d'oro e di velluto, teschi agli angoli e candelabri. t stata una brutta idea del signor Antonio, quella costruzione; ma lui ne è orgoglioso e io non mi attento di consigliarlo a disfarla. Dietro a quena prima sala, cc n't un'altra, ancora più tetra per molta gente; ma per mc abbastanza gradevole. t il deposito di circa cinquanta casst: di legno grezzo o già lucidato, costruite in molte dimc0sioni e con i relativi coperchi. Non mi ra una brutta impressione .i in fondo, ha ~emplicementc l'aspetto di un qualunque magazzino di legname ugliato di fresco e ancora odoroso. Il padrone, nelle ore che passo con lui, mi fa dei lunghi racconti. Dice tutto con voce baua, un po' na5ale e monotona, re• stando rcrmo sulla seggiola e: savonarola > come se un invisibile barbiere gli girasse intorno con il rasoio affilato. Del reuo, è uno stranissimo uomo. Non si muove mai dal negozio, poiché manda in giro un suo antipatico commcuo, giovane e grasJO; nei momt"nti d'ozio, lcg~iucchia i cataloghi delle ditte di Roricoltura, di cui ha pieno un cassetto. lln giorno mi (ccc vedere un car• tel10 da lui composto ritagliando paziente• mt"nte le lettere maiuscole da vari giornali, dove si Faceva la ridarne di un'inven• :;,:ione in tutto marmo: il loculo floreale, che ,frulla con grande abilità lo spazio per. mcoo dal governatorato alle tombe dei po. veri. Da trenta anni è in queuo ucsso ramo d'affari, ma non deve essere molto arric• chito: il suo sogno sarebbe viaggiare per vedere le cento città d'Italia, ma dice che non può rraliuarlo pn mancanza di fondi. Allora, la domenic:1, va a fare una paucggiacina. Si spinge fino al Campo Verano per vrderc le novità e le ultime creazioni dei suoi colleghi. Alla luce del sole, non ha per nulla l':1spetto che si suole dare all'imp1c~ario di pompe runcbri. In casa vive poco. Ha il suo appartamcnlo ,opra al ne~ozio, proprio allo stesso mio piano. La strada è stretta, e co~l mi càpita spesso di guardare nella sua intimità, dalle finestre che di solito lascia 1palancatc•. Vedo uno •caffale pieno delle guide rosse del Touring Club e il quadro, in cornice dorata, di un uomo con la pipa in bocca. Lui, ve~tito di un.a giacca di velluto verdt', fa girare qualchl disco sul grammofono I [a dei dischi curiosissimi: tutte canio• nette allegre, vecchie di parecchi anni e celebri, gl'inni pa1riottici di vari paesi e molte marce militari. Le nott' c~ono dalle finestre e arrivano fino a me e fino ai clienti della trauoria, che altano il viga dalit pie• tanze. Una sera, poi, sono andato a trn• vario in casa; ma, dt"bbo dirlo, con poca soddisfazione. Era particolarmente tetro e mi seppe raccontare soltanto episodi racc;,• priccianti di cavalli fuggiti pazzamente trascinandosi dietro il carro ! unebrc, di gente caduta nelle tombe aperte, di cadaveri che non erano cadaveri e che si risvegliarono nella cassa. Della sua vita, lui stesso mi seppe dir poco . .t passata molto tranquil• lamente fra casa e bottega. Da giovane amava le carte e il bigliardo: ora si è rav• veduto, anche perché, data la sua posizione, non è facile trovare dei cordiali compagni di gioco. Il suo unico amico, uno scultore di angelì funerari dalle grandi ali aperte e di altri simboli in alabastro, è morto poco tempo fa, lasciandolo completamcnt~ solo. Ora egli conduce una vita triste e into• nata alla sua professione, con mc come unico amico. Infatti, palafrenieri