Omnibus - anno II - n.6 - 5 febbraio 1938

LA NOTTE trn il 1:2 e 13 ottobre del 1846, davanti alla pro• pria casa, al Largo dell' Arcivc- ~covado, in Napoli, veniva rac- ( olto, ;\•rnguinante per le molte ferite c1Ipetto e al ventre, un giovane tenente del genio. Riavuta a stento la cono- \Ccnza, ;\Ila polizia rJccontava, e faceva tc,timoniarc dai parenti, di essere ,1..110 aggredito da un ladro sconosciuto l' di avere riportato qutllc ferite nella lotta sostenuta. Era Carlo Pisacane dei duchi di San Giovanni, notissimo nella città e a corte, ove, giovanetto. era ,tato paggio per quattro anni del re Ferdinando secondo. Nato nel 1818 dall'indolente e devoto don Gcnn.uo Pi-,acanc e da donna Nicoletta Basile dc Luna, rimasto orfano a sci anni 1 a quattordici era entrato nel collegio militare della Nunziatclla, « gloria e sicurezza > del Regno di Napoli. L., Nunzìatella non fu davvero per Phacane un triste reclusorio; anche- perché, a parte talune pratiche minuzio~c e tediose, era la cosa meno horbonica che fosse in tutto il regno. Oltre gli ottimi studi, non era priva di una ct:rtJ. libertà che giungeva fino a poter menare talvolta le mani. Più tri- ,tl', senza dubbio, la c~,sa, ove era vis- ,uto orfano, non amato dalla madre, più sollecita di nuovo marito che della cura dei figli. Figlio cadetto dei duchi di San Giovanni, benemeriti, per lunga tradizione, dclii\ Casa borbonica, per la quak nt>i recenti rivolgimrnti politici, .wcvan patito noie e spogli,uioni da cadere quasi in povertà, facile avrrhhe Jvuto la via agli alti gradi della milizia, di cui ,i mo~trava appa~:,ionati-.simo, w il suo destino, fin dagli anni della primi.l fanciullezza, non fosse stato -.t_•• !{nato dall'incontro di una bambin.1 di quasi la ~ua '>te5-saetà. Compagna di ~iuochi prima ch'egli cntra,;se .t!la Nunziatclla, Enrichetta Di Lorenw ru la donn;.t che segnò a Pisacane un diverso dc.!itino e ne fece un tragico ('rOC. Allorché, nel 1838, dopo ,ci .,nni u...civadal colleg10, durante i quali ,olamenle in cirtostanze eccezionali ,1vl'- Ya potuto avvicinare Enrichetta, giu- ,to quanto bastava per rinnovare l' moltiplicare un amore che già s.1pc.·va incomeguibile, la trovava sposa di un ,uo cugino, Dionisio Lazzari, « om·,to uomo>, colpevole però di non sapcrl' lhC e per rcndrre felice una donna non ha5-tano le ricchezze >. Enrichetta aveva allora diciotto anni, era cresciuta fine e delicata, e di ,traordinaria bellezza. La sua stessa (·ducazionc e cultura l'avrebbero tro- \ ata as..\ai meglio a fianco del cadetto dei duchi di San Giovanni, ufficiale del g-enio di S. M. borbonic;1 e già paggio di corte, che non del buon Dioni$iO Lszzari, più sottile conoscitore dei cavalli del suo fondo di Barra che non dei pregi della giovane sposa. Ma chi avr,·bbe C.\>itatonella 5-cclta tra il ricco Dionisio e il nobili· decaduto? Non certo i pan:nti di Enrichetta, cui que.\>tascelta spettava, gente di banca t' assai cupida di solide parentele. Il lasciar Napoli, come toccò a Pi.!la1dne appena uscito di collegio. ~arcbbc ,tato rimrdio infallibile alla passione .amorosa per qualunque altro. Per lui. rhe un'idea o una passione lo condun:va sempre a estreme conseguenze, non fu che una desolante lontananza. E: a">surdoqu<:5-toamore che ~i impadronisce di un uomo fanciullo e lo se. duce tutta una vita. Nocera dei Pagani, Gaeta, l'Abruzzo, ove per quindici mc,i è addetto all.t direzione di lavori -.tradali, non hanno una parola, un fatto, che lo distraggano. Eppure, scriverà egli un giorno, e non era l'amore il gencn• di pa!'