Omnibus - anno II - n.5 - 29 gennaio 1938

GùHETTI ROMAN) I IDIBil® ~ .~O dei pili mirabili romanzi di lWJ .Julcs Vemc 1 Il villaggio aueo, narra di un glottologo tedesco che ,i reca nella regione dei grandi laghi dcli' Africa, e là, carponi fra i canneti, aiutandosi con un organino a mantice che si era portato dietro, cerca d'imparart il lingu:\ggio delle scimmie. Come si poteva prevedere, il glottologo fallisce nel suo disegno, ma in compt:nso diventa matto completamente e, divinizzato dall'organino che con la fatale ostinazione dell'eterno ritorno 'iunna una polca di Suppé, è proclamato re di una tribù di negri che, con reggia, case, strade e piazze, vivono sui rami di una foresta di baobab una vita cinguettante e ari'ltofanesca, tra di uomini e di uccelli. Come molti uomini geniali, Jule~ Vcrnc era confortato da una stupidità a prov,1 di bomba. Le sue idee erano ,;;cue come le note mmicali, ma incapa• ci cli dic,.is e di bemolli. Aveva pemato una volta per sempre che il France- ¼! è Indr:,, e il Tedesco Arimane, e mai più il dubbio lo sfiorò che anche al Tedesco potrssc incombere talvolta un C'Òmpito di luce. Per il Greco le pietre cantavano in misolidio, gli animali parlavano il dialetto ionico, le città si movevano al suono delle cetre : era attuabile e reale ciò che per il Tedesco è pensabile soltanto. ~via quale oscura memoria, quale sepolto ricordo conforta il Tedesco in questa fatica scnz.a speranza? Perché tanta diffidcma sul e grecismo > dei Tedc- -.chi, e così poca ,ul e germanismo» dri Greci? A Omero il P"icanalismo ~lic lo passano liscio, ma insorgono tutti e gridano alla profanazione per la nmtalgia straziante con cUi Hcrmann lhiama attraverso i secoli Achillcus, Bim1arck Ajacc, H0ldcrlin Anacrconte; per l'insaziabile Se11sucht con cui i Tedc,;chi guardano alla Grecia come a un loro paradiso perduto. Quando ci trovammo seduti all'Ar- ~cntina e il sipario '.'-iaprì <iiUpI rim'atto dc La famegia del sanlolo, ci ac• <"ergemmo con un tuffo al cuore che ,1\·cvamo dimenticato l'organino a casa. Con che ci saremmo aiutati per imparare il linguaggio di Gallina? in platea correvano strani discorsi : e ~on ~i capi~e un accidente>. e Come s'è che non se capisse? S'è una lingua così semplise, ciarn ... >. I dialetti si capiscono, ma come una lingua polvcro,;a e dimenticata in solaio, come il linguaggio di un'età che non è né infanzia né adolescenza, come la favella di una specie inferiore. Alla fine del mio unico anno di studi regolari, nel giorno in cui a me, alunno tra i più meritevoli della prima cla,;- "'e e1 ·mcntarc, furono comcgnati in dono / riani burloni rilegati di rosso e con k co'ìte dorate, noi, vestiti coi grembiulini bianchi e col nome scritto sul petto, e wtto la direzione della signor~ Vergara-Galletti, insegnante esemplare-, cantammo tutti assieme questo coro: Campano o liture Touo o pu1lie1e, Italia nomasi Il mio poeJe, In questa quartina di prc:tta andatura 1nctasta,;iana, è chiuso il problema dcll,1 cultura italiana, Che co,;a seduce nei dialetti? La rivincita del compie~ d'inferiorità. Non a caso le compagnie dialettali ~no più aiutate dalla critica, più coccolate dal pubblico: prevale l'insana tc-nclenza - non solo nel teatro, ma in tutte le <cose» intellettuali - a protl•ggere, a e .,caldarc » la mediocrità. Giravamo lo ~guardo per quel teatro immenso, per quel dorato alveare: tanti palchi, tanto stucco 1 tanto rococò per farci assi,;tcre alle miserabili faccenduolc di Miche! e di