e becchi• ni sono gente volgare, a quanto egli dice, con cui non si può trattare in amiciz.ia. Prendono tutto in ischcrzo, bestemmiano e non portano aJ •ore a quello che fanno. Poi, bei funerali, da quando t cominciato l'uso degli autofurgoni, orribili, se ne fanno pochi. Reua, sono la prdercnza di Anto· nio L., il caso di qualche morto in un collegio o in una scuola, con bandiere, stendardi e associazioni di carità al seguito. Del resto, ai fonerali il padrone ci ~nsa poco, almeno quando è in casa. Fa il di. segno di qualche aiuola fiorita, piuttosto, o si erudisce in topografia -sulle guide rilegate in rosw. Il suo unico divertimento, come ho ~i:\ de:to, sono i dischi guerrieri La notte mi mt'H0 sempre a studiare o a leggere, con tristena, mentre il grammofono dell'impresario suona Sttllt e strisce. M.C. CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla na.rn.stone di un f&ttoQ.u&lllut, realmente accaduto a ebl sortve, La narru1ono non deve aupenre le tre oolon.ne del gtornale, e deve enere tnvtata acrltta a. macchina, da una sola. pa.rt.edel fogllo. Ogni nurulone pubbllca.t.a., secondo l'ordine di arrivo e d'aeeet.t.aztone, verrà. compensata con L1re ~00 (CID• Q.Ueeent.o)-. I datt1lo1crltt.l non accet,. tat.l non al rest.lt.uileono. - Per la. valldlt.i. della 1pedlJ:lone, servirsi del ta• gllando nampa.to Q.ut1ott.o. tneollato sulla. butta. I I D A T A O L I A R 8 I ! CONCORSO PERMAIIBITE Alla Direzione di ~ M N I B u s PIAZZA DELLA PIL0TTA N. 3 I ROMA ~~&:>a DEL VANTAGGIO IL VIALE dtll, Bellt Arti, a Valle Civ• lia, i il cimitero d.tl'archi1e1tura. Padiglioni che ci rammtntano fesposiiione uni. uusal, di Torino del 1911 avranno prtsto a fUJnco altri campioni archittttonici d'una diversa retorica, eppure conupiti dagli ar• chiletti con la mtduima supubio. Il floreol, cht piaceva tonto 11i contemporanei di Ettort Tito, e il rat.ional1 cht commuovt ed esalta i conttmporanti, sono destinati o inconlrat'si semprt, come un'a,-tt cht servt 11i mtdesimi fini. I.A mostrt, le ult• broiioni, i templi, tulto ciò insomma che pu dtfiniiione vuole esstrt e artistico t vandioso >, hanno nellt architetture di qut• st'ultimo trtnttnnio i.no sfogo cht giunit spesso al ridicolo e olla fO/Jaggint. Nei padiglioni t nei vari musti che si trovano a Vollt Giulio, i chiara l'inten• iione del magnifico e dtl dtcoroso, Chi giunge a cospetto d'uno di qutgli tdifici deve autre sùbito l'impreSJÌOnt: di trovarsi in luogo caro alle J.lust, La modernità , tutta in cuti voli di colonne e di copittlli, oppi.re, quando dal florealt si paSJa 111ra• ;:ionale, nella crudt~(a delle lintt cht fa lt facciate simi{i II pareti di penirtn(ia,i. Neoclassicismo, neorinoscimtnto, nroroma. nico, tiltto diventa frivolo e lieut, com, uno ue,aario d'optretta in un teatrino dove gli auo,i sono bambini t bambine btn compiti. Se fino a itri, con i suoi ue"hi tdifìci 11.mbutini, il Vialt delle Btlle Arti poteva tuerc almeno :,ittortsco, ricvocondo discre. tamente un vtcchio tempo bonario e civtl• tuolo ormai definito , tranquillo nella no• stra mtmoria, ora con lt nuovt agtiunte di padiglioni divtnta 1m campionario di archi. tetturt uadtnti. Luogo adattissimo allt pas• stggiate dti /ortslieri, fa apparirt Roma CO• mt una città acconciata in modo da pot,r strappart l'ammira(ione di coloro che chia. mano arlt otni cosa pomposa, gonfia e rie• ca di