IL SOF.M DELLE 1'1USE ft_ CN I arte e ogni me:-.til're ha le sue U 1)arolc, le sue voci da dizionario; ma c'è di più: ogni regione o paese fini~cc ~mprc coll'inventare un suo particolare linguag:gio, tanto che un dizion.1rio J!:Cncralc diverrebbe impossibile e imprecisabile. t sempre l'uso a operare una ~lezione, l'uso e il tempo, sebbene J un tal mare di parole, di termini, potrà c-,scrc imposto un argine solo col con,iderarnc la possibile raccolta, non cotn(.' impresa di fini e diletto letterario, ma qua,;i diremmo di utilità patria. Se il letterato si accinge all'opera di un dizionario, non p0trà che dimo- ,trJrsi un rètorc, e sia pure un rètore di gusto e bene coltivato. Non c'è via di scampo: le attrattiV(' dd di1.ionario di un'arte e d'un mc- ,ticrc -,ono molte, confinano anzi col folclore; si va incontro agli eleganti µroblemi che si vorrebbero chiamare filologici; ma imomma non ~i fa che t·:.ercizio piacevole di letteratura. Un dizionario dei marinai, scritto da un letterato e da un poeta che abbia una 11ua inclinazione verso il mare e vcr- ..o le cose marittime, non potrà c~- re opera di scienza, ma finirà con l'indulgere .ti pittoresco e alla rarità filologica. Un Viani (Lorenzo, perché, in fatto di dizionari, i Viani sono due: c'è anche Prospero, quello dei Prettsi francesism,); un Lorenzo Viani, accintosi a 1-tcndere un dizionario dei marittimi, avrebbe compilato soltanto l'inventario dei suoi pescatori, e for- ...c a tanto ~rcbbc giunto lo scrittore viareggino se non lo a\essero distratto dalle minute cure filologiche certe sue .1 ttitudini romantiche di artista senza legami con gli studi. Viani, comunque, l'bbc l'orecchio sensibile verso il lcs- ,ico, ,:11 di là delle sue possibilità de- ,crittivc o narrative, e il suo gusto per l,t parola resta chiaro in ogni ~ua pa• gina, anche se non di rado si lasciava c~.1ltare dalla fantasia, tanto che nes- ,uno può giurare di avere udito sulla bocca dei marinai del Tirreno tutte le parole dei ~uoi libri. Eppure l'Accademia nel suo Di{ionarlo di marina ha tenuto conto di Lo· renzo Viani j e di contemporanei non è dato trovargli accanto grandi nomi, tolti d'Annunzio e Panzini. Panzini è µre sente per le 'ìUC fisime di letterato; d'Annunzio per le sue curio~ità di esteta, ffid l'aiuto che deve avere dato alla redazione del vocabolario marino è forse minore di quanto si potrebbe so- <tpcttarc. Si sa come il linguaggio ma• rinaro di d'Annunzio sia spesso archeologico, come ognuno potrà vedere nella ,·aue, qua.si ad apertura di pagina. Pochi i contemporanei, e non si poteva M!guire un criterio più giusto. Un nome citato ad avvalorare una parola ~are un p.1.!t-~porto J?Cr l'immortalità, ~icché la caccia a un tal passaporto µuò farsi furente e ridicola. Basti rammentare quello che accadde a una cert., _grammatica italiana, di qualche anno fa: chiamava in aiuto tanti contt:mpor,rnei, e non sempre gli esempi apparivano attendibili, visto che in fatto di ~intassi o di lessico non basta aver scritto un libro per dettare legge. Col Diòoriario di mariria potev-.i ripeter<>i quel ca.so? t indubitabile e sa• rcbhe. stato increscioso; ma, evidentemente, nella redazione di esso è spira• ta un'aria diversa. Resta inteso, dunque. che gli scrittori italiani, chiamati ad avvalorare la ~ìustcrLa della scelta, son pochi: o -.ono scrittori di cose marittime, o SO· no grammatici e filolovi o sono {come è il ca.'Joodel viaregJrino) autori che dalla fantasia ebbero la spinta verso il lin~uaggio dei marinai. Mancano, ncll.1 bibliografia, Dante, Boccaccio, Petrarca, Ariosto1 e se v'è d'Annunzio non lo .!tideve alla sua autorità di poeta o di artista, ma a certa sua preci- ..i.one di vocabolario e a certa sua curi~ità. CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla nanuJ.ooe 41 un fat.t.o qualllul, realmente accaduto a cb1 acrhe. La oarr&s1one oon de'H superare le t.N colonne del stornale, e deve e11en lJlvtata 1crU.ta a macchina, da una 101a p&rte del focllo. 