Perina, di Toni e di Gcgia; P<'r farci udire i loro di~corsi da ciabatte ammaestrate. Se uno dice e dietro», nessuno ride. Ma nella Famegia del santo/o dicevano e drio », e tutto il teatro, come una ba• lena che avesse fiutato pepe, sroppiava in una enof'me ri5ata. Per<"hé la stessa parola pronunciata in dialetto fa un effetto così diverso <"he in italiano? Perché sveglia quel che di ridicolo dorme in fondo a ogni condizione vcrgogno,a. Per noi, quc~t'artc e .,ana >, è più ma1.,ta di un di~,;ent<:rico. Aggiungeremo che mancando a noi il gusto del piccolo verismo, ci manca rgualmcnte l'abitudine che vc,;tc di bei colori que,;t'arterella meschina e la rendr cara a tanta gente. Così. e Giacinto Gallina » non evoca in noi l'idea del commediografo, ma ~udla della • gigliacea con bulbo glohoso bruno da cui tra ;\lcunc foglie linc::tri escono scafi cilindrici con grapvoli di fiC>riodorosi turchini o ro~'ìi o bianchi », e quella del e volatile domc- ~tico e femmina del gallo, più piccola del maschio e di piume mfno vivaci, c c-he oltre alla sua carne, fornisce le uov~ tutto l'anno e dà le piume per i piumini "" A. S. ( IL SORCIO xEL""vioL ZANDON i'} L PRIMO ac-cordo «strappato> tll dcli' Eltonora di Beethoven, cadr Jdagio adagio, cornc il lenzuolo all'inaugurazione di un monumento. Così il paesaggio musicale si scopre. Ci son le trombe e i tamburi. Co.si il concerto comincia. Dirige Zandonai. Ogni tanto Zandonai nel dirigere ha dei movimenti raccolti e subitanei delle mani, come se non vole~ perdere i polsini. In'ìOmma, egli è proprio il contrarie d'un direttore come Klempcrer, per e sempio. Un uccellaccio, quello, a!to due me tri, e con un'apertura d'ali, o di brac• eia, di almeno tre metri buoni. Immenso, Klempercr incombeva sul- ... l'orchestrn come aquila sul nido degli aquilotti. Il pal111ettc1In Ti&I11mirii1., 11gn1.to eol n11mtro 118, \ 1111rmo11loontoclauico: 11TIIOleforte 1.bbauerlo per co1tnl"l 1na 11euat.u1e 11? Sfido, per lui era facile veder tutto, pizzicar gli isrrumenti, imbeccarli, raccoglierli e portarseli via. - , :, 1.. UNA casa patrizia dei quartieri alti di Roma, abbiamo conosciuto Madamigella ?.Iaria dc Cardona, profuga di Madrid. Appartenente a una delle famiglie spagnole più tradizionaliste, la signorina dc Cardona deve la sua salvezza all'esser nata a Buenos Aires. Come cittadina americana ha potuto abbandonare Madrid, mentre il terrore rosso era più cruento. I genitori della signorina dc Cardona erano andati in Amtrica al tempo delle guerre carliste. [I padre era catalano, la madre gallese. Durante tutto il secolo X IX era durata la guerra in Spagna. I carlisti non di rado erano st2ti sconfitti: eppure ad essi non erano mancate le vittorie, specie sotto il com2ndo dcli' hidalgo Tom3s Zumalact\rregui. La storia di don Tomls merita d't:sscr rievocat2. Dopo aver combattuto in gioventù la guerriglia contro Napoleont:, Tom:b s'era ritirato a Pamplona per darsi, comt: don Quijote, alla lettura di libri di cavalleria. Quando abbandonò la sua casa per sostenere la legittimità di don Carlos, aveva acquistato un profondo e incr:msigente pundhondr: « far di tutto, ri• schiar tutto, fino a morire tutti•, pur di rip.arare il torto fatto a don Carlos, ~, rey ntto, il re legittimo cd assoluto di Spagna. Terribile uomo, invasato dal gt:nio della guerra, don Tom.is cominciò la campagna con ottocento uomini contro l'esercito di Maria Cristina che ne contava diecimila. Ma in meno di sci mesi, don Tom&s era padrone