Omnibus - anno II - n.5 - 29 gennaio 1938

ILSOF&'D ~(S~!JJt! SWA,G!ll&rì!Ti f:a 11I per consuetudine o dovendo orlQ; dinarc periodicamente una cronaca lettenria, legge libri dì contemporanc1, ogni ta.mo si trova a fare il punto. E se lo farà in pubblico, urà un bilancio di quelli che càpita compilare alla fin~ d'un anno, o in una di quelle altre occasioni in cui pare obbligo volgere lo sguardo indietro; e, se lo farà mentalmente, non sarà un bilancio, ma qua.si un esame d1 coscienza. Se poi il suo esame di coscienza, quel cronista che si diceva, lo porta sulla carta, finirà con l'andare incontro alla inquietudine e all'incertezza d1 tanti, anche 1e le sue parole vorrebbero essere modeste e niente prctenz1ose. Ma un csamc d1 coscienza merita farlo di tanto in tanto, a rischio di arrivare a conclusioni desolate, o a domandarcì a.ddirmura pcrch~ oggi si acriu. I libri dei nostri scrittori contcmPoranei non son letti eccessivamente, e 11 pubblico corre con grande facilità a traduzioni e riduzioni da lingue straniere, fatte spesso non su opere insigni ma soh1nto d1 divertimento. Anzi non è raro che gh scrittori più singolari d1 fuori resuno trascurau. Gli scrittori italiani ruttavia continuano a lavorare: oggi esce un'opera di Bacchelli, domani altre ne uguiranno di Pal&n.cschi, Rosti, Angioletti, :'\folapartc, Bonnnt1, :\1onvia, :'\leoni .. Saranno opere che non otterranno più d1 diecimila lettori. almeno nei primi mesi della stampa; saranno ltbri che non faranno arricchire nessuno. Lo scrittore che non pos- ~cssc altre rendue, o paterne, o provenienti da dnersc att1v1tà, certo morirebbe d, fame. PAGINA t. LLE Ma se gli autori italiani hanno lavorato e lavorano, una ragione deve userei stata, e deve continuare a esservi: merita andarla a cercare, e soprattutto vedere quanto sia valida e quanto capace ancoro d1 persistere. UN ANGOLO DELLA MOSTRA BURREALIBTA Dl PARIGI Gli scrittori italiani intanto sa sono messi a lottare soprattutto col vocabolario, diremmo, e anche con la grammatica c-he serve loro. E non in cerca d1 novità, ma piuttosto d1 espressioni e costrut:i che abbiano una loro naruralezza per il lettore moderno. S1 è schia1 uo cosl quello che è il nostro linguaggio lettcrano: lo si è precisato, insomma si è fatto rutto ~rché diventas.se non moderno esternamente, ma nell'intuno. Crediamo che non n sia maniera più nobile di andare incontro ai lctton. Arrivare a esprimersi con siC\\· rczza e con precisione, 1n modo da far quasi spanre la prosa, è forse più diffi. cde che scoprire quali sono I fam, le CO$C, i personaggi piu aderenti al gusto contemporaneo. Questo è certo; quindi la ne• ccssità di scartare certi modi sintattici, certa punteggiatura, certe parole. Una leetcrarura di un paese Politicamente gio• vane come 11 nostro non pote\'a fare a meno di un simile chiarimento. Se c'è una moderna socu:tà italiana, tutti dobbiar .o ammettere che deve esserci anche una moderna lingua italiana, adatta a ser• v1re agli italiani. Si veda come è a\rvenu• to questo chiarimento. L'attenzione degli autori italiani è andata tutta prevalentemente al linguaggio. La lingua tradizionale non era più adatta o per lo meno dfìcace agli scnttori d'oggi, IYendo perso forse la sua antica semplicità: d1 qui 11 bisogno d1 stare attenti a evitare, con una cura che può e&sere apparsa pedante, molti vocaboli e mohi modi sintattici. Del