Omnibus - anno II - n.4 - 22 gennaio 1938

( PALCHETRTOIMA)NI ~WJ®W® ELISEO P E.RONORARE i propri ospi1i e dar(' all'ingresso una ccrt'aria di parata, 11 nuovo teatro Elisco li fa passare tra una vetrina piena di cappellini t· un'altra piena di calu da donna. Una nota sta1npata sul programma av,•crte thc il palcoscc:nico e~ stato attrc:r.uto in forma completamente moderna, con piano girevole di 12 metri di diametro (il primo in Italia), scorrente su tre rotaie concentriche e munito di 30 botole >. La compa~nia TMano-Mahagliati, per dare imrncdiata applicazione al palcoscenico girtvolc, ha scelto la commedia in tre atti di G. M. Jcnnings Vicende di famiglia, in cui i cambiamenti di scena consistono in qucuo: che nel primo atto c'è una torta in meno 3,IJa t.avola, ma negli atti successivi la torta non e'~. Abbiamo cono,ciuto anni addietro a Mi• !Jno un industriale affabilissimo e strabico. Quando lo urabismo è convergente, affa. bilità e stnbismo sono qualità antitetiche ; ma quando lo strabismo è divergente, euo, lungi dal costituire difetto, è segno o di raptus poetico come nel ca.so di Euripide e di Platonc, o di grande idcalismo come nel c;uo dd paladino Orlando, o di potenti qualità di sedu:Uonc, come nel cuo di Don Giovanni Tenorio. li nostro industriale di Milano non era né poeta né seduttort, ma soltanto ideali• sta. Accentrando a sé, nella sua industria, oltre agli intereui propri, quelli dei figli, dei generi e dei nipoti, aveva costituito una .s~cit: di " cooperativa in famiglia >. Ancht: la commedia di C. M. Jennings tratta il tema della coopnati\·a in famiglia, con questa differenu pere'>,e tanto più in• sopportabilmt:nte dunque, che il capo di essa cooperativa non è un industriale milanese strabico e affabilissimo, ma una contessa vicnnl"Se grave di autorità, e con molte file di perle a festoni sul venerabile petto. Sul modo migliore di avere la pact: in famiglia, noi pensiamo che convenga scindere grintereui, e soprattutto separare gcnernione da gt"ncrazione; nel che siamo confortati dall'esempio della vecchia table d'h6te, fraUonata oggi in tanti tavolini separati. Ma col nostro sistema che abbatte gli ost:t• coli cd elimina le complicai:ionì, come avrebbe fatto G. M. Jennings a s,crivere la sua commedia, e soprattutto a darle nti momt:nti culminanti un piglio da tragedia? :\I nuovo Elisco eravamo andati in compagnia di un amico, il quale, essendosi sentito il giorno prima le vie digerenti occluse, aveva ingerito a scopo catartico al• cunt: compresse di isacèn. Le poltrone del nuovo Elisco sono larghe di sedile, ma lo rpazio tra fila e fila è così strt:tto, che per uscire dal proprio posto bisogna pregare gli altri spettatori della stessa fila di lcvani in piedi, e incastrarsi nell'incavo del .sedile rib:lltato. Queue Viunde di /amitlia, che in qua• ..inque altro clima avrebbero degenerato in ,cenate disgustose, nella dimora viennese della contessa Bcrgcr riescono, non diciamo a sembrar spassose, ma a rimanere dentro le frontiere del buon costume. Vienna non è più quel manicart:tto rococb che era al tempo di Mozart, ma la graiia, il garbo non l'hanno ancora abbandonata, e i sentimenti ~sano colà meno che ovunque altrove. Una cosciente futilità è il più bcll'orna• men10 dell'uomo. Il nostro amico, in quel mcnlre, si era le• v•to in piedi con una certa quale apprcn• s1onc e, costringendo in pieno spettacolo gli altri spettatori a levarsi cui pure, si allon• tanava in fretta verso le usci1e di sicu• rena, fu susuni