ION I!. ANCORA possibile un'opera documentaria completa e definitiva sul Patto di Londra del 26 aprile I g 1 5, che associò l'Italia alla Triplice Intesa nella guerra contro le Potenze centrali, fissando per essa i compensi territoriali in caso di vittoria. Una simile opera richiederebbe che da parte di tutte e quattro le Potenze che presero parte alle trattative si pubblicassero integralmente i documenti. Soltanto la Russia bolscevica ha pubblicato i documenti rinvenuti negli archivi zaristi. In compenso, però, questi non sono soltanto documenti rll'-SÌ, ma anche dispacci degli altri governi ai loro rappresentanti in Pictrogrado, intercettati a suo tempo dal governo dello zar e decifrati almeno parzialmente. Si ag. giungano le numerosissime pubblicazioni di memorie di ministri e ambasciatori che furono parte nelle trattative: Salandra, Tittoni, Poincaré, Paléologuc, A.squith, Lloyd George, Sazonov, ecc. Una prima ricostruzione dj quella vicenda diplomatica, condotta con ampia infonnazione e rigoroso metodo scientifico, ce la diede alcuni anni fa il prof. Mario Toscano, docente di diplomazia e storia dei trattati nella R. Università di Milano, in un'opera edita daJlo Zanichelli e ripubblicata in questi giorni coi dovuti a~iornamenti e col sussidio delle indagini più recenti. Si voglia o no, il Patto di Londra fu l'istrumento diplomatico più importan. te della guerra mondiale, e questo giustifica gli studi dt cui continua ad essere l'oggetto anche se tali studi non sono per nulla agevolati dai governi che sarebbero in grado di chiarire molti punti tuttora contestati. Sono tre le fa-ti attraverso le quali pasW quel negoziato. La prima va dalla nostra dichiarazione di neutralità (3 agosto 1914) a11adecisione del governo italiano di rinviare l'inizio delle trattative ufficiali a quando la posizione militare e diplomatica dell'Italia fosse consolidata; la ',.i'Conda,da questa decisione fino alla presentazione al governo inglese del memorandum italiano contenente le proposte ufficiali (4 marzo 191~); la terza dal 4 marzo alla firma del patto (26 aprile 1915). Nel primo periodo v'è l'iniziativa degli alleati, e particolarmente della Russia, per trascinare con sé l'Italia; nel secondo ogni contatto fra le due parti sembra cessare, ed è questo anche il pedodo in cui si svolgono le trattative di Sonnino con l'Austria; nel terzo l'iniziativa è presa dall'Italia, che riesce sostanzialmente ;, far accettare le sue condi:tioni, nonostante le resistenze russe. L'Italia non aveva ancora dichiarato ufficialmente l:i sua neutralità, - e anzi non esistrva ancora lo stato di guerra fra Francia e Germania, né fra Russia e Austria, - che già fra Parigi e Pietrogr;1do si parlava di un possibile intervento dell'Italia. In un dispaccio del 1° agosto l'ambasciatore russo a Parigi, Jswolski, riferiva al suo ministro l'opinione di Poincaré che convenisse attirare l'Italia da parte dell'Intesa promettendole Valona e la libertà d'azione in Albania. Non si capisce come Poincaré potesse credere sul scrio che questi compensi - per i quali l'Italia, data la situazione creata dalla guerra, non aveva che da stendere la mano - potess(•ro essere sufficienti per una decisione così grave. L'iniziativa verso l'halia viene assunta subito dopo da Sazonov, che all'Albania associa il Trentino; ma il nostro ambasciatore Carlotti gli fa subito notare che c'è qualche altra cnsa che preme particolarmente aJl'ltalia, cioè assicurarsi una posizione predominante nell'Adriatico. A questi sondaggi prende subito interesse il ministro degli Esteri inglese Grey il quale dichiara, d'accordo col governo francere, che si sarebbe disposti a consentire l'unione all'Italia del Trentino, di Trieste e di Valona. Compare qui un altro punto capitale, Trieste, mentre rimangono ancora in ombra Istria e Dalmazia. Dei tre governi dell'Intesa, il più frettoloso rimane sempre quello russo che, accettando i tre punti di compenso indicati