resto, scrittore è soltanto cru scopre qucUo che è 1I mezzo più efficace e insieme più semplice per parlare agli altri. S1 è avuta cosi, tacitamente, una guerra a molte parole e a molti modi belli e nobili apparentemente, bcnch~ ormai poYeti d1 senso per tutti. Cosi non poco gli scrittori contemporanei hanno servito a specificare, d1 volta in voJta, quello che è 11 nostro vocabolario moderno: quello insomma che può servirci quotidiana• mente. ~on si è trattato di fissare auraveno una accademia quello che è il no. stro leasico; ma ci si è limitati a esclu• siom. Crediamo che sia stata la strada migliore: come sempre l'escludere secondo un'esperienza è molto più efficace dello stabilire secondo alcuni principi. Tuttavia una strada si è dovuta pur seguire. La letterarura italiana d'oggi ha, d'altronde, due origini: da una parte, una illustre tradizione che può essere sempre di grande risorsa; dall'altra, una letteratura venuta dopo :vlan:roni, amabilmente anuclauica, piena d1 modi fa• ciii, dn\'e la prima regola tta nello scrivere come ,i parla•• intendendo il par• lare mediocre e bonario di certa società borghese. La nostra letteratura è veramente ancor chiusa dentro questi termini: fra :\tanzon1 e Carducci, fra Fucin1 e d'Annunzio, e uscirne non può sign1Jìcare che giungere a un linguaggio che non voglia essere né aulico, né bor• ghese, né oratorio, né documentario. La nostra letteratura moderna nun potrà che giovarsi d1 un linguaggio semplice e signorile, e I tentativi in ogni altro senso non possono essere che dannosi Gli scrittori italiani non potranno mai raccontare in orgot, e nemmeno m quel linguaiigio aoprossimati\'O e opaco in u!lo nelle noat1 e famiglie, nei ritrovi borgh~si, sui campi sportivi, perfino nelle scuole. I,a nostra letteratura contemporanea fork ha inteso perseguire soprattutto quella signorilità d1 linguaggio: una signorilità che esclude la pompa e la volgarità, e se non tutte le opere dànno la prova di queMa verità è un altro conto: le 1ntenzioni. comunque, restano molto evidenti. Del resto, si può essere ancora più sommari. Tante \'Olte eh, tiene una cronaca letteraria viene accusato non di troppa benevolenza o di troppa severità, ma di avere preferenze. Ora si tntta d1 preferenze soltanto apparenti. In fondo, nel momento stesso che sceglie i suoi libn, 11 rccen.50re commcia a giudicare, o almeno a seguire un suo criterio che gli viene da una educazione cui mai potrà rinunciare. La scelta poi non potrì avvenire che quasi ad aperrura di pagina; crediamo fermamente che la prosa subito dia a un lettore certe indicazioni essenziali. L.i signorilità che si diceva si acoprirà sempre, anche quando non pencguua del tutto; e il mostrarsi schivi sia da modi daui• cheggiant1 tia da uno scrivere come si parla sarl comunque per noi un merito. 11 romanzo, per esempio, dell'Italia contemporanea non potrl eskre scritto che con quella signorilità che significa St"n• z'altro semplicità e naturalezza; altrimenti non avremo che esercitazioni let• terarie. Cosl stanno le cose. Eppure, siamo tutti d'accordo nell'ammettere come nemmeno una 11imilesignorilità di linguaggio possa dirsi essenziale in uno scrittore: resta sol• tanto indispensabile. L'hanno raggiunta in tanti Oggi, ma le loro pagine non di rado restano ugualmente povere. E cosl, d1 fronte a tanti onesti e me'ritevoli scrittori italiani, \ iene fatto di domandarci: • Che attendono?