Omnibus - anno II - n.11 - 12 marzo 1938

fCONTlNUAZ. DAI NUMERI PRECEDENTI) t A TERZA volta che mi trovai di fronte al toro, ero così disperato che quando arrivò il momento di ucciderlo mi buttai addirit• tura sulle sue corna, pensando che ~e io non lo uccidevo almeno lui mi avrebbe ucciso. Ma questo non J.Ccaddc. Ancora una volta balzai in aria e ricaddi davanti all'animale. L'esperienza mi aveva già insegnato che •e rimanevo immobile non mi avrebbe attaccato, cd era così bello riposarsi, finalmente, col toro chino sopra come un angelo custode. Ma l'accanito Caldcr6n non mancò di sopraggiungere, questa volta irritato con mc. e: Cosa credi di fare lì? > mi chiese. « Animo, àlzati ! >. Scmbravo1 mi ha poi detto uno spettatore, un pupazzo meccanico che Caldcr6n continuava a rimettere in piedi. dandogli la ,corda per spingerlo di nuovo contro il toro, Il toro mi aveva respinto per la ventesima volta, quando udii il suono del tcrw avvi,o. Preso bruscamente <la un'incontrollabile rabbia e disperazione, ~cnza spada né muleta, che non m'erano servite a niente, mi buttai in ginocchio davanti al toro e lo sfidai come un pazzo. «Uccidimi!> urlavo. «Uccidimi, maledetto! >. Strisciai sempre ginocchioni verso l'animale, finch~ fui qua.si sotto di lui. Lo ::!fferrai per le corna, gli sputai addo,;so, lo colpii sul muso con i pugni, mentre continuavo a singhiozzare delirante: « Uccidimi, dunque! Uccidimi, dannato! Uccidimi~ >. Calder6n e il mo{o de espadas tcnt.trono di portarmi via. Il moio mi tirava per un braccio e Calder6n mi afferrò per la collottola mentre ero ancora in- ~inocchiato fra le corna del toro. Il mio fallimento a Siviglia fu la rovina di tutte le mie illusioni. Tutti mi ,i misero contro~ protettori, amici, perfino la mi.t famigli.t. Avevo perduto ogni credito; al mondo non mi r:mancva nulla, oltre l'amore. Rinunziai a.i miei sogni cli torero e mi misi al lavoro. Si stavano facendo certi lavori per ;1bba~sarcil letto del fiume. Trovai con molta fatica un impiego umilis!iimo: azionavo una pompa che mandava giù l'aria a un palombaro, in fondo al fiume. Avevo pochi compagni e nessun amico; del testo, ero diventato di umore lolitario. Mi detti ciecamente al mio lavoro; non pensavo che a esigere la paga e a portarla alla mia. matrigna per alleviare la miseria della famiglia, Ero vestito di stracci, non fumavo né bevevo. l'unica mia distrazione e felicità era l'amore della donna 1 che mi rimase accanto malgrado la mia gloria svanita. In quell'inverno misurai fino in fondo la mia forza di volontà. Arrivò la primavera e con essa si ri- ,vegliò l'antica smania del toreare. I pascoli erano vicini al fiume e molte )ere dopo il lavoro mc ne andavo in campagna a ·rifarmi l.l mano. Affrontavo un toro con la mia camicia da opc.caio, e quando mc lo scnti\'o pas- ~re cmì vicino che le corn.1 mi graffiavano la pelle: e Non ho paura >, pen- 'i3\'0. « I tori non mi spaventano. Perché non posso diventar torero?