Omnibus - anno II - n.4 - 22 gennaio 1938

-, I 1 BIANCANEVE 11. REGALO di Natale di Oisncy all' America è stato quest' anno Bia,1caneve e i selle ,iani. Poche volte un testo è stato meno tradito della famosa favola dei Grimm nelle mani di Disney. Questa è l'oPinionc generale della critica dopo la proiezione del film, che è il primo lungometraggio che si presenta nella sto. ria dei cartoni animati. Ma Disncy non poteva tradire la favola dei Grimm, perché tutta la malizia e il segreto del successo di Disney consistono nel tener r~dc alle favole che egli s! racconta e ci racconta da anni, cioè nel non correr dietro ad ambizioni e a suggestioni più grandi delle sue favole, nel non farsi prendere la mano dalla sua abilità_. Come tutti gli artisti autentici, egli è grato e fedele alla sua fantasia. Leone Schleisingcr, che insieme a Max Fleischer e a pochissimi altri fa parte dell'Olimpo dei discgn:ttori di cartoni, diceva recentemente : e Noi non siamo che artigiani, ma \Valt Disney ~ un artista : per noi è più di un Rem• brandt >. Certo è che nessun artista .11mondo ha tnai conosciuto una po· palarità pi\1 grande. L'altr'anno, sotto 11nome di Sao Miki, Mickcy Mouse era considerato una specie di santo patrono in alcune provincie del Giap• pone. In Rus:,,ia, con quell'arte di ti• rar l'acqua al proprio mulino che è una c.1ratteristica degl'intellettuali so. vietici, le opere di Disney sono ap• prezzate come satire sociali, poiché e nascondono gli e~mplari del capi• talismo sotto le maschere di topi e maiali > (/ ives:ia). Come tutte le opere degli artisti francamente popolari, anche quelle di Disnry subiscono diJatazioni e accre• scimenti nraordinari. Il fenomeno più tipico fu quello dei Tre porcellini. I tre porcellini coincisero con la prima elezione di Roosevelt alla presidenza, e di Katharine Hepburn all'Olimpo di Holl)""ood. Dopo gli anni neri della crisi, dopo le giornate infauste di \Vali Strcet, Roosevelt rappresentava l'ar• cangelo della prosperity, Katharine ne era Ja Giovanna d'Arco, e / tre porcellini la parabola. Tutti gli americani videro nel lupo la crisi, e, nei m: rosei, teneri, luminosi porcellini, la prosperità minacciata, ma alla fine vittoriosa. D'altra parte, come spesso accade ai veri artisti, Disney è infinitamente me• no popolare delle sue opere. E non che egli se la meriti, ma un.t. parte di giu. .stizia c'è in questa semi.impopolarità del suo nome. Sta di fatto che, il gior• no in cui qualche critico del futuro vorrà fare la storia dei canoni anima• ti, la ricerca dell'autore dei disegni originali pili celebrati sarà più difficile di quanto non sia o~gi stabilire <1ualisono i quadri di mano di Rubcru e quali quelli cui e.'::li dette soltanto ,~pirazionc, compiuti poi dai suoi ,tlliC'vi.Walt Disney non disegna più, ,i può dire, da nove anni : guida e i• ')pird la sua brigata di disegnatori e pittori, dirige la scuola, che corrispon• de un po' alle nostre botteghe artigia• ne del '500, dove i nuovi piccoli Di• ')ney s'impossessano, se non proprio della fantasia di Disney, per lo mrno della sua tecnica, e dove sorgerà forse il suo successore. Ma quel giorno è lontano perché Walt Disney ha ~6 anni soltanto, è nel pieno vigore delle sue forte e del suo e(tro e Biancaneve, da quel che ne di• cono, lo dimostra pienamente. Bianca• neve, come Topolino, è figlio della necessità. Da un paio di anni quasi tutte le sale di proiezione in America hanno sostituito al cortometraggio, che prima completava il programma, un altro film di lungo metra~io. Si dàn• no insomma due film di lunghezza normale e per gli shorts non c'è quasi più posto. Necessità qufodi, anche per Disncy, di fare dei film, come Bianca· neve, della durata delle pellicole nor• mali (il film dura in proiezione un'ora e venti minuti}. Bian,antue, come tutti i film fatti d,1 Dimey dopo il 19~5. è a colori, cd è la più grande e molti dicono la più bella fantasia uscita finora dalla bottega di quell'artista. Pochi mut.