da Grey, vorrebbe si facesse immediatamente una proposta ufficiale all'Italia. Ma Parigi e Londra trattengono la foga del ministro russo, facendogli comprendere la delicatezza 0ella posizione italiana e la necessità di astenersi da qualsiasi passo che avesse aspetto di pressione. Il ministro Di San Giuliano - la cui larghezza di vedute in quegli ultimi mesi della sua vita appare sempre di più - aveva già fissato i suoi capisaldi per il momento in cui le trattative avessero dovuto cominciare. l negoziati avrebbero dovuto aver luogo, nel segreto più a~oluto, solo a Londra; le Rotte francese, inglese, italiana avrebbero dovuto agire d'accordo; le quattro Potenze si sarebbero dovtHC impegnare a non fare pace separata. L'esclusione di Roma come tede delle tratta· tive era naturalmente determinata dalla presenza degli ambasciatori austriaco e tedesco; la scelta di Londra, probabilmente, dalla posizione più libera dell'Inghilterra di fronte alla Russia. Ma Sazonov continuò egualmente a premere in maniera poco opportuna per ottenere una decisione dcli' Italia, fino al punto d'immaginare un'azione delle flotte francese ed inglese a Valona; idea che viene respinta dai governi francese ed inglese. Sèmbra che per lui il diritto dell'Italia ad una situazione preponderante nell'Adriatico si riducesse al possesso di Trieste e di Valona. Di San Giuliano tagliò corto alle pressioni, facendo sapere il 27 agosto all'ambasciatore russo Rupenski e a quello francese Barrère che l'Italia non aveva intenzione di derogare alla neutralità. Si trattava, naturalmente, di una decisione temporanea, che aveva solo lo scopo, come s'è detto, di dare all'Italia il tempo sufficiente per la preparazione necessaria nei diversi campi. La sosta servì ali' Italia innanzi tutto per preparare l'intervento in Albania senza compromessi con l'Intesa ; ciò che riuscì nonostante un tentativo cli opposizione russa. Inoltre fu stipulato un accordo di grande importanza con la Rumenia, per il quale i due governi s'impegnavano a tenersi in contatto per concertare il loro atteggiamento e a non uscire dalla neutralità sen1.a un preavviso di otto giorni. Ma il Di San Giuliano si preoccupava anche delle condizioni generali di un intervento italiano, desiderando assicurarsi che l'Intesa non avrebbe concentrato tutto il suo sforzo contro la Gcnnania, risparmiando l'Austria. Infine il 25 set· tembre, spinto forse dalla notizia delle vittorie russe in Galizia, egli comunicava all'ambasciatore a Pietrogrado, Carlotti, una ,;erie di punti fondamentali: obbligo di non concludere pace separata, convenzione militare e navale, le frontiere naturali fino al Quarnero, la direzione delle operazioni navali nell'Adriatico all'ltalia, partecipazione a una spartizione eventuale dell'Impero ottomano, compensi coloniali. Si accenna ripetutamente anche alla Dalmazia, sulla quale, tuttavia, le idee del ministro non appaiono ancora determinate. lmportantissima la clausola secondo la quale le quattro Potenze si sarebbero dovute accordare per il mantenimento, nel dopoguerra, dell'equilibrio raggiunto. Di San Giuliano, a quanto pare, aveva rinunziato quasi subito ad ogni idea di trattative con l'Au<iltria. Il suo successore Sonnino, invece, rivolse dapprima la sua attività diplomatica al tentativo di ottenere dall'Austria compensi per il mantenimento della neutralità in base all'articolo settimo della Triplice. Il Toscano non dubita della serietà di queste trattative sonninianc, rilevando in particolare il telegramma inviato dal ministro italiano al nostro ambasciatore a Vienna per un eventuale intervento di Caterina Schratt sull'imperatore Francesco Giuseppe nel senso di farlo aderire alle proposte italiane. Certo è che, fino al mar-LO1915, non risultano più trattative di sorta fra l'Italia e l'Intesa. Le Potenze di questa impiegano il tempo a discutere fra loro sulla parte da farsi alla Serbia e sulla necessità o meno di ottenere