>. Solo la fede che Caldcr6n aveva in mc rimac;e intatta. Un giorno mi fece una proposta che mi Ja,.ciò a bocca aperta : e Ti piacerebbe andare a toreare a Valencia? >. Il suo amico impresario gli aveva 'iCritto chiedendo di mc. Non so come radunai un po' di soldi <: ,;:aJiisul treno. Tutto il mio bagaglio era chiuso tra i quattro angoli di un fazzoletto. Giumi a Valencia pieno di speran.Ge è senza un soldo. :Ma era primavera: gli aranci erano in fiore; mi sentivo innamor<1to e pronto a giocare allegramente la mia vita. Andai al Circolo 8ombita a cercar don Vicente Calvo, l'imprcs.1rio che mi aveva chiesto a Caldcr6n. E le mie speranze crollarono come una ca.')a di carte : ero arrivato troppo tardi. Calvo mi aveva chiam.ito per ~osti• tuirc un nouitluo, certo El .\ft'JtllO, in una corrida organizzat.1 a Ca.,tc116n; ma dopo ,1ver scritto a Calder6n dubitando che arriva~i in tempo, ,i era unpegnato con Torcrito dc Valrn!'ia. Non sapendo che cosa farsene di mc, Calvo sug,:?crìche lo accompagna.,!>Ìin qu~lità di riserva, e facemmo il viag~io m~1cme. Li corrida ebbe luogo e Torcrito dc Valcncia, mc--so fuori combattimento dill p1imo toro, la,;ciò \Oli nell'.irena Vaqucrito e mc. Da quell'istante mi ,forzai di convincrrc \'aqucrito che un toro almeno dovr\·o uccidrilo io. Sullc prime dis~c di 'ìÌ, ma poi trovò t.mte ,cu,;e che capii che non avcv;.1 intcn- .,ione di mamcncrc la pnrol.1. Quando mci fuori l'ultimo 11oi·illo del pomeriggio gli coJ'.i dietro ,\ppcn,1 (•ntrò ncl1'.:ircna, spi<.·gai!a rapa e lo i,wit.ti \'arie volte con tutto l'entu,;i,rnno e il cora~gio di C'ui ero c.ipacc. In ~,·~uito. nelle qu1te1, la\'or,1i C'OSvÌ itino. al tor~ che il pubblico hab::ato in pu.·di 1111 .tccl.unò. Gli ')pctt,llori di quella corrid~t dissero poi che sudavano freddo seguendo il toreare di quel e ragaz.zetto meschino e cencioso>. Davo loro l'imprc')• sione, pare, di essere ubriaco o pazzo; in breve mi presero per un esaltato che arrischiava la vita senza saper quel che faceva. Arrivato il momento di ammazzare il toro chiesi a Vaquerito la spada e la muleta. Sulle prime si oppose, ma poi mi accompagnò di malagrazia a chiedere al presidente il pcrmcs~. Intanto il pubblico partecipava gridando alla disputa. I sanguinari volevano che uccidessi il toro; i più benigni, volendo salvarmi dalle conseguenze della mia sventatezza, cercavano di zittire gli altri. Non ero che un al!J. i.tazionc e prcnde,c il primo treno per Siviglia. Con quel che hai lì», e in• dicò i tori, « non puoi sperar che una comata nella pancia, se ti contenti >. Lasciai l'arena senza più i.pcranza. Rincasando alla pensione m'imbattei in un conoscente; ispirato, costui mi consigliò di rìvolgenni a una sartoria teatrale. In quell'ambiente, mi disse, si dev'essere poco informati di corride: l'eco della mia pessima reputazione non doveva esservi giunta e forse si ignorava anche quali terribili bei.tic mi aspettavano in campo. Fu così infatti che trovai un costume : un costume da. donna, di seta leggera, decorato con assurdi ricami. Lo portai a casa e lo provai. Non m'ero sbagliato: se le mie I </ ' 1' ;'(;:- ~•er..tmodo di :i,llvarmi con I.i pelle intatta dopo il colpo. Non cc n'era. Chiusi gli occhi e mi avventai con la spada: mi sembrò di sentir la lama affondar:»i nella carne della bc!