delle provincie del Nord. Cosi richiamò don Carlos in lspagna, lo rimise sul trono, e gli fornì un esercito di ventottomila uomini, oltre ad una quantità di bande irregolari, armate di decine di mjgliaia di fucili requisiti ai • cristini • e di un completo parco di artiglierie anch'esso preda di guerra. Quando poi don Tomfts Zumaladrrcgui mori all'assedio di Bilbao, don Carlos, che intanto continuava a distribuire gran cordoni dello Spirito Santo e di Isabella la Cattolica agli stranieri di riguardo, nominò capo del suo esercito il signor Cabrcra. Cebrcra m '>Stròben presto il suo carattere deciso e anche feroce. l cristini gli fucilarono la madre, e lui fucilò le mogli di ventiquattro ufficiali sue prigioniere: «Veintc y cuatro por una11,proclamò trionfante. Giusto un secolo fa, don Carlos e Cabrcra erano alle porte di Madrid. Come Annibale dopo Canne, o come il Generale Boulanger davanti al Faubourg Saint-Antoine, don Carlos ebbe forse paura della vittoria, e si ritirò, mettendo fine cosi alla sua carriera e al carlismo, conservando però gli onori e le attribuzioni di Gran Maestro dell'Ordine dello Spinto Santo, e inaugurando una carriera di pretendente trasmiuibilc agli eredi. Di successione in successione, mentre gli credi di don TomU e di Cabrcra continuavano a far guerriglie nei paesi baschi, gli credi d1 don Carlos continuarono a • pretendere •- • Pretese • il secondo don Carlos, che sposò una principessa dei Borbone-Parma, anch'essa •pretendente• ad un trono; e• pretesero• i figli cd i figli dei figli. Mentre l'Europa mutava, i Borboni del ramo di don Carlos pretendevano sempre; mentre i Bor• bon, carhsti pretendevano, tutti gli spagnoli che facevano i p~011ts, i labradoru, i nwltteros, 1 toreros, i banderillnos, i frati, i mendicanti e i contrabbandieri, continuavano a parteggiare per don Carlos, il re legittimo, ti rey ,ttto. Mentre i ciompi di Spagna parteggiavano per don Carlos, i discendenti di questo vagavano in Europa. Si stabilirono per un poco in Austria; soggiornarono a Vevcy, nella Svizzera; tennero corte a Venezia. Cosl, quando i de Cardona, sentendo pesare sull'animo l'amaro esilio argentino, per la lunghezza dell'attesa restaurazione e per la distanza dalla patria spagnola, si decisero a tornare in Europa, la piccola corte veneziana offrl loro una lieta accoglienza. In esilio, era nata Maria, e a Venezia, alla corte di don Carlos, si compì la sua educazione. Dei tempi della guerra, ella ncorda che Cadorna la chiamava amabilmente la sua omonima, rilevando che i due cognomi, il s\Jo di generalissimo e quello nobile dcll11d. amigella, erano costituiti dalle medesime !et• tcre. Sorridente e nois.sima, arguta in viso, Maria dc Cardona parla con un'eloquenza misurata e persuasiva. e La mattina del 18 luglio 1936 •, ci racconta con calma e semplicità, guardandoci con i suoi occhi fondi, e stavo accanto al letto di mia sorella gravemente ammalata, Abitavamo il palazzo de Licia: a un tratto, udiamo colpi di cannone: a ogni colpo si sentono rimbalzare i proiettili sui tetti della casa, della rimessa, dei padiglioni nel parco. Il palazzo dc Liria è situato a duecento metri dal Cuartcl de La Montana, la caserma dove in questo momento si svolge la prima fase della rivoluzione. Bisogna vestire in fretta la malata e metterla al riparo. Le pallottole entrano dalle finestre; il ronzio di un aeroplano si fa sentire sopra i tetti. Bisogna rifugiarsi nel sottosuolo. Ma il palazzo è pieno d'uno strepito