0,:111narranone pubblicata, aecondo l'ordine d1 arrh'o e d'accettazloue, veni. compenaat.a eon Lire 000 (cinquecento). - I dattU01cr1tt1 non accet.- t.at1non 11rHt1tu110ono. - Per la vall• dlt& della 1pe,d.lstone, aenlrtl del t.acuando ,w.mpato qul ,otto, incollato ,una bulta. DA TAGLIARSI Alla. Direzione di OMNIBUS PIAZZA DELLA PILOTTA N. 3 ROMA Il Di{ionario di mari,1a dcli' Accademia tuttavia non ha avuto fra i suoi compilatori soltanto tecnici di cose ma• rìttime; anzi, i marittimi vi stettero come assistenti, messi accanto ai filolo• gi, non imposti alla loro guida. Fu di aiuto a Giulio Bcrtoni, a Enrico Faiqui, a Angelico Prati, prima il coman• dante Bardesono, che aveva il merito di avere pubblicato uno dei più recenti dizionari marittimi italiani; poi, dopo la sua morte avvenuta nel '35, il capitano di va.-.cello Augusto Dc .Jaunario. Ma la filologia è restata la !lignora e l'unica guida dell'impresa. E non poteva essere che così. l dizionari marittimi italiani Corse fino a oggi altro non erano che opera di tecnici, di uo• mini di mare, di viaggiatori, o di letterati innamorati del viaggiart.· ~ della marineria. L'accademico Bcrtoni, nella sua prefazione, ra la storia della filologia marittima in Italia, ed è in quell'esame ch'egli ha modo di esporre i metodi informativi dell'opera da lui diretta. « Il nostro Di{.io11ario :t, egli scrive, « è dunque non ,;oltanto tecnico, ma, come tutti i dizionari eti• mologici, anche storico. Per questo mo• rivo potrà fornire notizie e punti di riforimento a numerose indagini circa l'inAu.sso della lingua marinaresca italiana su altre lingue e l'inAu,;;sodi al• tre lingue sulla nostra lingua del mare. La qu:1le è, fra le lingue tecniche, una delle più ricche di termini propri per l'introduzione di vocaboli desunti da molti e wariati rami del sapere ... :t. Il metodo ha inteso operare una scelta secondo un criterio tecnico e parai• lclamentc <,torico. Lontana, da un simile metodo di lavoro, ogni intenzione che potremmo dire letteraria. Ogni ci.pcricnza letteraria i.ul mare, pote\·a restare solo come un pre1;upposto. Così ,tccanto a un Nieri, a un Viani, a un d'Annunzio, a un Panzini viene a trO· varsi pur quello che è conc;idcrato _il padre della nodema letteratura marittima italiana: Alberto Gugliclmotti. Questo dotto domenicano può essere ora gu~irdato da noi come uno scrittore e come un letterato di gusto. Amava. il mare, ma qua~i ne accendeva con fervore l'immaginazione. Il suo fu un lavoro filologico solo parzialmente; rc- .-.t.i anzi specialmente quello di uno scrittore. La severità della sua mente qua\i lo spinse a rigu.trdare mare, marinai, cose marittime, au1-teramente: la sua immaginazione si accendeva appena avvicinasse tali argomenti, ma il freno era continuo. Tuttavia si sa quello che poc;~ono valere certi freni : il vocabolario 1 cui Guglielmotti dedicò la sua vita, resta oggi soprattutto una opera letteraria, più che un'opera scientifica. Vi sono voci trattate tanto garbatamente che pos!tOno ess<"rcfiori per una raccolta di letture amene ed educative. Dal Dl~ionario dell' Accadcmfa no, non c,i potrà mai cavarne esempio di liCrivere pittoresco. Si è badato sol• tanto all'e~attezza storica, e ,pccialmcnte alla precisione teC"nica. I suoi compilatori si sono imposti un limite nel voler fare opera utile, cd utile non ~lo per la cultura, ma per un mestiere che è uno dei tanti mestieri degli italiani. Non ,arà mai il moderno D,- izonario di marina un vocabolario di amena lettura; resta