•· La strada è aperta, 1i è schiarito attraverso il linguaggio 11carattere dell'Italia contemporanea; e agli scrittori par quasi che la fantasia difetti. Dove è senza dubbio un grande pericolo. \'arri poco avere chiarito un linguaggio, e poco a\·ere escluso dalla nostr.i prosa certi vocaboli e certi modi, se ci si limiterà a esercitarci pulitamente sulla pagina. Gli scrittori di scarse e linde pai;cine siamo i primi a rispetrarJi, se non altro perch~ insegneranno sempre a essere letterariamente onesti; ma il rischio che si diceva resta. Non di rado, molti autori italiani oggi ci srupiscono, e non solo quando clipita d1 leggerli in 1rt1coli d1 giornale scntti tanto per empire le due colonne, ma perfino i volumi ~n calcolati, dove li vediamo ri• nunciare con strafottenza e senza ragione alla pulizia che avevano guadagnato sl che la loro iingua torna vecchia e generica. Ci si meraviglia che uno acriva frasi che egli abornrebbc per primo se le legges11e scritte da un altro. E cosi via. Veramente il nostro linguaggio signorile tornerà pro• vinciale, e forse scioccamente oratorio, se la fantasia dt tanti nostri scnttori resterà pigra. Che si attende?• vien fatto di doman• darci. La p1smzia degli autori par quasi ormai sia pari a quella dei lettori. Tutti siamo pronti a ammettere che nell'ultimo decennio sono usciti in Italia quattro o cinque libri meriteYoli; ma è scoraggiante tuttavia il disinteresse in cui ogni opera oade. Ognuno finisce col lavorare chiuto nella sua stanza con un accanimento amaro e solitario; gli am1c1 Stessi quando ai incontrano eYitano d1scor,i che alludano lontanamente a cose letterarie; ai parla d'altro, ci si vuole distrarre; e non s1 aa puchl mai. O perché si è stanchi d1 lamentare una povertà non del tutto dimostrabile; o perch~ quasi ~ venuta a mancare l'illu~ione di un fine comune. I.A v1ta letteraria appartata fu Sf:mpr, la p1u proficua; ma occorre che cosu un sacrificio, che t1a insomma un segno di rtbnegazione non consueta. Oggi invece è molto facile trourc il proprio canruccio; tanto facile che »crve a poco. E così le acque stagnano. ARRIGO BENEDETTI 'jJ' RSOLA si ,..estiva l~ntamentc. e t: domeniu >, pe01av•. Dormire era diventato un piacere; voleva dire CS• sere truportata in un mondo buono, facile e riposante. Appena udl il campanello della porta pro"·ò una sensazione sgradevole. e t un vecchio con un altro vecchio>, annunziò la cameriera grana e lenta. Era Carti, che veniva con altri corvi, quelli che da anni giravano ancora intorno alle cose rimaste. Carti era toscano, d'ott&nt'anni, secco e "'"°· Che co1a c'era ancora da far vedere? L'orologio, l'arauo, il vecchio mobile, la medaglia. Come sempre, quando Irene chiamava, Ursola si raccoglieva come per ricevere un col• po. Ma, questa volta, Irene la chiamava per una ideA che le era venuta in menu·: e Ti voglio dire una cosa: c'è Carti che ha condotto qui Adolfi, sai, quello di Roma. Pare che l'orologio gli piaccia; in tutti i casi mi scriverà. Ma io ho pensato: se tu vuoi momargli le fotografie di qucll'og• getto>. Irene le presentò Adolfi; l'antiquario era grasso e sembrava accomodante. SconfortaY'le ineorag~•ava con discorsi volubili: e Ha anche lei pa.uionc per quc1tc vecchie co.se. Per carità, lignorina, io ho dovuto farmela pauarr. Creda a mc: non ne vale la pc• na. L'orologio? e un tardo Impero; molto tardo, e non di fattura francese, piutto1to dell'alta llalia; non ha le colonnine svelte, è un poco pesante. '.