inft:rnalc. Una granata esplode di fronte al portone: le domestiche spiano dalle finestre del pianterreno: dietro ad ogni castagno del parco un uomo punta un'arma contro la facciata della casa. Apro la porta che dà sulla scala, e mi sale alla gola l'odore della polvere. Stretta a mia sorella che piange, ci caliamo pian piano fra i frantumi di vetro e gli spezzoni di mitraglia. Gli scalini sono spaccati. Il portone è bucherellato, e tra i fori filtrano raggi di luce. La prima bomba dciJ'acroplano rosso è caduta su di noi. Scendo nella cantina in un androne che ha una porta verso il giardino. t: po1Sibilc che cada un'altra bomba, e la casa ci potrebbe seppellire. Le fucilate continuano; il cannone imperversa, ci guardiamo con terrore. • Si udiva la voce di una radio. Passa• vano autocarri carichi di uomini armati di fucile; in ogni bar, in ogni tram, ra.gazzotti spavaldi mi.nacciavano con la rivoltella. Davanti a una finestra del palazzo dc Liria, un giovane inesperto si appoggiò sul fucile caricato a mitraglia e per disavwntura si fece saltare il cervello. Restò disteso sulla strada per tutto il giorno. .-La sera, la radio annunciò la caduta di Guadalajara e di Alcalà de Himarcs. Il governo proclamò che il movimento era uno dei soliti leva1Jtamientos falliti, chiamandolo con disprezzo militarada. Quella sera non si potè uscire. Si era disarmati, erano stati revocati anche i permessi d1 caccia. Dopo qualche giorno, si fecero sequestrare perfino gli spadoni delle panoplie, e thi fosse stato trovato con un'arma e non avesse avuto la tessera d, un sindacato o di un'associazione del fronte popolare, era condotto alla morte. Comunque, non era consigliabile farsi incontrare per la strada. • Quando scendeva la sera, era del resto proibito uscire senza un permesso speciale degli anarchici (Con/tderaciOn Nacional Trabajadorts e FedtraciOn Anarquica Iberica) o dei comunisti ( Um'On Ge11tral Trabajadorts). «Tutte le automobili erano state requisite. Qualche giorno dopo, la grande Plaza de Toros era tutta ingombra di vetture: unn sterminata rimessa all'aperto piena di macchine rese inservibili per l'imperizia degli autisti improvvisati e il vandalismo dei proletari, che si accanivano contro le Rolls Royu e le Hfrpano. Presto si cominciò a saccheggiare le case madrilene, col pretesto di scovare i sospetti ed i ribelli nascosti. Primt furono scovati i militari, poi i magistrati, poi tutti coloro che avevano case da svaligiare. Si fini per considerare nemici del popolo anche c-oloro rhc, data la '."tagione, aveV'ltnOlasciato la çittà per il mare e la campagna; e le case dei villeggianti furono messe a sacco. • In casa tutti mi supplicavano di togliere i santi e le immagini benedette dai muri: molta gente era' stata uccisa per una piccola medaglia trovata addosso. Neanche a Natale potemmo sentire una messa: nella chiesa del Carmine ballavano al suono di un grammofono. • Dissotterrarono le salme dei sepolti nelle chiese. In lspagna, la tradizione \'\.IOie che una persona pia venga seppellita con il saio dei terziari di San Francesco o San Domenico. Così, a Parigi, il generale Primo dc Rivera venne composto nella tonaca di francescano. I rossi, fingendo di ignorare la pietosa cosrumanza, imbonivano sulla porta di una chiesa: "Venite a vedere la salma di una monaca con quella del suo bastardo". Al chiarore di una lampada fioca si poteva distinguere uno schelct.o ricoperto del saio del Carmelo: era una madre morta il giorno in cui dava