marmi e ori. /.'arte dir.ienta a po,- tat(I d'ognuno, e vengono in menlt i palaui dtlle piccole capitali sudamtricane, dovt in un tdificio postale si possono uedtre assommati il Pantheon, il Campidoglio e magari l'Altare della Patria. I padiglioncini di Valle Gii.lia finché erano pochi t ingialfiti dal ttmpo non stonavano, e parevano lt decoraiioni d'un vuchio giardino: ora invtce la valltlta si va avvinndo a diventart il ritrovo artistico degli Istituti di Cultura. lnfint, ptrchl dtdicart ti.tla ,ma strada agli IJtiluti d'Arte stroniui' Non si pilò dire che sia per la btlleun dti luoihi, ché Roma ho molle altrt località adattissime allt sedi degli Istituti di Cuhura Ci sono and 1110/ti,,cechi palat.::i che potrtbbtro ts• ltr• ripuliti t adattati; e :,:n paese st,ariuo pu la sua ,apprtsrntania artislica do. t-rtbbt prtftrirli sen(.'altro. Un vecchio pa• la«o romano vale più d'"n padigliont da /itra. Non si comprtndt perché la dllà dtbbo tssere divisa in tante st;:ìoni professionali. Guni a init.iore la serit delle stradt s/ucialiu:11te. La ciltà diut,iluebbt mono• t~na: l'architettura infine si immistrirebbt, visto che non c'' uitnlt di più mistrtvolt dtll, case dtll'ingeg11tre, dello sportivo, del militMt, dtl /erroviue, tCC- MASSIMINO ( PALCHETRTOIMA)NI il ~~IB[Q:)il CASTIGLIONI I N SEGUITO alla nostra nota dc:1'J9 gen. I naìo sul teatro dialettale,. u?a sig_nora ci mandò a dire che no: siamo msoknti come Napoleone, ma che, per essere insolenti come Napoleone, bisogna essere Napoleone: la logica del quale ragiona• mento non consente discussioni. In seguito ad altra nostra nota, non ricordiamo più quale, un'altra signora ci Fece dire che, per p:arlarc come parliamo noi, dovttmmo euere Dante Alighieri. Aspettia• mo che una terza signora (c'tst por les femmes qu'on arrivt') ci dimostri la neces• • si1à per noi di diventare Alessandro Ma• gno, dopo di che ci convinceremo che.' ~r fare la cronAca settimanale dei teatri, b1• sqgna avere conquistata l'Europa e conseguentemente averla riperduta, bisogna avere scritto la Divina Commtdia, avere aperto la via delle Indie all'ellenismo, e magari invcncato la stampa, b. polvere da 1paro e le manine d'a\'orio per gratta.rii la .schiena. Dante, Napoleone, Alessandro, nonché fi. gure storiche, sono soprattuuo dei tabù, ouia pilastri di cui non si esamina più la qualità, ma si considera soltanto la c1rcon: fcrcnz.a e il peso, e all'ombra dei qual~ gli uomini sforniti di criterio, le persone d1 debole raziocinio e le signore arflittc dal e mal l> Ila ii nna • si mettono cranquil• lamentc a riposare. e Che cosa è un bigotto? :, domandava La Bruyère... e t un credente che, SOito un re ateo, t disposto a non credere in Dio>. Non abbiamo ragione di modificare il nostro giudi:r.io sui dialctti 1 che consideriamo una malattia della lingua, e la loro soprav• vivenza i poscumi della malattia stessa (CO· mc altrimenti definire una lingua che dice -r potressimo > per e potremmo >, e fradei > per e fratelli >, sonituisce dt'ntali, palatali e labiali con tutte < gengivali >, come fa il dialetto veneto; e sta nei confronti della lingua come la Kimmia in quelli dell'uomo?), cd è questa nostra coercnz.a app:.mto che ci autorizza a esprimere con tanto maggiore libertà e francheu.a la soddisfazione che ci ha procurato uno spettacolo dialettale, e precisamente / /radei Castigliani di Colantuoni, ottima~nte