ost:ili e intimationi di silenzio. Per le sue qualità « viennesi > dunque, e cioè per quel che di vecchiotto e di temUtlich, per certa somiglianza con uno Schniulcr più pallido e blando, questa com. media di G. M. Jannings, che per altro e.i è sembrata priva di poesia e di drammaticità, non riuct: spregevole del tutto e tal• ,,·olta ferma la nostra attenzione Intanto, un occhio fisso sulla scena, l'altro stguiva il dramma del nostro amico laggiù, che ora K.ompariva dietro una porta, ora ricompariva, e ora camminava agi• tato nel fondo della sala, come inquieta ombra dell'Ade. Ciò che più ci maraviglia nel teatro « verista >, è lo strano comportamento del pubblico, la sua adesione compiaciuta, le sue reazioni spontanee, aperte, impudiche Si vede che quello che il pubblico prefc. riscc, sulla scena, è la riproduzione piatta, fedele, fotografica delle sue proprie mise• rie, della sua casa, della sua vita. Allo scrosciare degli ultimi applausi, raggiungemmo l'amico tribolato. Era verde. ~lava con le noci in bocca. La porta che rìp •utamcntc, disperatamente lgli aveva ttntato, era rimasta insensibile e muta. Bisognava chiedere la chiave a una fanciulla kduta nel corridoio, metterla a parte della più triste delle necessità, e ciò in prescnu di due carabinieri fermi essi pure nel corridoio, immobili e severi sotto la lucerna. J1 palcoscenico girevole va bene, e cosl il soffitto a ciclo stellato, le balaustre di bronzo e cristallo; ma al posticino où le roy auoit sa cltaise percie (Saint-Simon: Mimoires), perché non dare e forma di com• plcta modt:rnill >, o, se non altro, renderlo acceuibile? A. S. 1]) N MIO compagno d'ufficio mi chiese un giorno, anni or sono, quand'ero ancora scapolo, se volevo una camera mobiliata. « e presso certe persone che cono• sco~ gente che non affitta per mestiere >, mi disse. < Lei vi troverebbe un vero trattamento di famiglia >. Conobbi co~ì la signora Ivaldi. < Sa, è la prima volta che affittiamo>, precisò, men• tre .,priva le persiane; < mio marito è un po' contrario, ma sono necessità che càpitano nella vita>. Non ci voleva molto ad accorgersi che il mobilio pro• veniva d;l una camera matrimoniale i cui letti gemelli erano stati divisi e gli altri mobili sistemati in modo da arredare due stanze. e Nell'altra c'è una persona molto distinta, un cancelliere del Tribunale>, mi assicurò la si• gnora, con atteggiamento compu11to. e Vedrà che si troverà lxne >. Mi trovai benissimo, infatti. Il si• gnor Jvaldi, impiegato in un ufficio demaniale, appariva di aspetto dignitoso nonostante uno sguardo un po' bieco. Aveva una figlia signorina ed un ra• gazzctto. Con l'altro inquilino ci prc• .scntammo poche sere dopo, rientrando per combinazione assieme. Mi disse d'essere lui pure diplomato, come ri• chiedeva il suo grado, del resto, e di chiamarsi Pasquale Lopricno. Sotto ai capelli crespi, pettinati all'indietro, ave• va una frontc preoccupata e un paio di occhiali dalle grosse lenti. Di ca• rattere era piuttosto chiuso ed irrita• bile. « Sa, qui non mi ci trovo>, mi confidò una sera che lo trovai al cine• m?, e altre ò\bitudini, altra mentalità la mia>. Vedevo la ,ignora di rado, era sempre gentile, ma spcS-\0 sembrava che avesse molte preoccupazioni e che ne aspettasse altre. Da Loprieno wppi che il marito, nonostante l'aspetto severo, era un poco di buono. e Convive anche con un'amante >, mi disse il vicino, « pass:1 molte ore del giorno con lei >. Con noi, naturalmente, la moglie non diceva nulla, anzi '>i atteggiava, no~ostantc l'a.!