Omnibus - anno II - n.7 - 12 febbraio 1938

~ ( ILSORCNIOELVIOLINO) ICAHACCIOLO ]l J. LlBRE:rrO di Caracciolo comta l di moltis~imt p.1gìnc in versi, di altrettanti quadri e ;,ituazioni quanti m· b.-1,tcrcblX'roper far tre opere gros- ,t.·. E tuttavia quest'opera non ha un'os- ,.1n11.t robu;,t.i. f.: c,1rica, llCOnncssa,fria. hile, pi1·na di pcNOnaggi mal diSCh'l1:\ti r di fig-urc rita~li.ltc w carta da fiori finti. lan.-1'makcrtt· di un mondo chc , orrchlx• l'"'('fC \torico. Un.~ mu,1t,1 ~l'I\L'r 1c1 torre fra lt· pa1olc dw .,cappano da ogni JMrt<·,ceri ,rndo di ricucirle t· cli J.\'\ iarle a un fine utile' e compn:.·n,1hilc. Qu,1 L' là vc)ltigi,1di cleg.1nJ:C armornchr che han già f.,ao la fortuna di t1uakhc• compo:-itorc 1;ccond.1rio. Sulla ,e cn;1, ,en1..1 tn·gua, ,proloqui <· furia dccl.lmatori.i. ~ 11 poct.i ci prcscnt.1 un libretto, cornc .d ,olito, trnculc.:nto t· p;tglictti.-.tiro. Cuai ,t· un fi.,mmifero acce~ dov<'S.'>C f,ldcrc s.u t1ualcu110di questi combu.:ti• bili pt·r\Onjg~i: piglierebbero fuoco lutti in)icrrn: come tcndinL• da. finc.~tra. &·111..J ,urncrirc il muro. Una. fì.1m111at.1 t: poi più nit·ntc. li mat·,tro Fr.1nco \'ittadini è tiu:.,·i. to Jd innaffiare di note tutti quc:.ti ver• "' )t.'n.l.l mcire d,t quei limiti di tempo 1·omunt:mL·ntcconce)si ..tllo )VOigersi di 1111.1 rapp1t,entazionc che fa serata. Abilità, di\involtura e buon mercato, "'1110 i mezzi, anzi, i mezzi termini di Fr,1ru·o \'itt,tdini. Il quale 5,j )piccia n.nuralmcnte, ma 1 on ordint·, t\ ,enza tr.t'icurare i rilievi fKh~ibili, trov,1 ,tncht· ,pazio e luogo fJl'f fare parentt·-.i t: commenti orchc- ,1rali là dove tan· la linguacciut,t trama. Siamo d',tcc01do con una p,u-tc- del µubblko nd constatare che, m questo l.1\·17rod, i nuovo non c'è praticamente qud)i niente. O'altrondt· è , ero anchL' chl' c, trov1,uno di front<: a un mu~icist.1 di di- ,ncto \'alore e di fama onorata. In Caracciolo c'C un i,trumentale ben fat10 e trasparente, attraverso il quale !'.tutore sfoga gentilmente la sua inclin.tziont' melodica che non è peregrina. Sopra o ¼>tto, <.:'è del Puccini. del Giordano e dell'ultimo Verdi1 quello 'J· Falstaff; sopra o sotto, più, molto più di quel che non ,ia ammissibile in un'opera nuova. Poi c'è il fare k1ioso di· due musicisti r rancesi e imie-mc I.a gonfiezza del Me- (iJtof ele. come ~ non bastasse. Si dice « un1oper<1 nuova >, ma il più delle \"ohe è una truffa. E chi l'ha pt•rpctrat,1, guarda un po', è sempre l'ultimo a ,aperlo. Perché i compositori di mu-.ic,1l-Onogli uomini più in buon., fede di questo ba)S() mondo; scri- \ono con una mano sul cuore; ma, il pill delle volte, il cuore che hanno dentro il p,·110 non è il loro, è quello di un ..tltro. Pl·r l',L'mpio. d!.Sl,tcndo all.1 prim~t ,( ena d'.imorc dell'opera di Vittadinj, ti M:mbrò l'altra sera di cSM:re alla Bohime: le stesse inflessioni, gli stessi dfctti, gli nessi riferimenti; ma non c-'era più che l'ombra, il rimb,dzo molh·, l'eco dt'bo)i),ima di quella invcnLionc pucciniana. È un episodio, queMo che abbiamo , itato, ma Caracciolo è fatta di tanti 1·pisodi !'