>tia,ma simult,meamcnte mi arrivò nella pancia una cornata che mi lanciò in aria. Rinvenuto, mi trovai i.teso in terra, con la spada ancora stretta in pugno. Mi rialzai pensando che non rnrci mai riuscito a uccidere il toro, convinto che avrej fatto la stessa magra figura che a Siviglia. Avevo rac• colto la muleta, deciso a continuare l'ineguale battaglia, pur sapendo chi.: non avrei vinto, quando a un tratto vidi il toro immenso barcollare, poi cadere come una nave che affonda ... UNA OARATTERISTIOA ul'IOORA" DI JUAN BELKONTE povero suicida, obiettavano, desideroso di pubblicità. Questa era l'impressione che il mio modo di toreare aveva prodotto sul pubblico. Il presidente si associò ai più benevoli e rifiutò di :i.bbandonarmi il toro. Riconducendomi a Valenza, Vicentc Calvo promise di adopcrJ.re la sua influenza per tentare di procurarmi un nuovo contratto. Ma ad onta delle sue raccomandazioni le settimane passa.vano e nessuno mi offriva lavoro. Ogni giorno anda'"o disperatamente elemosinando una scritturn. finché, sbalordito, non udii offrirmi l'occasione di toreare a Valenza. Ma a quali patti! I sci tori dispo• nibili erano così grandi, co,;:ì brutti e con corna così bizzarramente sviluppate che nessuno voleva affrontarli. Ma io ero così ansioso di combattere .1d ogni costo, che per ottanta peutas mi impegnai a uccidere due di quei mastodonti. Mi precipitai in cerca di qualcuno che mi affittasse un costume, ma mi trovai di fronte a un altro ostacolo. La riputazione che avevo ormai di suicida ostinato, imiemc con l'aspetto terribile dei tori, ~ià in mostra nei recinti, facevano sì che nessun ,;arto o noleggiatore di costumi volesse correre il rischio di coprire il mio corpo con panni de!itinatì certamente a finire in brandelli. E se ;l m<' l'abito importava poco, qurlli invece tenevano molto alle loro ~etc ricamate. Si giunse al sab;1to prrccdcnte la coirida cd io non ;wevo ancora ri,olto il probkma. Quel pomcri~gio :ero and,1to un'altra volta all'Mena a contemplare cupo quei tcrrihili animali), un vecchio ba,1dc1illero mi si avvicinò. Pratico com'era di ('Orride, il mio ,ta• to d'animo gl'ispirava, è naturale. un benevolo interr%c. Gli raccont.\i i casi mie-i: ero venuto. ~li di,si, a Valenza per trionfare e non riusch·o nemmeno ad affittare un costum<'. ~on a\'cvo un C'0'>tume, non cuadrilla, non denaro Pl'r pagare il conto dcll.-1J)('nsionr. non un amico cui ri\'o\~ermi. niente! Non a\'cvo cht· i tori. e che tori! Il vecchio ba11dailluo mi pre,e ,ottobrarcio romr un padn:. « ,\,colt.1. ra~ano >. mi di~se a(kttuo~o, e ~.ti rhc ti con,·icne -;i Correre !!palle vi stavano strette, in compenso c'era anche troppo posto per le anche. Le cuciture erano così fragili che si aprivano al minimo sforzo, i lu~trini piovevano appena si scuoteva il costume e le nappe del cappello erano spelacchiate e misere. Tuttavia era un costume. Chiesi del filo e un ago e tentai di ripar:i.rlo. Le r:i~ane della pensione, impietosite della mi.t goffaggine, mi aiutarono fino a notte tarda. Alla fine rimasi solo a tirar l'ago al lume di candela. Lavoravo meccanicamente, ,;cacciando il pensiero dei tori e del dc!