1tll SISTE a Hollywood un e mondo> ~ nel senso che dava Proust a quest~ parola? Hollywood non ha, come Il' altre capitali, una stagione mondana, poich~ la gente lavora tutti i giorni e tutti i mesi dell'anno; e l'Almanacco di Gotha di questa società sono le liste e gli ordini di lavorazione delle varie ditte. Non ci sono un capo o una gerarchia mondana riconosciuti, e mancano soprattutto le grandi aMise della mondanità, i ricevimenti rituali, che dànno ai partecipanti il senso e l'orgoglio di appartenere a una élite. Per essere membro della società di Hollywood basta, a una donna, possedere o un contratto o un uomo che ne possegga uno, e viceversa. Sono i titoli necessari e sufficienti. A titolo di semplice parentela o amicizia con uno che possegga un contratto, si è al massimo tollerati. Perché a Hollywood tutti lavorano, e persino la contessa Di Frasso vende profumi. Il «mondo>, in que- ~ta città, è costituito da piccole cricche, o clans, la cui formazione e dissoluzi0nc avviene in base al criterio del passatempo preferito dei soci. C'è la cricca dell'Opera, quella del turf, quella dei clubs notturni, quella del tennis, quella del mare il cui centro di riunione è la spiaggia di Santa Monica. Le festè di Hollywood, e la cosa parrà strana per gente il cui mestiere è· quello di mascherarsi, sono quasi tutte in costume. E bisogna dire che gli hollywoodiani hanno una specie di genio per i costumi più stravaganti. Es- ~i fermamente credono di essere pittoreschi e originali così conciati 1 e sperano che i giornalisti e i fotografi siano de-I loro stesso parere. Il re della carta -.tampata e cittadino onorario di Hollrwood, William Randolph Hearst, dette alcuni mesi fa un ricevimento in occasione del suo compleanno. Persino una donnina intelligente come Bette Davis non trovò di meglio che presentarsi con una barba sotto il mento, e Henry Fonda s'era messo una combinazione da donna, con un grattacielo di cartone sul capo. [ più modesti furono Clark Cable e Carole Lombard che rappresentavano due fratelli si.1mesi, vestiti da cowboy, e non si separarono per tutta la serata. Jack Oakie, il divertente caratterista della « Metro>, e sua moglie Venita dettero un ricevimento, per il primo anniversario delle loro nozze, ispirato dal noto romanzo della Mitchell che l'anno scorso ha fatto tanto chiasso nel mondo anglosassone : Gone with the u:ind. I padroni di casa si erano riservati i due pcrsona22"i più importanti del romanzo. Jack era « Rhett > e Venita « Scarlett >. ]I regista Frank Lloyd e gli attori Ralph Morgan e Otto Kruger con le rispettive consorti si recarono alla festa in abiti vittoriani, su di un vecchio e cigolante tilbury e attraversarono al galoppo la via principale di Hollywood, la Sunset Avenue. Durante tutto il percorso, Kruger non fece che soffiare in un rorno da caccia. I passanti si fermavano e applaudivano. Al « Ballo delle arti > dato dalla contessa Di Frasso, Fay Wray si era tra- ~rormata in un ritratto vivente di Sargcnt. Per più di tre ore, essa portò eroicamente in giro una specie di corazza dorata. Ma si era d'agosto e, veno Ja fine della serata, la disgraziata venne meno. Le tolsero di dosso il cilicio, l'avvoltolarono in una pelliccia, e in fretta e furia la spedirono a casa per non rovinare la festa. In quell'occa.1;;ione.i guardaroba de,:cli studi furono letteralmente vuotati. Molte celebrità indossavano abiti dei loro film. Virginia Bruce portava un abito alla Mae \-\'est col corpetto strettissimo, da lei già adoperato in una pellicola fine di secolo. Ma1 o perché la diva s'era nel fratter.1po ingrassata o perché aveva stretto un po' troppo