>pettoche era ogni giorno di più quello di una povera donna piena di guai 1 a padrona di casa che ha ospiti di riJituardo. Tc.i1cva moltissimo alla nostra posizione '>OCiale;nelle nostre brevi conversazioni e ancor più in quelle che aveva coi vicini, mi chia• mava sempre « il signor ragioniere>, mentre a Loprieno, con effetto ancor più decorativo, riservava l'appellativo di « signor cancelliere>, illudendosi di illuminare così di nuovo decoro la sua casa. Una sera, dopo averci affrontati con molte perifrasi, ci fece la proposta di rimanere anche a pensione d~ lei : accettai volcntieri 1 Lopricno con più titubanza. La famiglia così si divise, moglie e figli mangiarono in cucina, lasciando a noi e al signor I vaIdi la camera da pranzo: la signorina serviva in tavola. Erano giornate calde, ma, da principio, il cancelliere si ostinò a tenere la giacca, obbli~ando così an· che Ivaldi ad imitarlo, poi le mani• che di camicia furono tacitamente am• messe. Ci fu qualche difficoltà, all'inizio, sui pasti. Lopricno, in special modo, aveva gusti speciali sui quali non transigeva : la prima vol:a che gli diedero jl risotto, respinse il piatto dicendo: « Signora, si ricordi, per mc maccheroni ogni giorno •• ma in seguito divenne più accomodante. L'aver• ci anche a pensione era per la pa• drona di ca-.a un piacere e un guadagno, ma anche una fonte di pensieri: le mancava quella avidità scnz.a scrupoli propria di molte affittacamere. Compariva di tanto in tanto sulla porta della sala per c~iedcre se tutto andava bene, per sentire i nostri desideri e le nostre pretese; noi naturalmente finivamo per approfittarcene. IvaIdi si incaricava, quando la con• vcrsazione languiva, di tener allegra la tavola coi ricordi di gioventù, e per• ~ino con qualche storiella licenziosa. Intanto a casa tutto peggiorava di giorno in giorno. La sua amante era diventata più esigente, ed egli finiva per mangiarsi con lei quasi tutto lo stipendio, lasciando che la moglie se la sbrigasse coi pochi soldi che prendeva da noi. Un altro pasticcio lo combinò la figlia che, sebbene bruttina, aveva un passato sentimentale molto movimentato: si lasciò sedurre da un giovinastro che abitava nei paraggi, e una mattina, proprio mentre stavo vesten• domi, pensò bene di raccontar tutto alla madre. La povera donna si disperò e pianse, io mc ne andai in uffi. cio di cattivo umore per lo strepito sentito attraverso i muri, pure, a mezzogiorno, cercò di esser gentile come al ... ì "-Olito,mentre lvaldi fingeva d'essere taciturno e pensoso. La :,,ignora :,,eppc vincere la tcn• tazionc di sfogarsi con me, tacque con Loprieno, poi, cercando di accomodare la cosa1 dato che il seduttore era sta• to scacciato dai genitori, se lo prese in casa, mettendolo a dormire in una specie di letto alla turca. Con lui gua• <lagnammo un commensale tutt'altro che simpatico : era rosso di capelli1 collerico, parlava di rado e trattava piutto:,,to male la fidanzata. Loprieno, ancora all'oscuro della faccenda, si mer~"igliò molto di quella sistemazione. e .