opera sussidiaria e di consultazione; né era lecito domandare qualcosa di diverso. ARRIGO BENEDETTI RIVIERA LIGURE 1890 - lUBEOGJATA ( LETTEARLDAIRETTORE ) CBilli~lWil~il n•~•ssA Oaltaniasetta., !ebbra.io. ~ ARO DIRETfORE, pochi sono ga in grado di apprezzare come me la vita in piccole città come questa. Cna sera del giugno 1915, un ,;ignore pa\~ggiava sotto un fanale, voltando1-i e ritornando sui propri passi ogni volta che l'ombra gli sfumava davanti. Un ragazzo guardava attentamente le vicende di quell'ombra, e si meravigliava che, per il solo fatto che queI signore camminava su e giù, il selciato della strada accoglies)e ora un gigante violaceo. ora un piccolo uomo nero e infine qualcosa come una palla in procinto di sparire sotterra. Quel ragazzo seguiva con molto interesse le evoluzioni dell'ombra attaccata per i piedi ai piedi del pa<i1>eggiatore.E quel raga7.zoero io. Da allora mi è rimasta una grande capacità d'intere:i:-armi a fotti di tal genere : ombra di chi pa:>se~~ia sotto un fanale in una strada deserta; movimenti rotatori di un cane ai piedi di un palazzo col portone, le imposte delle finestr<.",le porte delle botteghe ermeticamente chiuse; netta veduta del ciclo c,tcllato da qualunque punto delle ,trade e delle pi;\zze; discorsi a voce alta dei nottambuli ; suoni di orologi petulanti e acuti come canti di galli. Quc,ta mia capacità, me1-saa dormire per molto tempo, si è svegliata a Caltani,.~tta e quivi !ti e...ercita da due .tnni L'indole di questa città è ben diversa dall'indole di Cat.1nia o di Siracuc;a. Sulla costa orientale della Sicilia c,i cade 1-pc.,w in un comico gro!-.~lano, ma c'è .!tcm1>requalcuno in grado di sorriderne. L'umori ...mo più fine .iccom• pagna gli errori più madornali dd gestire, del parlare, dc-I vivere; co~ì come lo <ipirito del commercio. che per bocca dei rnoi teorici condanna e di- ,prczza Ja fantasia, nelle sue imprese ,i mcM:ola continuamente alla fanta,;ia. :Ma la principale qualità degli uomini della co~ta orientale rimane in quel ,apcrc essere insieme pcNonaggi e autori di commedie. L'ironia tempera ~li errori. Oa Caltan,,setta, invece, la vita diventa meno gro!tSolana, ma la capacità di sorridere si estingue del tutto: il ,;cnso del ridicolo abbandona proprio qui la littorina che da Catania vola a Palermo. Se il sorriso è una luce, la costa occidentale della Sicilia può dirsi perfettamente al buio. Abbandonati dal ~cnso del comico, i 11iciliani si fanno gravi e metafisici. Un linguaggio filo- ')Qfico dei più irti, con le « categorie >, lo « -,pirìtt universale>, il « non io>, '>imescola alle più intime conversazioni e accompagna gli atti più umili della vita quotidiana. Così nascono a Palermo i Mignosi e i Cesareo, uomini \Cnza d~1bbio d'ingegno, ma totalmente sprovvic;ti del senso correttivo del comico. Così i miei amici di Nissa, persone di rara intelligenza, mi trattengon·o a notte alta presso il portone dell'albergo per decidere \C la morale è una creazione momentanea del no· stro spirito o un che di assoluto. N,1turalmente la piccola città non ~ come la grande. Caltanissetta ha quc- ~to in meno nei riguardi di Palermo : che essendo p0ehc le persone, poche le strade, poche le vicende della vita, i dbcorsi, nonché restar ~mprc della ,tessa natura filo,ofìca, sono sempre gli )tessi. In que~to M!condo anno di vita nissena, ho potuto constatare che tutto mi arriva come doppio. La ragione si è che tutto si somma con qualcosa di ;imilc che ho vhto e sentito nell'inverno dell'anno ~corso. C'è stato un momento in cui quella capacità, di cui le ho parlato. d'interessarmi a piccoli fatti, non mi è più ba.!ttata. Non solo tutto aveva un doppio rilievo {il cane, che gira ai piedi di un palazzo spento e silenzioso, sommato con un cane che faceva così, e nello stes..c;oluogo, l'anno scoroo), ma aveva anche doppia durata. Se vuol<."saperne la ragione, deve seguirmi nella via delle « scoperte psicologiche :t. Sui trent'anni, il corso della vita rallenta, come quello di una barca che !ttia per voltare : le cose, che ci sfila• vano a destra e a sinistra con una certa rapidità, rallentano esse pure. Guai a chi, in un periodo come questo, si trova in una piccola città della Sicilia : i ~uoni delle campane, i canti dei carn.