-imili. Si staccano ad uno ad uno d..ill'opc·ra di Vittadini e tornano difilato al loro vero proprietario. In più, quanti baritoni \ulla scena, 111 quc')to lavoro: tre o quattro, se non più . baritoni che si succedono, senza incontra~i mai1 s.enza nemmeno CO· no-,ccrsi; dove l'uno finìscc il suo nu• mero. l'altro comincia e così via. Si dànno il cambio; ti confondono, alla fine non ti occupi più di loro. Intanto i baritoni passano l'un dopo l"Jltro, canw.ndo, da un capo all'altro dell'opera: Caracriolo è un'opera baritonale vista dal finestrino del treno. • * Ciò non toglie che da un pu"nto di , Ì<,ta cordialc 1 quest'opera nuova di \'ittadini e Ros~ato non possa trovare al suo compenso nella varietà, nelle intenzioni e nel sentimento che senza dubbio l'ispirano. f. debole, ma non è brutta. Non è: originale, ma è sincera. E l'accoglienza che ottenne, un'acco. glicnza si può dire entusiastica, prova che qualcosa di buono, per un verso o per un altro, ti deve essere dentro. L't'-.ccuzione Jmmirevolc che ne dil'- dc la compagnia del Teatro Reale dell'Opera, fu sotto ogni riguardo pcrfctt.1 e qua~i :teni.a precedenti. Collaboravano a questa recita i mi- (tliori elementi della nostra scena lirica: il tenore Masini per primo, la bclli.s• ,im.1 e impetuosa cantante Franca Somigli, il ,magnifico e intelligente baritono Giuseppe Manacchini, e Filippo Rornito che incarnò con arte grandis,ima la parte di « Re Ferdinando»; poi Apollo Granfortc, Ghirardini, e gli altri tutti che, sotto l'autorevole e brillantissima bacchetta di Tullio Serafìn, fecero, insieme all'orchestra e ai cori, dei veri prodigi. Jn <1uanto alla mc~~a in ~cna, dobbiamo dire eh<· non avevamo mai visto niente di più Krandioso e pittoresco. BRUNO :SAR!LLI VIA PLAMJlflJ. Btlliuim1' c;,a (che ~l fil lo 1111.dldoel pitt()re l'on1111y)l'li ni 1101,1l cono•« il de1dno I ■111111 IIL IDI LA UTOBUS 103 condua, salendo le colline, ai qua,ti,rì che si affacciano tJi limiti della città. All'imp,orn,i.so, ili alti palat(.i iri,-i e cordiali smettono, e ci si tro1,1ain "iali piccoli e civettuoli dotu il nlen,l.10 è compatlo e doue solo di tanto in tanto si uorge quakhe piccola automobile. Siamo nella tona del 109, nd quartiere della borihesia romana. Qui sta nasc,ndo una <ittd fantc,matfrt: t bi:,{arra, dout le amb,àoni borihui si sfoiano in arthitet• ture, iiardini, pini solitari, alla mani,ra delle uillcttc californiane che tutti abbiamo uisto nei film americani. Han abbiamo inlorno un panorama di case, ma di ambi- {ioni, di velleità, di illusioni in muratura. C'è chi, per a11iornarsi ai tempi, 'ha voluto .- il suo bel nouuento > e si è fatto una casa rassomi1liante a un barattolo con le finestre a oblò; chi è rimasto fedele « alla sana tra• di{ionc >, e si è fatto il villino pompeiano; chi ha voluto il « rococò Montuarlo >, e chi il castello della riviera ligure. Non mancono le pala.uine suiu.ere, ma JOno ,are e sperdute. Chi si è fatto la ca1a, è andato dall'architetto come si va dal sarto a scc• 1liersi la e tinta che gli dona :,, La casa col iiardino, ai limiti della città, è un ideale bor1hese che nes,uno più di noi rispetta; ma quelli del 103 sono onti• borzhesi, riuolucionari, europ,i, snobs: non amano lo casa, no11 i'l cortile, non il 1iardino, ma quell'illusione di cemento che lar<,,. U(dcre ai pa.ssonti, e a loro situi, una vita sontuo1a e signorile. Gli edifici di qucJto singolar, quartiere hanno tutli l'aspelto di costrucioni cui ria staia tolta lo luu. Cli architetti e i com• mittenti le idearono di fronte alla campa.