-menti ha .subito la vec• <. hia fiaba dei Crimm. I nani sono st.1ti caratterizzati al punto da essere riconoscibili e individuabili tutti e set· te, e Dopey ha avuto un .successo per• sonale. Le creature dei boschi sono nate animate con la vivacità e la per. M)nalità dei più classici e fammi ani• mali di Disney. li film è composto di 250 mila cartoni, ed è costato circa ~o milioni di lire, e più di tre anni di lavoro. Il processo di lavorazione è ~tato identico a quello usato per i cortometraggi, che migliaia di artico• li hanno illustrato fin nei più minuti particolari: prima d'ogni altra cosa, .,i pensa al soggetto, e una o più con• fcrenze presiedute da Disncy sono tenute nel suo ufficio. Una volta ap• provato il soggetto (e talvolta anche il parere di Disney è scartato), si pas• -,a alla sceneggiatura, che è come tut• te le sceneggiature di questo mondo, con l'a~giunta soltanto di alcuni ab• bozzi d1 disegni che illustrano l'azione descritta nel copione. A questo punto intervengono i reparti della musica, degli effetti sonori, ccc., e si stabilisce il tempo e lo schema di sincronizza. zione; poi, si procede alla distribuzio• ne delle voci1 e una cosa che forse non saprete è che Oisney presta sempre la sua voce a Mickey Mouse. A questo punto, intervengono i 75 disegnatori che dànno forma e movimento alle straordinarie avventure. I più vecchi e i più provetti fissano i movimenti base, i passaggi importanti e più si• gnificativi, sempre tenendo presenti il tempo e lo schema di sincronizzazione, e i più giovani disegnano le serie di movimenti intenncdi. l\1a una cosa che non tutti sanno, è che i disegnatori provano minuta• mente gli atteggiamenti dei loro eroi prima di disegnarli. Ogni disegnatore ha davanti a sé uno specchio per pro· vare le smorfie, le grinte. gli sberleffi, le ammiccate, i corrugamenti della fronte e delle ciglia; saltano avanti e indietro, si dimenano freneticamente, camminano a quattro zampe e com• piono le più travaganti pantomime. Poi dignitosamente si rialzano, e but~ tano giù sulla carta gli effetti studiati allo specchio, attribuendoli agli ani• mali della favol;i. Nei primi tempi, negli studi di Di.sney c'era un picco• lo giardino zoologico, e i disegnatori studiavano sugli animali le smorfie che poi dovevano riprodurre. Ma, poi, si capì che le più franche risate le ' procuravano non gli animali che si comportavano come animali, ma gli animali che si comportavano come gli uomini. Era una scoperta facile a far~i, se non altro per analogia con la favolistica claMica. Eppure ci volle del tempo. Walt Disney è molto contento delle accoglienze fatte al suo primo lungo• metraggio, ma già pensa. al successi• vo. E il successivo è onnai ufficiai• mente stabilito che sarà Pinocchio. A. D. ~t:Y<:9~2 l'IILI& ~- IA DAL TITOLO stesso del film si lgJ può prevedere come le cose si svol• gcranno: se c'è una e figlia per• duta », qualcuno senza dubbio ccrchc• rà di I itrovarla. E chi sarà questo qualcuno, se non il padre o la madre, o magari i due genitori insieme? Scn• ia contare poi che, trattando.si di un film americano, è facile capire che la figlia s'è perduta per via dei gangsters, e sarà ritrovata soltanto alla fine del film, quando le automobili e le rivo!• telle faranno un'apparizione fulminea e violenta. Jn:,omma, prima ancora d'as• sistere al film, lo spettatore accorto crederà di poterne raccontare la trama con una certa approssim:izione. Senon• ché, quand'anche ci riuscisse, sempre metterebbe il conto che il film poi an• <lasse a vederlo. Tra le tante opere scialbe che ci sono arrivate quest'anno dall'America, La figlia perduta è sen• za dubbio una delle migliori, e le sor• prese che riserba non sono poche d:1v. vero. Forse gli americani avvertono nel pubblico una certa stanchezza per i film polizieschi. Raggiunta in qualche opera una sveltezza e un'intensità che sembravano insuperabili, e descritti gli ambienti della delinquenza in ogni loro a.spetto, si poteva credere ch'altro non restasse loro se non ripetere fino alla noia le stesse .situazioni, gli stessi am• bicnti, fidando in quella specie di ma• cabra attrazione che ha la descrizione del male sugli spettatori. Qualcuno, in• vece, ha cerc:ito una via nuova, e ha tentato nel