rapprc• sentati dalla Compagnia del Teatro di Ve• nez.ia. Se le nostre informazioni sono esat• te, la versione originale di questa comme• dia {cui del resto è toccato anche l'onore della traduzione, e in Gcnnania è sta.ta salutata da clamoroso successo) non è in dialetto, ma in italiano. Dobbiamo aggiun• gere però che la lradu:i:ìone in dialetto, questo\ volt~ rispondeva a necessiti ineh.:t· tabili. Si tratta di perM>naggi e: diminuiti >, di ambiente c. diminuito >, di costumi c. di• minuiti >; e nulla si conviene meglio a una vita diminuita, di una lingua dimi• nuita, cioè a dire un dialetto. A prima impressione sembra di entrare nel cortile di un manicomio o di una pri• gione, nell'ora della J)aucggiata. Non per nulla abbiamo rievocato due ambienti nei q,.,ali si fa uso di gergo (il parlare dei mani è più propriamente un linguaggio metafisico, ma lo abbiamo po• sto tra i gerghi per il suo carattere pro• ression. , e per la sua appartenenza J una categoria chiusa). Poi, traversata ques1a penosa impressione, e quella altrettanto penosa che si tratta di gente collettivamente colpita da grave e inguaribile balbuzie o blesità o alalla, si raggiunge il s.'\pore della commedia che è infortito di spezie, il suo ingranaggio drammatico che è congegnato con l'artifizio di un orologiaio svi:uero, e quel che di pano soprattutto, di macabramente rarsesco sol• leva le vicende dti /radei Castiglioni a un grasso e lento volo di pipistrello. Aggiungeremo che la fatica dell'imprcs• sione traversatn., lo sforzo dell'antipatia vinta accrescono il pregio del raggiunto go• dimento; gli dànno quel che di prezioso ha per i ritardatari il suono dell'orchestra attraverso il vetro delle porte chiuse, il bacio della donna amata attraverso quella racchetta disinrcttantc che per akun tempo usò in Inghilterra, negli ambienti ,Jegli igknisti e delle suffragette, Il primo atto riprende la vicenda del Milione di René Clair, ma presto 13. strada biforca, e dalla ballata c. bianca > si p:,.s$a alla ballata e: nera>. Se / /radei Castigliani fossero nonché un abile canovaccio scenico, sul quale è ~lato imliastìto un dialogo oqequiente al buon senso del pubblico delle popolari, ma un"oprra fornita di organismo lcturario, non esiteremmo a stabilire precisi e lusinghieri raffronti con Hoffmann, coi Frattlli Karamàto/, con lo stesso Aml,:o. Ma que· ste appronimazioni, giustificate da talune scene, come l'arrh·o della lettera del dc· funto nd primo atto; il ritorno di Fulvio Castigliani dal cimitero, sotto lo scatenani del temporale, nel ~econdo; la tclefon:Ha del cadavere nel terzo, e soprattutto ri:i.lla continua, tronfia, ossessionante presrnza del morto: queste approuimaUoni, per man. canz.1 dei:a neccs,aria e tanto deprt'cat.,1. c. letteratura >, rimangono fragili, trasparenti, vacue come carcai1.,a di cicala in autunno. Peccato! Per le steuc ragioni, il finale, ossia l'nr• rivo dell'erede in fasce, retto dalla balia e annunciato dai suoni cri.stallini di una boitt à musiqut, potrebbe essere una sce• na di un supremo <' metafisico candore; e invece non è se non la fine di una commt"• dia dialctt::l\t'. ALDERTO SAVINIO LEO LONGANESI - Direttore re,ponsa.bile. Rl7.ZOI.I & C.• ""· pt'f l'Arlt d,-111Sumpa \lil•M Rll'RODLZIO'\I ESE(,UJTE CO~ ~IAlf.Rl.\l.li tzOTQl;R.\FJCO • I t:RR.\'.\'.IA •·
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