>ionc al quale io era dedito>. ~a, subito aggiunge, « c¼O .!iiha aperto a poco a poco una ,trada, come l'acqua in una roccia, e pcrC'i? una voragine difficile a colmarsi>. li ritorno a Napoli, nel 1843, per la tostruzione di quella <;trada che oggi 1,j chiami.l Vittorio Emanuele, riconduceva Pi,acane accanto alla donna amata. Fon,c il tempo i.lvrebbc portato qualche fatto nuovo nella '>ua vita e lo avrl'bbc liberato da quell'incubo. Egli o,tessocredrva nella cffic,ìCc cura del tempo se chicdc\'a più \'Oltc al <,uo rl' il pcrmc(,50 di arruol.1Ni ncll.l Legione Straniera. L'Africa rnc:diterranca aveva <lnCOrail faM"ino di terra mi.,tcrio~ e !1-apcvaoffrire 1,traordinaric avv(·ntu,e. L'insanabile amon: \j foCl·va <,empre più tri\te e dolorm.o per l'infelicità di Enricht•tta, co- ,tren.a a vivere accanto ad un uomo cht· dia non aveva mai amato e che ora, nrlla intimità dc-Ila vita c:oniugalc, ritro\.'ava co~ì diverso da lei. L'8 febbraio 1847 Carlo cd Enri1h(·tta, -.otto fa)<;0nome, ,'imbarcavano sul po~talc franccM: Leon,-das e• fuggivano alla volta di Livorno. Il ~iorno della fuga Enrichetta, accompagnata dal fratello Florestano. un OABLO PIBAOANE fanciullo quattordicenne, si era recata nella chiesa di Santa Caterina a Chiaia. Dopo aver domandato perdono a Dio per l'atto che stava per compiere, dava a tenere al fratello l'anello donatole nove anni prima da Dionisio in quella stessa chiesa, dicendo di recarsi dal confessore, e spariva nella penomhr..1.ove Carlo l'aspettava. « Non avevo la speranza di c~scrc ,1mato >. lasciav..1. scritto Pisacane ai pan•nti, poco prima della fuga, e ave- \ n ..1.nzlia certezza di non doverlo cs- ,n,· ~iammai; questa certezza e l'idea ddlJ -.ua infelicità amandomi, attesa J.t :-l"_I posizione, mi fece fare i più tl'1 nbdi sforzi per cancellare dal mio cuon· quell'ardente passione: tentai le millt· \Ohe partire per l'estero, ma tutte lt· 'lr,,de mi furono chiuse. Io continu.u ,Hl avvicinare Enrichetta : tra noi non vi era che una corrisponden1.a mut;i, io l'adoravo come l'adoro con la devo11one con la quale si può1 adorare un.i divinità, io temevo di offenderla sol.t111("ntceon un guardo. al suo cos~uo Il· mie facoltà erano sopite, .1vre1M>lam1•11dtesiderato la grazia di potcnni inl!inocchiarc ai suoi piedi e contemplarla. Finalmente Enrichetta m'ha detto j1• ,·aime il 1° giugno 1845. 0,;1 qucst'cpo<a abbiamo sostenuto la lotta Id più 1-roica che si possa Unmaginare. L.1 mia nobile, la mia generosa Enrid11·tt•Lfu da mc rispettata con:ic °:n numr. Non religione, non tema ci -,pmgevano .1 questo eroismo, ma solamente l.1 wmidcrazionc che è mfamc una donru che appartiene ,1 due uomini ndl'epo<:a i,;tessa. ~a questo ,;tato er,1 troppo violento e non poteva durare: lr no,t,c forze erano all'cMremo. I nmtri caratteri sono tali da non potersi pi<'~an• ad una tresca comune. Allora io de,·i,;j di allontanarmi. Ma al mo~ento di scpara:rci i nostri cuor~ vac1lla1ono. lo sarei partito deciso di cercare con tutti i mezzi onde incontrare l.1 morte - se il dolore dell'allontanamtnto non mi avesse spinto al ..u. icidio Enrichetta ne sarebbe mor- ~a .certo ;illora decidemmo di partire m~1eme>. L'ag:grr,~ionc patita, t.' la fuga '>Oprattutto, giu~tificav;tno finalmente la diffusa chiacchic-ra '>u Carlo Pi,;acane e Enrichc-tta Di Lorem:o. Ella poi, con un coraggio trmer.trio, ~i era compromc'isa irrimcdìabilmentC" vi:,ita.ndo ogni ((iorno l'amico ferito. Ncs'>un'altrd 'IOluzione era quindi ormai possibilt; resa inrvit,1bile dal temperamento passionale e al tempo ,;te~~ infks,,,ibile- di Pi,;acanr. Dhn:.,i a. Livorno, non tardJrono ad t·,-.cre ri<:onov:iuti dalla poliiia tO'>Cana, "°llccitata \,·ivamt•ntc dall'Incaricato d'Affari nJ1>0lt'tano, mCh.!