cinema quel che certa lct• teratura americana va provando da quaJche tempo; di nobilitare, cioè, il genere poliziesco, dando ai personaggi e alle vicende una. :uce e una prospct• tiva diverse, quasi un'altra dimensione, misteriosa e inquietante. Il tentativo, che fu già fatto tre o quattro anni fa, portando sullo schermo Santuario di Faulkner, s'è rinnovato l'anno scorso nella Foresta pietrificata. Non più un racconto veloce di avvenimenti paurosi e crudeli, ma una rappresentazione piena di verità e d'angoscia, con per• sonaggi ch'csprimono sentimenti reali. Nella Figlia perd14ta, il regista San• teli .s'è messo sulla stessa strada, e scb• bene la vicenda appaia in molti punti comune, e certe giunture del racconto stridano, e molti episodi si rivelino pri• vi d'una naturale giustificazione, pure si deve apprezzare il modo insolito nel disegnare i caratteri dei personaggi e la veridica precisione nella pittura de• gli ambienti. La figura della protago• nista, per esempio, nonostante la si ve• da spesso sospinta in azioni che a volta a volta fanno scivolare la vicenda fuo• ri dei binari, ha una sua verità. t una madre che cerca la figlia scomparsa il giorno in cui il padre fu ucciso in uno scontro con la polizia. Sono pas• sati tre anni, nei quali invano s'è sa· ROBEBTUDNEJ., atutot YieD..11.e . , nel 1110 primo !lm II L'ohlmo ganguer 11 (l{,0,)l,) ~u~,_,,.......- 1111·, crificata per ritrovarla. Incontra final• mente la sola persona che potrà d.irle dove si trova la bambina, e gli offre denaro per sapere, e quando l'uorno rifiuta il denaro e dichiara di prefe. rire un altro mercato, resta desolata e indecisa, perch~ la si vede sul p-;.nto d'accettare. C'è, cosl, quasi al prin• cipio del film, un dialogo tra i due, in un vecchio, buio caffè frequentato da squallide figure, in cui la madre chiede al misterioso personaggio dove sia la bambina, e l'altro risponde vagamente, guardandola con una ccrt'aria ironica e allusiva che mette paura. Qualche mi,1uto dura quel colloquio e le parole comuni che vengon dette rivelano un'angoscia profonda e irre. parabile. Più tardi, ogni qualvolta i due s'incontrano, è lo stesso parlare ambiguo e doloroso : gli sguardi della madre fissano quelli dell'uomo pieni di speranza, poi fuggono spaventati, si bagnano di lagrime. Il silenzio conta più delle parole dette. La povertà dc• gli ambienti, le vesti dimesse della donna, certa cle~anza pretenziosa del• l'uomo, dànno alla scena un senso che va di là dalle cose narrate. Purtroppo queste scene sono come ra• pide illuminazioni j altre volte si sente che il direttore s'è sforzato inutilmente di dar corpo a situazioni e figure prive di coerenza. Il protagonista, un dottore d'ospedale, che s'innamora della don• na e riesce infine ad aiutarla nel ritrovare la figlia, rimane dal principio alla fine un personaggio incolore: conti• nuamentc ci si domanda cosa voglia fare, e perché a un certo momento sia tanto sicuro di sé e invece poco dopo s'arrabbi, prenda gli schiaffi, poi di• venti improvvisamente allegro e tran• quillo. Quel che più s'apprezza, in questo film disuguale, è la recitazione degli attori. Barbara Stanwyck torna ad es• sere l'attrice di Femmi,ie di lusso e di Proibito. Quando il suo volto riempie lo schermo, ogni battito di palpebra, ogni movimento delle labbra rivela un preciso sentimento: sorride e s'attrista a volta a volta, e Quando sorride sem• bra che una luce si sprigioni. Fo~ piange troppo spesso, e troppo spesso sviene, ma poche altre attrici sapreb• bero far ciò con tanta naturalezza. Un altro attore straordinario è Stanley Ridgcs, il personaggio misterioso che abbiam detto, e che qui per la prima volta appare in una parte adatta. Si giurerebbe che proviene dal teatro; i suoi gesti sono lenti e studiati, il suo sguardo penetrante e circospetto. Il personaggio raffigurato prende uno strano risalto solo con qualche lieve mutar di lineamenti. t un'apparizione nuova nel cinema americano, e J>O· trebbc degnamente stare a lato di at• tori famosi come .John Barrymore. MARIO PANNUNZIO

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