alla luce il suo b11,mbino,e sepolta accanto al cadavere del neonato. • Presso il Cua -1el dc la Monta"a, i morti erano allineati ed esposti con cartelli ingiuriosi. Il popolo andava a vederli. Era lo spettacolo "dc los bcsugos", dei pcscioLini, perché gli sventurati avevano la bocca aperta e gli occhi bianchi. • Poi, a Madrid cominciò la fame. Le code per l viven, davanti agli spacci cooperativi, s1 facevano ogni giomo più lunghe. Per avere un po' di zucchero e un po' di latte condensato, i disgraziati facevano la fila dall'alba fino alla sera. Le massaie che riuscivano a ottenere qualche provvigione venivano denunciate per sfruttamento e bagarinaggio: guai a venir trovati con un sacco di patate o una scatola di sardine. • Più tardi •, prosegue la signorina Cardona, .-mancò il carbone: i mobili di casa furono gettati nel fuoco cd anche tutte le panchine del Pasco dc la Castellana finirono in combustibile. Tutta Madrid era stata saccheggiata. « Devo ad alcuni giovani facenti parte d'una squadra arruol2ti per forza nelle milizie rosse, se ho potuto sotterrare la mia sorella nella Sacramentale di Santo Isidoro. Tutti i cimiteri erano chiusi, e i morti'"Venivano sepolti nella fossa comune. Molti giovani, infatti, si erano rifugiati nelle cappelle di famiglia e le madri portavano loro il cibo nascondendolo fra i fiori per 1 defunti: le pattuglie rosse scoprirono l'inganno, fucilarono i rifugiati e chiusero i cimiteri •. Morta la sorella, la signorina de Cardona potè fuggire da Madrid: ad Alicante si imbarcò, raggiunse la Francia, fermandosi qualche tempo a Parigi. Ora abita a Rom.a. Ci ha narrato le sue avventure con semplicità, e soltanto da ceni rapidi movimenti del suo volto si poteva vedere come quei ricordi ancora nell'intimo la agitassero. VITTORIO GORRESIO ~~c4:\a DEL VANTAGGIO CHI, USCITO dalla Porta di Piau,a del Popolo, percorre la Via Flaminia, incontra uno splendido palaiietto rieoclassico a due piani, segnato col numero 118. Questo palauo appare abba11donato come 1, caJe in procinto di essere abbattute. Non cor1osciamo l'architttto di sì mag11ifica costru:ione. ma certo doveva trattarsi di u11 uomo che conosceva l'arte sua: basti vedere le propor{.io,1i delle finestre, l'armonico balcone sulla semplice porta. La villa guarda su un parco e, euide,1ten1eute, è stata una delle ianre costruiioni che un tempo abbellivano i dintorni di Roma Jubito fuori delle porte. A1a corre vou intanto che que· Jto tlegante eumpio di uilla romana ,uoclasJica andrà perduto: ci di· cono che per strane ragioni la casa utrrà abbattuta, e non se ne comprende il perchl. Occorre prouvedue affinché non si faccia scempio di questa villa. Si pregano and le varie commissioni ediliiie, il Governatore di Roma, gli Accademici d'Italia di portarsi sul luogo, p,rché possano re11dersi conto ddfa v,rità dell, nostre par<ile. CORSO del Rinascimento 11011diventerà mai un corso: sarà una stradetta mascherata a grande via e niente più. I palaW antichi e moderni che vi si lrouano paiono provvisori, come posati un momento, in atttsa che qualcuno uenga a portarli via. Non sono armonici fra loro: diresti che si voltano le spalle tanto che la strada sembra una sega spunlt2ta. La vecchia via della Sapienw, inuece, aveva la linea di un giunco; linea che è andata perduta e che nessun ingegnere del pia,io regolatore potrà più ritrovare. Roma moderna aurà una brut· ta strada di più, tanto che sarebbe bene rimediare almeno in parte come si fa sempre