--O .i sua volta dal rr in per'>ona, e con reale animo conturb.ato», prrcht fcnni i fuggiaschi « e la donna venga posta in luogo di cuuodia >. Procurati, non si ,a da chi, ma pagdti ca1+,,,,imi, falsi pa\~porti intrstati a Enrico e Carlotta coniugi Dupont, la fuga da LivorrJ t « M::duttore». L'arresto, già preveduto da Pisacane, avvenne appena messo piede nella capitale francese, provocato naturalmente dall'ambasciatore di Napoli, il piissimo duca di Serra Capriola, col pretesto della contravvenzione al regolamento sui passaporti ; ma con la tacita speranza che un'accusa più grave sarebbe venuta da Napoli. « Sono stata dieci giorni nella prigione di tutte le donne pubbliche di Parigi >, scriveva qualche giorno dopo Enrichetta a sua madre, « in una piccola cameretta che chi sa quale donna .1vcva usato prima di me vostra figlia.. e i miei povt·ri occhi credevo perderli per il continuo piangere, ma non mai per la priYazionc ed i disagi, solo per la ,eparazione dal mio Charles, credevamo che il nostro amore non aves~e potuto crescere, ma molto c'ingannavamo, giacché ora che siamo riuniti e per ~mpre, non è più amore, ma delirio». Tentativo quindi inutile nel frattempo, quello ddl'ambasciatore di Napoli, di persuadere Enrichetta ,, tornare alla casa maritale, fatto con discreta dc-licatezza pN il tramite di dtu' pi<' ,ii:nu11· ,. cu11 la gar::rn1ia di un l,ugo perdono. u~citi dal carcere e liberi finalmente dai fastidi della polizia che li aveva pcrM:guitati tre mesi, sarebbe stato sufficiente assai poco a Pisacane per vivcr<' tranquillo con la sua donna. I nutile invece « non essere un asino, non csscrc un vile. avere fortis~imo il corpo>. Egli non era fuggito da Napoli coll'aureola del perseguitato politico; cd anche se il suo caso non doveva .,pparire cosl volgare a Parigi com'era apparso a Napoli, non trovò che una cordiale simpatia, d,tta da quella urnaPERDINANDO Il BE DI :NAPOLI no fu prec1p1tosa. li 4 marzo erano J. Londra. Sosta brevissima e delusione tremenda, Londra, per Carlo Pisacane. Dopo poco più di un mese, vissuto nel povero e solitario quartiere di BlackfriaM 1 Bridge coll'inutile speranza di trovare un onei.to lavoro, nonostante le fraterne premure di Gabriele Rossetti, perseguitati dalla polizia napoletana, furono costretti a ripassare la Manica. Il minore dei mali: ché le sollecitazioni del ministro di Napoli, che ne chiedeva l'cstraPizione, a nulla valsero prci;;so Lord Palmcr:.ton, cui non fu difficile trovare una via di mezzo applicando la legge sugl_i stranie_ri. Jat: tura enorme per chi, ormai <1ua.,, ')provvi'>tOdi denari (a Livorno avevano perduto le valjge nella fuga e ,p<::,0 troppo per i passaporti), doveva risalire una nave e lasciare il Regno Unito. L'America avrebbe portato co~ì lontano gli amanti che ncs,;uno .!li'-arebbe pre-.o più cura di loro; ma mancavano i mezzi t• tro1,po di~agcvole (Orail viag- 'tÌO per Enrichetta. Meno difficile ~istemani a Parigi, l'asilo di tanti c~uli iuli.mi, anche se più esposti alle rapp1e,aglic• della polizia borbonica. La prc11cntazione per il generale Guglielmo Prpc, rilasciata.e;li da Gabriele Rossetti, valse poco. Guglielmo Pepe non mo~trò soverchia simpatia per il na comprensione che la sua romantica avventura ispirava. Del resto nessuna possibilità di lavoro, ma un ozio op• primcnte, se pur non inutile; ché la vicinanza e la familiarità con gli esuli andavano trasformando rapidamente l'animo e il cuore di Pisacane, che da uomo militare si fa uomo politico e da esule per amore di donna, esule per amore di patria. Il dramma amororo ,;i va riducendo nelle sue modeste e