>tinoche m'attendeva; m.1 alb fine un'invincibile disperazione m'invasc. Il ric<?rdo dei bestioni che dovevo ammazzare, i con.,,igli prudenti del vecchio ba11dcrìllero e la convinzione che negli ,;tracci grottC!iChiche ricucivo insieme con fatica non avrei potuto sembrare che ridicolo, mi convinsero di essermi imbarcato in un'assurda avventura, che ,;:i sarebbe conchiusa solo col mio finale discredito come torero o con una carneficina, conclusione altrettanto definitiva della mia carriera ... Terminai il mio lavoro all'alba, deriso ormai a morire. La mia convinzione- era così sincera che cominciai con grande serietà a mettere in ordine le mie faccende, ·quasi fos,(' cc, to che fra poche ore la mia \'ita ,.1rcbbr finita. Avevo un p.icco di lettere, per mc infinitamente preziose i k riJc.,,i più \'Oltc, mentre il cuorr mi tr;\- boccava di amarezza; poi le bruci.ti ,1cl una ad una alla fiamrn.1 di un,\ candela. St'duto ,;ulla sponda del lcuo di,- si addio mrntalmcnte ad ami(i e parenti, po,.,i il co..,tumr :o.uuna '-<.'dia. ,;pensi la candela e mi irnmer,i nd mio ultimo sonno terreno. con una ,t'ITnit:1 di mente che ,;:orpn.'~c rx·rfino me. Quel pomcriiu~io ~arei morto . era !J. sutrtc. Quel primo toro dO\-eva mi,;:urare un metro <' meno d,1 corno a rorno. Domand.mdomi com'era pos,ibilc urei• dcrlo ,enz.\ c"'('rC infilato. ~li trolta\'o amante· dietro. Ad OJ!ni passo mi ta- ~t.1vo il bolero, per tema rhc non ,i fo,,;r ,cucito. Come diavolo potrvo uccidere quel toro? Qu.rndo arri\·Ò l'occ.,~ionC',e mi fui me"''iOin po,;\. mi g-uard.1i rapido intorno pC'r \'rd<•r ,t· Aveva la testa picgat:i, le gambe divaricate ... indietreggiò alquanto, poi, come colpito dal fulmine, stramazzò. In vita mia non avevo mai udito un'ovazione come quella che si scatenò in quell'istante. Il toro mi giaceva ai piedi, ucciso dall'unico colpo che gli avevo vibrato. Tenevo così stretta la spada (lo capii soltanto allora) che colpito dal toro non ero riuscito ad abbandonarla e l'avevo sfilata saltando in aria. Da qucll'i:it~rnte il mio presti~io di torero fu ristabilito. Il ~econdo toro era grand<.· e malvagio come il primo. Usai contro di lui capa e muleta con grande cntusia~mo, ma mentre gli davo un pase de rodillaj il toro mi colpì con un:i cornata nella gamba. Mi portarono all'infermeria, ma il mio onore era riconquistato, e i valenzi;mi si ruppero quasi le mani per :i.pplau~irmi quando i servi mi porta• rono via. Pas$ai un mese all'ospedale; quando ne uscii ,;coprii ch'ero un giovane torero di una certa fama. In una corrida sostituii Limeno ch'era Hato ferito. ~li impegnai per altre due 110\;i/ladm, una .')('nza picadorrs e l'altra la ,;era; per ognuna ebbi ottanta peutas che mandai ai miei. ~li comportai bene tutte C' due le volte, e i critici mi portarono alle stelle. lJno di loro disse eh(• ero un diamante grcu.o. l,'<•co dei miei succc,;,j di \",1\rm., raRgiun~e Siviglia, e Caldcr6n, che continuava a dire a tutti rhe io ero un fe. nomrno, mi chic·sc·cinquanta copir del giornale {col pt.·Z✓ù dc.·1 « diamantcgreno ») J){'r m(•ltcr\c <::ottoil naso di quelli dl(' non crcdrv;rno in m<.