quando si è commesso un errore; far dimenticare ai romani questa uia; t l'unico meuo è sceglierle un altro nome. Corso del Rinascimento è nome troppo grosso e impegnativo: il Governatorato può beriissimo prouuedere altrimenti. Nomi di personaggi che passano alla storia non si sa pt rchl ce ne sono tanti: Pietro Cosso ad esempio ha la sua via, Barrili Anton Giulio anche, perché allora non dedicarne una a Lucia.no ,(uccoli? PIAZZA FARNESE è una p,aua perfetta: non v'è nulla da toJliere nl riulla da aggiungere: tutto vi t così ben distribuito che si ha l'impressione di guardart un bel fro11tespù:.io di un libro antico; ma c't uno sbaffo nel margine dtlla pagina, ed è il cam• pnnile che s'innai{a sulla chiesetta di Sa11ta Birghitta: un campanile i11 matto11i rossi t marmo bianco, costruito in qutllo strano stile familiare ai salesiani che potremmo definire e gotico-umberlino ». B lo stile che uent'anni fa i manuali Val/ardi insegnarono a tutti gli architetti del Regno. Questo campanile esile e aguao va abbattuto: sarà ro,ne togliere una voce stonata da rm btl coro di voci chiart. MASSIMINO Le sue idee Zandonai se le è piantate nella testa come tanti chiodi, e il chiodo più grosso è quello di voler -ad ogni costo dirìuere. Pemarc che la wa opera I caualieri di Ekebù data poche .sere fa al Teatro Reale ci fece, contro ogni nostra aspettativa, un'impressione eccellente-. Era la prima volta che provavamo piacere ad ascoltare un'opera di Riccardo Zandonai. ~a dirigeva Scrafin. Zandonai !'i presentò all'Adriano domenica scorsa con un programma curioso, e abbastanza interessante. Dopo Beethoven, Borodin, • poi ùna sua propria Rapsodia trentina assolutamente nuova e di prima esecuzione. Una cosetta dura, scherzosa, bruttina; immat?inatc, per t.'Scmpio, qualcosa di ste• rile e civettuolo, di simile a un cimiterino tirolese. Poi, i violini cominciano a cantare come una prima donna che ha ricevuto un vaso di fiori sulle corna. Zandonai anche lui è uno di quelli che non chiudono mai la porta dietro di sé. Sembra che finalmente se ne sia andato, cd eccolo che rientra tutto sudato, benché senza argomenti. Con questo non si vuol mica dire che Zandonai sia straussiano, ma soltanto che ha imparato da Straus~ l'arte di non finire mJ.i. Nella seconda parte del concerto venne c,eguito a proposito il Siegfried Idyll, che è la cosa più bella di Wagner. Che atmosfera respirabile in questo brano, dove tutto è indovinato. La quiete, l'emozione, la sincerità, la fre- <iChczzadi questo Wagner casalingo, e di proporzioni umane, direi che sono m<'ravigliosc. La clamorosa ispirazione addomesticata, ridotta in un angolo, angolo fclice1 quasi dolce e quasi silcn7ioso. Giorno del lieto evento. Ci senti la pioggia in Germania, la mattinata fc!-itiva, e il caldo del letto non ancor rifatto, e un po' di malinconia d'e~scr padri un po' troppo tar--ti. Ci e.enti la bontà entrata quasi per caso nel cuore d'un uomo ambizioso, affatirnto e bcllico!iO come lo era \\'agncr. Qui Zandonai direttore se la cavò abhastanza bene. Del resto il concerto ,i chiuse fra l'?li applami scrosci:tnti del pubblico che una volta di più volle confcnnarc le sue simpatie all'illustre maestro trc-n• tino. BRUNO BARILLI LEO LONGANESI - DJrettore responsabile S. A F.l)ITRICE ~ O\INIIJUS • - Mli.ANO Pn:.p,rieill, 1r1i,1in l' l,cur1ri1 rill'n'•'-· RIPROl)Ul.1O:-11 r,,si,:c.urn: coi,., MA"n:RtAt.t·'. t-·OTOC>R.\F'ICO • FERRANI.\ •·

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