più giuste proporzioni di episodio per cedere il posto al più va,;to dramma del cospiratore. L'estrema povertà in cui si dibatte- ,·ano i fuggiaschi, cd ancor più il dc- ,iderio di rivedere i figli abbandonati, mos5,c-roEnrichetta a non rifiutare ncttap,cnte la preghiera, tante volte e in tanti modi fattalc dalla madre e dai fratelli, di ritornare a Napoli. Né Pi- ,,acane si sarebbe opposto, poiché niente, -.criveva, di egoismo vi era nel suo amore. Egli non avrebbe esitato un momento a privarsi di lei ,e ella avesse voluto, e se il suo ritorno a Napoli avesse potuto gioYarlc. « L'amore di ma.dr<.' in lri è forti.,,,,imo >, scriveva ancora in qu<.>igiorni Pisacane (era l'estate del 147), « perché nella sua anima non pos~no aver luogo passioni deboli do\'cndo rassomigliar,i i frutti del medesimo albero. I di~agi a cui con me va ~ggetta le fanno temere la perdita di un pegno che porta nel ~uo seno, e che ci lega: queste due ragioni l'indurrebbero a ritornare in Napoli cd a la.sciarmi, ed io vedrei in questo il suo bene :.. Le condizioni poste dai parenti, di riunirsi al marito e rinunciare al figlio che stava per nascere, fecero naufragare un simile proposito. Ultimo tentativo per salvan,i dall.a miseria : la Legione Straniera ; unico modo ormai che gli restava per provvedere a '>é, alla sua donna, alla creatura che aspettava. E non aveva J>Oi egli aspirato sempre alla gloria milit.1re? Ciò che forse non gli avrebbe mai potuto dare l'esercito di Ferdinando ~condo, glielo avrebbe dato probabilmente la bandiera di Francia. L'an uolamento negatogli da principio, gli wniva alla. fine concesso mercé i buoni uffici del duca di Montebello, minist,o della Marina francese, che Pisacane aveva conosciuto ambasciatore a N;ipoli. Col g-ri.ldodi sottotenente si imh;1rcava a Mar.!iiglia il 5 dicembre, 1:w1 l'Africa. lasci.mdo F.11ricl1t'Uain una casa ,unir.,. dopo averla assi~tita nei g-iornt dd parto cd aver egli stcSM> portato al fontt• battesimale la piccola creatura cui veniva imposto il nome di Carolina. La sottomissione di Abd-('1-Kader al ~cneralc Lamoricière, avvenuta il 13 dicembre di quello ~tesso anno '47, toglieva a Pisacane la possibilità di combattere e gli fru~trava ancora una volta la rinata ambizione. Riprendeva cosi la dura e tediosa vita di guarnigione nella città di Orano. Non erano ancora pa.:.sati tre me.!li che giungeva dall'Italia l'eco dee:li in- -.ospettati avvenimenti della primavera del '48. Egli credette cert.\mente arrivato anche il .!IUO giorno. Senza esitazione, ma non senza difficoltà da parte dei superiori che avevano avuto modo di ilpprczzarc le sue qualità di \Oldato, si dimetteva dalla Legione e con altri italiani sbarcava il 1° aprile .l Marsiglia. L'esaltazione collettiva di quei giorni aveva preso lo stesso Pisacane, il quale, sbarcato, si precipitò dal comolc napoletano e non seppe nascondere l'mgcnua illusione, lui, disertore e adultero, di tornare ;\ combattere sotto la bandiera di FerdU,ando secondo, che aveva 5,ervito fedelmente per sedici anni. Sarebbe stato assai bello combattere la guerra di liberazione a fianco del fratello maggiore, ufficiale di cavalleria, con gli antichi amici della Nunziatella. . L'impazicn~a di a:.pcttare lo svolger- ~, delle pratiche burocratiche, che lo avrebbero dovuto far riassumere ncll'c-~rcito borbonico, lo fece correre a Milano, oYe giunse con Enrichetta e con Giovanni Cattaneo, cugino di Ca~lo, uno degli animatori dcll'imurrez1one, il 14 aprilt•, La città pur nella discordi.a dei pareri e dei I propositi, m?strava ancora il volto delle Cinque Giornate. Il generale Lcchi, comandante dell'esercito