i lacci del corpetto, certo è che anch'essa a un certo punto ~i sentì wffocare e, per non fare I:, fine dell'altra, chiese in prestito alla padrona di casa un pigiama, e così rimase per tutto il resto della serata. Un ricevimento luccicante più che hrillante ~ stato quello offerto poco tempo fa da Basil Rathbonc e da sua moglie, in occasione dell'undicesimo annivenario delle loro nozze. Due saloni illuminati da un migliaio di candele, un organo che suonava la mardd nuziale del Lohengrin, enormi gigli orientali sparsi da per tutto e per- ,ino sulle poitrone, in maniera che la maggior parte degl'invitati non trovò da sedere. L'originalità della festa con11;istevnael fatto che gl'inviti erano stati fatti a due a due, e gl'invitati dovevano ispirarsi, nei vestiti, alle coppie più celebri di sp<>sie amanti del passato. I padroni d1 casa erano Francesco GiuM:ppc e Elisabetta d'Austria. Edward G. Robinson e-Kay Francis erano Napoleone e Giuseppina. Jeanette MacDonald e Gene Raymond, a quel tempo fidanzati in segreto, si presentarono vestiti da Giulietta e Romeo. Marlene Dietrich e Douglas Fairbanks erano Giorgio Sand e Sandeau; essi indossavano due magnifici frac dell'epoca della bohème galante. Loretta Young vinse il primo premio, perché si presentò sola, con un abito di raso nero, le cui code interminabili erano sorrette da due diavoli: era la «vedova scaltra>. Cinger Rogers e Alfred Vanderbilt hanno offerto il più originale trattenimento della stagione scorsa, una skating party, alla quale presero parte anche molti che non sapevano pattinare. Si pattinò fino a tarda notte, e Cinger Rogers, pur essendo una pattinatrice provetta, per dovere d'ospitalità o per non far languire la festa, fece non meno di quindici cadute. Jean Crawford vin.5Cil primo premio essendo andata a gambe all'aria soltanto quattro volte. Kay Francis, alla fine del ricevimento1 aveva le ossa rotte e non poteva stare che distesa. Fu trasportata a casa sopra una barella improvvisata dai domestici di Cinger Rogen. Di questi scherzi e facezie provinciali è fatta più o meno la vita mondana della provincialissima Hollywood. Divertimento zero, o quasi. E come potrcbhero divertirsi con le macchine follYRNA LOY A SEI ANl1 1 T:&A LA lUDRE E LA ZIA tografichc che sbucano da tutte le parti? E, d'altronde, se non sbucassero c0mc potrebbero divertirsi? Oggetto delle conversazioni sono i contratti che scadono, che si concludono o che si rinnovano, sono le critiche dei giornali, sono la pubblicità e le fotografie delle grandi riviste. Come potrebbero divertirsi con la zuppa che si raffredda, lo champagne che si riscalda e i giornalisti che non li lasciano in pace? E come fare altrimenti? Una zuppa e una coppa di champagne si trovano sempre, ma non sempre si trovano dei fotografi disposti a fotografarvi e dei giornalisti disposti a intervistarvi. Ma tutti si ripromettono di divertirsi la pro~ima volta, e la vita delle stelle non è, in fondo, che una festa continuamente rimandata. Un capitolo a parte nel romanzo della mondanità di Hollywood spetterebbe alle t!ocktails parties organizzate dalle ditte per permettere a una stella1 a un regista, o a una personalità del momento di scambiare una stretta di mano e quattro chiacchiere con i giornalisti. Gli studi generalmente pubblicano o fanno pubblicare quasi tutte le cifre dei loro colossali bilanci. Ma quanto spendono per queste festicciole è un segreto. E il motivo della discrezione è intuitivo. Se i possessori di azioni delle società sapessero che queui ricevimenti arrivano a costare fino a mezzo milione di lire, sarebbero Presi da palpitazione di cuore e