\fa <:erto è bello. Adcs• so, cara signorina, è la merce che manca Prima si girava e si trov:wa roba preziosa S, facevano certi affari! Adesso si gira, si gira e non si trova niente. E quando lei 1i incontra con Rothschild sono delusioni ; lui \·Otrt"bbe comprare la Saliera del Ccllini o un quadro degli U(6rl; è come dire nicn• te. Ma una bella cosa che gli si può vendere non la vuole. Con la moglie si poteva ragionare; io andavo sempre a casa loro; si wn divisi, lei li è JJ)Osatadi nuovo, e lui non compra più. Il suo denuo gli serve ad altro: ora tratta con gli Stati! >. Cani interrompeva: « La signorina ha una spada! Una bcllena I >, e L'impugnatura è Settecento, la lama è Cinquecento, fatta a Toledo >, osservava l'antiquario con umanità: infatti, si pote• va lcggnc Toledo; ma non era una cosa rara; questo Ursola lo sapeva bene, quan• to l'antiquario, e Noi, signorina>, riprcnde"a lui, e abbiamo una cosa sola: la pratica, una praticaccia che non ci (a sba~ gli:ire >. Questo si leggeva anche nei suoi piccoli occhi smaltati, color cognac. Quella apada voleva dire molto di più e Me la regali? > aveva chit 1-, con uno dono la ragana al padre, che aveYa risposto di sl, con distra:iionc. C'erano tante armi nella vecchia cua. Un giorno era arrivato un giovane alto, dal profilo greco, e l'aYeva indicata: e Ecco la mia Spada , Che voleva dire? Era un dannun:Uano. Il giovane acriue poi mohc lettere, in cui parlava della Spada, che un giorno sarebbe venuto a upirc in aeroplano. Erano stravaganti dichiarazioni, alle quali Unola rÌ· spondeva mc-todicamcote; e N~uu mort >. (Qui interveniva ft..e). Puch~: nevu more? Egli le scriveva da tutti i paesi del mondo j e dall'Egitto, e prima di morire>. Quella YOlta Unola aveva tremato; per otto giorni pensi> d'inviargli una figura di sa.nei, e poi non gli ritpo~ nemmeno: r1~11itr more. Era un navigantr. e t terribile per mesi ,cdrre solo acqua>, scriveva. Cono. scev:i le trombe marine, tutti i porti mari<timi, e le avevn inviato del sandalo odoroso. li vecchio arabo Me l'offriva aveva detto: e Ti porterà fortuna>. Ma perché parlatt per metafora' Era alto come gli alberi dei bastimenti; parlava d'un tappeto fatato e Ur10l1, mcn1re gli camminava a fianco, ml selciato sonoro, credeva di seguire un sonnambulo. L'antiquario pont" la spada dicendo: e Io non la farci pulire>. Ursola la ri• pose fra i chiodi. Si salutarono: e Sono fe. liciuimo di aver conosciuto una co1l sim• patica ragaua; vrnga oggi in allxrgo a portarmi le fo1ogralie di qucll'oggc-tto i mi permetterò cti offrirle un t~ >. Dopo colaiione, provava un J>C'SO allo 11omaco. e Non potrò affrontare un tram >, pen1av11.,• cadrò; tra poco cado>. Era cor• sa da Giacomo, ma egli non aveva le foto• grafie dell'c. oggetto>. A fatica riuJCI a far- .gli portare le negati'o'e. ln tram le sembrò di eucre in '\In bagno di nebbia: aveva un tale bhosno di riposo. e Dimenticare l'orologio, la spada, il famoso "oggetto" ,. penava. e Tante ore di fatica, per un guadagno cos} incerto e lon1ano? > In albergo, di fronte all'entrata, era se• duto l'antiquario; aspettava, Quando scorse la ragaua si abò: ma quando si accorse che era accompagnata 1i rimise a sedere. e: Né io né lui iiamo i proprietari della statua; se vuol