- 1na; poi, invue della campagna, ceco che la sorte viene a impedire l'ori«,onte con cdi • fici e ttrraa.i. I 1iardine1ti ormai ddnno su altri giardini, i balconi spiano altri balconi. Qui la vita scorre triste e monotona, lutto presa da piccole frenesie. le famiglie certo si scambiano virite, ma solo per spiare il FOLLIE DELLO 80AP0L0 IK TEIIPI DI 0A&HEVALE ,olore delle nuoue tappeuerie o il nuovo r1tuale di un ti. Gli amici invitano, sì, tli amici, ma pc, moJtrare la straneua del 11uovo bar e della nuova saletta da gioco. Bar e salette da 1ioco; ma no11ci JÌ ubriara; ma non Cl si 1iocano /orlunc in un auimo. La borghesia del 103 non si p,rde: n limita ad andare al passo, come di conscrua; untando goOamente d1 adctuarJÌ a 11n ideale di vita che non è più attuale. Si fanno prepa,atiui per ,ma lussuria e per uno spreco di cui forse non si avrd mai il co1a11io. E non si tratta nemmeno di co• raçgio, ma di quell'abbandono di cui 1 borghesi del 103 saranno sempre incapao Anche se sono gli arditi pionieri della nuoua a,chitellura, anch, se amano i bar Jttaua1anli in un angolo della sala, 1 piccoli tauoli da 1ioco dov, ìl ricco rischia ogni sera di tr,,isformarsi in un uomo qualsiasi, anche u parlano sempre di Sa\nt-Monlt, d1 Montecarlo o di Bath, 1 borghesi del 103 non corrono alcu" tremendo pericolo. Giocando a bridge, tlanno 1uardinthi dopo i primi fozli da cento; beucndo, mai sapranno ab• bandonarsi all'incanto acre del whisky. Restano tanti piccoli prouinciali esaltati, ctcr• namente furbi e prud,nti. No,1 si perderanno. Trenl'anni fa, al pnncipio del suolo, viuevano n.lle piccole e ,onnolentc cillà di provincia, doue il bere e il 1iocarc fanno penJare al demonio, e dove Jr addita 01 ra1aui, con dispreu.o ed orrore, qualche Jolitario b1,4arro che in una nolle, al circolo, sciupò tutto una fortuna. Il demonio Jta al!c spali, di quei cari borghesi, t la sua è una ben uana minat:cia; chi si commuovono e Ji spauentano ancora pensando ai consi1li che la madre dette Io,o prima della pa,ten{tJ. Non commetteranno mai 1randi peccati. l più arditi peccoti saranno la maldicenca, la 1ola, l'invidia I commendatori non pec.::ano con donne rnfe,nali: insidiano so/toto la serua, r sard quella la loro più grande emo{ÌOnt. .1bb,amo trascorso un pomtt1t1io domt• mcalc in queJlo biuarro quartiere. Pareua dl essere i,, un paese sperduto. I 1iardin1 ujiforniam erano deJerti e s1lenòo11; i uit1l1 vuoti e spettrali; le finestre delle cast non 1llum1nate e chiuse; potevamo 1iu,are che tutta la bella borghesia del 103 fosse emi• lrtlla 1n maua nel centro di Roma, per riem• pir lt poltrone dei Cinema Barbcrin, o CorJO, oppure per andare a fare oma11io alla tradi(lc,nc del sano lcatro dialettale. Giunti al limite della città, ci è apparsa nell'aria cupa del tramonto la grandr e teucra campa1na romana, cosi bella nella Jua poucrtà di colori, dove Tor di Quinto appariva come una lunga macchia di terra g1alla11ra.Non i Italo che un attimo. alle spalle ci pesauano purtroppo terra{,l.t, balconi, cancelli, 1iardini, cortili; una di quelle uisioni che JinUcono, più che con lo