l'intervento italiano. Sazonov è quello che si mostra desideroso di farne a meno, in aperto contrasto con gli altri due governi. Finalmente Sonnino nel febbraio constata la renitenza dcli' Austria a trattare sul serio e spedisce all'ambasciatore Imperiali a Londra il testo delle nostre ri~ chieste all'Jntesa perché lo tenga pronto. Il 3 man:o, perdurando l'atteggiamento negativo austriaco, gli dà ordine di comunicarlo a sir Edward Grev ; ciò che avviene il giorno seguente. Incomincia così la fase delle trattative vere e proprie fra Italia e Intesa. I punti del memorandum primitivo sono i medesimi di quello finale, cioè del Patto di Londra; soltanto, il governo italiano s'indusse a fare alcune riduzioni. In sostanza tutte le discussioni si concentrarono intorno alla Dalmazia; cd è notevole come Sazonov, ardente sostenitore delle aspirazioni slave, non facesse alcuna obiezione all'attribuzione della intera Istria all'Italia, diversamente da quel che fecero J)(lÌ i programmi jugoslavi. JI governo italiano rinunciò a Spalato e alla penisola di Sabbioncel• lo; ma resistette con successo alle pressioni di Sazonov perché le coste dalmate assegnate all'Italia venissero neutralizzate, mentre riuscì a mantenere l'obbligo della neutralizzazione .delle bocche di Cattaro da parte della Se,. bia. Un'altra grossa questione, non più riguardante le clausole territoriali, fu sollevata da Sazonov circa la data dell'entrata in guerra da parte dell'Italia. Qui il suo contegno ha qualche maggiore scusante, perché, con t~t~a probabilità, egli avrà avuto nottZ1a dell'offensiva tedesca in preparazione nei Carpazi e avrà dovuto fare i conti egli stesso con le pressioni dello Stato Maggiore russo. Ma, d'altra parte, il termine di un mese dalla firma dell'accordo, su cui insistette l'Italia, era richiesto dalle necessità imprescindibili della nostra preparazione militare. Se ne resero perfettamente Conto Francia e Inghilterra; ma ci volle l'intervento personale di ,Poincaré e di re Giorgio presso lo zar per costringere Sazonov a cedere. Che cosa bisogna pensare, dal pun_!o di vista degli interessi italiani, del Patto di Londra? Per il confine nord-orientale e per la nostra posizione navale nell'Adriatico si può dire che il patto provvedesse a quanto ragionevolmente si poteva desiderare. La fatale lacuna di Fiume è nota, e un documento non citato dal Toscano conferma come l'attribuzione di Fiume alla Croazia fosse una concezione propria di Sonnino quale compenso agli jugoslavi, sia che la Croazia rimane~e unita ali' AustriaUnghcria, sia che se ne distaccasse. Le due ipotesi sono ~plicitamente contemplate nel detto documec110 1 che è un dispaccio e riservato speciale > di Sonnino del 21 marzo t 915 ai nostri ambasciatori di Londra, Parigi e Pietrogrado. Esso suona testualmente così: < il movente principale determinante la ,iostra entrata in guerra a fianco dell'Intesa è il desiderio di liberarci dalla intolltrabilc situa(.ione altuale di inferiorità nell'Adriatico di fronte al4 l'Austria per effetto delta grande diversità delle condi(.ioni fitiche e geografiche delle due sponde dal punto di vista della offesa e della difesa militare, diversità che è stata re.di più graue dalle armi e dalle forme della guerra moderna. Pel resto l'Italia potrebbe probabilmente conseguire la maggior parte dei desiderata na(.ionali con uri semplice impegno di mantenere la neutralità e seri.