·ttit·ri, p<."rloro natura molto distesi, si di!ittendono ancora di più; così le voci dei V"nditorì ambulanti e lo sbat• tere dei portoni la c;cra. Nella memoria ,;i ~tampano, in un modo indelebile, rumori di p;mi solitari, di scatole di latta prese a calci da un punto all'altro della strad.1, il pendolo di un paio di mut,rnde ~te,;e a un fiacco vento fra il proprio balcone C" quclk dirimpetto, la c.irt.t del ristorante con gli antipa1-ti e: vari :t e i forma~gi e as~ortiti :t, Al• lora ~•invoca l'azione, naturalmente un'azione chr non repugni alla co- ,cicnza, perché un galantuomo non può mai trovar,i per il e fare una cosa qualunque pur di fare>. Lo studio non ba~ta a riempire completamente la vita, e nemmeno il lavoro. Purtroppo è così! ~-(i ,occor.,ero le mosche. Era gennaio. e vidi entrare per la finc~tra, richiamate dal calore delle stanze, tre o quattro sparutisi.ime mosche. [o avevo creduto che, in inverno, tutte le mosche fossero morte. Vidi invece che andavano dormen• do fra due lente ali che portavano, esse sole ~emisveglie, il resto del corpo in letargo. L'istinto del 1>ericolo le ac,• sisteva in un modo indiretto : come se la natura pensasse a comunicare entro il loro c;onno, in forma di brutto sogno, la notizia che io avevo alzato uno straccio e c,tavo per colpirle. Combattei con queste mosche e con quella natura, per tutto gennaio; e molte n,: uccisi. Il rumore dello .-.traccio, che sbatteva violentemente contro i mobili e i muri, preoccupò i miei vicini di camera. L'eco delle mie lotte disturbava il grand<." silenzio dell'albergo. Ma io la sera, dal letto, ancora rosso di fatica, vedevo le pareti e gli stipiti pieni dei segni della mia attività; e mi addormentavo tranquillo. Cordialmente VITALIANO BRANCATI P. S. Ho usato il pa.uato remoto nei riguardi del gennaio scorso: è molto < siciliano :t, lo so. VERSI NICOLO' SIGILLINO: Spdtacoli (Guanda, Modena, 1938. L. 10). Sigillino ricorda Govoni, Pala:zzeschi, Moreui, ma anche Dc Bosis. Non contento del canto souovocc che piacque tanto ai poeti crepu-. scolari di prima della guerra, tenta canti che vorrebbero, attraverso immagini, spt:uo gonfie per troppo colore, avere eterni ed alti significati. GLI STUDI ecc. CARLO WEIDLICH: Sa1omt e profili (Domino, Palermo, 1 938. L. 10). Sono bozzetti critici 1u Arcari, Civinini, Dc Maria, Fiumi, Garoglio, Moretti, Oxilia, Rampcrti, Zoppi, e fin da quc1t'indice di nomi è chiaro come Weidlich intenda la critica più come omaggio alle vecchie amicizie che alla storia. Sulla nostra letteratura contcm• poranca si legge che è un'< olla putrida>, un e c.ibreo >, ma non con disprezzo. e TnSppa roba? Ma no, è un buon segno, invece è 1tgno dì vitalità che - domani - ci darà un'arte sempre più originale, più pcl"IOnalc, più italiana :t. Nel commiato, infine, si legge: e: Or che, per troppe patine, ho trac&iato le 1a1ome e i profili d'una eletta schiera di ar1i1ti, è tempo che la smetta, e al mio lettor foaio riprender fiato. P11r 1li dico, secondo il mio costume: "Arriueder<i al prossimo volume" :t. GIORGIO UMANI: Storia sacra dell'ar• :, (L'Eroica, Milano, 1937. L. 10). Giorgio Umani nelle sue opere e espone il suo pcn. siero personale... >, e per pensiero intende una mescolanu