lombardo, cui lo :wev~ presentato Carlo Cattaneo, impressionato dal freddo entusiasmo e dalle idee di Pisacane circa la condotta della guerra - poiché allora era lecito ad ognuno interloquire sull'andamento della guerra - lo avrebbe voluto con sé a Milano per organiztare un reggimento di volontari. Una proposta mostruosa per chi era venuto dall'Africa per combattere e non « per trascinare neghittoso la spada per le vie di Milano >. Vi si trattenne nonos,tant~ due giorni, per preparare una rclaz1onc, richiestagli dal Cattaneo: Sul mome,1taneo ordinamento dell'esercito lombardo 11ell'aprile '48. Il 1 7, col grado di capitano, partiva per Descnzano del Garda, al comando di una compagnia di fucilieri. Pisacane era :.tato mandato nella parte del fronte più tranquilla. ove era non un esercito ma una cintura di sentinelle che sarebbe stato assai facile, da parte del nemico, spezzare e travolgere. Di più, una raccolta di uomini di ogni parte d'ltalia, la più etcrog~nca, ~on una gran fede, ma ignara d1 armi e di disciplina militare. Due mr,i duri, ,;uWaltopiano di Tremo~ine. •\ organizzare quelle bande di volontari, a dar loro una forma rudimentale d! combattenti, a fortificare le posizioni affidategli; ma nessuna azione di guerra vera e propria. Prima però che la campagna si esauri"'se ebbe anch'egli la sorte del comb~ttimcnto e il baur ..i.mo del ~anguc. \lei'(() la metà di giugno, Pisacane riceveva l'ordine di occupare il monte Nota ,;ituato tra l'altopiano di Trcmo.!line e la valle di' Lcdro. Azione facile, perché senza difesa. Ma, sopraggiunti gli amtriaci, divenne il pernio di attacchi e contrattacchi frequenti. Pi,;acane ebbe allora il comando delle quattro compagni{· dd settore e, con felici azioni, riuscì a ricacciare per tre volte il nemico al di là del passo di Bcstana, ad oriente del monte Nota Il 26 giugno, all'.,lba, gli au~triaci lo ...attaccarono di sorpresa con forze assai 5,uperiori. Pisacane che non dormiva mai ed era :\.Cmpn: in moto, fece scattare i ~uoi uomini e li pose a difesa, finché non giunse una compagnia di ~ranatieri, chiamati in rinforzo. Dopo cin~ue ore di combattjmento violento scattava ,d contrattacco e ributtava i nemici. Fu allora che a capo dei suoi uomini, « nell'investire un ridotto che gli au• <,triaci s'erano fonnati dietro un masso di pietre e dal quale fulminavano 1 nostri, Pisacane rimase ferito al braccio destro; non pertanto continuò ancora il comando di difesa>. Fortuna per lui che all'ospedale di Salò, ove giunse dopo « due ore di cammino, trasportato su una sc<ilia>, l'intervento tempestivo di un chirurgo riuscì a 5-alvarlo dall'amputazione del braccio decisa dagli altri medici. Allora Enrichetta accorreva da Milano e, come ,i.::iàun'altra volta, a~isteva .imorosamcnte l'amico ferito. li precipitare degli eventi non tobe a Pisacane ogni speranza di giovare alla patria. Nor, ancora guarito accorreva a Milano e si presentava al Comitato di difesa, composto da Manfrcdo F,mti, Pietro Maestri e Francesco Restelli. Il suo piano audacissimo: sgombrare la città, concentrare tutte le forre - cinquantamila uomini - tra Bergamo e Brescia e accorrere in aiuto di Venezia, dopo essersi impadroniti di Peschiera, difc\a dal rhum, fece sorridere gli uomini del Comitato che lo comigliarono a curarM la ferita cd a lasciar Milano. Era a Lugano prima ancora che la l{ucrra fosse finita. La tranquilla cittadina svizzera si riempiva di esuli i quali, come non fossero essi i vinti, 1ncominçinrono nuovamente ad agit.i~i per riaccendere la rivoluzione. ri,acane, nonostante la sfiducia per 1\··l n 1to ~ardo, al quale ormai egli appai t•·nl·va come ufficiale della Oivi- ,iom· Ln111barda,disapprovava le scorrerie cti b.,nde armate, e ogni moto di popolo fon1cntato e guidato da fuori, :-.ccondoil Hrbo mazziniano. Convinto che cospir.v,,mi e congiure « non potranno gi,1mn1ai compiere una rivoluzione e drll'ituomistenza dei vari comitat; im.urt1•11rmalisorti dopo l'armistizio di Sab')cc,, « formati da indi- \'Ìdui i quali prl tt;11tlo110 comandare e parlare in nomt.