(.aesporsi ai terribili rischi e danni di una guerra. Ora rion varrebbe la pena di metterci in guerra per liberarci dal prepoterile predominio austriaco nell'Adriatico quando dovessimo ricadere subito dopo nelle stesse cond~- t.ioni di inferiorità e di costante pericolo di fronte alla Lega dei giovani ed ambi(.iosi Stati jugoslavi. « Per queste ragioni dobbiamo insistere anche sulla neutrali«a(.ione della costa da Cattaro inclusiva fino alla Voiussa. « Alla Croatia, sia che resti unita a~- l'Austria-Ungheria sia che se ne distacchi, resterà la costa da Volosca fino alla Dalmatia, con le isole più prossime di Veglia, Arbe, Pago, ecc. Come port~ principale avrebbe Fiume, ollre altri porti minori ,iel Canale di Morlacca. e Alla Serbia ed al Mo11tenegro1 che probabilmente si fonderanno o si consocitranno presto, resterà la costa dalla Narenta fino al Drin, coi porti impor• tanti di Ragusa e di Cattaro oltre quelli di Antiuari, Dulcigno, S. Giovanni di Medua e le foci della Bojana, i quali tutti possono servire di sbocco a ferrovie trasversali, dando accesso al mare, sen{a uscire dal proprio territorio, alla Bosnia-Er(.tgovina diventata presumibilmente serba ed a tutto l'hinter• land serbo-montenegrino. e Ali' Albania centrale musulmana resterebbe Dura«,o. e La Grecia manterrebbe l1Epiro oggi da lei occupato provvisoriamente. < Le principali cittd della Dalmat.ia sono rimaste prettamente italiane mal• grado sessanta anni di pertinace politica slaviaante dell'Austria, e così pure ll!OOBDO DI PAOLO BO8ELLI !IATO NEL 1838 buona parte delle isole prospettanti la costa. e Lo stesso Satonov nell'agosto scorso ammettevo che la Dalmatia "da Zara a Ragusa" (non disse nda Zara e Se· benico ") andasse all'Italia, se questa prendeva parte alla guerra a fianco dell'Intesa. « Quanto all'entrata in ~a.mpagna a metà aprile, ciò non è possibile. « Come dissi nelle mie proposte, non possiamo assolutamente pren~ere i~- pegni per prima della (me d, . aprile. Difficoltà svariate opposte ,_rmstentemente da J ,ighilterra e Fra11c1aostacolando le nostre importationi destinate alla prepara,ione dell'esercito, come la fermata delle navi dall'America recanti cavalli e altre provviste (vedi ad esempio mio telegramma di ieri N. 944) ha,ino reso ben arduo il compito di mantenere la stessa data della fine di aprile. . . . . e Prego V. E. esprimersi m questi sensi con Sir E. Gre_y. e SoNNrNO > Si tratta di un documento notevole sotto diversi aspett: Prima di tutto es• so smentisce definitivamente che l'attribuzione di Fiume alla Croazia fosse dovuta a pressioni estranee. Fu l'on. Sonnino che la concepì come un com• penso agli jugoslavi, ed elementi di compenso nelle trattative eventuali dovevano essere1 per lui1 l'Albania settentrionale e meridionale. Pare poi fuori dubbio che l'on. Sonnino considerava la guerra già decisa fino dal 21 marzo: le prime parole del dispaccio appaiono sufficientemente esplicite. Vien fatto, adunque, di pensa• re che le richieste presentate ali' Austria diciotto giorni dopo, 1'8 aprile, non ve. nissero considerate dall'on. Sonnino come un tentativo scrio di concludere l'accordo; e che, in complesso, le trattative con l'Austria non fossero - secondo che molti già allora credettero - nulla pilt che un espediente diplomatico. Comunque sia, quello che più importa è rilevare quale fu, ~condo questo documento, il varo e preciso movente della nostra adesione all'Intesa. Resta acquisito che nel marzo I g 15 l'on. Sonnino ronsiderava la guerra inevitabile, come la consideravano gli interventisti, ma per motivi del tutto diversi. Mentre per gli interventisti l'I t.."llianon poteva non partecipare alla guerra perché alla guerra la sospingevano fatalmente, oltre che le secolari aspirazioni, la necessità.di prendere una posizione di primo piano nella formazione della nuova storia europea; per !'on. Sonnino il movente decisivo dell'intervento è « il desiderio di liberarci dalla intollc.rabile situazione attuale di inferiorità nell'Adriatico». Per il resto, per « la maggior parte dei desiderata nazionali >, era opinione dell'on. Sonnino che l'Italia avrebbe potuto conseguirli .