di dannunziani,mo, di nìett· dsmo, di demonismo. Umani (e questo dev'essere un suo allusivo pseudonimo) ama trattare familiarmente del paradiso e del. l'inferno. Si sente santo e dannato, grande e umile. Quando parla degli e uomini > la sua voce trema, quando parla dell'arte la sua anima si int'bria. A paitina 21 si legge: <Tra mc e la terra c'è una reciproca sopportazione, quando non antitesi, e lotta di• chiarata >. Ma il suo forte è altrove, quan• do parla di Raffaello, di Michclangiolo, di Liszt, di Rossini, di Boklin. Pensa alla morte ~ )ascia per• sé un epitaffio: e L'errore mio fu quello • di \Cder troppo bello • tutto; . per questo ho troppo amato . tutto - anche il p<"ccato >. Confessa a pagina 1!)9 che se sopravviverà e al suo tempo non sarà per il suo ingegno o per il suo sape~. Sarà perché lui ha amato immensamente più dei suoi contemporanei: amato tutto >. Dove è evidentemente un grandissimo pericolo: del resto, è pur vero che il misticismospesso non significa altro che mescolanza. DA"llELE MATTALIA: CarduHi poeto (Principato, Messina.Milano, 1938. L. 12). Carducci fu un romantico o un cianico? Ecco il gran dilemma dei professori, e le aule dei ginnasi e dei licci le udimmo ri. suonare per questa suprema alternativa. Gli studi carducciani sono spesso fermi in queste strettoie. Il libro di M:\ttalia, intanto, sebbene ìndulga a quelle parole, che volendo definire troppo non sono che schemi cri• tici tutt'altro che utili agli studiosi, gioca su questo dilemma non del tutto vanamen• te. Ma conclude: < Il Carducci è un clas• sico del romanticismo e un romantico del classicismo :t, che è una frase brillante, non una definizirone.Un classico del romanticismo infatti è co1a del tutto diversa da un romantico del classicismo, come veramente fu il poeta versilieie. ON ELLO ONELLI: Nuova lelleraiura (Nuove grafiche, Roma L. 4). 8 un ma• nifesto letterario: uno di quei solitari e melanconici manifesti diretti a folle che non esiuono, intesi a risolvere problemi che non saranno mai di que1to mondo, SISTO ( CORRIESRLEAVO) a ~ij~(O~©J DIBIIIY jlNDR.E:1 BJELY (t.Andrea il Bianco•, l)l al secolo Boris Bugaiev), la più pittoresca e la più turbolent~ di tutte le figure del defidentismo russo, mori tre anni or sono a Mosca. Storicamente la sua ombra riempie tutta la letteratura russa nel periodo che sta a cavaliere fra i due secoli e che s1 spinge fi. no alla guerra ed alla rivoluzioni!; l'eredità artistica occupa uno spazio notevolmente minore, ma resta sempre un documento d'alto valore. Come animatore e teorico, egh appare come uno dei più importanti corifei di quel curioso movimento spirituale ed estetico che fu il simbolismo russo: predicatore anch'egli di quella fede che fu detta • la religione dello Spirito Santo,, dotato come nessuno di quel senso apolitico ed escatologico che dominò la cultura russa dell'anteguerra, Biely introdusse cosi nell'arte come nell'ideologia un soffio d'anarchismo mistico non privo di un'oscura grandezza. Se come poeta non superò il livdlo d'un abile rètore del sugge11ivo e del patetico, se come dottrinario contaminò malamente la genialità. di qualche intuizione con le più strane spccul..zioni teosofiche (I'• antroposofia • di R. Steiner), in compen,o come narratore riuscì ad aprirsi una propria strada nella seha intricata dei miti e delle fantasie. Almeno due opere sue, i ricordi d'infanzia e d'adolescenu raccolti sotto il nome <'i Kotik Letait11 e il grande ro• manzo ciclico intitolato a Pietroburgo, van• tano a giusta ragione il dirittO di rimantre . Nel primo libro la grande tradizione russa delle memorie di puerizia e di gioventù, che culmina nei nomi dj Leone Tolstoi e di :vlassimo Gorki, si rinnova con sor• prendente originalità., grazie