stancare la vista, col dare impaccio ai mi>vimenti. Tornali indietro, ci siamo spersi di nuouo ntl labirinto dei uialucci t nel 1hello dei villini che portano nomi le41osi come • Casa del Pino >, « Villino delle Rose Bian. che>, < Villa Maria C,a4ia >, e così uìa. Non ricordiamo 1ran che: la mente ha solo lraltenuto impressioni di falso e di fiui,io. Se improvvisamente ci foS1imo trovati in Corso Umberto, doue a quell'ora , cari impiegati dello Stato fanno la loro passeuiata domenicale, fermandosi dauanti all'in1resso di A.ragno per ascoltare un accordo di mu• sica ungherese e per spiare la leigiadria delle suonatrici vestite di rosa, oppure in una qual.siasi via Cola di Ritn{o, affollata di genie veJtita da ,Zingo11e , dalla « Rina• scente >, auremrrlo pensato di aucr fatto un bruttissimo sogno. Non rammentiamo che cau colorate e fratili, viali deserti, decora.rioni di marmi rari, lampade che illuminauano tristemente, tram che passavano vuoti; a un tratlo, abbiamo aOtttlato il pa.sso perchi la notte calaua; ci affrettavamo come chi esce dal camposanto perchi tra poco si chiudono i con• cclii. Corso d'Italia ci è apparJo la via di una grande città, , la faccia dei pas.santi, che a quell'ora iniombrauano via del Tritone, lranquilta e onesta. Non reslava nell'animo che l'irritotione delle cou troppo meschine, e la melanconia della 1rande campagna ,omano che ci era apparsa per un attimo. MASSIMINO ( PALCHETRTOIMAN) I LAPULCEL f 'll-~ELICE L,, soric di talune parole Pro. l1 vatcvi a pronuuciare e pulcella >, sen• za l<'.ntirc immediatamente il bisogno di pulin.·i la bocca con una risatina Ep· pure e pulcella :, è gruiosa t' familiare t come dire e pullicclla >, o e pollicclla >, o e gallinella>. Come i fr.a.nCciÌ dicono <O· colte. !\·la l'uomo è irriverente, e i \enerab1li 5<"gnidella purezza, li (a din·ntarC' mo 1ivo di comicità Molto difficile però, molto dclic.i10 e toc- .;are > certi argomenti in quello che eu1 hanno di ,erio e di profondo. Il pericolo che un pcnonaggio come Giovanna d'Arco rostituiKc per uno scrittore (s'intende uno ~criuorc riguardo10, e non quei babbuaui che si buttano a occhi chiusi su qualun• que < soggetto bello>), soltanto Voltaire· e \natolt' France lo hanno sentito in tu1ta la sua gravità, e ambedue si sono .ttte• nuti alla maniera e non seria > , il secondo anzi ha spinto la prt"cau2ione fino ,1 dare ;i.I suo libro su Giovanna d'A1co un falso òi~peuo di libro di storia. Non )cmprc l'ironia è una maniera di 1eansa.rc l.1. pro• fondi1à: spesso dcll.-i profondità C:)~a è la più fedele f' rispetlosa servitrice. E ai sul• loda1i ironisli si potrebbe aggiungere Giorgio Bernardo Shaw, se questo \lecchio ir• landese foue anche uno scrittore, e non sohanto un e gioco di società > per fa.. miglie borghesi Schtr{O coi fanti E la.scia stare I sonii <.::omemai non ce n'eravamo .u;:1..011p111 ma? Questo è un prece110 d1 politica delle arti, uno dei più rigorosi e profondi Basta pensare ai danni che ha fa1t6 t continua fare ,an Francesco d'Assisi (bei suo malgrado) a scrittori, piuori e musici In arte, il e francescanismo > f' l'uhim< ripiego nel quale si rifugiano coloro cht nemmeno n<-1dannunzianismo 1rovano pace I ,oggetti che- l'artista predilige, sane quelli che egli