- con un semplice impegno di mantenere la neutralità e senza esporsi ai terribili rischi e danni di una guerra >. Concezione limitata, che avrebbe finito per compromettere le stesse aspirazioni strettamente nazionali, come ben videro gli interventisti della prima ora; concezione che non fu poi possibile mantenere perché le ragioni ideali della guerra si palesarono più forti di qualsiasi calcolo particolare, di qualsiasi « sacro egoismo». Nel suo volume L'intervento l'on. Salandra riconosce esplicitamente che né Sonnino né lui possono e esimersi dalla responsabilità dell'abbandono di Fiu• me» nella redazione del Patto di Londra. ,\ J!iustificazione di tale lacuna l'on. !::,.,,aandraricorda « la necessità inevitabile per quanto penosa > di e subordinare nella misura possibile, tuttavia in misura non irrilevante, i criteri etnici e linguistici ai criteri strategici e commerciali». 1:: la verità. Le memorie di Salandra confermano il dispaccio di Sonnino. Chi, fino dal 29 gennaio 1915, avvertì e segnalò come inevitabile la questione di Fiume, fu Mussolini; e con Mussolini i due più vecchi parlamentari del tempo, Marcora e Bosclli,. decano ·quest'ultimo della Camera. « Più per ragioni idt•ali che per ragioni di indole economica >, 5criveva giustamente Mussolini. L'errore capitale dei nostri uomini di Stato fu di avere perduto alquanto, nella tenace dif~rt dei nostri diritù adriatici, la visione d'insieme dei nostri interessi mediterranei. L'articolo relativo del Patto (art. g) è molto indeterminato e lo stesso Salandra riconosce di essersi acquetato troppo presto ai dinieghi di Grey per quanto concerneva i compensi orientali e coloniali. BONTEMPE ACCADEMICO D'ITALIA VITA E MORTE DI ADRIA E DEI SUOI FIGLI NUO//A EDIZIONE COLLEZIONL ''LIBR,I AZZUR,Jtl"' Lll(E IJ Sr ,'è un /i/,ro /,ontm,prl/i,11,ofino All11r11Jia r prr nientr djf,,110J,1n- """{i11Ho, ; /un lfllnlo. Nel renJrre 1'11t1110,jrrAim1,rol,ile,rrist11l- /i{{"I", fr111ot""'"' l',urr UH{ll trmpo in rui AJri11 1.1iw, Bonlnttpr!li, ,urror1111n1v1oftA,/11 proJigi. A,uar11 11,r" •·alt" rtli ualle in 'l"e//11mi,trriou 11/,J,;,,,;" ,tili,ti,11 pu cui rieur 4 1lr11pp11r(i 111/11 rr11/t/t II J,,riA J; pruisiane Ji ,l,i11U{{" Ji J<1rrmin11{ione J; /rr• mr{{A viuu/11. Adri.1noTilKhcr {P•ri• J, R•--•J AJrid ; lul/i11i,,,11. Bel/" "" /"r p11ur11,ritrr{{O pr,si1101 e 1ft1nlo !,AslrreMr II p11/e111r/r111111n11furA J~moniAtll. il.E.1111J1a1pp11re "' h11l/0, ;,, 11u/ /1111ga 11bita Ji piume1 t"nfo 11Jrrrnfe 11/ rorpo ,J,e le piumr u#lhrtmo tJi.,r 1111/11 pelle 1.1iv11 1 rrdl11 e i1t1p1111il,ife 1 mut11, il frtlorr pr111" ,,d,ito 11ll'111t,~elea 11/ urpentr ... Euguio Bm:uctti (~t(rft,.,M P-,..4) EMILIA SALVI ON I I NOSTRI ANNI MIGLIORI LI f/.E 12 Emili.1 Salvioni, scrittrice .asui nota spccia.lmcntc negli a.mbicnti ca.tto!ici,ottenne qualche anno f,. un bel successo di critic:1e di pub· blicocol romanw D"mAra, scgn..ilato nel concorso dcll'Acudcmi.a Mond.1dori.Un successomaggiore merita questo suo nuovo romanzo, opera più matur.a e singolumcntc frescae viv.a.Alla vigili.1 dellagr.andc gucrn, un gruppo di giov.ini e f.anciullcsi trov.1riunito su una spi.aggia muina. U giornat.a estiva scorre: lunga e soleggiata, fra lievi viccodc. Di H a vcnt';mni,quci giov,mif.atti.1dulti 1 verranno, per un gioco dclb. sorte, chi.1rniti a ricorcbrc quel giorno lonbno. Motivi ddlill giovinczz.a si fondono con quelli della maturitl : il tempo, la vit.1, l.1 morte sono le note fond.imc:ntalidi questo intreccio music.i,Jc. MONDADORI .B stata anche rilevata la cifra bassissima del prestito (50 milioni di sterline) consentito all'Italia dall'art. 14 del Patto. La mancata solidarietà economica fra gli alleati ebbe nel dopoguerra conseguenze gravissime per quelli più deboli. Si trattò, del re!to, di un errore di visione generale, per cui non si prc• se nella debita considerazione la durata della guerra e l'esaurimento da essa derivante e non si previde sufficientemente il cumulo di difficoltà politiche ed economiche del dopoguerra. Critiche giuste e anche doverose, se sì vuole, ma nelle quali non si deve esagerare, perché resta pur sempre vero il detto che « del senno del poi son piene le fosse>. GIULIO VENTURJ l!;:;===========;;;:;!.I
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