vedere il bozzetto dobbiamo andare su in colli.,a, si può prendere un tram >, spiegava frettolos.amente Ursola. e: Prenderemo un taul >, disse l'antiquario, incuriosito. Ciunlf"ro davanti a una villena Al can• celio trovarono il proprietario dignitoso, forse un poco sprtzunte. Li introdmse in una stanu accogliente, piena di mobilio: il letto s~arrava il pauaggio tra la porta e la ta\'ola da pranzo. Il padrone di casa aveva un'aria raccolta e ferma: senu preamboli, l'oggetto pre-~oso hl messo nelle mani dell'antiquario. L'c oggetto> era una natuetta quattro• ccntcsca, cosi almeno pretendeva il suo proprietario che l'aveva trovata in un sol• toscala, abbandonata L'accarcz:z:ava, e Vedete che meraviglia I e un Donatello >. E alzava i sopraccigli. e e. il bozzetto drl Davide>. In acgrcto, faceva il giro degli amici mostrandola e facendola fotografare. E gli amici, a turno, si adopeta\·ano per tro• ,·a.re o il e ..,ero> critico d'arte, che potes• se certificare, o il c.convinto > compratore. Inta.nto, il povero proprietario del te~ soro aveva impc&nato gli ultimi orecchini della moglie e li avrebbe volentieri venduti, per poteni muovere con il suo capolavoro, ma la moglie s'era opposta. Cli amici, con molte o poche illusioni, gravita• vano intorno all'affare. Alla vista del marmo l'antiquario trasall: e Ma questo è di cent'anni (a! Sarà ma• gari del Canova, ma ooo ha molto più di cento :inni >. Tutto crollava. Nessuno parlò. Dopo la pausa che aveva impallidito lequattro facce, la vittima del tesoro decorosamente si ripresentò: e Io sono un arli.Jta, uno scultore. E:. mia (e:rma conYinzionc che questo è lavoro di Donatello e prcci1.amcntc un bonctto del David >. Aveva sostenuto il colpo; la sua fede: e:ra incrollabile, cd cblx compauione dell'antiquario. Adolfi arrotondi, gli occhietti e si mise a carcu:.-.rc il e Donatello > con dita esperte: e Se mancasse la letta si potrebbe te1mbiare per un torsctto greco. Ma la testa! Non \,cde come è inespressiva? >. e Nessuno prma che ha la foglia di fi. co >, si diceva Unola, spaventata da quella ignoranza e Perché non mo1trate la lettera di Ezio?, interruppe Ursola. Lo tcultore comincil> un lungo racconto della sua visita ad Aleuandro Et.io e ri(crl le parole di mcra\'iglia del grande critico nel vedere il boxu:tto. La lettera diceva prudentemente che il marmo era quasi più bello del e vero > David. Ma IL chi atui• buir!o? < Nemmeno Ezio a,·cva pensato alla foglia?> pensava Ursola. e Neuun lavoro di Donatello aveva la foglia, fuorché un angioletto che- è a Londra, e (o~ gliela avevano mcu.a. in quel musco >. Sul ,·olto dell'antiquario apparve un lieve mutamento; con prudenza cominciò a dire: « Non tanto per le parole della lettera, che nulla affennano, ma perché lei mi ci porta, comincio a convincermi anch'io. Ezio è molto ~tra\'agantc, tuttavia è sempre una autorità. e in America fa legge. Se lei riu• ,ciri. a fargli 1criYcre che è di mano del Donatello, allora potrà venire da mc. Per l'America ci penso io, Bi.ogncrcbbc affrct• tarsi, li dia da fare. Senza l'attutato di Ezio la statua non ha interesse >, Lo 1cultorc si rasserenò; si dava delle arie crmC"tiche. Prese la statua e la poggiò sul pianoforte, noncurante. e Per carità >, 1<:ongiuròl'antiquario, e SC" cade, lei dirà che Ado16 è jcttatore I ,. Lo scultore non si commosse; ciò che lo distin- ~ueva era il suo senso di sicurcua. Cli occhietti smaltati girarono per la nanu: e Che cos•~ lauù? >, Lo scultore fece Kcndcre dalla crcdenu un angiolo annunziante senza ali, di legno colorato, con u'i, vcnito quattroccnte,co con la pancia. e P. carino, ha un volto soave ; quanto l'ha pagato al rigattiere? >. e Una lira >, ri•pose umilmc-ntc lo acultore. e Bravo, cosi si deve comprare. Lei è un bravo giovanotto. Clic:nr offro duecentocinquanta: mc lo dà?