può trattare da padrone Se li lavora, se li smaneggia, ci )i di \ltrte. E- poiché è inteso che l'artÌtta di mente chiara e profonda vuole più che altro e giocare > coi suoi soggetti ; come potrà giocare con un santo, una santa, creature di luce, di nulla? La santità è abbandono del corpo, rapimento. Davanti a condizioni e-osi lontane dalle nostre abitudini, meglio attencni al consiglio suggerito da Rosm1ni morente a ~i:.numi: e Adoran: e tacere>- Quello che serve a noi, è il peccato con tutte le 1ut conseguenze. t irri..,erente confessare che ciò che più c'intcrcua nei santi, è quello che in cui c'è di meno santo? B irriverente confessare che il solo Giovanni Bosco - questo santo e tra noi > - ci riconcilia coi san1i? E non quando prega di sera, e per ..:fretto di levitazione si solle\'a di due spanne dal pa\limento, ma quando tratta con Raua:1-21, con Ca\·our, con Vittorio Emanude, e discute, s'infuria, fa \lalere le sue ragioni. Quale spettacolo più commovente, di un S.-'lnloche si comporta da uomo? .\nchc in Gio,a1rna d'.\rco er, un, µ ... rie di e non santità >1 e qucm1, più che la prigionia, più che il proCt'S.$0, più che il rogo, fu la tragedia della sua vita. ~lan. ca\'a alla Pulcella quel modo di espressione eh.e alla donna è di tutti più natu• raie. Nell .. sua bre\'e esisteuza essa non conobbe altro upeuo della vit.t so non quello della più chiusa verginità Un gior• no, in una trincea da, anti a Orleano, il capitano La. Hire, in un momento di rabbia, chiamò la Pulcella col nome più in- ,gìurioso che .si possa dare a una donna Per Cìo\lanna fu una riveluione. La ri\lclaziont: del peccato originale, del male eh< domina il mondo. Qualcosa nella guer ricra adamantina si offuscò per sempre. E fu il principio della fine. Coloro che di Giovanna vogliono fan un dramma, perché non rievocano il c. suo s dramma? Un giorno, a ~·tilano, la post• c, recapitò una tragedia su Neronc, e la rivcl ... zione di un drammaturgo nuovo; Giuseppe Amar. Erano pagine illuminate da quella pania lucida che è la qualità giù genuina della poesia italiana, e che rafforurono il nostro con\lincimento chf' terra madre del ,urreahsmo è l'Italia. Volemmo sapere di Giuseppe Amar: ci dissero che aveva un impiego alla posta di Teramo, e anche questa nofrtia ci confortò, perché mostrava di quanta poesia è ricca l'Italia, S<' poeti si celano anche nelle p0Ste e telegrafi, Non tutte le qualità del Nerone sono pas• tate in questo Mistero di Santa Giovanna d'Arco, dello stesso Giuseppe Amar, che il Teatro delle Arti ha allestito, e al quale Corraòo Pavolini ha dato luci, colori, movimento, Ma ci pensate \IOÌ che avrebbe combinato con « Santa Giovanna > un dan• nunz.iano, un sanfunec:scano? La trovata di far mandare su e giù da due angeli bracaloni degli scc:narietti da caotancrie, a noi piacque molto, ma accanto a noi suseita,•a il riso di un commendatore. Che tristezza, il riso di un commcn• datore! Alla recitazione non fa~mo appunti, sal- .., 0 che Reims si pronuncia < Rens > e non < Rem >. A. S. LEO LONGANESI - Direttore respoosablle RIZZOI.I & L , Ar, p,r l'Ant dtlla .St•n1p• • \lilan., RIPROl)UZIONI b:.SbLUITK COS MA1EW.IAI.(:; Y0T0t;RAFIC0• FERRA:-.'IA ,:,

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