\l paese mio », mi dissc1 e certe cose non costumano >1 ed io pensai fosse meglio non illuminarlo troppo sul CO• mc ciò non rispondesse nemmeno alle tradizioni locali. Per completare il quadro, I valdi si era messo anche a litigare in famiglia. Una sera finì col percuotere la moglie. Fu chiamato al Gruppo rionale (credo per iniziativa di Loprieno), ma la signora smentì ogni maltrattamento cd ogni accusa contro di lui, preoccupata e convinta di salvare così il decoro della famiglia. Come quella casa sia andata avanti in quei mesi senza sfasciarsi del tutto1 è per mc un mistero: forza di volontà della signora, immagino, che in mcz• L-O a tanti guai cercava di andar avanti col suo solito tono (non si era mai adattata, ad esempio, a portare per via dei pacchi voluminosi) e le sue abituali gentilezze, sforzandosi di far vedere a noi e ai vicini che tuno an• dava a seconda dei suoi desideri. Il ragazzo non ,tudiava più, il marito pas- <iavaanche le notti fuori casa, i fidanzati facevano i comodi loro: finimmo per risentirne anche noi, mangiavamo mali%imo e le camere erano in disordine. Loprieno, dopo avermi chiesto se non trovavo la signorina un po' gro:,,.,a, arrivò a comprendere tutto1 e disse che la sua scnc;ibilità non gli permetteva di wpportarc crrtc co:,,e. Lo pc:rsuasi a sopportare, t.tnto per aiutare in qualche modo quella dhgra• ziat:-1 ~empre così premurosa, e che aveva in noi l'unico appoggio un po' -.icuro. La ,ignora cominciò a. dirci che .!>p<.'ravcahe le nozze di sua figlia sarebbero avvenute presto; arrivò a fissarne anche la data. Questo non fu un vantag~io per la tranquillità dome• ,tica perché i due innamorati, scntcn• dosi ormai marito e moglie, presero a litigare. Loprieno era deciso, ormai, ad an• darsene. Un giorno, dopo aver man• giato m silenzio, lo disse alla signora, con grandi frasi enfatiche, assicurando· fra l'altro di aver visto un paio dei suoi e.ilzini indos.so al promc ..w. sposo. La padrona si disperò, .sgridò la figlia, mentre il cancelliere. scuro in volto come i.Id una udienza, preparava le valigt·. Rimasi per pochi ~iorni ancora. Sedere a tavola col marito infedele e il fì. danzato torvo che non parlavano era insopportabile. Inventai una scusa, dissi alla signora che avevo trovato un'altra camera più vicina all'uff.cio : finse di credermi, mi invitò alle nozze di :,,ua figlia, poi si mise a piangere. dicendo che lei :.apcva che me ne andavo per• ché volevo vivere con (1Cnteveramente distinta. Rimasi imbarazzato, cercai di rassicurarla ,enza però esser troopo convinto: nell'andarmene. ebbi l'im• pre ..s.ione di aver contribuito anch'io ad accrcscrrc i suoi dispiaceri. Divcni mc<;i dopo, la rividi pc:r la strada, assieme alla figlia che spingeva una carrozzella con dcnfro un bmtto ragazzino coi capelli roc;sicci: da que• sto, e da una veletta che completava il cappello della giovane madre, compresi che il matrimonio doveva essere avvenuto. Ma non ebbi né il desiderio né il coraggio di salutarle, e andai avanti fingendo di non essermi accorto di loro. MASSIMO ALBERINI ~~c:1ùa DEL VANTAGGIO Jl /A GIULIA i la più bdla ufo di Roma; non ci Jlon,lttremo moi di ri• petulo; ma coJÌ non ta p1nJano i noHri e edili > ,he 11d hanno Jpoccalo questa 1trada in uari punti. Ora è la uolla del pa• lauelto o tre piani t di chiare proporuoni sttlecenteuhe, 1ito a fianco della chiesa di Son Giovanni d,i Fiorentini, a/t'incontro di Via Giulio con Via Paola. Lo. coJtrutione ha F,ellep,opor.t.ioni: ha le11eri ed ele1anli orncmenli, e fa con la chiesa tutto un corpo armonioJo. Sulla porta del palauo, sorrelta da due /eJtoncini di stucco, una lapide reca Jcriuo: e Hospilale NationiJ Florentinat >, ma tiù irt hasso, sulla porta di legno uerde Jcu,o come le vecehie tonache dei preli, 1i le1ge: e Litiene.Ciccia >. Forse questa scritta non ebbe un solo autore, ma riJulta di due mani, e venne stesa in due tempi. Chi scrisJt e litiene > non pensò forse di attiungere