· dt uu popolo da cui non sono nemme:10 ,·ono,ciuti », si tiene lontano da Maaiui, del quale non ~mbra subire in nc5-)tUJm\ odo il fa- ,cino e dal quale è lout~1ni.ssimoper educazione, carattere t.· lllt ntalità. Allorch~ .quindi nel dit._rrnhrc, col nuovo ministero Gioberti rntt,wide la po~sibilità di una nuova' guena fatta con ~rciti regolari, lasciò la Svinl•ra e rientrò nei ranghi della Oivi.,ione Lombarda di stanza a Vercelli. Sono appena passati due mc,i, e Pi- ,acane è già sazio della vita di guami• gionc. Dil)3.pprova per di più \;1 politica piemontese e gli ripugna ('he a capo dell'esercito sia stato po:-to uno '>traniero. Ma vi erano soprattutto le novità di Roma j la voce di Koma. Il 26 febbraio domandava al ~1inistero un pcrmt:sso e un mese più tardi la definitiva dispensa dal servi1.io. L'B marzo, con Enrichetta. ~•un~cva da Genova a Rom2.. Vi er.l .L,'Ìà tuttr lo Stato Maggiore mazzini.1110.Mazzini ,;tc~..o vi era giunto tre gior111prima, in incognito, da Firenze. e: Mi si presentava >, '>Ci'nI Giu~ppc M~zzini, « senza comnwndatizie; m'era ignoto di nome e. brnché io ri- (orda5,si di averlo alla sfu~ita veduto un anno prima fra quel turhinìo d'esuli che la dedizione regia ro\'l"~CÌavada Milano e· da tutti i punti di Lombardia ">Ul Canton Ticino, io n<lll ,apevo né gli \tudi teorici e pratici, né la ferita • di palla austriaca che lo a\'eva tenuto per trenta giorni inchiodato in un letto, né i principi serb,tti inconcussi i.l~tra~e~o l'esilio e la povrrtà, né altro d1 lui. Ma bastò un'ora di colloquio perché )'anime nostre ,,,'affratellaMCro e pcrch'io indovinassi in lui il tipo di ciò che dovrebbe es~r(' il militare italiano. l'uomo nel quale ti scienia, raccolta con lunghi studi t•d amore, non aveva addormentato, crc.rndo il pedante, la potenza e il genio. 'iÌ raro a trovarsi, dell'insurrezione >. Un mese prima dell'arrivo di Pisacane, a. Roma era stata proclamata la Repubblica. Dai campi lombardi il centro della ri\·oluziom· italiana evidentemente si sposta\'a verso la sua ~dc naturale e legitti111.1 Della sua fortuna, poi, nessuno potl'\;1 farsi illu- ~ione; ma non import,wa. Nece,sario e,ra _soltanto, per i giorni futuri, che I ultima voce veni~se donde unicamente acquistava un senso universale e ineluttabile. Senza Roma la storia non f'. storia, ma trascurnbile episodio. Con l'!mprcsa di Roma. con le sue tragiche giornate, la lott<l per l'indipc-ndenia prcndev~l un , olto nuovo e la sua \'era figura . Jl p, imo e più urgente problema della Repubblica, quello dell'esercito. fu immediatamente posto, e con chiarezza, da Pi\acanc a Mazzini, e ri\Olto con t·,trem.t decisione. Un problema duplice: organizzativo e strateg:ico. Effettivamente Pi~acane non era un militar~ per ed~cazion" soltanto, ma per pa!l'l!One; egh aveva sopra tutti i :,uo1 <'Ollcghivenuti da ogni parte d'ltalia, cd anche dalla Nunziatella. come il suo ami~i~~imo Cosenz e Mezzacapo, il genio dell'organizzazione. I \'Olontari. affiut.•ntida tutti i camoi e da tutte lt· insurrezioni in bande di1:.ordinate ed ana1thiche, dovevano e~sere, senza perder: tempo, inquadrati in corpi regolari. TOMMASO BOZZA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==