>. L'angelo con i buchi di tarlo, il naso schiacciato e l'espressione sensibile, fu av- ~•olto in un giornale. e Adesso spetta. la pcrcc:ntualc alla signorina, compreremo dei cioccolatini •• dice• va allegramente l'antiquario, e poi l'accompagnerò ,dl'Augusteo >. e Oh >, rise Ursola, e è così tardi,. e Augustro e cioccolatini >, pensava, e due cote spiacevoli >. Adolfi riprendeva: e Ezio è un uomo che sfugge... Peccato, se il bozzetto fosse di marmo duro non ci sarebbe bisogno nemmeno di Ez.io, si venderebbe da sé; ma è pratolino, friabilc:, friabilis\imo ! Mi dia un temperino>. ti proprietario si rifiutc}. e Lei è un giovanotto intelligente, si dia da fare>. Ripartirono tutti in tassi e discesero dinan1i all'albergo. L'ancjquario, senu guardare il tassametro, domandò: e Qua.nt'P >. Al sc:ntirc la cifra cominciò a strillare: e Come sono cari i taul qui >. Il condu~ente strillò :inchc lui e si fece pa'{uc come volle. I cioccolatini furono dimentic:ati. tutti e quattro sentirono il bisogno di ialutarti frettolo,amente. Lo scultore dette venticinque lire e in conto > all'amic:o, per le fotografie i era tar. di per comprare un cappello. s; awil, verso casa fantasticando. Urtola trO\'Ò1a casa deserta: nell'aria, una tensione, un fastidio, come per un prossimo temporale. Sul tavolo, e bene in vista> un'ingiunzione dell'agente delle 111sc e lo scatolino vuoto delle pasticche contro il mal di capo. ANNA ROSSI FILANCIERI ( LETTERA ALDIRETTOR ) P!B ESSEBJE ~a®'w~ fil AKU UlREITORE, >0110 wra• ~ mente senza numero gl'inviti a lavorar male che un mio amico, giovam• letterato di un certo peso, riceve ogni giorno, E d'altronde il suo non è un caso unico. Ho as~islito a conve~aLioni fra padre e figlio, in cui il padre raccomandava al figlio quello che, nei tempi 1ra(;coni, gli avrebbe rimprover:no, e il figlio domandav;1 al padre quello a cui, nei tempi trascorsi, avrebbe dovuto rispondere. Non perdersi nello studio, non interrogare troppe volte Ja coscien7.a, fare una cosa qualunque, senz.i badare all:i. ~ua durata e al suo valore, andare avanti ! Ecco le regole che, nel campo intellettuale, la generazione dei padri (ben diversa da quella dei nonni) ci raccomanda, e alle quali non dirò che molti giovani \i rifiutino di obbedire, ma qualcuno, senza dubbio, comincia ad opporre la sua pcrple\sità. Lasciando al termine e andare avanti> il si• gnificato che ha preso tcstè, quel mio amico mi ha confessato che, con tutte le ~ue forze, desidera andare indietro! e Non perdcr-.i nello studio! >. Con questa regola \Ì è creduto di trovare le vie dell'originalità, e di ringiovanire le nostre forme. E invece, in un'antica civiltà come I.i nostra, l'unico modo di difendersi dalla vecchiezza, che c'insidi;t fin nella culla, è proprio lo studio. Un lun~o, minuzioso, accurato studio· '>Olo c~so po,,icde ocr noi l'elisir di giovinezza; solo esso può evitare che sulla nostra bocca vengano a finire vecchie fr;1,i di vecchie mode, che nella no- ~tra persona ,i diano convegno i più buffi e u.sati gc.sti dei nostri antenati. Giacomo L,<.