potrebbero pensare che i dirigenti della ditta sono impazziti. Non che tutte le cocktails parties costino mezw milione. Ma per esempio quella offerta per presentare alla stampa Maurice Chevalier, arrivato fresco fresco dall'Europa, costò tanto. Anche quella per Pola Ne~ri costò un sacco di soldi alla ditta. Bisogna tuttavia aggiungere che quella era ancora l'epoca della proibizione e i liquori costavano un'enormità. Oggi un trattenimento del genere costa dàlle settanta alle centomila lire, che è sempre una bella somma per tenere allegri dei giornalisti e disporli alla benevolenza. E infatti l'alcool scorre a fiumi e gli ospiti ne bevono fino a che quasi tutti hanno lo sguardo sognante e il sorriso angelico e molti di essi finiscono per ,edersi non propriamente su delle sedie. f!. quello il momento in cui la stella si avvicina ai giornalisti e col più ineffa. bile dei suoi sorrisi strappa loro pro- (N.,0,J(,) messe di lodi e aggettivi trascendentali. Alcuni di essi al momento di mantenere la parola data non se ne èicordano più, ma molti sanno fare buon vi.so al cattivo gioco e manten,:cono la promessa pure strappata in condizioni di spirito eccezionali. Al tempo della proìbizione gli alberghi non si occupavano dei liquori. Era una faccenda che la ditta trattava direttamente col suo fornitore, il quale non voleva aver guai e quindi non amava che ci fossero intermediari. Per il ricevimento di Chevalier, la ditta aveva ordinato mille bottiglie di liquori vari al suo uomo di fiducia il quale s'era impegnato a mandarle per l'ora stabilita. Ma all'ora stabilita non era arrivata nemmeno una bottiglia.1-e davanti all'ingresso dell'albergo stazionavano una ventina di agenti. t facile immaginare la confusione degli anfitrioni, i quali cominciarono a temere che il loro uomo non fosse stato all'altezza della situazione. Ma dopo pochi minuti il lattaio dell'albergo scaricava dal suo carro un migliaio di bottiglie da latte. Erano piene di alcool. Un gangJter ha una parola sola. A. D. (NllOl'I FIL!:') ill1 ~UI1W DIIIA IIA f,l RA LE TANTE persone che "s'esal- ~ tano alle facili illusioni del cinema, e•~ anche una mia zia: questa donna ha un carattere appusionato e fedele: le sue simpatie per una diva, la 1ua ammirazione spontanea per un giovane principiante, non attraversano mai quei momenti tempe1tosi, in cui quel che una volta c'era caro diventa ad un tratto fasttdiow e repulsivo. Nonostante i disinganni che qualche volta l'amareggiano, i suoi affetti, per quel che riguarda il cinema, sono costanti e sicuri. Neuuno quanto lei ricorda, per e1empio, con tanto devota preci1ione il nome di attori acompani, le trame di film vecchiuimi, gli abiti che una volta indossavano celebri attrici. t una donna, insomma, che ha fatto del cinema una sua seconda vita. Quand'ero bambino, il CO• mune amore per lo schermo ci univa; sempre l'accompagnavo nelle buie e strelH· sale dei cinematografi: e il suono di un pianoforte solitario, sotto il bianco lenzuolo, incoraggiava i nostri sorrisi e, qualche volta, le nostre lacrime. A lungo, più tardi, parlavamo di quel che s'era viuo, e an• siosi, di giorno in giorno, attendevamo i! momento di rinnovare i nostri palpiti Oggi è proprio il cinema, purtroppo. J.,, ragione dei i\Oltri dincn,i. Vedo spcno nei suoi occhi un rimprovero sfiduciato, quando mi vien fatto di dichiarare certe antipatie e dar giudizi che la contrariano. E non osa più chiedermi d'accompagnarla: prcferiKe andar rola, e quasi di nasco.ito, come vergognandosi d'aver,, conservate immutate le sue inclinaz.ioni. Raramente percià mi parla di cinema e di rado tsprime un giudizio. Soltanto