a una penetrante finezza criti.;:.aed intellettiva, se pu• re a costo di un meno intenso vigore fantastico ed evocativo. Il secondo libro è una vera epopea della grande metropoli boreale, in un senso analogo a quello per cui l'Ulyues joyciano è l'epopea di Dublino. Intorno alla storia di uno studente rivoluzionario spinto da agenti provoca• tori a uccidere il padre, Biely suscita la visione d'una città sospesa fra la realtà e il sogno, fra la cronaca e il mito. Anche questo romanzo ha dei precedenti letterari, anzi è forse l'ultimo anello d'una catena, cd appartiene infatti a quel filone che s'mp,. zia col Cavaliere di bronzo di Puskin, che culmina in tante opere di Dostoievski e che si chiude con le liriche di Blok: i! filone delle opere che cercano di svelare il misterioso destino della città. tragica e artificiale, destinata ad essere distrutta con la violenza: Pietroburgo. Dopo il grande rivolgimento, Biely visse per qualche anno a Berlino, e pubblicò nella rivista da lui fondata, Epopeia, il suo primo libro di ricordi letterari, le Memorie su Blok, accentrate ma non certo assorbite dalla figura dell'eroe eponimo, colui che fu il più grande poeta russo dopo Puskin. Gl'intenditori s'avviduo 'lubito che Biely prometteva di dare in questo genue quasi il meglio di sé, con :.m risultato analogo a quello di Gorki, che resterà in fondo come l'autore d'Infanzia, ma anche come il memorialista del • vicin suo grande• Leone Tolstoi. •Infatti, rien1rato in Russia dal• l'emigrazione, Biely si dedicò quasi esclusivamente alla nuova fatica, e si rifece da capo, pubblicando pres~o le ~dizioni di Stato i due volumi Sul confine (il periodo fin de siècle), e L'inizio del secolo (fino alla rivoluzione del 1905). Come edizione postuma, proprio que~ st'annoè apparso a Mosca il terzo volume dell'opera interrotta dalla morte, quello intitolato Fra due ri.-voluzio11i, e dedicai o a1 sei anni che vanno dal 1905 al 1911. Per il poeta B1cly questi sono gli !inni delle migliori raccolte di versi, del romanzo La colomba d'argento e dei più imponanti saggi critici e teorici. Per l'uomo essi s'iden• tificano nel periodo di crisi della scuola simbolista, e della rottura dei rapporti con Blok e col circolo pietroburghese, nonché dei viaggi all'estero (Monaco e Parigi). Per la storia quest'intervallo di tempo coincide con la fase tragica di delusione e discetticismo che successe al fallimento della prima insurrezione. Lo scenario più impor• tante di queste av\·enture e peripezie culturali è Mosca, coi suoi mercanti mecenati, la sua nobiltà stravagante e all'antica, e i suoi salotti letterari. Dalla pittoresca wnfusione di questo mondo in rovina emergono il poeta Valerio Briusov e quel Herschenson che già marurava dentro di sé il più amaro e integrale dei rinnegamenti della cultura. ln1eressanti anche i circoli letterari stranieri, come quello del Simp/iciuimus a Monaco, che si concentra mtomo alle figure di due profeti del peccato, il tetro drammaturgo Wedekind e un d'Annunzio slavo.teutonico, Przybyszewski. Ma l'episodio più divertente del volume è l'incontro con Jcan Jaurès, conosciuto per caso a una table d'h6u a Parigi. In questo libro l'autore ha dimostrato di saper fondere la fedeltà spicciola della cronistoria con la deformazione immaginosa del visionario, e il mondo che egli risu. scita dal fondo del cuore e della memoria, e che è quello non solo delle avanguardie culturali, ma, si può dire, di tutta l'intellettualità d'ante~erra, suggerisce al lettore l'idea, per dirla con la felice 1mma. gine d'un critico straniero, che In Russia e l'Europa d'allora fossero una replica moderna delle antiche Sodo1 u e Gomorra. RENATO POGGIOLI
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