·.C'cia pun· un tipo. chC' \'l'nde\·a patatr al merc.uo di Encarnaci6n. chr dopo .\\'ermi \'i~to t0n·.ire a \'aknza tornò a Siviglia proclamando che C'ro un c:-randc torero. In qll(·~to mo<lo ,i er,\ rn•ata intorno a mc un'atmo,fera molto f.1,·or('\·ole. e a un certo momento Calderbn mi consigliò di anc!arc a torrarr .1 Si\'iglia. Le Confr,,ternitc rcligiosC' di Si\'i~lia ,tav:rno organi:a.mdo e-erte not·illadM pcr racco~lin fondi pc-r le proc<.••..,iondil'lb Scttiman.l S;mt.1; .1\"(•\';rno ,;crittutato due no•i noL·illrroj, ,1cura att1a1iom· pC'r il pubblico, e il trrzo posto era offerto a un qualunque torero gio· \'anc, o'.)curoo anche inetto, _icui a,n_ici ,;'1mpegn,,s..cro a vcuderc il n~agg1or numero di biglietti. l11 tale umile forma divenni parte del programma µn·-.cnt.ltù dalla Confraternita di San Bernardo il ventuno di lugli9 1912. I.a vigili..t della cort ida attra\'er5avo T1 i.1na <·ol torae;c in fuori, dandomi più che pot<'\O l'aria di un famoso torero, accompagnato di.t Caldéron e da altri cinque o sei ammiratori ai:,;:- ~iunti,i a noi. Davanti .tlla mia ca1-a c'era un banco di meloni. Caldéron i fermò ad ammonire il mclonaro • c. Ti con,;iglio >, gli dis,c, e di portare altrove i tuoi meloni, dom..tttina, ..,e 11011 vuoi p<'fderli tutti >. e Puché dovrei po, t,trli altrove">> brontolò l'altro. e Perché domani la folla porterà a ca,a in trionfo il matador», rispose Caldcr6n, « e accecata dall'l"ntu'oia,mo userà i tuoi meloni per tappeto>. Il vt'.nditore mi !!quadrò sprezzante e alzò le !ipallc, indubbiamente convinto che fo:-.,imo impauiti. Il giorno SC· gucntc, come aveva predetto Calder6n, i ..ivigliani che mi portarono a casa in spalla non si la~iarono dietro un solo melone intatto. All'inizio di quella corrida ebbi un momento di asi,oluto <;conforto. Uscito il primo animale, Larita lo toreò elegantemente e corag~io,amente con la capa, fa<.:cndoinfine un quitc che pro- \'OCÒ uno scoppio di applausi. Dopo combattè Posada, meritando,;:i anche lui un'ova7ione; Poi fu il mio turno. Avevo appena spiegata la capa quando il toro si avventò e mc la strappò dalle mani. Larita ri~plcndè di nuovo col SC• condo toro in un quite a!isai stretto; lo M!guì Posada che, in ottima forma, ottenne una grande ovazione. Venne di nuovo il mio tumo, e di nuovo, alla prima carica. il toro mi tolse la capa. Riconquhtatala, tentai un altro passo e per la terza volta il toro mi strappò b capa con le corna. Quel ~rande attore ch'è Larita rag~iunse prima di me l'animale, allungò c,ilmo la mano, picse la capa e mc l.1 te,e con un ge1-tomagnifico. Ero intontito. Mi accorsi che "i burla\'ano di mc e per~i ogni coraggio. Perché mai rn'rro mCS(,(i)n tl'',(a di es..erc un torero? e Ti sei illu!tO>, pen,;avo. « Perché hai avuto fortuna in un p.1io di nouil· lada.s, ti credi invincibile>. Appena uscito il mio toro ,e;li cor,i incontro, ma al terzo pa,so udii l'urlo della folla balzata in piedi. Che ro~a avevo fatto? Dimenticai immediatamente il pubblico. gli altri torni e perfino il toro e cominci.,i a toreare come avevo fatto tante volte ,;o)o nei recinti e nei pascoli, con