quando sente da mc un apprezzamento favorevoli" per un film, O un attore che particolarmente ella. stima, la vedo subito illuminani, quUJ che finalmen1c ritrovane in 111el'antico compagno. Giorni fa, pc1 un ca10, incontrai mia zia alla prima rappre,cnta'l.ione di Erouomo ielte sorelle. Appena entrato, nonostante il buio, subito la riconobbi, in una delle prime file di poltrone, dove di solito vanno a sedersi le persone anziane e miopi. Era sola, con gli occhiali d'oro sul nuo, e rideva, il volto prote10 veno lo schermo. Forse fu soltanto un miucrioso senso ad avvertirla della mia presenza: fatto ,i è che il 10rriso le morl sulle labbu. e Siedi accanto a mc >, mi diue, tcnza osare di guardarmi. E in silenzio, tutti e due impacciati, ci mettemmo a seguire le vicende del film. Quando s'entra in una sala cinematografica. e il film è già cominciato, difficile diventa raccapeuani. Per qualche momento si fanno sfoni per indovinare qualcosa, e capire chi ~ quel personaggio, e perché avviene quel tale episodio. Due o tre volte c),iesi a mia t.ia informai.ioni Prima timidamente, poi sempre più rinfrancata, la z.ia mi rispose. La mia curiosità la incoraggiava e, senza ,mettere di guardare, rapidamente mi elencava i nomi degli attori, finchl, entusiasmata, comincib a raccontarmi anche la trama. e Quello con lrf' barba ~ Bcsoui. Ti ricordi? Ha recitato in T'amerò '6mpre, Vivere, 1 du, misontropi ... t cosl bravo. t il figlio di Gandusio. SI, Gandu1io rappresenta un padre libertino, Bcsoui invece ~ il figlio scrio, un professore di entomologia ; le sette sorelle sono ballerine di1oecupate che fin. gono d'cuer figlie di Gandusio per fani mantenere da lui. li cameriere ~ Tàfano >. Tacque qualche momento, trattenendo il respiro: poi improvvisamente si mise a ridere: e Come sono bravi >, dine. Vedevo il suo profilo bianco spiccare nell'ombra, e i suoi occhi lucidi dietro gli occhiali, Fui preso da una grande tenerezza. S'era voltata un momento verso di mc e mi scone ridere ipocritamente e fu davvero soddi1fatta. L'antica confidenza nel nipote pareva rinascere. Come si fa a non subire l'influenza di certe persone e di certi ambienti? L'allegria di mia zia s'era propagata tra gli spettatori vicini, cd era coa1 sincera, 1pontanea, giovanile, che finii anch'io per usernc preso. E tutto mi parve bello, divertente, vero: mi sembrava d'cucr tornato ragazzo e d'assistere a una di quelle commedie musicali di Lucio d'Ambra, che ancora mia zia ricorda con ammirationc. Le sette ragaue che parlavano, cantavano, ballavano sullo schermo, m'apparvcro incantevoli e disinvolte: le smorfie teatrali di Gandusio, esilaranti; la rigida serietà di Tàf:rno, originale i 1c gambe della signorina Lotte Mcna11 perfette; dialoghi, si• tuuioni e personaggi, nuovi, festosi e umani. Insomma, la compagnia della tia era veramente benefica: un'onda di simpatia era nata in me e si rivenava sopra fotti coloro che avevano pensato e fatto il film, E comprendevo, forse per la prima volta, il miuero di certi succeni; come mia zia, c•~ un pubblico di spettatori affcz.ion.:ui al nostro cinema, un pubblico semplice, di poche pretese, pronto a tutto perdonare:, facile agli entuaiasmi. Per i nostri attori, per i nostri film quel pubblico ha un'attenzione materna, esclusiva, che s'è formata in tanti anni d'attesa. I vecchi clienti del cinema italiano, che ricono1COno sullo schermo Maria Jacobini, Ore• sic Bilancia, Gandusio, ai commuovono. li nostro cinema ha ancora molto di {a. miliare e di « fatto in casa >: è un figlio gobbo al quale siamo affezionati. MARIO PANNUNZIO
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