l'alira parola. Falto Jto che quelle due parole uengono a eJprimere, can non poca slra/otUn.t.a popolare, un penritro profondo, oltuole. P. in/alli in nome dell'11iene che si abbattono i più betli edifici di Roma; ma speJso < ligier1e > nou,mde l'appalto, lo sp,. cula{ione, l'intereue. Allora non resta che dire: « Ciccio •f Riguardo, poi, all'osp,. dale dei Fiorentini, ber tsempio, l'igiene non 1nlra molto con i lauori che 111 si /anno: non 0CCVT1'1UaaOaltO un lavoro importanU, ma al solitr, un po' di puli(io. Q1111lanoto, però, non ha valore: il guaito ormai i tid avan.t.alo. VIA DEL MURO TORTO, dopo che o Villa Borthtte sono slali tolti i canuUi e le infe,riale, umbro una 11,ada di tampag,ia in mt{(O a un bosco Otni tanto s'incontra un asinello che tira un piccolo baroccio; le a11tomobili sono rarissime, e i paHanti uani; la scarbata del Pincio ram• menta un(allro i muri di qualche vecchio 1 conr,en/1'). Si direbb, di t:JJe,e molto lontani d<1Roma. Quando poi si arriva all'alle«a dei zitt,dini, dove sono i t:ampi sporlir,i di una Jocietà ,omano, l'illusione non mula: il guardiano annaffia lt piante non sapendo come pauart il lempo; qualche rata{{O tfora al ltnnis Jen(a impe,no e con scarsa foia. Villa Borghese Jen{a cancellate ha peno molto della sua sitnorilità; i come un quadro un.t.a cornice, un p1ao di cam• pa1na ,utato per caso in meuo alla cittd. C't un taloppaloio con cavolleriW , ca~ vclJuiue, ma non ha più ntuuna attrattiua. Non è più il taloppatoio di un ,,ande ,,a,dino; ma una qualsiasi piJta dorJe qualche 1iovanot10 e qualche ,a,aua rJanno a /ore una cavalcata. Villa Bor1hese cosl, sen• .t.a lnniti precisi, ci sembra avere perso molto dtlla sua btlleua. Un prato, un bouo, un t.:ialc cominriano a formare un 1iardino soltanto se c'J un muro o 11na in/trriata intorno: allora soltnnto sa acquistare una 1rande all,a1t1va. La libera campa1na è ,osa di pochiJJimo conto: e, n'è tanta nel mondo che non ouo,rerJa portarne 11n pe.t..t.o a Roma. MASSJMINO ( ILSORCNIOELVIOLIHO (B~®ffiil& I L M. ~:LODRA~B-1A fu il frutto di un'intesa geniale fra il cuore e !'ore. cchio it"liano. Il cervello \on c'cntr.ava fu un 111• }~: 1 1:1~, ~1;n0co;~t;;~ro::i:ab~:p~:ll~e~~~~~- Jigenza Si chiamò i,pirazione. Questo dono l'avevamo M:nu s.ipcrlo. Pri. vil,egio nazionale. Sembra, a il segno nostro per tutta l'eternità Poi il ciclo cc lo tolse Lo ri,·ollero in Paradiso. La sala del Teatro dell'Opera 1101\ .1,c"-1 mai ,,cduto un pubblico più imponente di quello accorso per acclamare Clo,ia di Fr.rnccsco Cilf"a Non c'era punto biwgno di portarsi l'occhialino al naso, o di accendere un fiam. mifcro, pt'r accorg,.rsi che il vicino, e in• torno a noi, c'era la buona società. Nel rc~piro profondo di quelle tenebre trasparenii viveva 1ospcsa, con un rilie\o leggero e aggraziato, una folla senza e1à della quale, non ostante Cutto, facevano parte anche parecchie pcuone in gamba. Si lrattava di feneg&iarc a do,erc un vc;cchio artista danneggiato dall·ctà di-I no• uro repertorio, di accoglierlo a br.