Li precisione di .chi ra un disegno \U una lavagn:i.. Dicono !'he quel pomcrig-~io i miei passi con la calla e il mio lavoro con la muleta furono una rivelazione nell'arte del toreare. Non ne so niente; non ,;ono un giudice rompctente. Lottai scmplircmcntc come credo che si debba fare, animato ~lo dalla mia fede. Con l'ultimo toro riuscii per la prima volta in vit:'\ mia ~1dabbandonarmi anima e corpo alla gioia di toreare senza nessun pensiero del pubblico. Quando combattevo i tori solo, in campagna. u,;:avo di,corrcrc con loro; anche quel ~iorno tenni una lunga convert-a:1ionc col toro, m('ntre la mia muleta tracciava gli arabeschi della farna. Quando non ~ppi più che cosa fan· col toro, m'inginO\·chiai (' toccandogli qua~ì il muso col viso: e Su, torito »1 gli smsurrai, e prendimi! >. },,fj rialz,li. gli spiegai la muleta sotto il mu'-O e continuai il mio monologo. incorag~iandolo ad a\"ventarsi: e Qua, torito, da quc,ta parte. Caricami bcnc. Non ti c;uccedrrà niente ... Così. bravo ... ~on mi vedi. lo11to? Come? Sei ~tanco? .. CoraJ?~io, prendimi! :\"on c,\er vi~li.1cco ! Prendimi! >. Eseguivo intanto la fat'11a idealf. ve4 duta co:-.ìspe,~o e co:-.ìminutamente in ,;ogno, che ogni <::11l,i1nea mi era impre,,a nel ccn·cllo con c,atttzz.1 matematica. La fae,ia dei miei ,ogni finivJ. ~cmpre ..,iro~amcntt.'. pC'rché al momtnto del colpo m01t.1lc.·il toro invariabilmente mi fcri\'a ,tlb g,1mba. La segreta. co,;cienz;l di qu,llche mia impr1fczionc ncll'ucciden_• dettava certamente quella tragica fine. Continuai tutlaYi~1 a fare b mia faena fdealc, ritto fra le corna del toro e ud('ndo come in un mom1orio lontano gli ap• plami della folla, finché alla fine, e~attamcnte come nel so_e;no,le corna del toro mi trafi'-liC-rola coscia. Ero co,ì ubriaco, così fuori di ml'. che m(' ne accorsi apprna. Vibrai il colpo morta!C' <' il toro mi cadde ai piedi. Il pubblico traboccò allora nell'arena. ~[i ~ntii afferr.1to. wllevato ~u un mare <li focce urlanti, pa~~to di ma.no in mano liopra. la folla. Feci due \"Olte il giro dell'arcn;,, ,obbah·,rndo ~ullr ,p,dle dC'lla folla impauita. Ricordo che, mentre mi port.wano \'Crso la Porta del Principr, ,·idi acc.\nto alla b,trricra un vecchio tipo clas- ~ico di aficionado. Col ,;uo capp<'llo a L1rg-h<f.•alde sulla nura e le mani levate al ciclo, ringr~uiav.1 [ddio di a\c-rgli ri,p:i.rrni,Ho ~li occhi pc.•rveder tanto prodigio, e le lacrime ~l'inond:'\- vano le guance. Dominando la folla. attravef"\ai il ponte e le ,trade di Tri:'\n;\. Esaurito dall't.•mozionr e d.1 un"indicibik feli4 cità, meno ._,-cnuto per il dolore <l<'li.l ferita, udii per la prima ,·alta il grido di « Viva Belmonte I » che mi s('mbrò ,;tra.no e <;concertante. Entrai cmì nel pircolo patio, in cima alla folla chC'. invasa la no,tra mi..er;1bilc ,t,rnz,t, mi buttò rome un fantoccio sull'unico no,;tro letto. li ~:i.ncrur mi '-C'OrrC'vadalb ferita. Circon dato dalla mi,t famie;lia trcmanH·. mi sentivo wenirC'. .;\'ella '-lrad:i mille bocche ddir.1nti continuavano a urlare: e \'iva Bclmontc 1 >. ((,ne) JUAN BELMONTE

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