-opardi soleva i,tudiarc le parole italiane una per unn, guardandovi dentro con )(' lenti. E faceva bene. Talun<· parole, adcpcrate da pes~imi ingegni, hanno onnai acquistato il potere di C'iOrtare al brutto la fanta~ia: bi'iOgna, se non scartarle, almeno adoperarle cono\cendone la storia e i vizi. (Un esempio? e Sororale>). In un'antica civiltà, is-norarc non ,j. gnifica e~re ingenui : <1gnifica, al con. trario, essere corrotti ; perché l'ignorall7..a non es..~ndo mai totale (e in qut \tO ca.o;o iii sarebbe incapaci di parlMe C' di leggere), ignorante è colui che ,1 tro\·a fra le mani un materiale di cui non conosce la vecchiezza e il ridicolo. una lingua non materna (q_ue!ita si consuma nei primi cinque anni di vita), ma piovuta malamente dalla letteratura. Se l'ignorante apre la bocca, un numc-- ro straordinario di libri sbagliati gli presterà le sue frasi pc,giori. Se ,i muove, i fili della sua figura cadranno in mano, non al buono, ma al cattivo genio dell:i razza, al più crudele dei burattinai. Chi disprezza il lungo studio, in Jtalia, rifiuta di difendersi da c1uella vecchiezza, in odio alla quale dice di non o;tudiare. J nostri spettacoli di teatro o di cinema, la nostra letteratura, la noe;tra art(' pcw-0no diventar giovani solo dopo un lungo e paziente studio. Si è vhto c~'ha prodotto da noi il futurismo. In ll<'ssun periodo si scntt· il petrarchismo, il bembismo, il tassismo, il dannunzianesimo, ere., come in taluni spezzati periodi di poeti f utu• risti. In qucll'in\'ersione sintattica, in quelle apocopi e ~incopi, la lingua ac• qui,ta la medesima giovinrzza che può acquistare nella balbuzie di un vecchio. La "K>rtcdi qur,.ti poeti non finisce di commuo"·ermi. Sprovvh.ti di studio, ignoranti delle regole, la macchina della no"Jtra lcttrratura li ha stritolati. E il cinema? Qui la questione è più che altro della figura umana. Un popolo an11co come il nostro ha il \'i'0 di chi ha troppo vegliato: tutti i ~gni della fatica, della guc:rra. del litigio, dell'amore, del canto e dell'oratoria sono impressi nei suoi lineamenti. Un itali:mo nasce con un corpo che è come uno ,trumento troppo risonan• te : il minimo movimento imprime· a questo corpo una espressività cento volte superiol'e alle intenzioni e tal• volta alb opportunità. Lo studio -:oltanto può impt.·dire ai nostri gesti di riempire una Manza o il quadro di un film di un vero diluvio mimico. Se io fossi rcKi,ta e dove"5i riprcndt"re un vi~ nell'atto, per C'IC'mpio, di fare una smorfia amara, direi al mio attorr italiano: e Pema di fare una ,;morfia, ma guàrdati dal· farla! ». L'obiettivo ingrandfrà talmente i minimi guizzi del viso, e il no!',tro viso è talmente pronto e vibr,lrc, che il solo pensiero di una smorfia, ~cnu che sia eseguita, darà al vie.o dell'italiano qu,\nto basta per cavarne il quadro di una ~morfia amara ed efficace. Io non ho autorità per dare una regola, ma vorrei pregare qualcuno, cht' l'a\'essc, di dimostrare come da noi \Cn1..a Mudio, senza una lun~a pazien• z.a, S('nza un lento maturarsi non ~i p<h- ,a fabbricar nulla che sia grande e non grandioso, bello e non meraviglioso 1 'lingolarc e non enorme, nuO\'O e non barbarico. Cordialmente VITALIANO ORANGATI

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