-rcia aperte, di spolverarlo dal tt"mpo chl- lo aveva imbiancato non poco, di rianim,trlO pt:r bt"nino, di rimcttt:rlo in piedi e di fargli brillare, a mo' di e per finire>, dinan:ti agli occhiali lustri, quel che si sue>! chi.1mare .e la grande illusione >, il miraggio, insomma la Gloria steua, a vt:mi centimetri dal naso. Naturalmente, ebcndo., il maestro Cile,1 affetto da sordità, lt: acclamationi e gli ap• plausi dove\'ano raggiungere un'intensità non mai udita :ìnora. Contribuire al successo' Sem:a dubbio. D'accordo Anc-he noi eravamo della partita, con tutto il cuore; anche per ragioni personali di cui qui non staremo a dire Senonché qut'lla musìca ci era d'impedì• mento. Sì, fu proprio la musica a crearci delle difficoltà. Cilea è un ma1;.1tro probo, vec.chio nampo, con molta innocenza, e un po' d'ispi• ra:r.ione. Le due opere che conosciamo di lui: Adriana L,couvreur e l' A,leJÌana, non son proprio da buuar via: possono divertire, magari enlllsiasmare, e a noi cran piaciute. • Tuttavia stavolta, nell'ascoltare la musica di questa Gloria, ripescata dal fondo del mare, ci veniva fatto di chiederci ad ogni momento, e con un rimpianto cocente e Dov'è il nostro vecchio Cilt:a? >. e Scivola nel burro, Cìlca ,, avrebbero potuto risponderci. e Scivola nel cioccolato, nel cacao 5enile >. Non ci son più coincidenze né regole che tengano Cilea, nell'imbarauo, scompare alla deriva, trascinato dai luoghi comuni, ai luoghi comodi, senza scampo. Staccato dalle sue basi, s'allontana, si squaglia, scompare nel mondo dei pleonasmi. Alla fine del primo atto, il pubblico proruppe volonteroso in applausi frenetici, chiamando alla ribalta l'autore, che i cantanti tutti contenti spinsero fuori, las<:ian• dolo Il M>lo a buscarsi le acclama-zioni e a torcersi e a tremare come un candelotto esposto $Otto l'uragano. Sicuro, come un candelotto che sta per ~pcgnersi, cnme un moccoletto in frac Pallido come la cera dallo sparato al volto, Ciii-a ,tava lì senza cornetto acuslico, gongolante, incerto, commo»o. Un vero lumicino occhialu10; lo sg"atdo sollo vetro d'una rdiquia viva. Era una tcnercua vt:derlo cosi, proprio lui, Cilea. E come tuni gli volevano bene! E piò degli altri noi. Si dica quel che si voglia. La recita è in pieno corso. Sul nostro capo s'apre la i.ala del teatao: è un abisso silt:nrioso e formicolante: annt:gata in un rosso sontuoso che i lumi radi e protetti non riescono a identificare. Una ricchezza pesante, raV\-olta di CO· lori cupi e quiC'ti, si coagula all'intorno Forme gelide dai riflessi misteriosi nella torrida semioscurità guizzano irretite qua e là, innumerevoli come mosche in un'immensa tela di ragno, fin sotto la fumou. e violenta pittura della cupola. E, a mezz'aria, lembi di luce hanno fremiti velati e pcrlaceì di nt:vc che ondeggi nel tramonto e si scio:ga. In quel mentre, la prima donna, probabilmente affranta, appoggia una mano con• tro la colonna: scena vuota t: « a solo > di violino e di violoncello. Ed ceco che un enorme brillante, come una stellina venuta ad incastrarsi fra le dita di qut:lla maòo, comincia a lampeggiare, a sfolgorare prodigios.amente davanti ai nostri occhi, perlustrando coi suoi raggi sgranati fino in fondo alla sala buia e stipata di spettatori che scmbraiio dormire. Nessuno si accorse di quella ricchezza di un dito? Nemmeno l'agt:nte delle tasse? Quel brillante, anormale e autentico, la voce 50avt- di Gigli, e la spaventala modestia del maeuro compo,itore furono le tre cose straordinarie dt:lla rappresentazione. Verso la mezzanotte, finiva nel modo più trionfale la Gloria di Cilea, diretta del suo meglio da Oliviero dc Fabritiis. BRUNO BARILLI LEO LONGANESI • Direttore ruponHblle ._ A EDITRICE ~ O\!Sll!l S: ~ • \111.ASO l'ropritti IHll•tita e ltUtr.orla ri-tr\·&1•. RIZZOI.I & t,;, • .\n, p,tr l'Ane d,11• Stamp• • \lìlaM RIPROOU7.IONI l~EC.UJTE <.:ON MA1 ~:w:1 \Lti FOTOCiR WICO ., FERRA'-IA "•

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